Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    24/02/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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5. Il sorriso di un bambino
Piacevole. Questo è l’aggettivo con il quale meglio potrei descrivere il risveglio della mattina seguente.
Il consuetudinario grido della signorina Nanaba non era ancora tuonato nel dormitorio femminile. Un senso di piacere mi pervase all’alba di quel giorno, che mi rese persino in grado di udire il beato canto degli uccellini fuori dalla finestra della Base.
Sfortunatamente, appena mi resi conto di non essere quella ragazza che, nella mia fantasia, viveva in una piccola casetta con la propria famiglia, in un luogo del tutto estraneo ai giganti, ma molto più lontano dalle Mura, avrei preferito che qualche soldato indubbiamente forte, come ad esempio Mike, mi avesse dato una bella botta dritta sulla zucca per farmi riaddormentare. Nessun esemplare titanico con l’intenzione di tritare le mie membra dominava i miei sogni. Nessun uomo intenzionato a scovare il prima possibile i restanti membri della famiglia di mio padre. Nessun muro. Nessun re. Nessun corpo militare. Solo quella beata pace che, nella mia fervida immaginazione notturna, condividevo con le persone a me più care, immaginandole in una sperduta casa al di fuori dalle mura, lontana da qualsiasi mostro, in cui mia madre era intenta a ritrarre un fiore su un tavolo in legno, come era solita fare molti anni prima.
Eppure qualcosa, all’alba di quella mattina, mi invitò a svegliarmi come se la vita più deliziosa e quieta stesse lì ad attendere il mio risveglio. Girai il busto verso il letto di Petra, posto esattamente sopra al mio, e, dopo essermi stropicciata gli occhi, rivolsi il mio sguardo al cielo immacolato che potevo intravedere dalla finestra situata davanti alla nostra “culla”.
Infine, mi tornò in mente quella stramba collana che avevo protetto tutta la notte sotto la mia canotta; strabuzzando gli occhi dalla stanchezza, rotai la minuscola pietra rossa più volte tra le dita, desiderosa di sapere quanto più possibile su quell’insolito oggetto.
Per favore, parlami. Raccontami la tua storia, gli implorava la mia fantasia. Poco dopo, però, la testa all’ingiù di Petra fece capolino dall’alto.
-è inutile, Petra. Non sarai mai capace di svegliarti prima di me – le rivolsi, ridacchiando sotto ai baffi.
Susseguì un violento sbuffo e una linguaccia; borbottò qualcosa, e, come da consuetudine, iniziammo a prepararci aiutandoci a vicenda con l’imbracatura.
Poco dopo, tutte le reclute avrebbero dovuto riunirsi nel salone principale, dove un soldato di nome Dieter Ness avrebbe spiegato le tattiche poi utilizzate dalle squadre sul campo di battaglia.
Una volta lì, intenta a prendere appunti come tutti i miei compagni, rimasi delusa. Non dalla spiegazione del soldato con la bandana, né dalle doti di Erwin Smith e da quelle degli altri capisquadra nel realizzare tattiche, bensì dalla quasi totale mancanza di coordinazione di tali strategie di combattimento.
-Sembra tutto molto improvvisato – giudicai ad alta voce.
-Be’, sicuramente non possono permettersi di fare calcoli scientifici sul momento mentre sono intenti a far saltare nuche ai giganti, non credi? – intervenne Gunther al mio fianco. Mi sorrise, ma rimasi allo stesso modo alquanto incerta di quelle strategie.
Che chi legga queste memorie non mi fraintenda: considerai assai utili tutti quei suggerimenti, che conservai gelosamente nel mio blocchetto a partire da quel giorno. Al termine di ogni giornata, tuttavia, ero solita rivedermi su uno scrittoio ogni schema da me riportato e, con la piuma d’oca che battevo fastidiosamente sul tavolo, cercavo stratagemmi con cui modificare i disegni.
In quei giorni, io e il mio blocco di fogli eravamo divenuti piuttosto inseparabili, soprattutto perché avevo ripreso la mia attività di dilettante disegnatrice, seguendo le orme della mia defunta genitrice.
