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Autore: Le VAMP    01/03/2018    0 recensioni
Dal tormento d'una madre, d'un padre, a quello d'un amico col cuore in due spezzato; perché in due tu sei, balorda strega delle fiamme!
Compari nelle nobil case, nei più squallidi bordelli: quante vittime farai, miserabile creatura?
(Brani: Hellfire, Déchiré, Le Val d'Amour, Esméralda tu sais)
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Infernal (ἔξοδος[1]) – Deuxième Partie

Mea culpa
Mea culpa
Mea maxima culpa

Fu necessario spendere dei giorni per l’assoluto riposo, ed Amélie non riceveva altre visite che non fossero quelle della giovane cameriera.
Non avrebbe farsi voluto vedere da quella sgualdrina; ah! Sì, glielo leggeva negli occhi che stava ridendo del suo fallimento!
Eppure c’era solo lei, nessun’altro che si preoccupava d’una madre che invecchiava ogni giorno di più e andava decomponendosi in quel letto: sarebbe tornata rapidamente in polvere.

L’unica persona che desiderava tanto vedere, nel tempo in cui fu rinchiusa nella sua camera, era la sua bambina. Ricordava ancora quell’incubo, il suo pianto.
Cercava tanta protezione, Amélie lo sentiva, ma quella notte Chloé fu costretta a crescere in solitudine ed accettare il suo triste destino di donna prima del tempo.
Nel frattempo tenevano la madama al buio, con le tende tirate ed il freddo che cercava di infiltrarsi nelle sue deboli ossa, poiché la luce del giorno non entrava. Continuava ad avere visioni di fuoco e di quella bambina che danzava e rideva di lei, e la cantilena si ripeteva ogni dannata volta: «hai fallito!».

Quando fu in grado di tornare di nuovo in piedi ed uscì dalla camera ebbe davanti gli occhi quelli della sua piccina. Erano cambiati.
Si, era cambiato qualcosa! Quella non era la sua bambina!
Era così vuoto quello sguardo, così vinto e sconfitto dal fato che le si era avventato contro che da allora sua madre non la riconobbe più.

Passò così un anno, forse due –aveva perso il conto dei cicli compiuti dal sole–, e perfino quelle visioni s’erano fatte più deboli poiché i giorni erano divenuti vuoti e tutti uguali l’uno dall’altro.
Si teneva lontana dai compleanni della figlia, da cui sentiva il baccano provenir dalle domestiche che volevano festeggiarla, e nemmeno ricordava più, invece, quanti anni avesse lei.
Per Amèlie incrociare lo sguardo di Chloé, quel giorno, fu fatale: da quando ebbe visto i suoi occhi bugiardi non riusciva più a sostenerli, né ad avvicinarsi alla piccina, perché, sapeva che ormai quella era morta, e di lei non era rimasta altro che la giovane donna che aveva preso il suo posto, divenendo la padrona della dimora e che un giorno l’avrebbe cacciata di casa.

Una sera sentì delle risate acute e stridule dalla camera della sua piccina, e da allora seppe di averla persa per sempre; e mentre l’una rideva, l’altra gemeva e pregava.

“Mia figlia è diventata pazza.
Ciò ha colpito il mio cuore”

Il mattino successivo aveva deciso d’alzarsi presto per dirigersi in città e procurarsi dei libri che avrebbero dovuto ravvivare la sua curiosità verso le proprie paranoie, e se quelle visioni potessero nascondere del vero.
Ne trovò uno particolarmente interessante che prese in prestito e cominciò svelta a leggere. Il nome riportato sulla copertina era: “Leggende sul Diavolo”.

C’era una parte introduttiva che ricordava della storia sulla sua nascita, a proposito di Lucifero, l’angelo più bello e maestoso del Cielo, che voleva prendere il posto di Dio. Riproponeva poi le figure del serpente e del caprone in cui egli si manifestava e delle sue funzioni da tentatore degli uomini, ma non diceva nulla a proposito di visioni su fanciulle danzanti, né sui capelli bianchi: eppure Amélie credeva nella natura demoniaca dei suoi incubi. Per lei nessun sogno o incubo generato da essere umano poteva incoraggiare una madre a temere ed odiare la figlia.

