Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Vavi_14    25/02/2018    3 recensioni
Dal capitolo I:
[...]Sta quasi per lasciare via libera a Morfeo, quando la vibrazione del cellulare sul palmo della mano lo fa sobbalzare. Il suo cervello impiega un secondo ad inviare impulsi elettrici al resto del corpo; gli basta vedere quel nasino un po’ arricciato ammiccare verso di lui assieme alla scritta “videochiamata” per relegare il sonno ad un bisogno secondario.
«Noona» sussurra, mettendosi a gambe incrociate e stropicciandosi entrambi gli occhi. «Che ci fai sveglia a quest’ora?»
Vede la lunga coda di Jieun muoversi un poco, mentre la ragazza dall’altra parte del display scuote dolcemente la testa. «Ho anch’io il mio bel da fare, Jeon».

***
Di quando una schedule può essere ben gestita, ma due cominciano a stare strette.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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IX


"The road to home, still there’s a long way to go

I have no umbrella, it seems like I’ll only catch a cold

If I have you on this road leading to that place

Although I’ll get wet, still it’s good"
 

Raindrop, IU







 

Lo stato di confusione che segue un concerto è difficile da spiegare a parole. L’adrenalina, ancora in circolo, scioglie lentamente la sua morsa, lasciando il posto ad una lieve assuefazione, simile ad una bolla ovattata nella quale riecheggiano cori e urla instancabili e ombre e luci si susseguono in un pericoloso spettacolo psichedelico. Le orecchie fischiano, il fiato comincia a mancare e i muscoli scaricano la tensione accumulata provocando dolore e crampi. Le ginocchia vorrebbero cedere, le palpebre ricadere su sé stesse pregando riposo, ma il cuore è leggero e la felicità pervade l’animo come un’indescrivibile forza motrice, prevaricando sul resto.
Quando Jungkook riprende contatto con la realtà è seduto su una sedia, con la schiena rilasciata e la testa piegata all’indietro, mentre una ragazza dal volto tondo e i capelli a caschetto gli asciuga la fronte madida di sudore, scostando alcune ciocche di capelli affinché non si impiglino nella carta. Seokjin, in piedi accanto a lui, sembra davvero esausto, ma i suoi movimenti sono frenetici: desidera cambiarsi quanto prima per poter tornare in dormitorio a riposarsi e festeggiare con gli altri membri. Namjoon e Hoseok  hanno già tolto la giacca e sottostanno senza protestare alle cure professionali delle loro hairstylist. Fa appena in tempo ad accorgersi della schiena di Jimin, china sul proprio cellulare, che in un baleno scatta seduto, spaventando la ragazza dello staff - alla quale riserva delle timide scuse chinando il capo - per poi agguantare il suo telefono da sopra un tavolino e constatare che sì, ha ricevuto dei messaggi, ma non dalla persona che in quel momento avrebbe dovuto essere proprio davanti a lui, magari con abiti buffi che ne camuffassero le fattezze, eppure sempre bella in quel suo sorriso dolce da far crollare anche il muro d’orgoglio più solido dell’universo.
Le spalle si chiudono a quell’inaspettata scoperta e le sopracciglia disegnano una curva d’inquietudine che penetra sottopelle. Senza nemmeno pensarci. Jungkook compone il numero; ha solo qualche minuto, ma se lo farà bastare.
«Noona». Due squilli e la voce di Jieun gli arriva alle orecchie, provocando un sussulto di troppo nel diaframma. «Dove sei?» cerca di mantenere la calma, scandendo bene le parole affinché lei non percepisca la sua preoccupazione.
«Jungkook» è la risposta, una punta di incertezza nella voce che non lascia presagire nulla di buono. «Ti avrei chiamato io, ho avuto un contrattempo».
«Non sei venuta al concerto?»
Un appuntamento nel backstage concordato da più di un mese, approvato e finalmente organizzato con l’aiuto di entrambi i manager. Un’unica e attesa certezza andata in frantumi in meno di una manciata di secondi.
«Sono venuta, avevo preso anche posto quando mi hanno contattata e sono dovuta scappare. Ho un aereo tra due ore, Jungkook, non ho potuto far nulla».
Niente di nuovo o irreparabile, se non fosse che quello è il loro ultimo concerto a Seoul prima del tour e quindi un’occasione rara – forse l’unica -  per potersi salutare in vista di un periodo in cui le schedule dei Bangtan si sarebbero riempite fino a scoppiare.
«Potevi almeno passare nel backstage, per avvertirmi».
Si sente un sospiro lieve all’altro capo del telefono. «Non potevo disturbarti prima dell’esibizione, lo sai meglio di me. Avresti perso la concentrazione e-»
«Non mi hai nemmeno chiamato».
«Jungkook… per favore. Cerca di capire».
Namjoon gli lancia un’occhiata mentre sta ancora parlando con Jimin e Jungkook si premura di distendere l’espressione del viso non appena se ne accorge.
«Come pensi che ti saresti sentito durante il concerto, se avessi saputo che non c’ero più? Prova ad essere razionale, per una volta».