Il blocco destinato a puri scopi militari divenne ben presto una raccolta di tutti quei bozzetti che ero solita disegnare nei momenti “morti”. Con quali disegni li riempivo? Semplici ritratti dei miei amici, essenzialmente di Petra, il mio soggetto preferito per eccellenza, e persino di alcuni superiori. Trovavo alquanto affascinante ritrarre la compostezza del Comandante Erwin, probabilmente perché, tra tutti gli ufficiali, non era solito cambiare posizione mentre era nei dintorni, indaffarato in alcuni chiacchiericci e colto dalla mia matita. Inoltre, non si poteva certamente negare che egli non avesse una corporatura statuaria, perfetta per essere disegnata. Eppure, la sua tranquillità e solennità non riguardavano affatto individui come Hanji, sempre pronta a saltellare da una parte all’altra del Quartier Generale della Legione.
Quel blocchetto mi seguì anche durante la mia prima visita al distretto di Trost, una città che, per di più, mi parve del tutto uguale a Karanes. I palazzi rossicci e alquanto bassi, per intenderci, erano difatti identici a quelli del mio distretto.
In ogni caso, qualche giorno prima della spedizione, alcune reclute, tra cui io, Petra e Oruo, dovemmo accompagnare alcuni capisquadra a comprare diverse provviste che all’interno delle mura non erano affatto reperibili. Il capitano Levi necessitava i manici di scopa più resistenti, e la caposquadra Hanji le migliori provette chimiche in vetro.
La mia presenza di valoroso soldato dell’Armata Ricognitiva si dimostrò praticamente futile in quell’occasione, dato che ero stata abbandonata a fare da guardia al nostro carro e ai cavalli. Il mio fidato blocchetto mi tornò utile per ammazzare il tempo e distogliere la mia attenzione da quei cittadini che guardavano curiosi la mia nuova e tanto agognata divisa e lo stemma che con orgoglio portavo sulla schiena, le ali della libertà, quelle che avevano ormai sostituito le due spade del Corpo Cadetti. Non capivo perché li attirassi così tanto, né tantomeno sapevo se le loro considerazioni sul conto della Legione fossero positive o meno.
Comunque, ogni volta che il capitano Levi e la mia amica facevano ritorno da me per sistemare sul carro i loro acquisti, io ne approfittavo per immortalare sul foglio l’espressione imbambolata e imbarazzata della ragazza dai capelli ramati.


Mentre silenziosamente mi trattenevo dal ridere, ella era intenta a balbettare con il caporale, e nel frattempo la riprendevo segretamente con tutta serenità. Ciononostante, gli assidui battibecchi della ragazza con Oruo non mi permettevano di concentrarmi completamente, e, ogni volta che Petra rimproverava il ragazzo per qualsiasi motivo, mi conveniva cancellare e iniziare da capo il mio disegno.
-Sei davvero un cretino, lo sai? Ti avevo detto che lì dentro non avremmo trovato quello che il capitano ci ha chiesto. Adesso ci considera dei buoni a nulla, e se n’è andato in qualche negozio da solo! – esclamava infuriata lei.
-Stai calma, piccola. Possiamo approfittarne almeno per prenderci finalmente una pausa, tutte queste compere mi stanno uccidendo – rispose l’altro, fingendo di asciugarsi il sudore sulla fronte e ricevendo un colpo di spalla dalla mia amica.
-Parole sante - intervenni. - Petra, rilassati e smettila di muoverti. Mi risulta difficile riprendere il tuo bel faccino innamorato se continui a spostarsi e ad urlare in testa ad Oruo – osservai io, senza distogliere lo sguardo dal foglio, cercando quanto più possibile di sistemare il disegno, ma senza successo: Petra, più rossa che mai, mi aveva già strappato di mano il mio prezioso blocco.
-Claire, finiscila con questa storia – mi sussurrò lei, restituendomi incerta quanto mi spettava.
-Ma perché? Sai bene che adoro stuzzicarti, e, in più, sei ancora più carina quando sei arrossita mentre parli con il capitano Levi.
