Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi
Segui la storia  |       
Autore: Mallow92    29/06/2009    5 recensioni
"Ovviamente non credevo alle storie di fantasmi, ma, in quel momento, ogni mia certezza a riguardo scomparve. Avete presente i racconti del terrore? Quelli che parlano di anime sospese tra la vita e la morte? Pensavo fossero solo stupide storie da raccontare ad Halloween. Ma evidentemente mi sbagliavo..."
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Silence'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap.23

 

Goodbye

 

Some things we don't talk about
better do without
just hold a smile
we're falling in and out of love
the same damn problem

Together all the while
you can never say never
when we don't know why
time and time again
younger now then we were before


don't let me go,
don't let me go,
don't let me go...”

 

The Fray - Never Say Never

 

 

Anche io sorrisi, anche se non sapevo bene il perché, però ne sentivo il bisogno.

Mi voltai verso l’armadio e, senza pensarci, mi vestii.

Raggiunsi la porta di casa, feci un bel respiro ed uscii.

Finalmente anche se forse era sbagliata, avevo preso la mia decisione.

 

Cap.22 – Decision

 

 

Ero ai piedi del castello e il cuore mi continuava a martellare nel petto, come impazzito.

Mi sembrava tanto di essere tornata all’inizio di tutta quella storia, quando per la prima volta ero andata a cercare Andrew, dopo averlo visto proprio in quell’edificio che ora troneggiava di fronte a me.

In quel momento mi sentivo tanto come allora: confusa, senza sapere cosa diavolo stessi facendo e, soprattutto, spaventata.

Anzi terrorizzata.

Comunque sapevo che avrei dovuto farlo, tanto valeva tagliare la testa al toro.

Anche se forse il toro non era ancora nato.

E poi mi dispiaceva renderlo acefalo, povero! Ok, stavo decisamente cominciando a divagare e a pensare idiozie.

Bene, forse stavo un tantino tornando in me stessa.

Quella era una cosa positiva, no?

Ehm...

Feci un respiro profondo e cominciai a camminare lentamente verso il castello, forse un po’ troppo lentamente.

Accelerai il passo, rimanendo afferrata, non sapevo quale modo, a tutte le mie precedenti convinzioni.

Convinzioni.

Non esageriamo. Non ero convinta di qualcosa da non ricordavo quanto tempo.

Comunque, seguendo sempre il mio filo illogico di pensieri, mi ero ritrovata, quasi senza accorgermene, di fronte al portone del castello.

Oramai ero sicura che Andrew sapesse che mi trovavo lì, a causa del battito frenetico del mio cuore. Probabilmente, infatti, il suo rumore si sarebbe potuto sentire anche in lontananza non ravvicinata ad orecchio nudo.

Senza curarmi di bussare, aprii la porta che, naturalmente, non era chiusa a chiave.

Il silenzio mi perforava i timpani e avevo come l’impressione di sentire un ronzio continuo intervallato dal pulsare del mio sangue nelle tempie. Non mossi nemmeno un passo, titubante e indecisa com’ero, non avevo la più pallida idea di cosa fare.

Il piano era quello di arrivare fino lì, dopo di che c’era il vuoto più totale, ma andare allo sbaraglio, a quel punto, era la cosa più stupida, per cui io lo feci.

Comunque mi guardai intorno in un movimento meccanico per cercare Andrew.

Niente.

Soffocai la voglia improvvisa di piantare un urlo: non ne potevo proprio più di quelle storia.

Anche se il mio desiderio più profondo era che Andrew avesse una qualsiasi spiegazione convincente in modo tale che io lo avrei potuto perdonare e sarei potuta tornare finalmente tra le sue braccia che tanto mi mancavano.

Ma la vedevo molto dura.

Decisi che un sospiro sarebbe stato molto più appropriato di un urlo.

Alla fine le mie gambe decisero di rispondere ai deboli impulsi che mandava il cervello e così mi avvicinai a quella che un tempo era la sala da pranzo.

Non vi trovai nessuno e, per qualche istante, mi venne il timore che Andrew se ne fosse andato per fare in modo che io non lo trovassi mai più.

Però sapevo anche che probabilmente dovevano esserci molti ricordi per lui in quel castello, infatti ricordavo chiaramente che, quando avevo visto quelli di Charlotte, lei era entrata in quel castello, che evidentemente apparteneva ad Andrew o ad un suo parente.

Giunsi, infine, alla conclusione che lui doveva trovarsi di sopra.

