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Autore: Lupe M Reyes    25/02/2018    4 recensioni
A Blair piace fare i turni di notte alla biblioteca dell'Arca. Fino alla sera in cui il Cancelliere Jaha non si presenta alla sua porta... Per impedirgli di inviare sulla Terra John Murphy, Blair cede al ricatto e contribuisce al progetto sui Cento. Ma l'incontro con Bellamy Blake cambierà ogni equilibrio. Fino al giorno in cui non diventerà lei stessa la persona numero 101 a raggiungere la Terra.
[Arco temporale: prima stagione]
Personaggi principali: Blair (personaggio nuovo), Murphy, Bellamy, Raven, Clarke, Jaha
Personaggi secondari: Finn, Octavia, Kane, Abby, Sinclair, Jasper, Monty
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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25/02/18
Questa volta la nota devo farla all'inizio. Chiedo miseramente perdono per tutto il tempo che ho lasciato passare dall'ultimo aggiornamento; ma tra gennaio e febbraio ho avuto qualche preoccupazione per la mia salute e scrivere non è stato davvero possibile. Ora però fortunatamente è tutto risolto! è andato tutto bene, sono sana come un pesciolino. "We're back, bitches!", per citare la nostra O. 
Ehm, temo sarà il caso di ridare un'occhiata agli ultimi due capitoli prima di leggere questo, anche solo per ricordarci dove eravamo arrivati! Per chi non avesse voglia, breve riassunto:
1. I Terrestri dicono: "Se ve ne andate, non vi sterminiamo."
2. Clarke dice: "Ok, evacuiamo il campo."
3. Raven sistema comunque le bombe, perchè non si fida. (Good girl). 
4. John e Blair fanno pace e si sbaciucchiano.
5. Octavia lascia il campo con Lincoln, che avvisa i Cento che sì, i Terrestri li hanno fregati e stanno organizzando un'imboscata.
6. Prima che Bellamy possa fare qualcosa, un ragazzo a due passi da John e Blair viene trafitto da una lancia e crolla a terra. 
7. Panico generale. 
...Have fun ^^ 
LRM
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27. L’INIZIO DELLA FINE
 
Sono pietrificata.
Il sangue si spande intorno al cadavere, arriva a lambirmi le scarpe. Le lascio sporcarsi, incapace di reagire: non riesco a fare altro che passare gli occhi dal volto del ragazzo coi capelli rossi alle mie scarpe e di nuovo al suo viso, di nuovo le mie scarpe.
Intorno a me il campo intero è esploso in un grido selvaggio, scosso dal terrore. Con la coda dell’occhio intercetto i movimenti dei miei compagni, tutti già in corsa, tutti abbastanza reattivi da scappare verso la salvezza, il nostro unico riparo.
“Blair! La navicella! Vieni! Corri!
John deve prendermi entrambe le braccia con la forza e trascinarmi via di peso.
Una massa di persone nel più completo panico ci riempie la visuale, riusciamo a distinguere solamente la folla terrorizzata: è impossibile capire cosa stia succedendo. È John a puntare il dito verso le barricate, urlandomi di guardare, nonappena varchiamo il portellone e ci sentiamo più protetti.
Un Terrestre si è arrampicato sulla barriera di legno, e dalla cima ha puntato il ragazzo con i capelli rossi. Dalla sua posizione sopraelevata è riuscito con facilità a centrare il bersaglio. Libero dalla lancia, ora tende un arco. Incocca una freccia ma prima che possa lasciarla volare cade all’indietro, abbattuto da un’arma da fuoco. Sono davvero il nostro unico vantaggio, soprattutto se unite al fatto che loro non le conoscono.
Clarke, in una nube di polvere smossa, in mezzo al campo, si volta nella nostra direzione. Sta imbracciando il fucile del ragazzo con i capelli rossi. È lei ad aver sparato.
La guardo afferrare la spira con entrambe le mani, puntare un piede sulla schiena del cadavere e fare forza. Sfila la lancia con difficoltà, e nel momento in cui il bastone esce dal costato un nuovo fiotto di sangue inonda la maglietta del ragazzo, la terra, i piedi di Clarke.
Lei corre verso la navicella, la lancia in una mano, il fucile nell’altra. Viene dritta verso me e John, a cui porge l’arma. Lui esita. La afferro prima che il suo tentennare diventi evidente.
Dall’imboccatura, guardiamo fuori, ipnotizzati dal caos. In pochi istanti ci è chiaro cosa sta capitando: il Terrestre abbattuto da Clarke, che ha ucciso il ragazzo coi capelli rossi ad un passo da me e John, era un diversivo. Il secondo Terrestre non tarda ad arrivare, seguito dal terzo, il quarto… Presto perdo il conto. John sibila, accanto a me:
“Sono entrati da uno dei tunnel.”
Senza accorgermene, mi sono portata una mano alla bocca. Un energumeno di due metri con un coltello in entrambe le mani sta attraversando il campo, uscito da chissà dove, falciando due ragazze nel passaggio. Una bionda di appena un paio di anni più piccola di me crolla in terra a faccia in giù, in un’esplosione di sangue.
“Ci hanno distratti e hanno massacrato le guardie.”,
conclude John, mentre la sua voce trema di rabbia. Io sto cercando di non impazzire di paura, di riavermi, anche se mi sento ancora rallentata. Forse è la scossa che mi da la mano di John che afferra la mia a svegliarmi. Lo scanso e mi volto verso il fondo della navicella; urlo:
“Dove sono i tiratori scelti?”
Qualcuno alza in aria la pistola.
“Voi, fuori! Bellamy è al cancello, prendete ordini solo ed esclusivamente da lui!”
Un gruppetto di ragazzi e ragazze si fa largo tra la massa, in corsa verso l’uscita.
“Sono troppi, e sono dentro. Non possiamo evacuare il campo.”,
dico, e John conclude il mio pensiero:
“E non possiamo combatterli.”
Mi rivolgo a Clarke, che sta ancora con gli occhi fissi all’orizzonte.
“Griffin, stiamo guardando te.”
La mia amica ha la mascella tanto contratta da sfigurarle il viso. So che sta valutando il piano B, il barbecue. E non passa più di qualche istante prima che le senta chiedere:
“Dov’è Raven?”
Scuotiamo la testa e Clarke aggrotta la fronte, lasciando scorrere lo sguardo sui nostri volti. I suoni della battaglia scandiscono lo scorrere dei secondi, mentre il nostro Cancelliere Sulla Terra decide come dobbiamo muoverci.
All’improvviso si anima e al pari di Jaha il suo tono è il tono di chi non ammette repliche:
“Portate tutti dentro.”
 
