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Autore: _ Arya _    18/02/2018    4 recensioni
Killian Jones, 29 anni, vive a Londra con suo fratello Liam ed è co-proprietario di un pub. Un incidente ha rovinato la sua vita portandogli via la fidanzata, la loro bambina non ancora nata e una mano. È seducente e di bell'aspetto, ma dietro la sua maschera da duro nasconde un'anima profondamente ferita, che cura impegnandosi a limitarsi ad avere soli relazioni occasionali.
Emma Swan, 18 anni, vive coi suoi genitori e suo figlio Henry. Ufficialmente lavora alla boutique di moda della sua amica Regina, ma in realtà segue una cacciatrice di taglie per imparare il mestiere. Ha avuto un'infanzia difficile segnata da malattie e prese in giro: quando la sua vita è migliorata ci ha pensato il suo primo ragazzo a ributtarla nel baratro. Pur soffrendo ancora di depressione, è una ragazza forte e indipendente e non mostra mai le sue debolezze.
Quando Liam convincerà il fratello a provare ad unirsi ad un gruppo di supporto, i destini dei due ragazzi si incroceranno: saranno troppo diversi o riusciranno ad unirsi e rimettere insieme i pezzi delle loro anime?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Liam Jones, Neal Cassidy, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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A Happy Beginning



Le mie gambe correvano da sole, sapevo che se mi fossi fermata avrei ceduto. Volevo solo vederlo, stringerlo, accertarmi che stesse bene: non poteva lasciarmi sola proprio adesso, lo avrei ammazzato se avesse osato! Le lacrime mi offuscavano la vista e più volte rischiai di scivolare giù per le scale, ma finalmente la stanza numero 178 era lì davanti a me.
Solo due ore prima, col cuore stracolmo di gioia, avevo chiuso la porta del mio ufficio con l'intento di correre a casa e dare a Killian la bella notizia. Ero spaventata ed eccitata allo stesso tempo, ma nulla avrebbe potuto oscurare la mia gioia - non in quel momento. Per una volta tutto era giusto, tutto ciò che avevamo lo avevamo desiderato entrambi, con la stessa intensità.
Erano ormai quattro anni che vivevamo insieme ed uno da quando portavo l'anello al dito, simbolo della promessa che quella magnifica vita che avevamo costruito sarebbe durata per sempre.
Non avevamo fretta di sposarci, non sapevamo neanche se l'avremmo fatto. Poco ci importava di mettere su carta un'amore già indistruttibile. Inoltre, non avevo bisogno di indossare l'abito bianco per ricordarmi che fossimo una famiglia.
Avevamo una casa fantastica, un bimbo bellissimo che amavamo con tutto il cuore e che continuava a considerare Killian Jones il suo papà, nonostante pochi mesi prima gli avessimo raccontato la verità. Ero stata così felice e sollevata quando il mio dolcissimo Henry aveva semplicemente detto "Ti voglio tanto bene papà, non fa niente se non hai mandato tu la cicogna alla mamma! Sei il papà e più bravo e bello del mondo! E mi racconti le più stupendissime storie sui pirati!".
Era stato così tenero che sia io che Killian avevamo pianto, e il piccolo aveva iniziato una grande battaglia di solletico per farci smettere. Un giorno, quando sarebbe stato più grande, gli avrei raccontato tutto – perché ero dell'idea che fosse importante sapere certe cose – ma al momento era più che sufficiente.
In più avevamo un cane ed un gatto, entrambi adottati un anno fa. Non ci mancava proprio nulla per definirci una vera famiglia.
Io e Killian non avevamo alcun problema a conciliare vita e lavoro, il tempo insieme non mancava mai, soprattutto adesso che ero stata promossa a Commissario Aggiunto. Lavoravo 7 ore al giorno dal lunedì al venerdì, tranne che in casi di emergenza ovviamente, e Killian aveva trasformato ed ingrandito il suo business: adesso il bar era aperto tutto il giorno e lui organizzava i suoi orari al meglio. Le poche sere in cui lavorava, tuttavia, andavo a dargli una mano per il semplice fatto che mi piaceva: ero diventata bravissima a fare cocktail!