Dunque tornai indietro e decisi di salire le scale con il mio solito passo lento e per nulla deciso. Quando mi trovai di fronte alla porta della camera da letto, ebbi la certezza che all’interno di quella stanza avrei trovato esattamente quello che stavo cercando. E non sapevo se quello sarebbe stato un bene oppure no.

Alla fine lasciai che le cose seguissero il loro corso e afferrai la maniglia della porta.

Dopo ancora qualche secondo di esitazione la aprii violentemente.

Probabilmente per qualche secondo il mio cuore decise di non battere per poi ricominciare la sua frenetica corsa.

Andrew era lì.

Sdraiato a pancia in su sul letto, con lo sguardo fisso sul soffitto, ma perso in qualcosa che non potevo conoscere.

Non fece una piega, nonostante la mia entrata a dir poco rumorosa.

Rimasi lì, senza fare più alcun movimento per un po’, forse secondi, o forse parecchi minuti. Oramai il tempo era un concetto di cui avevo perso l’abitudine di preoccuparmi. Mi sentivo le lacrime pungere negli occhi, desiderose di uscire precipitosamente, ma io non potevo cedere, perché sapevo che se lo avessi fatto sarebbe davvero stata la fine e non mi sarei più ripresa davvero.

Quindi mi auto convinsi che andava tutto bene e le ricacciai dentro. O per lo meno ci provai, ma con scarsissimi, per non dire nulli, risultati.

“Perché sei tornata?” La sua voce dura mi colpì nuovamente senza che avessi il tempo di prepararmi psicologicamente.

Dopo qualche secondo di titubanza, il mio cervello trascurò il tono con cui mi era stata rivolta quella domanda e si preoccupò del suo contenuto.

Il piccolo problema era che non sapevo che diavolo rispondere, perché non ne avevo la più pallida idea.

Così forse era meglio rispondere con la verità.

“Non lo so...” Biascicai.

Un momento. Certo che lo sapevo!

“Anzi... Voglio che tu mi dica la verità una volta per tutte!” Quella volta alzai il tono di voce, ricordandomi che l’unico modo per far parlare Andrew era dimostrargli che non avevo paura né di lui né di quello che aveva da dirmi.

O almeno far finta che fosse così.

“Vattene...” Ribadì quella parole esattamente come aveva fatto la volta prima.

“No...” Convenni io.

Finalmente rivolse il suo sguardo verso di me, per nulla sorpreso di quella affermazione: oramai mi conosceva abbastanza bene da sapere che raramente buttavo la spugna e le poche volte che lo facevo erano quelle in cui lo guardavo negli occhi.

Per cui fissai il copriletto.

“Non credi di dovermi una spiegazione?”

Mi stavo sforzando oltre ogni limite per riuscire a mantenere un tono di voce neutro e dovevo dire di essere soddisfatta della mia performance.

Lentamente mi avvicinai al letto, senza sapere effettivamente a cosa stavo andando incontro e soprattutto senza sapere cosa fare.

Sotto lo sguardo basito di Andrew, mi avvicinavo sempre di più a lui, fino a quando giunsi al bordo del letto e decisi che forse era meglio sedersi.

A quel gesto Andrew ‘scomparve’ e lo ritrovai dalla parte opposta della stanza.

“Roxanne...” Era da molto tempo che non mi chiamava così, tanto che per qualche secondo pensai si stesse rivolgendo a qualcun altro “Ti prego... Non puoi voler parlare ancora con un mostro del genere come me, non dopo essere venuta a conoscenza di ciò che Elisabeth ti ha mostrato...”

Utilizzò di nuovo un tono di voce che mi fece salire un groppo alla gola, così che dovetti deglutire un po’ di volte prima di parlare, ma, nonostante ciò, la mia voce tremò appena tentai di pronunciare qualche parola.

“Dimmi perché...” Volevo aggiungere qualcosa, anche se non sapevo bene che cosa, ma comunque il mio autocontrollo cedette e io non riuscii a completare la frase.

Tentai di rimanere calma, facendo lunghi e profondi respiri con il naso, ma le lacrime non accennavano a fermarsi.

Spostai il mio sguardo verso la finestra, alla disperata ricerca di qualcosa da fissare.

Sentii un sospiro provenire dalla bocca di Andrew, che, in un’altra frazione di secondo si trovò di nuovo sul letto a pochi centimetri da me.

Un po’ titubante provò ad allungare la sua mano verso la mia e, quando vide che io non opponevo alcuna resistenza, molto lentamente mi abbracciò.