Clarke sparisce all’interno in un battito di ciglia.
“Ci serve Raven.”
L’affermazione di John è l’unica sicurezza che abbiamo. Annuisco, cercando di non farmi prendere dal panico.
“Monty e Jasper non so se sapranno come attivare…”
“Lo so.”
John tende la mano. Quando capisco che sta aspettando che io gli consegni il fucile, faccio un passo indietro.
“Stai scherzando.”
“Blair, ci serve Raven. E non è qui dentro.”
“Non sai sparare.”
“Nemmeno tu.”
“Beh, veramente…”
“Hai sparato una volta.”
“Corro più veloce di te.”
“Falso anche questo.”
Lo guardo negli occhi. 
Non c’è possibilità che lui ceda, che io riesca a prendermi la ragione con John Murphy. Ho dieci anni di esperienza che mi dicono di desistere. Sul piano dialettico, non ho speranze.
Però non esiste solo lo scontro aperto, esistono le scorciatoie
Individuo il ragazzo più alto tra la folla e lo chiamo:
“Tu.”
Lui ci raggiunge e per un attimo mi sorprendo di essere obbedita con tanta sollecitudine. Essere l’assistente del sergente Griffin mi torna utile.
“Se il mio amico mette piede fuori dalla navicella te la vedrai con me.”
Imbraccio il fucile, passandomi la cintura intorno alla spalla. John ha lo sguardo smarrito, ma il suo nuovo carceriere invece ha colto perfettamente l’antifona: lo prende per un braccio e lo tiene fermo con la sola forza di una mano.
“Blair? Blair, che diavolo…”
“Se oppone resistenza, di sopra ci sono delle catene.”,
lo informo, prima di voltare le spalle e uscire dalla navicella.
 
So dove trovare Raven. Mi accovaccio e corro come posso, rasentando le pareti esterne della navicella, senza fermarmi. Non mi guardo nemmeno intorno, mentre il cuore pompa nelle vene con una potenza che provoca fitte dolorose al petto e alla milza. Intorno a me i ragazzi gridano, sparano. E cadono.
Mi infilo nella tenda di Finn puntando il fucile alla testa di Raven, che si volta in un sussulto. Lo abbasso.
“Blair!”
“Rientra! Vai da Clarke, ci servi per il piano B!”
“Non posso! Non so…”
“Troveremo Finn, te lo prometto, ma ora vieni con me!”
Le stringo un braccio con tutta la forza che ho, trascinandola all’ingresso della tenda. Restiamo abbassate, e io non ho tolto le dita dal grilletto. Lei perlustra il campo con gli occhi.
“Raven, non chiuderemo il portellone senza Finn. Te lo prometto. Fidati di me!”
Si rivolge a me, dilaniata dal dubbio. Le regalo qualche istante per decidersi, anche se non smetto di stritolarla. Finalmente sospira, come stesse esalando l’ultimo dei suoi respiri.
“Ma perché nessuno dei nostri piani A funziona mai?”,
urla, diretta alla navicella, tirandomi per la manica.
 