Molte di quelle pagine parlavano di come il demonio si mostrasse favorevole a stipulare contratti con gli uomini per donare loro delle formidabili capacità che andavano oltre natura. Più volte i suoi occhi scorsero su quelle righe...

Quella notte accadde ancora.
Prima fu il bianco dei suoi capelli, tanto quanto il sorriso maligno che si estendeva sulle labbra della ragazzina che agitava le braccia, e poi le pose le mani sul capo dicendole di non rattristarsi, poiché la sua fine sarebbe giunta presto. La madame si svegliò di soprassalto, vinta dal terrore e con la fronte imperlata di sudore.
Allora accadeva, come cominciò a capitare spesso, che udisse dei passi leggeri che fuggivano via, correndo per le scale dal piano superiore.
Quando sentiva la porta aprirsi allor la donna doveva almeno finger di dormire per non destare alcun sospetto, e lì vedeva una figura indistinta, piccola, quelle lenzuola le si attorcigliavano addosso; una mano teneva una candela e con l’altra teneva le vesti di cui era stata privata.
S’avvicinava sempre di più l’età in cui avrebbe lasciato quella casa
Ed Amélie ricordava con nostalgia quelle lenzuola che prima la ricoprivano come ora scivolavano via dal corpo della ragazzina che s’era accucciata vicino al suo letto, a terra, e cercava a tentoni il camice che aveva messo da parte nella camera della madre che con tanto dolore la osservava lì, nascosta, col viso riparato dalle coltri.
Cosa speri di ottenere, cambiandoti qui? Rifletteva allora, con gli stessi quesiti che andava a porsi:
Speri che io ti difenda se lui verrà a cercarti? O vuoi solo accecarmi d’invidia?
Se chiudeva gli occhi rimembrava ancora della sua prima notte di nozze. Un giorno quel rito si sarebbe ripetuto –perché nessuno avrebbe rivelato degli scandali della loro famiglia–, e forse lei sarebbe tornata padrona.

La luce della candela mostrava alla madre la schiena e le spalle bianche, quelle erano le uniche volte in cui Amélie aveva l’umanità per lacrimare ancora, eppure erano di gioia: poiché nonostante le numerose macchie nere che sciupavano il suo candore, ella ed il consorte potevano vantarsi d’esser genitori di una vera bellezza; sarebbe cresciuta come una splendida dama. In tutta quella storia, dopotutto, il danno era che suo marito se n’era accorto molto prima di lei, che la stava riscoprendo solo quelle notti in cui la ragazza voleva dimostrarle tutta la sua fiducia...sembrava tanto dolce e ingenua che i pomeriggi spesi a ridere villanamente nella sua camera parevano mai vissuti.
Ogni notte, come anche quella, Chloé terminava, riponeva adeguatamente vesti e lenzuola, e rimanendo accorta che la luce della sua candela non infastidisse gli occhi della madre le andava vicino e le risistemava le coperte: se ne andava solo dopo aver posto, notte dopo notte, un bacio sulla sua fronte. Purtroppo la donna non ci diede mai peso a questo segno di pace poiché ogni notte continuava a veder come cresceva quel corpo nudo, terribilmente giovane e bello, e l’invidia finì per consumare con arsura tutte le sue lacrime di madre.