In poche parole avevamo una vita perfetta, non potevo davvero desiderare di più, soprattutto dopo l'ultima novità. Se le difficoltà che avevo attraversato erano state una prova per giungere fino a qui, non rimpiangevo proprio nulla. Ero fiera di chi ero diventata, fiera di come avevo lottato contro i miei mostri, sconfiggendoli uno ad uno.
Solo l'idea di poter perdere tutto mi uccideva, tanto che anche respirare era diventato difficile.
Non avevo fatto in tempo ad uscire dall'edificio che ero stata convocata con urgenza a London Bridge; io e il mio collega avevamo ricevuto i dettagli mentre già eravamo in auto, a sfrecciare armati e protetti fino ai denti verso il famoso ponte. C'era stato un attacco terroristico molto grave che - nonostante il nostro pronto e rapido intervento - aveva fatto 13 vittime. Altre 62 persone erano invece ricoverate in ospedale, alcune in gravi condizioni. Non era stata la mia prima azione contro il terrorismo, ma non mi sarei mai abituata a quelle scene di terrore pure. D'altra parte, era quello il motivo per cui avevo scelto ed amavo il mio lavoro: il desiderio di fare la differenza.
Quando la calma era tornata e gli attentatori erano stati neutralizzati avevo potuto rispondere alla chiamata di mia madre: più terrificante degli spari e del sangue che avevano dipinto le strade del ponte.
Con voce tremante mi aveva chiesto come stessi, ed inizialmente l'avevo rassicurata pensando che fosse quella la ragione del suo terrore: poi, in un sussurro, mi aveva spiegato di aver ricevuto una chiamata di emergenza dal telefono di Killian.Sapevo avesse trascorso delle ore in centro, si era offerto di far fare un giro turistico ai miei cugini venuti dall'America. Ma mai avrei pensato che potesse trovarsi proprio lì, proprio in quel momento.
Mi ero sentita così male che il cellulare mi era scivolato di mano e, dato che l'emergenza era fortunatamente stata domata, il mio collega mi aveva intimato di correre, assicurandomi che se la sarebbe cavata da solo.
In un'altra occasione non avrei mai lasciato la mia postazione, ma ora non ci avevo pensato due volte. Avevo perfino preso la volante per riuscire ad evitare traffico e semafori, e per puro miracolo ero arrivata fino all'ospedale incolume. Quel minimo di buon senso che avevo conservato, mi aveva tenuta lucida alla guida: schiantarmi da qualche parte non sarebbe servito a nulla.
Ero corsa dentro ancora in divisa, non in cattiva fede in quanto ero totalmente contraria all'abuso di potere... ma la perdita di lucidità non mi aveva permesso di riflettere. Si trattava di Killian. Era già tanto che ancora mi ricordassi come respirare.

Non avendo voluto perdere tempo non avevo lasciato agli infermieri neanche il tempo di darmi qualche informazione, ero corsa verso la stanza senza pensarci due volte.
Varcata la soglia, scoppiai in lacrime. Di sfogo, gioia, sollievo, tutto insieme.
Il mio fidanzato era seduto su un letto vicino alla finestra, vivo e cosciente, e non appena mi vide sgranò gli occhi. Ignorando completamente le proteste di un'infermiera che cercò di trattenerlo, saltò in piedi e corse ad abbracciarmi. Crollai completamente nella sua stretta, stringendolo a mia volta quanto più forte potessi.
-Sei qui...- singhiozzai, stampandogli baci su baci -Stai bene...
-Sto bene tesoro, sto bene! Mi dispiace, non volevo farti preoccupare... ho provato a richiamarti ma c'era la segreteria e... ero preoccupato anche per te... eri lì?
-Mi si è rotto il telefono, brutto idiota!- esclamai, tra un bacio e l'altro -Non hai idea... non sapevo cosa... come... quando mia madre mi ha chiamata... ti odio! Ho visto quelle scene, io... ero lì... e ad immaginarti... non hai idea...
Non avevo la minima idea di cosa stessi dicendo, le parole mi uscivano di bocca da sole. Pur sapendo di essere totalmente irrazionale ce l'avevo con lui per avermi spaventata tanto. Non poteva semplicemente tornarsene a casa insieme ai miei cugini?! Perché diavolo se ne era andato a a zonzo da solo, neanche fosse un turista!
