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Autore: Ghen    25/02/2018    6 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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3. In cerca della verità


Principianti: così le aveva chiamate Lena Luthor quando le sorprese a curiosare nel cellulare di sua madre. Non avevano idea di cosa intendesse fino alla mattina successiva, quando Eliza e Lillian erano ancora a letto e Lena aprì il suo laptop sul tavolo della cucina e mostrò alle due le ricerche su di loro. C'erano intere pagine dedicate a ognuna di loro, date importanti, persino fotografie. Il materiale più sostanzioso riguardava ovviamente Eliza Danvers, dalla sua data di nascita ai suoi studi, dalle scuole frequentate al suo matrimonio con Jeremiah Danvers, e così al divorzio e le recenti occupazioni di entrambi. Alex e Kara restarono senza parole, ma giusto il tempo di assimilare la cosa.
«Dove hai trovato tutta questa roba?», cominciò Alex.
«Da quanto tempo l'avevi?», proseguì Kara.
«Ci hai fatto spiare?», chiese ancora Alex.
«Quanto sai di noi e della nostra famiglia?», incalzò Kara.
«Era nel tuo interesse prima o poi dirci di tutto questo?», sbottò Alex, per poi tentare di mantenere la calma tornando indietro di un passo, passandosi una mano sul viso.
Kara stava per riprendere parola ma si fermò quando intravide, in mezzo ai tanti file, una copia del suo certificato di adozione.
Lena parve terribilmente calma nonostante la reazione contrariata delle altre due. Restò sulla sedia e si girò il tanto giusto per poterle guardare entrambe. «Sembra quasi che abbiate dato per scontato che a me questa idea di famiglia allargata sia piaciuta fin da subito. Non eravate voi due che, ieri, avete fatto di tutto per leggere dal telefono di mia madre?». Le due la fissavano aggrottando le sopracciglia, cercando di capire il suo punto di vista. «Non vi fidate di lei? Appena ho saputo della relazione di mia madre con questa donna ho fatto delle ricerche e uno dei miei assistenti mi ha fatto avere il resto un po' alla volta, appena aveva in mano qualcosa. Di Eliza Danvers sapevo solo che era una delle donne che lavorava con mia madre in un laboratorio, come potevo accettare e passare oltre? Prima di conoscerla di persona, avevo già parecchio materiale sul suo conto, per immaginare cosa aspettarmi», si prese una pausa, togliendosi un ciuffo nero dal viso, passandolo dietro un'orecchia. «Non vi nascondo che il mio primo pensiero, oltre a una sorta di rifiuto generale, fu di questa Eliza Danvers che voleva entrare in famiglia per una questione di soldi. Dovevo capire con chi avessi a che fare».
«Quindi? Cosa ti interessa, con esattezza?», domandò Alex, parlandole con freddezza. «Vuoi un favore di che tipo? Pensi ancora queste cose di Eliza? Vuoi il nostro aiuto per smascherarla o qualcosa del genere?».
«Al contrario», rispose lei, passando da uno sguardo all'altro. «Non è Eliza a interessarmi. È una verità da mia madre che cerco».
Aveva lasciato il suo laptop alle due ragazze, in modo che potessero leggere una lunga documentazione su Lillian Luthor. Molto più pratico del rubare un telefono e c'era davvero di tutto: la biografia, foto di quando era bambina e del suo matrimonio con Lionel Luthor, di quando avevano avuto Lex, il primogenito, e perfino una foto di lei con Lena ancora bambina. Doveva avere sui quattro o cinque anni, aveva i capelli alle spalle e un nastrino sulla testa; sorrideva ma al suo fianco Lillian Luthor sembrava indisposta e le due non avevano alcun contatto fisico.
«Piuttosto fredda come mammina, no?», borbottò Alex.
Lei e Kara erano sole in casa quel pomeriggio: Lillian ed Eliza dovevano passare al supermarket per il giornaliero e Lena aveva chiesto, per la prima volta, di poter andare con loro e così uscire un po' di casa. Sapevano che in realtà voleva dare alle due il tempo di vedere ciò che volevano senza che le disturbasse.
In realtà, a parte qualche succoso gossip sulla sua vita privata e incidenti alla Luthor Corp non c'era altro che valesse la pena quel disturbo. A quel punto, le sorelle sapevano di essere arrivate a un momento in cui farsi una domanda era d'obbligo: cosa speravano di trovare?
Volevano veramente così tanto trovare il marcio nella vita di Lillian Luthor per far allontanare la loro madre da lei?
«Dobbiamo anche tenere bene a mente che è stata lei, la figlia di questa donna, a darci tutto questo. Potrebbe aver omesso dettagli importanti», ricordò Alex a Kara, «Qualcosa per cui valesse mettere in guardia Eliza da lei».
Kara restò per un attimo in silenzio, riflettendoci. In verità, era da quando Lena mostrò alle due tutte le cose che aveva raccolto su di loro che era più silenziosa del solito. «Avrebbe potuto mentirci, invece di scoprire le sue carte… Non lo so, Alex. Che senso avrebbe?».
«Farci fidare di entrambe».
«Ha ragione però nel dire che sarebbe Eliza a guadagnarci sposando sua madre», le disse, anche se odiava ammetterlo, «Cosa vorrebbe una Luthor da noi? E poi, per quel favore, sul fatto che lei stessa non sembri fidarsi appieno di sua madre…».
«Se è riuscita ad avere tutto questo, perché chiedere un favore a una poliziotta? Lei dice di essere stata tagliata fuori, ma potrebbe chiedere a qualcuno di cercare informazioni per lei, come quel suo assistente».