Io respirai a pieni polmoni il suo profumo, meravigliandomi di quanto mi fosse mancato.

Chiusi gli occhi e provai ad immaginare che non fosse accaduto niente, ma non fu molto semplice. Eppure c’era quella parte di me, che tentava di concentrarsi su qualunque particolare della stanza per poter evitare di pensare a qualunque cosa, che riuscii a prendere il sopravvento.

“Non sopporto vederti così, soprattutto se il motivo del tuo male sono io. Roxanne... Lo so che sembra stupido, ma, per quello che può servire, mi dispiace.”

Non dissi nulla, quella volta era lui a dover parlare.

“Ti amo, Roxanne... So che non ci crederai, ma avevo bisogno di dirtelo...”

Quella nuova affermazione non fece altro che rendere tutto più dannatamente difficile.

Rimanemmo altri minuti abbracciati e saremmo stati avvolti da un assoluto silenzio se non fosse stato per i miei singhiozzi che lo interrompevano bruscamente di tanto in tanto.

Era una cosa stupida.

Era una cosa dannatamente stupida il fatto che io fossi voluta tornare lì ed era ancora più stupido il fatto che, se io lo stavo a guardare negli occhi, credevo ad ogni minima sua parola, perfino alle ultime due che mi aveva detto.

Forse perché anche per me era lo stesso.

Andrew sospirò nuovamente.

“Perché sei tornata da me, Roxanne? No...” Vedendo che prendevo fiato per rispondergli, mi interruppe con un gesto di non curanza “Lo so perché sei venuta qui... Sei tremendamente testarda... Ma sei sicura di voler sapere veramente come sia andata? Non preferiresti allontanarti per sempre da una persona spregevole come me, come è giusto che sia?”

Tentai di rispondere di no, ma la voce mi mancò di nuovo, così mi limitai a scuotere la testa con convinzione.

“D’accordo...” Sciolse il nostro abbraccio, ma dopo pochi secondi io gli tornai tra le braccia: sapevo che non sarei riuscita a fissarlo negli occhi e sapevo anche che non volevo che il nostro contatto fisico si interrompesse.

Fissare la sua spalla era molto più facile.

“Quando è arrivata l’estate del mio diciottesimo compleanno sono venuto qui con i miei genitori, da mio zio...”

Incominciò ad accarezzarmi con la mano la schiena.

“è stato qui che ho conosciuto Charlotte...” Annuii contro la sua spalle per fargli notare che lo stavo a sentire, anche se sapevo che non ce n’era assolutamente bisogno.

“All’inizio non la potevo vedere... Poi... Non lo so nemmeno io cosa sia successo...” Si lasciò andare ad una lieve risata, immerso nei suoi ricordi.

Mio malgrado, sorrisi anch’io.

“La amavo... Tanto...” Tirava fuori ogni parola a fatica, come se gliela stessero strappando fuori con violenza, eppure sembrava proprio che si ricordasse ogni cosa come fosse accaduta il giorno prima.

“Era uguale a te, sai?” Sentii la sua bocca sulla mia spalla aprirsi in un sorriso “Era assolutamente irritante, soprattutto perché non chiudeva mai la bocca.

“Ero innamorato perso di lei... Un giorno, però, i miei genitori morirono... E non fu un incidente...”

Fece una breve pausa.

“Vennero avvelenati, così io assunsi una sottospecie di...” Pensò un attimo a che termine utilizzare “diciamo investigatore per scoprire chi fosse stato...

“Sai... Ero molto ricco... Era probabile che chi avesse fatto ciò fosse una persona a noi vicina che voleva impadronirsi del nostro patrimonio. Ed era anche probabile che avrebbero voluto fare fuori anche me perché gestivo io i soldi di famiglia, dopo la morte dei miei genitori.

“Mio fratello aveva solo sedici anni” Aggiunse a mo’ di spiegazione.

“Comunque nel frattempo Charlotte mi aiutò molto per superare quel momento ed io ero oramai in procinto di domandarle di sposarmi...” La sua voce si spezzò, come interrotta da un silenzioso singhiozzo.

“Il mio migliore amico si stava per sposare con Elisabeth... Non me lo ha mai perdonato...” Disse quasi più a se stesso, alludendo, pensai, al fatto che aveva fatto in modo che le nozze non avvenissero mai.