-Mi dispiace tesoro... mi dispiace... è per questo che ho cercato di chiamarti... e...
-Non fa niente. Basta che tu stia bene.- sussurrai infine, guardandolo negli occhi. Ormai ero abbastanza lucida da rendermi conto che avrebbe potuto “colpirmi” con la stessa moneta, se avesse voluto: col lavoro che facevo, era preoccupato per me quasi tutti i giorni. Ma non lo fece. Non lo faceva mai, perché era il fidanzato migliore del mondo. Non mi faceva mai pesare nulla, invece amava ripetere ogni volta quanto fosse fiero di me.
Fu allora che notai la sua fronte ferita, quattro piccoli punti poco sotto l'attaccatura dei capelli. Anche altri piccoli graffi segnavano il suo bellissimo sorriso, così decisi di lasciarlo andare per non rischiare di fargli male ulteriormente. Lo squadrai e, a parte il polso destro fasciato, sembrava fosse tutto intero.
-Non è rotto- sorrise, avvicinandosi nuovamente per accarezzarmi la guancia ed allo stesso tempo asciugarla da una lacrima impertinente.
-Ok...- sussurrai, guardando prima lui poi l'infermiera, rimasta in disparte. Certo che la divisa faceva davvero uno strano effetto alle persone... se mi fossi presentata in borghese ero piuttosto certa che avrebbero chiamato la sicurezza prima di lasciarmi anche solo avvicinare a lui.
-Suo marito sta bene, signora- sorrise quella -E' soltanto una distorsione. Cerchi di tenerlo fermo per una settimana, poi faremo una radiografia e se tutto va bene la fasciatura si può togliere.
-Scusi dottoressa, ma avrà notato che ho solo una mano vera a disposizione... come pensa che possa stare una settimana senza muoverla?
-Sono certa che sua moglie le darà una mano. Se volete posso andare ad occuparmi di qualche altro paziente, così posso lasciarvi qualche minuto di privacy.
Annuii.
Sua moglie... suonava proprio bene: così bene che non sentii il bisogno di correggerla, e probabilmente fu lo stesso anche per Killian perché non disse una parola. Mi venne però da ridere, si lamentava di una stupida distorsione quando gli era andata fin troppo bene! L'avrei volentieri imboccato a colazione, pranzo e cena per una settimana, e anche due se fosse stato necessario!
Solo una cosa non mi era chiara: com'era successo?
-Cosa hai fatto Killian? Eri lì? Come hai fatto a...
-Prima siediti, perché stai peggio di me...- mi fece notare con un sorriso accompagnandomi al suo letto, dove ci sedemmo finalmente soli.
Avrei volentieri pianto ancora un po', ma cercai di trattenermi e mi limitai a stringergli il braccio.
-Intanto non sono stato colpito, né investito, né niente... ero già al limite opposto del ponte, in realtà. È successo tutto in fretta, la gente correva e urlava... una bambina mi è caduta davanti e mi sono buttato per farle da scudo. Ma non è successo niente, è stata solo la caduta... qualche graffio.
E la paura. Ma non lo dissi. Gli si leggeva in faccia che avesse avuto paura ma non lo avrei costretto a parlarne, lo avrebbe fatto da solo quando se la fosse sentita. E poi, preferivo dargli un motivo per dimenticarla, quella paura. Un motivo per essere felice. Forse non era il momento migliore, avevo pianificato una serata più romantica per dargli la notizia. Però... perché aspettare?
-Sei uno stramaledetto eroe, Killian Jones.
-Senti chi parla... tu eri lì ad inseguirli...
-Non serve avere la divisa per essere un eroe. Adesso però abbiamo bisogno che il nostro eroe si rimetta in sesto perché nei prossimi mesi avrò bisogno della tua mano- sorrisi, prendendola delicatamente tra le mie. Se gli feci male non lo disse, ma speravo vivamente di no perché avevo un gran bisogno del suo tocco: avevo bisogno che il piccolo sentisse il suo papà fin da subito.