Kara scrollò le spalle, buttandosi di peso sul divano. «Forse lei non è riuscita nell'intento e le forze dell'ordine possono andare più avanti di quanto possa fare anche il suo assistente…».
Alex si voltò a guardarla, posando il laptop sul tavolino davanti al divano. «Non eri tu che pensavi fosse il male incarnato a essere umano fino a pochi giorni fa? Ora la difendi a spada tratta…».
Kara arrossì un poco, di colpo. «Io non la difendo, ma-», entrambe si fermarono appena la serratura sulla porta scattò ed Eliza entrò in casa seguita dalle due Luthor e la spesa, così chiusero il portatile e fecero finta di niente.
Il fatto che Lena cercasse una verità, o una conferma a quanto le aveva detto sua madre poco meno di un anno prima, faceva pensare molto Kara. Le ritornava in mente la foto di lei bambina con al fianco quella donna che nemmeno la sfiorava, che se ne stava a qualche centimetro di distanza, senza neppure un po' di conforto umano dopo l'adozione, la faceva sentire triste. Sarà stato l'aver intravisto il suo certificato di adozione fra quei documenti averla resa sensibile all'argomento, nel ricordo di com'erano felici Eliza e Jeremiah quando lei, a dieci anni, andò a vivere con loro. Ricordava ancora bene quando, alla loro prima cena come una famiglia allargata, Lena aveva rimarcato come Lex, il figlio biologico, fosse il preferito di sua madre. C'era del risentimento, adesso le era palese.
«Cosa vuoi, quindi?», le aveva chiesto Alex quella stessa mattina, dopo che Lena mostrò loro tutte le cose raccolte quando cercava informazioni.
«Voglio sapere com'è morto mio padre».
«C-Com'è morto…?», aveva bofonchiato Kara, cercando di capire.
«Mia madre ha detto che è morto dopo un arresto cardiaco. Ma era giovane e godeva di ottima salute prima di un incidente cadendo da cavallo, quindi voglio sapere se mi ha mentito. Lei non ha voluto che si diffondesse la ragione della morte e mi ha tagliato fuori da qualsiasi referto, cartella clinica, ogni cosa. Se la tua ragazza, la poliziotta», aveva detto rivolta ad Alex, «può appropriarsi del rapporto rilasciato dal coroner, allora potrò togliermi questo dubbio».

«Allora, cos'è che farete voi ragazze tra una settimana? È vero che ve ne andate? Di già?». Lillian spezzò il silenzio, già precario dalla foga della minore delle Danvers di accaparrarsi sulla tavola più cose possibili. Lei né tantomeno Lena si erano ancora abituate all'insaziabile fame di Kara che spazzava via ogni ogni cosa lasciata incustodita.
«Devo assolutamente tornare a casa», disse subito Alex, annuendo e guardando lei e poi sua madre. «Ho le bollette che mi aspettano e devo riprendere gli studi per non rischiare di saltare gli esami».
Lillian socchiuse gli occhi, interessandosi all'argomento. «E cos'è che hai detto che studi?».
Alex glielo avrà ripetuto almeno una quindicina di volte in due settimane, ma per Lillian quella era come se fosse la prima volta che lo sentiva. «Adesso cerco di specializzarmi in scienze politiche. Vorrei-».
«E dov'è che lavori, invece?».
Alex buttò giù un bicchiere d'acqua, fingendo di non essere appena stata interrotta. Di nuovo. «Sono commessa in una boutique di National City. Non è il mio sogno e ci impazzisco dietro, ma mi aiuta a pagare gli studi», sorrise. Era felice di aver potuto finire addirittura un'intera frase.
«Se avessi dato retta tuo padre». Eliza si mise in mezzo e Alex roteò gli occhi prima ancora che potesse finire, guardando di sbieco Kara, che guardò l'una e poi l'altra con espressione desolata: entrambe sapevano come si sarebbe messa la discussione. «Le aveva trovato un buon impiego, a Metropolis», si rivolse a Lillian, che ascoltava con curiosità.
«Non ricominciare».
«Ma lei ha rifiutato», la guardò gonfiando gli occhi, come se la cosa la ferisse ancora profondamente. «Doveva fare da segretaria per alcuni uffici del D.A.O., il Department of Anti-Terrorism Operations, dove lavora lui; una buona paga, un lavoro sicuro. Ma lei ha preferito fare la commessa a National City pur di non staccarsi troppo dalla sua ragazza che abita lì».
Kara scivolò un poco sulla sedia e si nascose dietro un pezzo di pane, continuando a masticare, quando scorse sua sorella Alex diventare rossa e trattenere la rabbia. Lena la guardò a sua volta e poi scontrò lo sguardo con quello smarrito di Kara.
«Sono rimasta a National City per studiare, non per restare vicina a Maggie! Ma a te questo non interessa, perché non ascolti, e tra due mesi tirerai fuori questa storia di nuovo».
«Dico solo che non saresti impazzita a fare la commessa, Alex. Ti saresti sistemata».
«Io sono sistemata».
Eliza tacque e Lillian sorrise l'una e poi l'altra, facendo capire di aver sentito e di essere vicina a entrambe pur senza intromettersi.
Poco dopo Alex decise che per lei la cena era finita e si alzò da tavola con la scusa di dover andare a letto presto. Alex ed Eliza si volevano molto bene, ma erano sempre state su due livelli di opinioni differenti per tutto. Kara ricordava che appena arrivata in casa Danvers le cose prendevano già quella piega e aveva imparato molto presto a non interferire nei loro battibecchi, se non voleva prendere una posizione per l'una o per l'altra rischiando la dannazione eterna da parte di chi non avesse difeso. Intanto, prima di andare a letto, al telefono Alex chiese a Maggie se poteva fare quel favore a Lena Luthor.