“Eppure un giorno il mio ‘investigatore’ venne da me a dirmi che aveva risolto il caso... Disse che erano state le sorelle Jenksin. Feci di tutto per non credergli, ma tutti gli indizi portavano a voi... C’era perfino un movente valido: se Charlotte avesse sposato me avrebbe avuto accesso a tutte le mie ricchezze.”

Sospirò, probabilmente aspettando una qualsiasi mia reazione che, però non arrivò.

Così continuò a raccontare la sua storia.

“Trovandomi di fronte a delle prove così schiaccianti non potei fare a meno che crederci e, quando me ne convinsi, fui accecato da un odio furioso.

Sono quasi impazzito a quell’idea, ho subito dato l’ordine di catturarle e, per non fare in modo che avvenisse un regolare processo le ho additate alle autorità come streghe... Allora ad una minima accusa le donne venivano bruciate sul rogo.”

Il mio cuore accelerò e il mio respiro divenne più pesante, perché cercavo disperatamente di non piangere, ma ogni mio tentativo non servì a nulla.

Non sapevo cosa stessi provando, se rabbia, se dispiacere, se pena... Non lo sapevo, perciò preferii tacere, anche se mi sentivo scottare la pelle al contatto con Andrew, come se in qualche modo stessi tradendo la memoria di Charlotte... Oppure me stessa, ancora non l’avevo capito.

Così sciolsi il nostro abbraccio e Andrew non fece nulla per fermarmi, oramai rassegnato.

“Mi dispiace...” Biascicò.

Io mi rimisi a fissare la finestra.

“Ho fatto l’errore più grosso della mia vita... Ma me ne sono reso conto troppo tardi.”

Andrew continuava ad aspettare una qualsiasi mia parola, ma il mio cervello si rifiutava di formulare pensieri coerenti, impegnato com’era a mettere al loro posto tutte le tessere di quell’intricata faccenda. Ed effettivamente ogni cosa funzionava.

“Ho passato quasi trecento anni a pentirmi di quello che ho fatto. Ma l’eternità non basterà per pagare il mio debito. Non basterà.”

Commisi il terribile errore di fissarlo negli occhi.

Quello che ci vidi dentro era qualcosa di indescrivibile: secoli di dolore che riaffioravano in uno sguardo, fu qualcosa che sapevo non avrei mai scordato in vita mia.

“Nonostante tutto sono riuscito a rifare lo stesso errore, ma è stato più forte di me. Quando ti ho vista... Era come se mi fosse stata concessa un’altra possibilità e, come uno stupido, l’ho colta al volo, senza riflettere sulle conseguenze...

Avevo bisogno di parlare con te. Eri, anzi sei” si corresse “come lei... La rivolevo con me... Mi mancava tremendamente. È questo il mio inferno: un’eternità bloccato qui, senza la possibilità di raggiungerla di nuovo...”

Si passò, dopo di che, una mano sul viso, in un gesto di estrema stanchezza.

Non riuscii a trattenermi dal prendergli una mano: avevo una voglia intrattenibile di consolarlo.

Anche se forse era meglio che prima qualcuno consolasse me.

“Non lo so cosa diavolo mi prese, feci tutto senza pensare... Ero giovane, ero impulsivo... Ma non posso pensare di giustificarmi... Mi dispiace...”

Mi fissò di nuovo con quello sguardo che mi pugnalava il cuore.

“Come ho potuto fare una cosa del genere? Una cosa irrimediabile e imperdonabile.”

A quel punto avrei dovuto saperla lunga, eppure ero certa che Andrew non mi stesse mentendo, per quanto fosse un bravo attore quello sguardo diceva tutto ciò che lui non era in grado di comunicarmi a parole.

Ad un certo punto mi affiorò un dubbio.

Un terribile dubbio.

Non so come, ma riuscii ad aprire la bocca e addirittura ad articolare a fatica qualche parola che avesse un senso compiuto messa insieme alle altre.

“Andrew...” Sollevò gli occhi, che aveva abbassato qualche secondo prima, stupito del fatto che stessi parlando. “Come sei morto?”

Vidi della nuova indecisione passargli davanti allo sguardo, come se non sapesse se informarmi anche di quel dettaglio.

Alla fine decretò che tanto non aveva più niente da perdere né da guadagnare e anche che mi meritavo la verità.

“Veleno...”

Aggrottai le sopracciglia, senza comprendere appieno il significato di quella parola.

“Mi sono suicidato...” Spiegò in un sussurro veloce.

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto.