Così, molto lentamente, posai le sue dita sulla mia pancia... e nulla fu più bello al mondo della sua espressione sconvolta ed estasiata, le pozze azzurre che istantaneamente si riempirono di lacrime di gioia.
-Cosa... quando...
-Oggi. Stavo venendo a dirtelo quando è... successo tutto.
-Quindi sei... sicura.
-Ho solo fatto un test. Avevo il dubbio da un paio di giorni. Però... sì, sì.- feci eccitata, anch'io nuovamente in lacrime. Le sue dita, intanto, avevano iniziato a massaggiarmi ed accarezzarmi dolcemente la pancia.
-Sono sicura. Avremo un bambino!
Allora scoppiammo entrambi, stringendoci nuovamente in un forte abbraccio bagnato dalle lacrime di entrambi. Ancora una volta il terrorismo aveva perso, e avrebbe perso fino a che avremmo avuto un motivo per alzarci dal letto la mattina e uscire a fare la spesa senza che la paura ci bloccasse. Fino a che avremmo avuto più di una ragione per vivere, e non solo sopravvivere. Ed ora l'avevamo più che mai... ora che la nostra famiglia si sarebbe allargata ancora di più. Invece che avere paura, avrei lavorato sodo perché potessimo crescere la nostra creatura in un mondo migliore.
Per una volta nella mia vita era tutto così giusto, tutto così perfetto. Sarebbe stata un'esperienza meravigliosa vivere la gravidanza con accanto l'uomo che amavo. Ovviamente amavo Henry con tutta me stessa e non avrei cambiato proprio nulla, ma per una volta tutto sarebbe stato più facile.
Inoltre, non vedevo l'ora di dirlo anche a mio figlio. Era da quasi un anno che aveva iniziato a chiedermi quando avrebbe avuto un fratellino ed era anche per quella ragione che io e Killian avevamo deciso di iniziare a provarci un po' prima del previsto. Non era stato neanche difficile, non erano passati che tre mesi da quando avevo smesso di prendere la pillola... e la vita aveva deciso di non tardare a farci quello splendido regalo.
-Mi hai reso l'uomo più felice del mondo, Swan. Non so se te ne rendi conto. È per questo che voglio ricordare questo giorno. Quindi adesso ti porto a casa, ci facciamo un lungo bagno caldo, ordiniamo da mangiare perché siamo stanchi... e festeggiamo. Domani mattina andiamo a prendere Henry e gli diciamo tutto. Che cosa ne dici?
Annuii tirando su col naso: era tutto ciò che volevo. Tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento. Lasciarmi alle spalle quelle ultime ore di orrore e festeggiare la vita, l'amore. Sarebbe stata la migliore risposta al terrorismo, la più tagliente. Reagire senza timore, ma con gioia. Nulla avrebbe mai potuto ripagare le vite perse, ma era anche per loro che tutti dovevamo continuare a vivere, lottare giorno dopo giorno.
-Ok...- sussurrai, incantata dalle sue dita sulla mia pancia -Tu stai bene, vero? Posso andare a chiamare l'infermiera... chiederle di dimetterti.
-Assolutamente sì, Emma. Sempre che riesca a lasciarti andare... non riesco a crederci. Siamo in tre in questa stanza. Quando possiamo vederlo? So che probabilmente sarà poco più che un fagiolino ma...
-Calmo!- esclamai con una risata, nonostante fossi felice della sua eccitazione; -Domani stesso chiamerò per prenotare un'ecografia il prima possibile. Intanto che vado a chiamare la dottoressa tu vedi di telefonare ai miei, sono preoccupatissimi. Tra poco torno e ce ne andiamo...
-Va bene, Swan. Però una camomilla a casa non te la toglie nessuno, hai un aspetto...
-Prova a dire terribile e niente festeggiamenti notturni.- lo minacciai, ottenendo l'effetto desiderato. Spalancò gli occhi e rimase a bocca aperta: ad avere il telefono a portata di mano lo avrei fotografato per avere materiale per ricattarlo in futuro!
-Certo, sempre che tu te la senta. Se vuoi riposare...