«Ho studiato medicina, sono bioingegnere e ho preso lezioni di autodifesa per anni, ora cerco di uscire viva nelle scienze politiche e lei vorrebbe che mi fossi accontentata di fare da segretaria?», sbottò Alex, mettendo le braccia a conserte. Kara le stava vicino, sul letto, tentando di consolarla.
«Lo sai che non intende questo: pensava solo che sarebbe stato più facile, per te, accettare quel lavoro e andare avanti. E adora Maggie, non ce l'ha con lei».
«Lo so, lo so», si mantenne la testa con una mano, con fare stanco. «Ma mi fa arrabbiare… Ogni cosa che faccio non è mai abbastanza, per lei. O mai abbastanza, oppure troppo. E io sono stufa di sentirle raccontare quella storia…».
Kara l'abbracciò e Alex si lasciò coccolare un po', prima di decidere di dormire, così la prima lasciò la sua stanza in punta di piedi. La luce del bagno era accesa, doveva esserci Lena, e lei partì spedita nella loro camera. Alex aveva ragione ad arrabbiarsi, lo sapeva, ma era difficile mettere in testa a Eliza che ciò che sua figlia voleva fare nella vita andava ben oltre il lavoro da segretaria e che avrebbe fatto la commessa in un negozio per anni se questo fosse servito allo scopo. Si chiuse in camera e si sedette davanti alla scrivania, accendendo una lampada e aprendo una rivista.
«Ho chiesto a Eliza di comprare yogurt, questo pomeriggio. Te ne ha presi quattro».
Kara spalancò gli occhi, senza voltarsi. Lena era entrata nella loro camera in comune, pronta per andare a dormire. «Emh…».
Lei la guardò per un po' aspettando una risposta, o sperando di ottenerla dalla sua faccia al buio ostacolato solo dalla lampada sulla scrivania.
«Bene», disse, mantenendo lo sguardo saldo alla rivista che leggeva, «Li mangerò domattina. Grazie».
«Sto scherzando, Kara Danvers», sogghignò e sentì Kara fare un sospiro di sollievo. Entrò sotto le coperte, tenendo d'occhio lei che leggeva. «Posso chiederti cosa fai?».
«Leggo».
«Sì, signorina perspicacia, questo lo avevo notato da sola». Era una risata quella che Lena le sentì fare?
«CatCo Magazine».
«Non ti facevo tipa da gossip».
Kara aggrottò le sopracciglia e chiuse la rivista, spegnendo la luce. «Ah sì? E mi facevi tipa da cosa?». Aveva già indosso dei pantaloncini e una t-shirt color pastello che usava come pigiama, quindi entrò sotto le coperte anche lei, girandosi di lato, ma aspettando comunque una risposta.
«Non lo so», biascicò, «Sto cercando di capirti, Kara Danvers».
«Solo Kara».
«Deponi l'ascia da guerra, quindi?».
La voce di Lena si fece più alta e Kara pensò che dovesse essersi girata verso di lei. «Al momento. Vediamo prima cosa scopriamo da Maggie».
«Ah, capisco…», la sentì dire con una nota di delusione, «Prima vuoi sapere se sono una credulona presa in giro da mia madre, così avrei la tua compassione, oppure, al contrario, se sono meritevole di odio».
«No», sbottò subito, «Non è così, è solo che-che non voglio-non sono sicura di sapere cosa voglio! È solo che ciò che hai passato tu è così diverso da ciò che ho passato io, e allo stesso tempo penso di capirti… Non lo so».
Sentì Lena indugiare a lungo, tanto che Kara pensò di dover dire qualcos'altro in fretta, prima che quel silenzio diventasse di troppo, ma alla fine parlò:
«Sono la vera figlia di mio padre».
«Come?».
«Sono-Ero… la sua figlia biologica. Mio padre ha tradito mia madre anni fa e nacqui io. Non lo sapevo, l'ho scoperto l'anno scorso, e allo stesso tempo ho scoperto che mia madre aveva una relazione extraconiugale con la tua, e dopo mio padre è morto».
Kara deglutì. «Mi dispiace…». Non sapeva che Eliza fosse insieme a Lillian da così tanto tempo, quando ancora quest'ultima era sposata con suo marito. Perché a loro non aveva detto nulla?
«Per questo voglio scoprire cos'è davvero successo a mio padre. Stavo appena iniziando a capire la mia vita che lui è morto».
«Ne verremmo a capo, te lo prometto». Non si dissero più niente, ma Kara sapeva che Lena aveva sentito. «Oggi non guardi i tuoi documentari?».
«No. Qualcuno mi ha detto che fa male guardare il cellulare prima di dormire. Già, una vera seccatura».
Kara sorrise, chiudendo gli occhi.
Ricordava davvero poco, ormai, del giorno in cui arrivò a casa Danvers. Aveva quasi undici anni, l'assistente sociale con lei in macchina le disse che erano arrivate e scesero. La casa era in tinta gialla come ora, ma sembrava molto più grande per una personcina come era lei e aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa. Era spaventata, e arrabbiata, e triste. Aveva perso la sua famiglia e le sembrava di essere appena atterrata in un mondo che non conosceva; per lei tutto era nuovo e diverso. Era emozionata di conoscere qualcuno che si sarebbe preso cura di lei da quel momento in avanti, ma allo stesso tempo sognava ad occhi aperti che la sua famiglia era viva e che presto sarebbe venuta a prenderla. L'assistente sociale spiegò a Eliza e Jeremiah Danvers che lei aveva subito uno shock quando aveva perso i suoi genitori, come se non fosse lì con loro per sentire ogni parola. I due sembravano saperlo già, poiché le parlavano e la toccavano, agli inizi, come se avessero avuto paura di romperla. Solo la ribelle Alex, già quattordicenne, riusciva a trattarla come un essere umano qualunque: rifiutandola, allontanandola, spingendola via, dicendole chiaramente che non l'avrebbe voluta come sorella. Ci avevano messo un po' a diventarlo.