Stava per terminare un altro anno e la madama aveva consumato quell’acqua pura, proveniente dal pianto, che le ricordava di essere una donna compassionevole, pareva essersi trasformata in una statua di cera.  
Il viso era arido e scarno, privo della pienezza della carne, mentre invece s’andava a riempire di rughe ancora più velocemente. Un mattino, così, s’era avviata silenziosa verso una carrozza, e lo sguardo era perso e vacuo. Inizialmente aveva intravisto un libro interessante in biblioteca, intitolato “Il metodo corretto per essere una coppia sposata”, ma poi il fato decise di farle cadere ai piedi un altro dalla copertina nera e incorniciata d’oro: “Stregoneria Nera”.
Per soddisfare sia la razionalità, che la sua ardente curiosità, li acquistò entrambi.
Sapeva che avrebbe dovuto affidarsi alle forze maligne.

Aveva comperato una bambola per i prossimi dodici anni che sua figlia avrebbe compiuto l’indomani: sebbene sapesse che oramai s’era quasi fatta una signorina e non ne avrebbe avuto più bisogno Amélie osò, poiché in quella bambola c’erano i segni della fattura che aveva lanciato.
Quella notte i suoi sforzi si rivelarono efficaci, ed ebbe suo marito ricongiunto a lei perché la loro bambina si scoprì improvvisamente ammalata. Dunque se ne sarebbe occupata la cameriera D, visto che era la sua preferita: quella notte sarebbe rimasta lì per lei.
Fu dopo esser stati insieme dopo molto tempo che Alain tornò a confidarsi con la coniuge come non faceva da anni. Era visibilmente turbato; tornò ad esser uomo perché quella notte fu lontano dalla fonte dei suoi istinti, fu lontano dal serpente tentatore.
«Cara, cara Amélie...da quell’ultima volta mi hai visto mutare in bestia, ma sappi almeno che ho cercato di resistere in tutti i modi»
E la moglie non aggiunse nulla. Continuò a guardar la parete, rabbuiando il proprio animo e rimembrando quella notte che si prostrava ancora vivida sulla sua pelle su cui erano riportati i segni lasciati tre anni fa.
«Questa notte che sono stato allontanato da lei mi sono convinto che per tutto questo tempo Lucifero in persona abbia preso possesso della nostra bambina, forse perché invidioso della nostra felicità, invidioso delle nostre virtù, e abbia fatto di tutto per attirarmi verso di lei» ci pensò un istante, inspirò a fondo cercando le parole adatte a continuare
«Non so con esattezza quando sia cominciato ad accadere, ma...quegli abbracci che mi donava, quelle parole dolci che mi rivolgeva prima di andare a dormire...»
Ed allora gli occhi di Amélie tornarono vivi: brillarono, illuminati dal ricordo della ragazzina che ogni notte le mostrava il suo corpo ed ogni notte le baciava la fronte. Cominciò ad esser terrorizzata dall’idea che non ci fosse separazione tra quell’incubo e la realtà, e ciò le fece tremar le mani.
«Ho sempre creduto che lo stesse facendo apposta» ma a questa dichiarazione la madame non seppe come comportarsi. Come avrebbe potuto, la loro piccola Chloé, fare tutto questo da sola? Cosa voleva dire quella danza di cui aveva visione ogni notte?

«Tu arrives maintenant
À l'âge de l'amour»