-Non scherzare col fuoco, ragazzina...- fece con tono ammaliante, alzandosi anche lui e prendendomi le mano; -Per te non potrei mai essere stanco... E ora vai. Oppure potrei non rispondere delle mie azioni... sai quanto ti trovo sexy in divisa.
Annuii divertita, lo sapevo fin troppo bene...ma beccarci una denuncia per atti osceni in luogo pubblico non avrebbe fatto bene a nessuno dei due: valeva la pena aspettare di arrivare a casa. Una vasca di acqua calda e bollicine, essenza di lavanda e tante candele ad illuminare il bagno erano un'ottima prospettiva per fare l'amore e celebrare ciò che aveva generato. Ciò che avrebbe stravolto, in positivo, le nostre vite. Anche mezzo bicchiere di champagne me lo sarei concesso, pur consapevole del fatto che avremmo litigato per via della sua eccessiva apprensione.
Nulla era andato come avevo programmato. Ma non osavo lamentarmi perché, alla fine della giornata, ero tornata tra le braccia dell'uomo della mia vita. Anzi, eravamo tornati.
-Aspetta, un'ultima cosa e ti lascio andare. Se lo desideri anche tu, scegliamo la data stasera. Voglio sposarti Swan.
 


***


9 mesi dopo, 13 Febbraio.

-Killian...
-Mh... no dai, dopo...
-Killian. Muovi il culo.
-Swan, dai...
-Nooo, ti butto giù dal letto se non ti alzi!
Detto, fatto. O quasi. Non lo buttai giù dal letto, ma gli tirai ugualmente via la coperta – per suo sommo dispiacere. Se si fosse degnato di alzarsi per scoprire cosa avessi in serbo, non sarebbe stato così disperato per il suo sonnellino pomeridiano mancato! 
-Oddio... oddio. Che ore sono? Era il mio turno? È sveglia? Aspetta. Perché sei vestita... così?
-Che c'è, non ti piaccio?- sorrisi, mentre l'uomo – finalmente – si alzava dal letto, sorpreso. Non aveva tutti i torti povero, da un bel po' di tempo era raro che indossassi qualcosa di diverso dal pigiama o dalla tuta. Per l'occasione, invece, avevo scelto un vestito blu scuro che esaltava il mio seno e rimaneva leggermente largo sulla pancia, ancora non del tutto piatta. Mi era mancato sentirmi sexy, così avevo deciso di rimediare.
Non che rinunciare fosse stato così difficile.
Da due lunghe ma meravigliose settimane, Margaret aveva allargato la nostra splendida famiglia e tutto era diventato più difficile ma anche molto più bello. Mi ero trattenuta fino alla fine, dato che il parto era stato facile, ed ero rimasta lucida tutto il tempo. Il tutto era stato quasi indolore, nonostante avessi deciso di vivere un parto naturale, ma Killian non si era mosso dal mio fianco neanche per un secondo dal momento in cui ero finalmente stata ricoverata, e mi aveva tenuto la mano fino all'ultimo.
L'oceano di lacrime era esploso quando, finalmente, avevo visto la mia bambina. La bambina più bella del mondo, che fortunatamente avevo potuto abbracciare fin da subito, mentre il suo primo pianto di vita si era trasformato in musica. Avevamo coinvolto nel pianto non solo Killian, ma anche la nostra giovane ginecologa che ci aveva seguiti fin dal primo momento.
Margaret, la nostra principessa di 49 centimetri e 3,4 kg, era nata sana e meravigliosa. La sua pelle era candida come la neve, i tratti perfetti e delicati erano incorniciati da pochi riccioli dorati... ma gli occhi li aveva presi completamente dal suo papà. Due grandi, bellissimi occhioni azzurri mi avevano scrutata in una breve pausa dal pianto, e non avevamo potuto che innamorarcene a prima vista.
Margaret aveva conquistato fin da subito tutta la nostra famiglia, a partire dal fratellone. Henry la adorava, tanto che aveva preso ormai l'abitudine di fare il riposino pomeridiano nella cameretta della sorellina.