“Te l’ho detto: il mio inferno è vivere senza Charlotte... Credevo che non ci sarebbe stato niente di peggio e invece ora devo dire addio anche a te... Ma forse è la punizione adatta...”

Diciamo che detti retta poco a queste ultime frasi, scioccata com’ero dalla nuova scoperta che Andrew si fosse suicidato.

Quella era la prova del nove del fatto che amava davvero Charlotte. Anche se le aveva fatto una cosa orribile.

Dunque, forse Andrew era davvero bloccato qui perché aveva, diciamo, qualcosa in sospeso. Di solito almeno nelle storie era così: il fantasma non riusciva a ‘trapassare’ perché qualcosa glielo impediva.

Forse era il fatto che si dovesse scusare in qualche modo con Charlotte e forse noi ci eravamo incontrati per quello.

“Andrew...” Non sapevo bene come andare avanti. “Tu pensi di essere qui perché devi qualcosa a Charlotte?”

Wow... Riuscii addirittura a formulare una frase abbastanza articolata, ero quasi fiera di me stessa.

Di nuovo rimase stupito della mia domanda.

“Certo...”

Quindi c’era una possibilità che potesse porre fine a quell’inferno... Molto probabilmente c’era.

“Andrew... Vuoi andartene?”

Per la prima volta nella mia vita, capii che quando si ama qualcuno non importa quanto male si faccia a se stessi se si riesce in qualche modo a donargli anche solo un sorriso.

E io sapevo del male che mi sarei fatta, facendo quella scelta, che, però, oramai avevo preso, anche se non sapevo bene quando, probabilmente era stata un’idea che mi era balenata qualche secondo prima da qualche parte nel mio subconscio, nell’angolo più masochista della mia testolina.

Perdere la propria metà avrebbe fatto male.

Molto male.

Ma sapere che esiste e in qualche modo essere a conoscenza del fatto che non la si può più vedere, forse sarebbe stato peggio.

Almeno se non sarebbe più esistita non avrei avuto scelta e sarei riuscita a resistere alla tentazione di tornare da lui.

Ma quello lo stavo facendo per lui.

Non per me.

“Cosa vuoi dire?”

Abbassai lo sguardo, avendo paura che lui riuscisse a leggere quello che avevo in mente.

“Ho una teoria...”

Dopo tutto se lo meritava. Trecento anni di sofferenza erano troppi, sapevo anche che lui non avrebbe mai permesso che stessimo ancora insieme, non dopo che io avevo scoperto quello che era accaduto.

Ero arrabbiata?

Abbastanza, perché sapevo che mi aveva mentito su tante cose, il nostro era un rapporto basato sulla menzogna, ma anche lui, come me, aveva cercato di crearsi un piccolo mondo di felicità. Del tutto fasullo, ma in un certo modo ci eravamo riusciti: lui dimenticando il passato, io non volendo conoscere la verità.

Però ci amavamo.

Comunque io avevo appena deciso che lui ne doveva aver avuto abbastanza.

Era giunto il momento di lasciarlo andare.

“Roxanne, non... Cosa hai in mente?”

Ripeté la domanda.

“Basta soffrire, Andrew...”

Già oramai era deciso.

“Non devi rimanere qui... Ancora...” Aggiunsi.

“Cosa stai dicendo?”

“Che basta! Andrew... Basta! È ora che tu te ne vada... Anche se io non voglio...”

Rimase sconvolto dalle mia parole.

“Qui non si tratta di quello che voglio io, qui si tratta di ciò che è giusto e ciò che non lo è... è inutile che tu te ne stia qui... Io ti amo ed è giusto che ti lasci andare...” A queste ultime parole le lacrime riaffiorarono.

“Cosa?” Andrew mi abbracciò e io persi ogni mia resistenza.

Lo baciai come non avevo mai fatto prima, come se non lo vedessi da tempo.

Come se fosse l’ultima volta.

“Vuoi allontanarmi da te?” Mi domandò Andrew, qualche minuto dopo, con aria calmissima.

“No, idiota! Voglio avvicinarti a lei.”

“Ma sei tu lei...” Ribattè lui.

“Tu giurami che non ti auto punirai allontanandomi da te e io non lo farò...”

“Farò cosa?!”

“Tu giuramelo!” Insistei io.

“No... Sai che non ti permetterò di stare vicino ad un assassino come me...”

Sospirai: mi ero aspettata quella risposta.

“Allora non puoi permettermi di andarmene facendo finta che non sia successo niente. Fammelo fare, ti prego...”