«Non hai idea di quanto soffrissi dentro nel veder la nostra bambina crescere così in fretta, e nel cogliere la malizia nel suo sguardo, dannazione a lei! Te lo dico; era lei a volermi nel suo letto! No, non fare così Amélie» s’interruppe notando che la consorte ora pareva aver i nervi un po’ troppo deboli, e probabilmente si riferivano a quelle dichiarazioni d’un padre tentato carnalmente da sua figlia
«Credimi quando ti dico che è diventata donna da più tempo di quanto potevamo sapere. Il mio errore è stato quello di vederla come unica responsabile; poiché da questa sera, quando l’ho vista contorta dal dolore a letto, ho capito che il demonio stava dalla sua parte esercitando i malefici per lei: entrambi volevano che passassi anche questa notte con lei, e chissà di cos’altro sarei stato vittima! Ho capito che quella sciagurata, lei con l’aiuto del diavolo, cercava le attenzioni di suo padre»
E solo allora tutto tornò: non poteva di certo essere come prima sosteneva il coniuge; la loro bambina non poteva aver fatto tutto da sola. Ogni cosa che accadeva la si poteva collegare all’aiuto del demonio, al sostegno di Satana che si manifestava nei suoi più profondi desideri in quella creatura danzante fra le fiamme.
Quel corpo che vedeva nell’incubo di fuoco, snello e pallido, vivace nelle sue contorsioni, era il corpo mostratole ogni notte da sua figlia; e quel sorriso che spiccava e si mostrava più bianco della sua pelle resa impura dai segni neri era il sorriso che sarebbe nato sulle labbra di Chloé dopo esser divenuta padrona crudele della loro famiglia. Erano intenzioni peggiori delle inservienti che volevano sostituirla; incestuose e peccaminose, rigettate dal buon senso umano.
Ecco cos’erano quella risa maligne quando la sentiva nella sua camera! Erano le risate d’una strega che si divertiva col Diavolo!  
Comprese solo allora suo marito dopo anni che l’aveva ingiustamente accusato: aveva smarrito la via per colpa delle forze maligne, per colpa di sua figlia, ed ora soltanto lei, in quanto sua fedele consorte e soprattutto in quanto donna rivale d’altra donna, e per questo più resistente alle sue lusinghe –e ora più accorta–, poteva far qualcosa per rimediare
«Temo ora di affrontarla e guardarla ancora negli occhi...
Per questo, Amélie, se dovessi continuare a mostrarmi folle per lei, vittima delle sue stregonerie, ti scongiuro di promettermi di tenermene lontano!» e tanto fu la disperazione con cui pronunciò quelle parole che la spinsero ad afferrargli le mani ed esclamare convinta:
«Prometto molto di più di questo! Giuro qui, ora, su nostra figlia, che farò tutto il possibile per tornare ad essere felici come una volta, lontani dalle sue stregonerie!»
«E so che hai comperato, a proposito di questo, molti libri sull’argomento, non è vero? Lo so, so che potresti liberarci dalle sue catene con cui ci tira a sé!»

Era rinata più determinata, e piena di una forza vitale che non aveva più da tempo.
Rimembrava di aver letto sull’altro libro qualcosa riguardante i filtri d’amore. Si era rivelata efficace la fattura, e allora non si poteva obiettare che la loro bambina s’era davvero venduta al demonio per ricevere le loro attenzioni –attenzioni non solo come genitori, ma quei tipi d’attenzioni pericolose, marchiate dal desiderio– ed allora l’unica soluzione era trattarla come ciò che era: una strega.
Quello stesso pomeriggio stava consultando nella sala del piano inferiore un altro dei suoi libri: questo era nuovo, comperato qualche giorno fa, intitolato “Vari tipi di tortura” e che non aveva mai aperto prima di allora.  
Erano citate delle torture che venivano utilizzate nei confronti delle streghe per invitarle a confessare della loro professione; oppure erano nominate alcune molto antiche come l’abbacinamento, che Amélie considerava migliore di altre che richiedevano certi strumenti di ferro. Vi erano riportate delle crude immagini ch’ella osservava con attenzione ed interesse particolare, soffermando più volte il suo sguardo sulle bocche spalancate delle vittime disegnate. Se ciò sarebbe servito a scoraggiare il demone impossessatosi di Chloé, era pronta ad accettare di vederla patire la medesima agonia.

Tuttavia, mentre s’apprestava a concentrarsi nella lettura, due delle loro domestiche giunsero lì per ultimar le loro faccende, e dai loro chiacchiericci venne a sapere del motivo d’assenza di suo marito: in qualche modo era riuscito a spezzare l’incantesimo, e si era portato sua figlia con sé in città per comperarle un nuovo vestito come regalo di compleanno. Ella non poté far a meno di spostar l’attenzione dalle illustrazioni ai loro visi; il ché, accortesi di ciò, le due acquistarono nuova cautela e smisero di parlare, imbarazzate di quegli occhi gelidi che continuavano a fissarle.