E lei non lo rendeva difficile, era la neonata più dolce e tranquilla che avessi mai visto. Dormiva sedici ore al giorno e mangiava otto volte, ormai avevamo ingranato con quel ritmo e funzionava alla perfezione per tutti. Era la luce dei nostri occhi, ed esprimeva il suo affetto verso di noi stringendoci le dita e sorridendo. Sorrideva tantissimo.
Ed era sana. Completamente sana. La lieve - grazie a Killian - preoccupazione di averle trasmesso la malattia, si era dimostrata completamente infondata ed ero felice che la sua infanzia sarebbe stata migliore della mia. Normale. Così come quella di Henry, che giorno dopo giorno cresceva e diventava un ometto forte ed intelligente. Aveva già promesso di proteggere la sua sorellina da tutti, ed era davvero adorabile! “Sarò il suo Superman!” ripeteva ogni tanto.
-Non piacermi? Tu non puoi non piacermi. Così però attenti alla mia vita...
-Bene- sorrisi -I miei sono venuti a prendere i bambini, stasera e stanotte sono solo per noi...
-Cosa?- si stropicciò gli occhi ancora assonnato e un po' confuso. Sorrisi: era adorabile.
-Ho lasciato a mia madre quattro biberon col mio latte. Basteranno fino a domani mattina.- iniziai a spiegargli.
Al momento allattavo Margaret quasi sempre, tuttavia io e il mio fidanzato avevamo deciso di comune accordo di abituarla fin da subito anche al biberon. Questo mi consentiva non solo di dormire quasi sei ore la notte, ma avrebbe facilitato le cose alla piccola quando fossi tornata a lavoro. Avevo scelto di estendere il congedo obbligatorio di un mese solo per un totale di 7, e ne avevo ancora 5 e mezzo. Killian era stato tenero e comprensivo quando gli avevo spiegato le ragioni della mia decisione, non me lo aveva fatto pesare. Era una mia scelta, volevo essere madre e lavoratrice allo stesso tempo: non per questo sarei stata assente per i miei figli. A lavoro avevo già parlato e, una volta tornata, mi avrebbero dato la possibilità di fare un orario part time per un anno. L'avevo trovata una soluzione adeguata, dato che i soldi per fortuna non ci mancavano.
-E quindi, per stasera ho prenotato una cena al “nostro” messicano e un giro sul Tamigi con dessert e champagne.
La sua espressione incredula fu davvero tenerissima, ma anche molto divertente, quindi non riuscii a trattenere una grossa risata! Non mi sentivo una cattiva madre ad avere bisogno di una serata col mio uomo: ce l'eravamo meritata! Anche per questo avevo scelto il 13 febbraio, così che a San Valentino potessimo celebrare l'amore della nostra famiglia... ma oggi saremmo stati io e lui.
Di solito era lui ad organizzare gli appuntamenti romantici, ma avevo bisogno di dirgli grazie. Grazie per tutto ciò che mi aveva dato, per la donna che mi aveva aiutato a diventare. Solo pochi anni fa ero stata sì una ragazzina determinata, ma anche impaurita e con pochissima fiducia verso il prossimo. Avevo pensato che le mie cicatrici fossero troppo profonde per potersi rimarginare completamente... e invece! Ovviamente il mio passato avrebbe sempre fatto parte di me, ma ormai erano tutti lontani ricordi. Non mi spaventavano più.
-Sei incredibile, Emma. Io... avrei organizzato qualcosa ma...
-Shh...- sorrisi, sedendomi sulle sue gambe -Sono felice di averti sorpreso io, una volta tanto!
Lo baciai appassionatamente, appena sveglio e coi capelli spettinati era dannatamente sexy! Ed ora che ero in astinenza da quasi due mesi, sembrava lo fosse ancora di più... Per questa ragione, la mattina ero stata dalla mia ginecologa. Mi aveva confermato che aspettare 40 giorni sarebbe stato meglio, ma secondo lei se me la sentivo e non avevo dolori non c'era nulla che mi impedisse di riprendere i rapporti. Ed io non aspettavo altro. Amavo l'intimità col mio uomo, non era mai stato solo sesso ma qualcosa di molto più profondo e intimo. Potevo quasi paragonarlo alla droga perché non ricordavo una sola volta che non fossi stata felice ed euforica dopo averlo fatto. Era decisamente una droga positiva per il mio animo, oltre che per il corpo.