Da un paio di giorni mi ero accorta dell’imbarazzo che possedeva Petra ogni qualvolta ella rivolgesse la parola al capitano, e, benché considerassi troppo freddo e isterico l’atteggiamento del caporale, non potevo astenermi da appoggiare la ragazza nella sua impresa. Tendevo a credere che il suo carattere genuino e cordiale avrebbe sciolto il cuore di pietra del “soldato più forte del genere umano”.
-Ora, se non ti spiace… - tentai di riprendere il blocchetto, ma lo ricevei dritta su una spalla, prima di poterlo recuperare in maniera effettiva.
Non mi trattenni dal ridere, e ritornai alla mia postazione, aspettando solamente che i due superiori facessero ritorno al carro.
-Ecco, io e Levi abbiamo finalmente finito! – acclamò qualche ora dopo Hanji, sistemando le ultime compre sul traino.
-Per favore, quattr’occhi. Non sono certamente stato io a decidere di fare il perimetro del distretto per cercare delle stupide provette!
La caposquadra, visibilmente gioiosa, spinse il palmo della mano sulla testa del caporale, molto più infastidito rispetto alle volte in cui proprio io avevo fatto di tutto, seppur involontariamente, per importunarlo.
Il motivo per il quale la caposquadra non venne sgozzata da Levi fu Petra, che immediatamente si preoccupò delle sue condizioni dopo l’istintivo quanto infantile gesto di Hanji.
-Capitano, tutto bene? – domandò infatti lei, avvicinandoglisi apprensiva.
Levi doveva aver constato che sarebbe risultato inopportuno delirare davanti la mia gentile e generosa amica, perciò borbottò un “grazie” e si avviò verso il suo alto destriero.
-Quindi ora ce ne andiamo. Ma, Claire, hai passato tutto il tempo a fare da guardia ai cavalli, sicura di non aver bisogno di nulla prima di fare ritorno alla base? D’altronde sei stata molto gentile a non spostarti per nemmeno un secondo – osservò la caposquadra.
Da diverse ore non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla bottega di un liutaio situata pressappoco più avanti, e improvvisamente mi tornò alla mente quel piccolo lavoro di manutenzione al quale dovevo sottoporre una mia cara compagna di vita.
-Caposquadra Hanji, avrei bisogno solo di una cosa, ma se urge far ritorno immediatamente al Quartier Generale monto subito in sella senza fare storie – spiegai.
-Va’ tranquilla, cara – mi strizzò l’occhio lei. –Bado io al nanetto mentre tu non ci sei.
Scappai prima di assistere all’ennesimo scontro tra i due ufficiali, volai dentro la bottega per poi uscirmene due secondi più tardi con ciò di cui avevo bisogno. Intenzionata a ritornarmene da Edmund, la mia attenzione si concentrò sul gruppo di bambini che giocavano con un pallone tra le mie gambe e una bambina che, dietro di loro, aveva allestito una piccola bancarella con oggetti alquanto bizzarri, che comprendevano omini di cartone e bambole di pezza.
-Guarda, Agrim! Un soldato del Corpo di Ricerca! – mi indicò uno dei due giovanotti, incantato.
-Ha quelle ali sulla schiena! Guarda, Carlo!
Orgogliosa, bloccai il pallone scucito e lo restituii ai due bambini. –Questo deve essere vostro, giusto?
-Come ti chiami, soldatessa? – mi domandò il bimbetto castano, quello che portava il nome di Agrim.
-Io mi chiamo Claire, e…
-Hai già ucciso i giganti? Li hai visti? Dicci, sono davvero così brutti come dicono?
Scoppiai a ridere, sfregando le mani sui capi di entrambi i ragazzini. –In realtà compirò la mia prima spedizione tra qualche giorno, e partirò proprio da qui, da Trost. So per certo che quei mostri sono veramente brutti, e puzzano più di un clan di cavernicoli – iniziai a imitare una di quelle creature titaniche, mentre i due bambini finsero di impugnare due spade trasparenti per ciascuno per poi colpirmi su tutti gli arti.
-Oh, sono morta! – enfatizzai agonizzante per terra.