Pochi minuti più tardi lei era lì, con in mano un paio di forbici, nella camera della ragazzina ricolma di giochi e giocattoli a terra e poggiati sui mobili o sul divanetto.
La bambola che le aveva regalato la notte precedente era a terra, probabilmente gettata via da qualcuno. Se n’era accorto.
Ci furono dei cambiamenti nel suo volto scarno e vecchio, e le labbra rosse si stirarono in un sorriso mentre s’avvicinava con le forbici in mano e cominciava a tagliuzzare e sminuzzare quelle belle vesti di seta e merletti; così le tremò il braccio e a poco a poco l’euforia s’impadronì della sua mano. Le labbra taglienti si aprivano e chiudevano per inghiottire senza ritegno quei ricchi costumi acquistati per lei, solo per lei, l’ingannatrice che aveva preso il posto della sua bambina la notte in cui ricevette il seme, solo per lei, che un giorno avrebbe parlato della madre come una vecchia inferme e ne avrebbe riso con altre donnicciole, solo per lei, che continuava a disonorare la famiglia in cui era cresciuta.
Ma le sue dita dovettero arrestarsi poiché l’udito ancora funzionava: sentiva delle voci, ed il portone d’ingresso che si apriva.
Benché si rendesse perfettamente conto dei passi che si avvicinavano, benché sapeva di dover dare la colpa a qualcun altro per le vesti ridotte in cenci e allontanarsi dalle sue colpe, rimase lì ad aspettare che la porta si aprisse; magari la ragazzina. Errò.
Non aprì nessuno, ma udì i respiri di qualcuno che la stava spiando di nascosto.
Fu Amélie ad aprirla e cogliere lì D a cui trattenne il braccio: ella teneva il cappotto della padroncina che stava andando a risistemare, e vide quella donna totalmente consumata dai suoi dolori. Le pupille scure e folli s’ingrandirono terribilmente, rispecchiando il viso terrorizzato di quella dolce cameriera per cui Chloé andava tanto pazza. Ora sì, l’avrebbe sostituita: farsi veder folle da quella domestica sarebbe stato il colpo per la sua rovina, e allora non ebbe altra scelta che infilare le sue forbici nelle sue carni prima che questa potesse gridare aiuto.

S’allontanò dal cadavere, ma le sale principali erano deserte: non vi era né sua figlia, né suo marito. Quando scese le scale per giungere al piano inferiore, tuttavia, non si era resa conto che una delle due spade mancava. D’improvviso sentì una lama conficcarsi nella sua schiena, e lì una voce:
«Ho consigliato alla nostra bambina di attendermi all’ingresso. Le dirò che a causa del tuo brutto malanno non potrai festeggiare il suo compleanno nemmeno per quest’anno» e la lasciò lì a perdere sangue, attendendo che morisse mentre l’inserviente più anziana esitava se avvicinarsi o meno, se aspettare o meno il decesso della sua padrona.
«Ripulite il cadavere e mettetelo nel suo letto. Quando potrò mi occuperò delle spese per i servizi funebri»
Dannato, vero colpevole di quella faccenda! E pensare che avrebbe fatto tutto quello per la loro felicità! Amélie agonizzava ancora su quel pavimento freddo, incapacitata dell’idea che si fosse preso gioco di lei.

Man mano che sentiva la vita fuggire via dal suo corpo ripensò a quando era bambina e giocava a incappar le farfalle nel grande cortile della sua casa. Quella sì che era felicità.
Ah, tutta la tristezza era cominciata da quando aveva preso quel villano per marito; che fosse maledetto lui e quella lurida casa con tutte le arpie che la abitavano!