-Emma, se fai così te lo tolgo subito questo vestito... per quanto mi piaccia...
-Non mi dispiacerebbe, Jones, credimi... ma dovremo rimandare a dopo. Alle otto e mezza abbiamo il traghetto, quindi è il caso di andare a cena. Ho fame.
-E io ho fame di te.- mi provocò, stampandomi dei piccoli bacetti sul collo. Risi e per quanto mi costasse mi alzai in piedi, tirando su anche lui. Doveva ancora lavarsi la faccia e vestirsi, quindi non era il caso di perdere altro tempo! Quella notte ne avremmo avuto più che abbastanza per assecondare i nostri rispettivi desideri, e magari ben più di una volta.
In più, forse sarebbe stato il nostro ultimo appuntamento appuntamento da fidanzati. Ancora un mese e sarei diventata Emma Swan-Jones ed avrei potuto chiamarlo “mio marito”. Per il viaggio di nozze avremmo aspettato le ultime settimane del mio congedo, in modo che Margaret potesse rimanere una settimana senza di noi. Non era stato facile decidere, ma le nostre mamme ci avevano convinti, assicurandoci che ce lo meritassimo e che si sarebbero prese volentieri cura dei nostri bambini. Così avevamo optato per una via di mezzo: 10 giorni a zonzo per la Thailandia, da soli. Poi saremmo volati a Tenerife dove Regina e Robin ci avrebbero raggiunti con loro figlio e i nostri per trascorrere una settimana a divertirci tutti insieme.
Il mondo poteva avere tanti difetti, ma ero giunta ad una conclusione. Lottando con tutte le nostre forze, eravamo in grado convincere la vita a concederci la felicità meritata.
Per questo, il nome di nostra figlia: Margaret Hope.
Hope, perché avevamo scoperto della sua esistenza in un giorno in cui la speranza era stata fondamentale.
Ma come primo nome, avevamo preferito Margaret. "Perla". "Luce". La luce che in quel giorno buio aveva scacciato le tenebre, e ci aveva ulteriormente convinto che valesse la pena lottare per la felicità.
E lo avevamo fatto. Lo avremmo continuato a fare ogni giorno.



 

Angolo dell'autrice;
Ed eccomi qua, dopo aver trovato il coraggio di postare l'ultimo capitolo di questa fanfiction. Ci sono tante altre cose che avrei voluto aggiungere, ma poi ho pensato che non aveva senso... La storia che ho voluto raccontare si conclude qui, con loro due finalmente felici e sereni e con un lieto inizio appena cominciato!
Siccome ho trattato vari temi, ho voluto aggiungere a modo mio anche quello del terrorismo. Penso che non servano ulteriori spiegazioni, nel testo il messaggio è chiaro! Si rifà un po' alla canzone di Meta e Moro ma giuro che lo avevo scritto prima! Tra l'altro, so che molti l'hanno criticata perché ci hanno trovato ipocrisia... secondo me non è così. Non hanno voluto sminuire l'accaduto, trovo che abbiano solo voluto rimarcare sul fatto che finché c'è amore nel mondo e finché le persone continueranno a rialzarsi dalle ceneri, il terrore non potrà vincere. Lo trovo un messaggio molto bello!
E la seconda parte dell'epilogo è più leggera, perché penso ci volesse! Ora sono finalmente in quattro e più felici che mai! Molto velatamente, ho voluto accennare anche il tema delle "mamme"... ultimamente molto chiacchierato! Non so se seguite la pagina che parla delle "pancine"...
Ad ogni modo, ho voluto finire qua. Accennando al futuro che li aspetta ma senza andare troppo a fondo. Mi mancherà davvero scrivere questa storia, ma non era giusto continuare all'infinito!
Adesso mi dedicherò all'altra e anche se è molto diversa, in un certo senso sarà simile alle altre... perché proprio non ce la faccio a non inserire temi sociali e attuali, anche magari con leggerezza! 
Un abbraccio e grazie a tutti quelli che hanno voluto seguire fino alla fine! A presto :*
   
 
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