Segue un istante di silenzio, in cui Jungkook pondera bene le parole da usare, visto che non è solo e non vuole destare inutili allarmismi. Intorno a lui, però, il rumore dei passi e il chiacchiericcio del camerino nascondono ai più anche un timbro sensibilmente instabile, così che in quell’istante possa dire ciò che davvero gli passa per la testa.
«Come pensi che mi senta adesso, invece?» parte dalle sue labbra come un sussurro, ma arriva a Jieun con la stessa irruenza di urlo straziante.
Hoseok ha il busto rivolto verso Jungkook, non vuole disturbarlo ma gli fa capire che a breve dovranno farsi trovare fuori dall’edificio. Lui annuisce debolmente alzandosi in piedi, ancora in attesa di una risposta che non è nemmeno sicuro di voler sentire.
«Ho fatto ciò che ritenevo giusto, per il ruolo che abbiamo e per la professionalità che contraddistingue entrambi».
«Suona come una giustificazione che i nostri manager apprezzerebbero».
«Non credere che a me non faccia male, Jungkook!»
All’esclamazione inaspettata di Jieun, medio e indice tentano di calmare inutilmente due tempie pulsanti, mentre scorge il leader mimare un due con le mani; minuti preziosi che ha guadagnato soltanto per permettere al maknae di finire quella conversazione senza dover attaccare in modo forzato.
«Perché ogni volta rendi tutto così difficile, eh? Perché non puoi semplicemente accettare che questo è l’unico modo, per noi?»
«Hai aspettato che ti chiamassi io, quando potevi farlo tu, dopo il concerto».
«Accidenti Jungkookie, possibile che tu non riesca a vedere oltre il singolo episodio? Si tratta di una questione che prescinde l’appuntamento di oggi. Anche se è tanto ciò che ci viene richiesto, dobbiamo imparare a conviverci, in qualche modo».
Ogni parola pronunciata da Jieun suona così dannatamente giusta, e Jungkook, in cuor suo, sa di aver sfoggiato un’immaturità che forse non gli si confà, ma la mancanza è qualcosa che ha imparato a sperimentare sentendola arrivare con l’impeto di un tornado e, nonostante i tentativi, conviverci diventa ogni giorno più arduo. Il raziocinio lo aiuta a non perdersi, ma il cuore fatica ad adattarsi, rinchiuso all’interno di schemi fabbricati a misura di idol. Jungkook non è incosciente, eppure i suoi freni inibitori vanno in panne quando c’è in ballo qualcosa di veramente importante. Forse è solo una via di mezzo che sta cercando; districarsi in una situazione che gli sta stretta e uscirne indenne assieme a lei. D’altronde sarebbe più semplice continuare a fare il testardo rimarcando quanto sia rimasto deluso da quel cambiamento improvviso di rotta – perché di certo non può dirle che il pensiero di rivederla continuava a disturbarlo in momenti della giornata poco opportuni.
«Me lo dici tutti i giorni, noona». Sembra che l’inquietudine abbia allentato le redini, cedendo il posto alla tristezza.
«E continuerò a farlo, magari prima o poi entrerà in quella testa caparbia che ti ritrovi».
«E se io non volessi accettarlo?»
«Sarebbe molto da te. Ma questo non cambia le cose».
«Così come non cambia il fatto che avresti potuto almeno chiamarmi».
Un sospiro rassegnato, l’ennesimo. «Senti Jeon, non puoi semplicemente dire che ti sono mancata e basta?» Parrebbe la resa, almeno da parte di Jieun.
Ancora qualche secondo di attesa.
«No».
«Detesto quando fai così».
«Devo andare».
Ed è la verità, ma il timbro con cui lo ammette è totalmente diverso da prima. Se Jieun fosse lì davanti a lui, probabilmente avrebbe già ceduto. Il silenzio della ragazza, tuttavia, lo fa vacillare di nuovo.
«Avverti quando arrivi». Non è una domanda e nemmeno una frase imperativa; ormai anche le sue difese sono quasi totalmente esaurite. Eppure non si esime dal lanciare un’ultima frecciatina. «Sempre che la cosa non ti sia di troppo disturbo».
«JUNGKOOK!»
«D’accordo… d’accordo. Buon viaggio, noona». È appena uscito all’aperto e ha già le mani congelate. Il tepore dell’abitacolo a pochi metri da lui assume improvvisamente una connotazione salvifica. «E comunque non c’è bisogno che io te le dica, certe cose».
Jieun non risponde subito, ma sa esattamente a cosa si riferisce. «No, certo che no» replica con ironia, e capisce finalmente che la tensione si è allentata quando sente la risata debole di Jungkook dall’altra parte.
«Namjoon hyung sta per uccidermi».
«Vai, vai, sbrigati!» adesso è lei a ridere. «A presto testone».
«A presto, Jieunni».
 

 
 

 


















 
Image and video hosting by TinyPicBuonsalve… risorgo dalle ceneri, ancora più stanca e snervata di prima. Scusate davvero ma gli impegni di quest’anno mi stanno prosciugando T_T. Vorrei tanto aggiornare anche l’altra raccolta, solo che al momento avevo voglia di scrivere questo, per cui ho approfittato della temporanea ispirazione XD.
Parlando del capitolo, spero abbiate ben compreso le motivazioni di entrambe le parti.  :)
Un bacio grande a tutti voi,

Vavi
  
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