Kara si svegliò lentamente, con la mente ancora gonfia di ricordi. Guardando la sveglia vide che erano appena le tre del mattino e, strofinandosi un occhio, decise di prendere sonno in un'altra maniera. Si alzò e cercò il laptop di Lena Luthor. La guardò per un pochino, addormentata serenamente, adocchiando il portatile sul comodino. Le aveva preso la mano e tenuta stretta contro di lei quando scendevano dal The Black Hole, pensava Kara; era così terribilmente spaventata ma soprattutto genuina, spontanea, come ora che dormiva. Le smuoveva una strana sensazione, odiava ammettere. Preferiva quando doveva semplicemente odiarla perché era più semplice avere a che fare con lei.
Si avvicinò al comodino, tornando indietro di un passo. Lo avrebbe preso e aperto lì sul suo letto, per vedere qualche foto e magari leggere ancora sulla famiglia Luthor, ma un calzino rubò le sue speranze: ci scivolò con un piede e, nel tentativo di non cadere a terra o contro il comodino, sbatté la testa contro il materasso e cascò sonoramente col sedere per terra.
Lena aprì gli occhi adagio, mettendo a fuoco, con un po' di fatica, la figura che si contorceva e mugugnava sotto il suo letto.
«Kara?».
Era la prima volta che la sentiva chiamarla col suo nome e alzò la testa di scatto, colta di sorpresa. Il suo nome detto da lei, seppure con un tono di voce debole, sembrava quasi un altro.
«Cosa stai facendo?».
Si alzò dal pavimento lentamente, stirandosi la schiena, sotto lo sguardo interrogativo dell'altra. «Niente! Torna a dormire, Lena, stai sognando».
«Non sto sognando», sbadigliò, «Ti vedo. … mi stavi spiando dormire, per caso?».
«Pff», rise con fare agitato. «P-Perché dovrei fare una cosa del genere?! Ma no, torna a dormire».
«… inquietante».
Si allontanò e Lena la sentì inciampare di nuovo su qualcosa, prima di tornare a tentoni sul suo letto.

Maggie inviò il buongiorno alla sua amata, la mattina successiva, con una buona nuova: entro l'indomani sarebbe riuscita ad avere una copia di quel rapporto.
«Andremo a National City a vederlo, non può inviarcene una foto né può spedircelo, è privato», spiegò Alex a Kara, prima di pranzo. Erano rintanate in cucina, accanto al frigo; scorgevano dietro un mobile Eliza e Lillian che discutevano e ridevano tra loro come ragazzine, nel soggiorno, pensando proprio che a volte il loro comportamento le metteva a disagio. Avrebbero dovuto essere più felici per lei e invece non avevano fatto altro, da quando le due avevano deciso di andare a vivere insieme, che cercare di trovare un pretesto per separarle. Perfino Maggie aveva detto loro che di Lillian Luthor non trovava niente che non andasse, che la facesse apparire come una brutta persona, neppure una multa non pagata. Sapevano che presto avrebbero dovuto arrendersi a quell'idea.
«Ci vediamo tutte quando torniamo là tra una settimana o dovremo andarci prima?».
«Prima, per forza. Maggie non può tenere il documento o passerebbe guai; ha fatto già abbastanza carte false per averlo! Quindi dobbiamo…», Alex indicò Lena con lo sguardo, mentre lei entrava in cucina per bere un bicchiere d'acqua.
Invitare Lena Luthor a passare una serata con loro a National City era diventato motivo di commozione per Eliza e pure un po' per Lillian, che non sembrava veder l'ora di vederle legare davvero. Avevano ricominciato a parlare di famiglia unita, se solo ci fosse stato Lex con loro, di com'erano belle quando si comportavano tutte e tre come delle sorelle, di come quella vicinanza stava facendo del bene a tutte loro, di come avrebbero dovuto farlo tante altre volte anche in futuro. Di certo nessuna delle due sospettava qualcosa del reale motivo per cui facevano quella piccola gita.
A ora di pranzo avevano preso il treno e avvertito Maggie che sarebbero arrivate tra poco più di un'ora. Kara e Alex si erano sedute in due posti accanto, mentre Lena in uno di quelli davanti a loro. La prima non poté fare a meno di notare come Lena Luthor cercasse di camuffare quello sguardo smarrito e a disagio che si lesse sul suo viso anche la prima volta in cui si erano conosciute. Guardava la gente che saliva sul treno con morbosa parsimonia, come se non si fidasse di nessuno.
«Tu non sei granché abituata a viaggiare in treno, non è vero?».
Kara non si stupì di sentire Alex porgerle la domanda: anche lei era un'attenta osservatrice.
Camuffò una risata. «Si nota tanto?». Si sistemò bene sul viso gli occhiali da sole. «Non negli scomparti pubblici, no». Notò che Kara la guardava, anche se tentava di far finta di nulla, e sorrise ancora. «Oh, per poco non dimenticavo: come sta la testa?».