Raven non rallenta, scavalca l’ingresso continuando a correre. Io mi fermo e torno a rivolgermi a chi abbiamo intorno. Consegno il fucile ad una ragazza con la testa rasata di cui non ricordo il nome. Ansante, cerco di alzare la voce più che posso:
“Chiunque abbia un’arma, fuori! Raccogliete i nostri, portateli tutti qui! Chiunque sia disarmato, restate dentro! Non uscite di qui per nessuna ragione, mi avete sentito?”
Una freccia si pianta sul fianco della navicella, a un paio di metri dalla mia testa. I ragazzi indietreggiano schiamazzando, verso il fondo del nostro unico riparo. D’istinto, mi volto verso la fonte del pericolo.
Non posso individuare il Terrestre che ci ha puntati, ma vedo Bellamy rientrare, attraversando il campo con in braccio un ragazzo svenuto. Trasportare quel ragazzo lo rallenta e gli impedisce di rispondere ad un eventuale aggressione. Non sta nemmeno correndo e non ha nessuno che possa coprirlo. Quell’imbecille.
“Perché deve sempre fare l’eroe del cazzo?”
Un tipo alla mia sinistra, con dei rasta grossi come rami, mi ha sentita:
“Come?”
“Niente. Hai una pistola, per caso?”
“Hai appena detto che chi aveva un’arma doveva…”
“Ok, ok. Capito. Sai se Cecilia Shenden è dentro?”
“Non la conosco.”
Ispiro quanta più aria ho a disposizione, portandomi una mano sugli occhi. Se guardo Bellamy circondato da Terrestri armati non riesco a pensare lucidamente.
Acchiappo il ragazzo per il colletto della t-shirt, tirandolo con quanta più grazia riesco ad avere, nel mio essere nel panico più completo. Sto sillabando:
“Resta qui e inizia a contare. Quando arrivi a ottanta persone, chiama Clarke e dille di chiudere il portellone.”
Corro fuori prima di rendermi conto di quello che sto facendo.
 