-Aha! La Legione Esplorativa è più forte di te, brutto mostro! – esclamò Carlo, prima di ringraziarmi per aver deciso di trascorrere il mio tempo con loro.
Prima che potessi rialzarmi, la bambina di poco prima mi venne incontro mentre ripulivo i pantaloni bianchi dallo sporco.
-Soldatessa, ti manca un bottone sulla tasca della giacca.
Immediatamente tastai la tasca sinistra del mio giacchetto beige, al quale mancava il bottoncino bianco.
-Accidenti, non posso permettermi di ripagarne uno nuovo – constatai, rialzandomi da terra.
-Posso riparartela io. Sono molto brava con ago e filo – mormorò lei dondolando e scoprendo un insolito bottone bianco molto più grande di quello che avevo perduto e ricoperto di pois blu e grigio.
La feci contenta: mi sfilai la giacca e gliela resi, accucciandomi accanto a lei e osservando le sue graziose manine intente a lavorare sul mio indumento.
In nemmeno cinque minuti era stata anche in grado di aiutarmi a infilarmi la giacca riparata.
-Grazie - le sorrisi dolcemente. - Posso sapere il nome della mia piccola salvatrice?
-Ellen - mormorò arrossita lei.
-Hares, dobbiamo andare – suonò alle mie spalle la voce del caporale maggiore, verso il quale mi girai di scatto, ricomponendomi e rimettendomi in piedi.
-Scusi, capitano. Mi sono trattenuta con questi piccoli pargoli – gli sorrisi. Fu un gesto del tutto spontaneo, non lo nascondo, ma non mi aspettavo che avrebbe ribattuto come al solito, proprio a causa della presenza dei bambini, che avevano già iniziato a guardare sbalorditi il mio ufficiale.
-Capitano Levi! Capitano Levi! – gridavano già i due bambini, saltando attorno alla piccola figura del soldato più forte. Se inizialmente la loro reazione mi aveva divertito, non appena mi accorsi che, per l’eccitazione, Ellen era caduta a terra, non esitai ad aiutare la piccola fanciulla, intenta a toccarsi il ginocchio sbucciato.
-Oh, no! – esclamai, soccorrendo la poveretta. –Ragazzi, accidenti! dovreste fare più attenzione!
In ogni caso, non avevo la benché minima idea di cosa stesse pensando il mio compagno d’armi! Rimasi sbalordita da ciò che accadde subito dopo: davanti ai miei occhi attoniti, Levi stava asciugando il volto della bambina con un fazzoletto, utilizzandolo subito dopo per pulire il ginocchio, preoccupandosi poco del fatto che il sangue stesse macchiando la sua mano.
-Torna subito a casa a disinfettarti, capito? – ordinò il caporale alla bimba. Quest’ultima, probabilmente ancora troppo piccola per conoscere la fama di cui godeva Levi, obbedì senza esitare e fece per ritornare in casa.
-Aspetta, Ellen – la fermai, e iniziai a sfogliare il mio blocco, fino a strappare un foglio ritraente la mia personale rivisitazione delle Ali della Libertà. -Ascolta, non ho molto da darti per ricompensarti del bottone, ma posso regalarti questo mio disegno.
La bimba, benché ancora un po’ sofferente per la caduta, accettò volentieri il foglio, rimanendo stupita. -È bellissimo! Grazie, soldatessa!
Mi scoccò un bacio sulla guancia, le dissi: -Chiamami Claire - prima che potesse raggiungere la madre.
-Guarda che cosa mi ha regalato la soldatessa! - la bambina le sventolò davanti il disegno. -È una di loro, e adesso è mia amica.
Scoppiai a ridere, e rimasi a osservare rincuorata la coppia prima di seguire il caporale verso i nostri cavalli: la mamma di Ellen, nel frattempo, mi aveva fatto un cenno da lontano, non capii se per ringraziarmi o per salutarmi, e io ricambiai; ella rivolse poi alla figlioletta il sorriso più dolce e materno; ancora una volta mi pervase un forte senso di nostalgia, quello che avevo iniziato a percepire dalla prematura età di tredici anni. Come era stato difficile crescere senza una madre affettuosa come quella di Ellen! Mi mancavano gli abbracci e le carezze della mia mamma, spesso ancora mi capitava di ripensarci e di avvertire un incolmabile senso di vuoto prima che le lacrime potessero giungere ai miei occhi.