«Eh?». Le distolse di dosso l'attenzione: accidenti, da quando quel giorno erano andate in piscina non faceva che notarle il seno quasi qualsiasi cosa indossasse, e il fatto che in quel momento avesse una camicetta smanicata particolarmente scollata non l'aiutava affatto.
«Era la testa, no? Per come hai sbattuto contro il mio letto, la scorsa notte».
Alex guardò una e poi l'altra e Kara avvampò, a bocca aperta. «Non stavo-So-Sono inciampata, stavo andando in bagno! E mi sono fatta anche male».
Alex subito rise. «La solita imbranata! Mi domando ancora come faccia Supergirl a essere così in gamba, se tu sei un caso così disperato».
«È la maledizione che affligge ogni persona con un alter ego», rispose prontamente.
«Supergirl? Non è la prima volta che la sento…».
«Oh, emh… sono io quando gioco con la mia squadra! Un giorno hanno iniziato a chiamarmi Supergirl e così…».
Lena la guardava senza parole e Alex aggiunse: «È davvero brava! Tanto è vero che, fuori dal campo, nessuno direbbe che l'impacciata Kara Danvers sia Supergirl».
Lei arrossì un poco, ricambiando il sorriso della sorella.
«Squadra di cosa?».
«Lacrosse».
Lena Luthor restò di nuovo senza parole, guardandola con sorpresa. Oh, non lei, non quella ragazzina che sembrava così fragile e perfino delicata! Sapeva che faceva dello sport, non faceva che ripeterlo da quando la conosceva, ma il lacrosse l'aveva totalmente presa sottogamba. Aveva sempre pensato che ci volesse una certa forza muscolare, nonché una figura imponente, per praticare uno sport simile, ma lei era piccola, il suo viso così delicato che sembrava quello di una bambina, di un cucciolo, che davvero faticava a crederci.
Sia Alex che Kara risero per l'evidente faccia meravigliata di Lena.
Quando gli alberi e le case di periferia lasciarono spazio ai primi palazzi, capirono di stare arrivando. Lena indossava un pantalone lungo e leggero, scuro, a cui Kara ricordò il loro primo incontro in quello stesso tragitto ma contrario, mentre andavano verso casa. Sembrava fuori luogo proprio come allora, ma adesso non le dava più quella sensazione spiacevole, invece pensava che fosse un suo segno inconfondibile, come un marchio di fabbrica. Non sapeva spiegarsi il perché, ma era contenta che fosse con loro.
Scesero dal treno e per poco Kara non cascò in terra, aiutata da Lena. Quest'ultima non mancò di scherzare sul lacrosse e su come fosse poco stabile per giocare veramente, ma non le diede fastidio, anche se provò comunque a lamentarsi tanto che Alex dovette sgridarle, intimandole di non punzecchiarsi per almeno un giorno solo.
Dovevano vedersi con Maggie davanti alla fermata di un autobus ma quando mancò l'appuntamento cominciarono a spazientirsi. Mentre Alex parlava con lei al telefono per sapere dove altro si sarebbero viste, presa dalla curiosità Kara pensò di fare qualche domanda alla loro compagna di viaggio, ora che avevano un po' più di confidenza.
«No, non sono mai stata da questa parte di National City», le rispose, «Forse in macchina, di passaggio».
«Tu? Hai la patente?»
«Certo che ho la patente. Cosa c'è di tanto strano?».
«Nulla, è che… sai, pensavo che i Luthor si facessero scorrazzare in macchina dai loro autisti».
«Beh… è così. Ma ho anche la patente».
«Ragazze, Maggie ha avuto un imprevisto con il lavoro, avrà disponibile il documento fra due orette», le raggiunse Alex, «Ci rivedremo tutte qui sotto per allora, siete d'accordo?».
Kara sbiancò, guardando la sorella con allarmismo. «Perché, tu dove vai?».
Alex sapeva cosa Kara stava pensando, che l'idea di stare da sola con la Luthor non le piaceva, ma sarebbe stato più sbrigativo, in quel modo. «Devo passare a casa, così raccolgo la posta, controllo che le piante non siano morte, do una sistemata veloce…», la guardò con supplica, «Se vi porto con me ci metterò molto più tempo! Scusa».
Odiava quando Alex la mollava di punto in bianco senza che prima l'avvertisse. Sapeva come si sentiva quando era lei a farlo, ma la cosa non le tirò su il morale.
Alex sparì dietro un incrocio e Kara e Lena cominciarono a camminare a rilento, guardando intorno a loro in cerca di un'idea veloce per passare due ore senza sentirsi a disagio l'una con l'altra.
Kara la guardò con la coda dell'occhio, constatando come fosse appena più alta di lei. Sotto i pantaloni, infatti, teneva i piedi legati con le fibre di un paio di sandali con almeno cinque centimetri di tacco. Sembrava camminarci piuttosto a suo agio nonostante le mattonelle a volte smosse del marciapiede. Al suo opposto, proprio come al loro primo incontro, Kara indossava una gonnellina bianca e delle scarpe da ginnastica.
«Parlami di Supergirl», le disse, facendola sobbalzare per aver interrotto i suoi pensieri. «Penso che mi piacerebbe conoscerla».
Kara rise, annuendo con la soddisfazione nello sguardo. «Da quest'anno è la capitano della squadra! Ne vado molto orgogliosa».
«Deve piacerti molto».