Andrew abbassò lo sguardo.

“Oramai ho deciso, lo farò comunque, con o senza la tua approvazione.”

Mi gettai tra le sue braccia.

“Non rendere le cose ancora più difficili...” Piagnucolai.

Rimanemmo così per qualche minuto.

“Ti amo...” Mi sussurrò nell’orecchio, provocandomi una serie di brividi lungo la schiena.

“Anch’io ti amo...”

“Giuro che ti verrò a cercare... Se c’è un paradiso o un inferno, non mi interessa, giuro che troverò la tua anima e non la lascerò mai più... Ricordati che sei mia...”

Non trattenni di nuovo le lacrime.

Andrew mi prese il viso tra le mani e mi diede un bacio dolcissimo a fior di labbra, dopo di che si tolse la collana che portava sempre con sé, vicino al cuore.

“Tieni... Me lo ha dato Charlotte prima di...” Lasciò cadere la frase. “Glielo avevo regalato io e voglio che ora l’abbia tu...”

Me la infilò e io la strinsi a me con la mano.

“Dovunque sei, io ci sono... Ricordatelo, amore mio...” Disse infine.

Sapevo che in verità se avessi aspettato ancora del tempo sarebbe stato peggio, ma la cosa fu più difficile di quanto immaginavo.

“Andrew Bennett io... Io ti perdono... Sei libero...”

Non sapevo se avrebbe funzionato, ma tentar non nuoce.

Andrew mi baciò e io ricambiai con tutta me stessa, tra le lacrime.

Poi avvertii freddo e persi il contatto con la sua pelle.

“Ti amo...” Sentii solo quest’ultimo sussurro.

Dopo di che il dolore mi sopraffece e fu talmente grande che mi tolse il respiro.

Mi accasciai sul letto, naturalmente pentita di ciò che avevo appena fatto: sapevo che avrei dovuto fare i conti col fatto che mi sarebbe mancato da morire.

Mi sarebbero mancati i suoi baci, le sue carezze, la sua voce, il suo profumo... Tutto.

Cercavo di appigliarmi ad un’unica certezza: le nostre anime erano destinate a stare insieme e lo sarebbero state per l’eternità.

Il mio compito era quello di lasciarlo andare e il suo è quello di ritrovarmi.

Lui avrebbe continuato a cercarmi per l’eternità e io avrei fatto lo stesso con lui finché un giorno ci saremmo ritrovati e avremo potuto finalmente stare insieme.

E quando sarebbe accaduto, sarebbe stato per sempre.

 

 

Hola!

Ok... A questo punto penso che non arriverò a domani XD

Wooooooow quanti commenti!!! ^^ Me è proprio feliceeeee

MakyMay: J Bene bene… Mi sa che mi tocca dormire con un occhio aperto se non voglio che mi strangoli XDXD... Cmq va beneeee mi metto al lavoro per il seguito =D!!

Bacioooooneeee

Tetide: Bho... Diciamo che alla fine Andrew non è stato proprio costretto... Però mi sa che un po’ carognone lo è :-P. Vabbè... Povera Roxy patpat... Grassie per i complimenti!! ^^ Bacione!!

nikoletta89: Finalmente Roxy è andata da Andrew, visto?? Uauauaua... Cmq Grazias!

Dai su ora non ti faccio più soffrire tanto ^^ cioè... Più o meno... uauaua

Bacione!!

Angel Texas Ranger: ci ho messo un po’, sorry!!! Sono stata stra impegnata L comunque alla fine ho aggiornato con un cap più lungo del solito e spero di essermi fatta perdonare! Grazias per i commenti

Bacione!

Ice Queen Silver: Heilà ciauuuuu!!! Sono contenta che tu sia approdata di nuovo qui!! ^^ Grazieeee per i commentuzzi!!!!!!!!!!!!!!!! Me è felice che la sua storia piaccia!!!

Bacioneeeee

valevre: Hola!!! Ho risposto a quasi tutte le tue domande, visto?? ^^ Comunque sono contentissima di avere una nuova faaann!!! Ke bellooooooooooo!!!! Grazie mille per i complimentiiii!!! Alla prossimaaa

Bacioooo

 

Beh... C’è da dire che alcune cose sono rimaste in sospeso... Alcune domande non hanno ancora la loro risposta... Mmmh mi raccomando ricordatevi che c’è un seguitoooo

Bacione a tuttiiiii!!!!!!!

 

Mallow92
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi / Vai alla pagina dell'autore: Mallow92