-Ce ne hai messo, di tempo - borbottò il caporale, sulla strada di ritorno ai carri.
-Era difficile separarsi da quei bambini allegri. Erano sorprendentemente vivaci e simpatici, non trova anche lei, capitano?
Egli borbottò qualcosa, e, nonostante fossi consapevole che sarebbe stato più conveniente non aggiungere altro, mi sentii il dovere di dirgli: -è stato molto carino da parte sua aiutare la ragazzina.
Levi rimase straordinariamente impassibile: continuava a guardare davanti a lui, ma, a meno che non avesse bruciato quel briciolo di umanità che gli rimaneva, era consapevole di aver fatto la scelta giusta, e me la risi sotto i baffi.
-Non potevamo di certo aspettare che si prendesse un’infezione. Qualcosa andava pur fatto - disse infine.
Raggiungemmo in silenzio i nostri compagni, che prontamente mi chiesero spiegazioni sul perché avessi perso così tanto tempo.
-Scusate, ho avuto un contrattempo - mi difesi, montando velocemente su Edmund, ma ripensando ai tre piccoli eroi di poco prima.
Sulla via di ritorno trovai assai allettante la visita a Trost, e avrei rifatto inoltre ritorno alla base della Legione con un piccolo bottino.
-Che cosa ti sei cucita sul petto, Claire? Quel bottone è così inappropriato - criticò Oruo, avvicinando il suo cavallo al mio.
-Ho chiesto aiuto ad una piccola signorina che generosamente mi ha riparato la giacca – spiegai l’episodio di Ellen ai miei compagni.
-Che gesto carino! – giudicò la caposquadra.
-Adesso hai il tuo tratto distintivo, Claire. Quel bottoncino ti renderà la persona più unica della Legione – disse sorridente Petra.
Anche il capitano mi osservava curioso, scrutando l’insolito accessorio cucito sul taschino della mia giacca. Ricambiai con un innocente sorriso il suo sguardo, ma si voltò rapidamente e continuò a galoppare in silenzio.
Era del tutto probabile che anche lui, come me, stesse ricordando quei ragazzini che vivacemente scorrazzavano per le vie di Trost. Chissà se anche il capitano aveva pensato che i tre rappresentassero il senso di quella vita angusta a cui il genere umano era sottoposto: il sorriso di un bambino o di una bambina ricordava all’umanità che la speranza, persino nei casi più estremi, come quello del dover vivere in una minuscola gabbia d’uccelli, non era ancora cessata. E noi della Legione Esplorativa saremmo andati a cercarla oltre le mura, sacrificando persino la nostra vita, se fosse stato necessario.
Mi sarei ulteriormente accorta dell’importanza di quell’incontro qualche anno più tardi, quando la vittoria per il recupero del distretto di Trost a seguito della sua caduta sarebbe costata la vita di tantissimi abitanti della città, tra cui quella dei tre piccoli fratellini.


Spazio autore: eh, sì. talvolta mi tocca farmi viva XD.
Lo faccio solamente per una buona causa: il ritratto di Petra non è stato realizzato dalla sottoscritta, assolutamente negata per quanto riguarda il disegno; quest'opera è stata realizzata un po' di tempo fa da un artista della piattaforma Deviantart, ossia dalla bravissima @munette . Tenevo a segnalarlo perché non mi pareva affatto giusto appropriarmi in maniera così incivile di un lavoro che non mi appartiene (ho provato ad avvisare anche l'artista in questione, ma sfortunatamente non ho ancora ricevuto alcuna risposta, e non me la sentivo di far passare altro tempo per la pubblicazione in cui un'immagine del genere mi sembrava più che appropriata). 
Ma non esitate a farmi sapere cosa ne pensate della storia, eh? Ci tengo molto ;).
Shinzou wo Sasageyo!
 

 
 
 
 
 
  
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