«Sì. Quando gioco è come… essere libera. Non so spiegarlo», scosse la testa, mentre l'altra la osservava rapita. «Da bambina, quando ho perso la mia famiglia, mi era sembrato di non riuscire mai a essere più una persona completa… Lo so che sembra una cosa sciocca, ma quando gioco», s'interruppe per dare il giusto peso a ciò che tentava di esprimere, con un grande sorriso e gli occhi che le brillavano, «quando gioco, è come se mi sentissi di nuovo un po' con loro perché là, sul campo, non c'è nient'altro che mi distragga. E-E devo solo vincere». Arrossì, sistemandosi gli occhiali sul naso, quando vide di essere il centro delle sue attenzioni.
«Non la trovo affatto una cosa sciocca».
«E invece per te com'è stato… sai, l'adozione? Non devi parlarne se non vuoi, certo». Kara vide il viso di Lena indurirsi mentre si infilava di nuovo gli occhiali da sole, cogliendo il suo invito a non parlarne se non se la sentiva.
«Allora, dimmi… Cosa fanno di solito due ragazze annoiate che devono trascorrere delle ore in questa parte di National City?».
«Non so… Giro per negozi?».
Kara Danvers riconosceva a se stessa di stare diventando troppo indulgente con Lena Luthor. Sì, forse aveva esagerato a etichettarla come sua nemica, se non fosse stata lei la prima a cominciare, sul treno. Era pur vero che aveva parlato male di lei, quella volta, senza sapere che era a orecchie a poca distanza dalla sua bocca, e quindi doveva essersi risentita. E come aveva detto la stessa Lena, nemmeno a lei piaceva l'idea delle loro madri insieme, quindi sentir la seconda figlia della donna con cui si era messa sua madre parlar male di lei doveva aver fatto subito una brutta impressione. O meglio, lei al suo posto ne sarebbe stata furiosa. Magari se non le avesse fatto mangiare quei quattro yogurt… No, beh, in fondo era lei ad averle fatto il dispetto, la mattina prima, per non fargliene trovare nemmeno uno. Ma le aveva buttato giù mezzo armadio e ora per cercare qualcosa da indossare doveva andare in camera di sua sorella: non lo dimenticava di certo. Ma non dimenticava neppure di come si era aggrappata a lei sullo scivolo nel parco acquatico e di come rideva quando si divertiva, divertiva davvero, e sembrava la più bella persona del mondo. Eh sì, alla fine doveva ammettere anche questo: quando era se stessa e non un'arpia doppiogiochista, Lena Luthor era davvero bella.
In definitiva, stava diventando indulgente, sì. Lei le stava facendo abbassare ogni difesa. Lena Luthor la stava attaccando con l'arma che non si sarebbe mai sognata potesse scalfirla: lei stessa. Più le mostrava una parte di lei e più Kara si rendeva conto che l'aveva in pugno.
«Va bene, prova questo». Lena le aveva letteralmente spinto un pesante cappello sulla testa, coprendole gli occhi.
Dopo aver fatto un veloce giro in qualche negozietto ed essersi rese conto che Lena non passava inosservata, attirando occhiate e qualche stalker, si erano rifugiate all'interno di un negozio di abbigliamento con l'intento di camuffarsi.
Kara se lo sollevò dagli occhi il tanto di guardarsi a uno degli specchi da terra posti nel reparto e Lena rise immediatamente. «Non mi sta male, giusto magari un'accortezza…», sibilò, mentre si sfilava le orecchie fuori dal cappello, piegandole.
Lena scosse la testa e si poggiò una mano contro la bocca, continuando a sorridere. «No, affatto. Dovresti pensare di adottare un nuovo look».
«Peccato che non siamo qui per me». Kara sentiva la presenza di una delle commesse a poco da loro, che fingeva di sistemare le scarpe sugli scaffali. Si sfilò il cappello e lo mise a lei, ma restava alto per via dei capelli legati in uno chignon. «Mh, magari dovresti slegarli… o niente cappello».
«Sai, non credo mi serva un cappello», disse, prima di chiederle di aspettarla per un po'.
Sparì tra le corsie e Kara si riprovò il cappello, guardando con la coda dell'occhio la commessa che spiava verso la sua direzione. «Ehi! Se n'è andata». L'altra si nascose.
Da Me a BadSister
Non hai ancora finito? Noi siamo entrate in un negozio per far cambiare Lena. La gente non fa che guardarla… Una donna in macchina si è fermata per chiederle qualcosa sulla Luthor Corp e ha nominato anche Lex. Lena non ne era molto contenta… Beh, muoviti.
Si era seduta su un puff morbido vicino ai camerini, guardando con noia il telefono. Aveva individuato subito il camerino dove era entrata Lena: due commesse erano di pattuglia lì intorno, fingendo di spazzare per terra una e di controllare la merce l'altra, mentre continuavano a lanciare occhiate furtive per sorprenderla uscire.
Ripensava alla donna che le aveva fermate abbassando il finestrino della macchina che poi aveva parcheggiato malamente contro il marciapiede, solo per scendere e parlare con Lena Luthor. Le aveva chiesto qualcosa su alcune persone, aveva detto i loro nomi che Kara non conosceva, e poi aveva chiesto di Lex Luthor. Lena aveva risposto con educazione e Kara cominciava a pensare che la cosa si sarebbe protratta più a lungo del previsto, ponderando l'idea di lasciarla lì a chiacchierare, finché a una distrazione della donna che si era girata verso la strada al suono di un clacson, Lena non le aveva stretto un braccio e trascinata via da lì velocemente, svoltando un vicolo. Era perfino riuscita a correre con i tacchi. La sua espressione era cambiata di colpo, diventando dura e diffidente, seccata, mentre la lasciava andare.
«Scusa», le aveva detto, «Non avrei voluto che la nostra uscita si trasformasse in un dibattito per strada».