Quando mi vede andargli incontro Bellamy inizia a gridare, anche se sa che ancora non posso sentirlo, non in mezzo al caos in cui ci troviamo. Lo raggiungo e gli sfilo la pistola dalla cintola, intimandogli di non rallentare. Il percorso attraverso il campo dura a malapena un minuto, e mi sembrano cento anni.
Dentro, Bellamy adagia con più delicatezza possibile il ragazzo in terra, ordina a qualcuno di prendersene carico e poi si volta all’improvviso verso di me, facendomi barcollare.
“Sei impazzita?”
I suoi occhi sgranati, neri come non mai, mi percorrono ogni angolo del corpo e del viso. Sta cercando ferite. Mi afferra per un braccio, scrollandomi con forza.
“Come diavolo ti è saltato in mente di correre in quel modo fuori da qui, senza un’arma?”
“Adesso ce l’ho, un’arma. La vuoi di nuovo puntata in faccia?”
Mi divincolo dalla sua presa. Sul suo volto, le lentiggini sono coperte dagli schizzi di sangue, così come i suoi capelli, i vestiti, le braccia.
Lo osservo sospirare, esasperato. Mi ricorda i nostri primi giorni sull’Arca, quando la mia lentezza lo mandava nel pallone. Ancora oggi, è lui il più veloce tra noi; scosta la mano e torna il capitano della nave:
“Dove sono gli altri?”
“Raven e Clarke sono di sotto, stanno ultimando quel che serve a farli saltare per aria. Finn non lo so. Tua sorella?”
“Mia sorella è al sicuro.”
“Ma qui non l’ho più vista…”
“Jasper, Monty?”
“Non lo so, ma erano dentro quando è cominciata…”
Non mi chiede di John, perché sa che non sarei qui se lui fosse disperso, sarei a cercarlo.
Bellamy annuisce e fa per tornare fuori. Lo seguo.
“Ho promesso a Raven di portare dentro Finn.”,
spiego, prima che possa mettere becco.
“E non lascio Cecilia a morire da qualche parte. Suo padre è stato espulso per salvarmi la vita.”
Bellamy mi guarda, in tralice.
“Come pensi di recuperarli, disarmata?”
“Con te.”
Facciamo gli ultimi passi che ci separano dall’ingresso fendendo la folla, dritti come fusi. Direi che proseguiamo spalla a spalla, non fosse che io gli arrivo a malapena al mento.
“Come ho fatto tutto quello che ho fatto finora. Con te.”
Lui non risponde e io mi sento legittimata a proseguire, con la netta sensazione che il batticuore abbia poco a che fare con l’orda di Terrestri pronti a falciarci vivi da qui a qualche minuto.
“Come faccio tutte le cose che da sola non riesco a fare. Con te.”
Lui si ferma a cavallo dell’uscita. Lo imito, anche nel suo sguardo torvo.
La voce si fa più profonda, anche se cerca di mantenere un tono distaccato.
“Blair, non posso combattere se mi preoccupo per te.”
“Non posso lasciarli…”
“Non li lasceremo. Li vado a prendere.”
Lascia correre i suoi occhi tra i miei. Aspetta che io mi decida ad obbedirgli.
Avrei solo voglia di fargli capire che non mi ha addomesticata, ma devo restare lucida e fare la cosa più intelligente, non quella che davvero vorrei. Col cavolo che resterò qui. Ma devo convincerlo del contrario, altrimenti non se ne andrà mai. Fingo la resa:
“Cecilia ha i capelli corti e indossa un Pass da guardia scelta.”
Lui fa un cenno col capo, prendendo la pistola che gli sto riconsegnando.
Poi resta immobile, come in attesa di qualcosa.
“Che c’è?”
“Non me ne vado finchè non ti vedo salire la scaletta e chiuderti dietro la botola.”
“Bellamy!”
“Pensi di fregarmi solo con il bel faccino che ti ritrovi?”
“Bel faccino?”
“Lo sai di essere bella, altrimenti per manipolarmi non ti saresti avvicinata così tanto, e tantomeno mi avresti guardato in quel modo.”
“Cosa, cosa? Quale modo?”
“Ricordati che ti ho vista recitare.”
Lui ha un piede fuori dalla navicella, la pistola in mano e il busto mezzo rivolto alla battaglia che ancora imperversa ad appena qualche metro da noi. Mi ha appena detto che sono bella ed è già con la testa ad abbattere Terrestri.
“Perché ti metti a flirtare con me sempre quando stiamo per morire?”
“Non stavo flirtando. Io non flirto.”
“Portami indietro Finn e Cecilia o col cavolo che verrò mai a cena con te.”
“Non ti ho mai invitata.”
Nella totale surrealtà della situazione, mi accorgo che i suoi occhi sono di nuovo agganciati ai miei.
Un grido agghiacciante, che sovrasta tutti gli altri, scuote l’aria. Tutto intorno a noi ci sta dicendo che moriremo. Allora Bellamy percorre lo spazio che ci divide, si china sul mio viso e mi bacia.
Non aspetta nemmeno che io possa rendermi conto di quanto sta succedendo, ha già aperto le labbra, costringendo le mie a fare altrettanto, riempiendomi la bocca, invadendomi con un bacio profondo, improvviso. Siamo un buco nel sistema temporale e nemmeno lo spazio sembra avere molta più aderenza alla realtà, io so di non sentire nulla di tangibile al di là della sua bocca. Finchè non mi ricorda di avere un corpo, schiacciandomi contro il suo.
Un buco nero mi esplode nei polmoni, risucchiando tutto ciò che ho in un unico punto, come una supernova pronta a morire. Mi fa male per il modo in cui mi stringe, mi spinge la lingua con troppa forza. Mi sta divorando. Nemmeno il morso che mi graffia il labbro ha niente di seducente, è solo fame, bisogno senza controllo.
Dubito che il bacio sia durato più di qualche secondo, eppure quando mi lascia mi sembra di schiantarmi su un altro pianeta mai visto prima, in un atterraggio brusco – e indesiderato. Frastornata, col cervello annientato, riesco solo a distinguere il caldo che mi trucida le viscere, dai talloni alla fronte. Non sono certa i miei piedi stiano toccando terra. Mi sembra di essere tornata sull’Arca, dove la gravità creata ad arte era stata ritoccata rispetto a quella della Terra e ci sentivamo tutti più leggeri.
Lui non ha semplicemente allontanato il viso dal mio, si è staccato di un metro.
Ho la vaga impressione che intorno a noi ci sia un sacco di gente.
Bellamy resta impalato, gli occhi incollati ai miei. Sta ansimando anche se deve ancora cominciare a correre.
“Blair, resta dentro. Anche se non torno.”
Lo guardo e scuoto la testa, incapace di credere a quello che mi ha appena detto.
“Non ti lascio, Bell.”
La mia non è né più né meno una dichiarazione d’amore, così come lo è stato corrergli incontro disarmata, filmare il video della rivolta, seguirlo attraverso il nostro piano suicida, mentire per lui, difenderlo, barattare la sua salvezza, non tenergli nessun segreto, fidarmi, mettere la mia vita nelle sua mani, tenere al sicuro la sua tra le mie, obbedirgli, dargli ordini, sparargli, prenderlo a schiaffi, dormirgli addosso, puntargli contro un bisturi, fino alla cosa più difficile di tutte - perdonarlo.
Bellamy Blake sorride e il mio mondo torna in asse.

 
   
 
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