Le colpì come si fosse scusata lei per la gente che non faceva che tormentarla. Avrebbe voluto chiederle se c'era qualcosa che non andava, ma si trattenne.
Da Me a BadSister
Forse avrei dovuto chiedere a Lena di cosa stava parlando quella donna e non capisco davvero perché non l'ho fatto! Fammi sapere se sei viva.
Da Me a BadSister
Mi sto annoiando, Lena ci sta mettendo troppo. Una delle commesse che stalkera Lena ha appena fatto scivolare la scopa dalle mani che usava per spazzare per finta, si sono girati tutti.
Da Me a BadSister
Ho paura che Lena ci sia morta in quel camerino!
Da Me a BadSister
Mi sto annoiando. Quando arriva Maggie andiamo a prendere un gelato?
Da Me a BadSister
No, ho sentito dei rumori: Lena è ancora viva. E tu invece?
Da Me a BadSister
Ma vi siete sentite tu e Maggie? E se alla fine non viene?
Da Me a BadSister
Alex, mi sto annoiando, almeno tu rispondimi! Batti un colpo! Ti sono morte le piante?
Da BadSister a Me
Kara, se non rispondo è perché sono impegnata. Smettila. Ci sentiamo tra poco.
Da Me a BadSister
Va bene, non c'è bisogno di essere tanto acide! È che mi sto annoiando e l'unica che mi dà soddisfazioni è la commessa che è passata da ammirare i pantaloni ad accarezzare i cappotti.
Kara sbuffò, mettendo giù il cellulare. Sentì un altro rumore all'interno del camerino e un colpo di tosse da una delle commesse, ripensando ad Alex. Poi sbarrò gli occhi, scrivendo subito un altro messaggio.
Da Me a BadSister
Sei con Maggie in questo momento, non negarlo! E all'improvviso il mio 'batti un colpo' sembra così fuori luogo… Non ti cerco più, fammi sapere quando avete finito.
Fece una smorfia, rimettendo di nuovo giù il cellulare. Appena in tempo, finalmente la tenda del camerino si aprì e Lena Luth- Kara spalancò gli occhi, restando a bocca aperta.
«Ah, eccoti qui», la raggiunse lei, «Cosa ne pensi?».
Kara doveva essere rimasta a fissarla senza dire una parola un po' troppo a lungo poiché Lena dovette richiamarla per sentirle dire qualcosa.
«Ah, beh… strano». Si pentì immediatamente di aver usato quella parola, ma Lena non sembrò prenderla male e si girò subito verso uno degli specchi sul muro. Indossava una gonna corta nera e rossa a quadri, sopra lunghe calze nere. Ai piedi stivaletti bassi con borchie simili a quelle sul cinto lasciato largo. Per la prima volta da quando la conosceva Kara, Lena indossava una t-shirt: era nera come la pece, senza design, con le maniche corte a rete. Questa non era la Lena Luthor che conosceva, pensava Kara; se doveva essere un travestimento, di certo avrebbe avuto successo.
«Ho avuto un periodo dark quando ero adolescente», rispose guardando la sua espressione meravigliata attraverso lo specchio. «Per uscire di casa, mia madre mi forzava a vestirmi come lei, quindi non lo sanno in molti. Il tuo sguardo mi dice che funzionerà».
Kara annuì, deglutendo. Si alzò per andarle incontro e portò le mani al suo cignon. Lena si sorprese nel sentire che lei glielo stava sciogliendo, così fece da sola, lasciando che si allontanasse per guardarla fare. I capelli liscissimi le scivolarono addosso e, guardando quelli di Kara, le chiese se poteva sistemarglieli come i suoi. Kara le prese dal viso una ciocca a sinistra e poi un'altra a destra, arrotolandole mentre le portava indietro, legandole insieme con un elastico.
Si guardarono, capendo che mancava solo un tocco di trucco.


***


Da BadSister a Me
Non ero con Maggie, maliziosa! Però l'ho sentita e ha detto che sta arrivando, quindi sto arrivando anch'io. Sbrigatevi voi due.
Da Me a BadSister
È un caso che vi siate liberate insieme, vero? Anche noi stiamo arrivando.
Da BadSister a Me
È un caso!
Come volasi dimostrare, Kara e Lena furono le prime ad arrivare al punto d'incontro dove si dovevano trovare quasi due ore prima. Lo stile dark aveva funzionato e nessuno spiò Lena, né le fermò per farle qualche domanda o per parlare d'affari. Solo le commesse, a cui mancò il fiato quando la videro vestita in quel modo, continuarono a tenerla d'occhio dalle vetrine finché non la persero di vista. Kara sapeva che i Luthor erano ricchi e ben visti dalla società, ma non si era mai fermata a pensare a quanto fossero famosi.
Il rumoroso brontolio della pancia di Kara e il ritardo delle altre due le convinse a spostarsi e lei lo voleva davvero quel gelato, così dopo aver adocchiato una gelateria convinse Lena a prendere qualcosa con lei. Le sembrava quasi una persona normale quando la vide scegliere il gelato.
«Vaniglia e… stracciatella e… Va bene, faccia vaniglia doppia, stracciatella e un pochino di cioccolato».
«Medio?».
«Grande… Ne metta un po' di più di cioccolato», sorrise radiosa mentre il gelataio la serviva e Lena sorrise a sua volta, andando a pagare il conto prima che l'altra se ne accorgesse. Spostò la camicetta che aveva ripiegato in borsa per arrivare al portafogli.
«Non dovevi pagare per tutte e due», la sgridò uscendo dalla gelateria.
«Nella tua borsa hai le mie scarpe: diciamo che siamo pari», sorrise, andando a sedersi in uno dei tavolini fuori, non mancando di fissarla mentre le si sedeva davanti. Kara non ne aveva ancora dato un assaggio. «Mangia: non è avvelenato», la squadrò ancora, mentre gustava il suo. «Vaniglia», si lasciò scappare mezza risata, guardandola, «Ti sta bene».
«Ovvero?».
«Vesti sempre di chiaro, sei bionda, sorridi con dolcezza… la vaniglia sembra proprio da te, Kara Danvers. Se dovessi assegnarti un gusto, saresti la vaniglia», si morse un labbro, continuando a mangiare.
Kara sembrò pensarci brevemente ma si sbrigò nell'affondare nel suo gelato o rischiava che le si squagliasse in mano.
«Eccovi», urlò Alex Danvers, raggiungendo il loro tavolino. «Meno male che mi hai avvertito, non avrei mai immaginato di trovarti davanti a una gelateria, sorellina». Si sedette tra le due prima che potessero salutarla, guardando in fretta il suo cellulare, e dicendo che Maggie stava arrivando. La ragazza svoltò un angolo proprio qualche secondo dopo, facendo loro la mano.
«Non siete arrivate insieme, vero?», bofonchiò Kara, il suo gelato già a metà.
«No», sbottò l'altra, arrossendo, rialzandosi per far accomodare Maggie. Anche Lena si alzò all'istante, con rispetto.
Maggie si accostò piano, salutando in modo generale a tutte, togliendosi il cappello dalla testa e poggiandolo sul tavolino. Aveva i capelli legati all'indietro e aveva indosso la divisa da poliziotta. Sotto un braccio portava una cartellina che prese subito la curiosità di Lena Luthor.
«Maggie, lei è Lena Luthor. Nostra quasi-sorella e credo tu sappia già chi sia, non c'è bisogno di ulteriori presentazioni. Lena, lei è», si fermò, guardandola con attenzione: non si era resa conto prima di come Lena fosse vestita né del pesante trucco intorno agli occhi e il rossetto nero. «Lei è Maggie Sawyer, la mia… ragazza». Era incredibile come Alex riuscisse ancora ad emozionarsi quando diceva a qualcuno che lei e Maggie stavano insieme.
«Molto piacere, signorina Luthor». Si strinsero la mano e notarono tutte come anche Maggie la squadrava con sorpresa: la immaginava diversa.
«Prego, puoi chiamarmi Lena», le rispose. Lei, al contrario, aveva più interesse verso la cartellina.
Si sedettero tutte e tre e così Maggie salutò Kara. «Vaniglia?», le chiese, «Non mi stupisce».
Kara guardò subito Lena, ricordando cosa le aveva detto poco prima, rispondendo poi a Maggie con un sorriso.
Alex guardò distrattamente sua sorella e poi il gelato in mano a Lena, che era già arrivata a mordere il cono. «Anche tu vaniglia?».
«Pistacchio e caffè».
«Oh, non sono l'unica a cui non piace».
«Mi andavano questi, ma a dire il vero mi piace molto la vaniglia. Ne mangerei di continuo». Fissò Kara e diede un nuovo morso al suo cono, mentre lei si paralizzava.
Perché a un tratto quella frase sulla vaniglia sembrava… così ambigua?
«Oh, no, a me dà la nausea», rispose Alex, non badando a sua sorella in quel momento. «Peccato che qui non servano birre, ne avrei proprio bisogno».
«Kara, ti sta scolando il gelato addosso».
Maggie l'avvertì appena in tempo e Kara si destò, pulendosi con un fazzolettino.
Quando la poliziotta posò la cartellina al centro del tavolo, tutte le attenzioni si posarono su di lei, con Lena che si risistemava meglio e più vicino con la sedia, finendo di masticare il cono. «Non so cosa tu contassi di trovarci, ma spero abbia un qualche valore per te». Maggie aprì la cartellina e Lena prese subito il rapporto di cui aveva bisogno, leggendo in fretta, solo per lei.
Si portò una mano sul mento, non togliendo occhio di dosso dal documento. Sfogliò la pagina successiva e lesse con attenzione anche lì, perdendosi. Le altre si guardavano tra loro, nel silenzio interrotto solo dal masticare di Kara. Poi la si sentì ansimare e capirono che doveva essere arrivata alla parte che più le premeva conoscere. «Bene», sussurrò piano, posando il documento di nuovo sulla cartellina con estrema cura. «Allora è andata così… a quanto pare, mia madre non mi ha mentito».

























***

Ed eccoci ritornati! Nuova settimana, nuovo capitolo :)
Cosa ne pensate? A quanto pare, il rapporto del coroner su Lionel Luthor conferma quanto detto da Lillian a sua figlia, vi aspettavate diversamente? E del look dark di Lena? E dei messaggi tra Kara e Alex (io adoro scrivere di Kara e Alex che parlano al telefono o si lasciano messaggi)? E di Lillian ed Eliza che stavano insieme prima ancora che Lionel morisse?
Concentriamoci su questo, per ora- no, non pensate al gelato alla vaniglia che scola- perché il prossimo capitolo prenderà una piccola svolta rispetto alla trama principale per farci conoscere aspetti importanti di altri personaggi che non sono Kara e Lena. Avete capito di chi sto parlando!

Il quarto capitolo arriverà lunedì prossimo e si intitola: L'esperimento
Spero vi piacerà guardare le cose da un punto di vista diverso dal solito!


   
 
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