~

E così gli ultimi mesi di quell’anno trascorsero con padre e figlia rimasti soli col loro amato pianoforte, senza più la compagnia di una madre e di una moglie, nei confronti della quale dovette mostrarsi comprensivo per una sola notte per smascherare le sue intenzioni omicide.
Già da allora era vero che Monsieur Alain dovette proteggere Chloé da qualcuno; fu evento che lo segnò: cominciò a temere per sua figlia, e non solo per la sua incolumità. 

«Esmeralda lo sai
è finita l'infanzia
Io ti guardo con l'ansia
Di non avere occhi abbastanza»  

Si mostrava sicuro nell’organizzare nuovi progetti con quell’uomo, anche quando gli propose per la prima volta di presentargli Chloé poiché ultimamente stava cercando un nuovo pianista: egli non ebbe nulla contro, ma si intimorì quando il collega lo informò che la ragazzina avrebbe accompagnato il violino suonato da suo figlio.

«Tu piccola così
Tua madre se ne andò
La morte la portò
Via nell'Andalusia»

Teneva ancora il suo cadavere della moglie chiuso a chiave nella sua camera, quasi ad attendere impazientemente la sua decomposizione. Quel giorno fu uno scandalo per le altre inservienti trovare il corpo dell’altra cameriera nella stanza della padroncina, che dovettero affrettarsi a coprire e nascondere e poi ripulire il sangue, lasciando lì quelle vesti danneggiate, attendendo che fosse Chloé poi a notarle.
Egli credeva che quelle domestiche sapevano troppo sul conto della loro famiglia, e se la sera che sarebbero giunti degli ospiti si fossero lasciate sfuggir qualcosa, allora si sarebbe dovuto sbarazzare di loro.

«Mi ha messa in braccio a te
E tu con gelosia
Momento su momento
Vegliavi su di me»

Era sempre stata diligente Chloé, non aveva mai fatto niente che una perfetta signorina non dovesse, eppure quando provando ad addormentarsi le erano tornati gli incubi, si era accesa una candela, scrivendo sul suo diario tutto ciò che le era capitato. Era stata quasi tutta la notte a scrivere, piangendo e invocando i suoi amici, ma quelli erano rimasti indietro a quando era bambina. Si ritrovava a stringersi nelle coperte con lo sguardo all'orizzonte e fu lì che vide l'alba per la prima volta, con gli occhi lucidi che tremavano, le labbra dischiuse e le guance graffiate di lacrime.
E poi con il cielo azzurro era arrivata la mattina e con essa le cameriere.

Da quando sua madre non c’era più e nemmeno D le teneva compagnia, la solita routine s’era resa ancora più grigia: una delle inservienti la svegliava e le diceva che era pronto il bagno, accompagnandola verso la bacinella in cui avrebbe dovuto lavarsi.
Chloé aspettava che se ne andasse per denudarsi, non voleva vedesse i segni. Segni che ogni volta erano ricalcati dal suo sguardo nella sua immagine riflessa allo specchio, fissando due tremuli occhi viola, circondati da ciglia stanche e occhiaie spesse, ed i morbidi boccoli che la avvolgevano. Si umettava le labbra, notando quel piccolo taglio che da giorni non guariva.
Scendeva ad osservarsi il collo, era piccolo e pallido: su di esso, alla base della spalla capeggiava un piccolo segno violaceo, che veniva ripetuto anche più in basso, nel solco tra i quasi inesistenti seni, che altro non era che due piccoli rigonfiamenti.
Si fermava ai fianchi arrossati, non avendo mai il coraggio di continuare oltre.
Si immergeva poi nell'acqua notandola tiepida rimanendo a mollo per un po' e giocherellando con il liquido, creando piccole onde con la punta delle dita, i pensieri rivolti lontano.

Ricordava spesso in quel momento l'irruenza di suo padre nell'entrare nella stanza, e l'eco lontano che portava la faceva rannicchiare nella bacinella con il respiro ansante e il cuore a mille. Teneva spesso gli occhi chiusi per paura di trovarselo davanti. Singhiozzava, e rivedeva i suoi occhi affamati ovunque.
«Basta, padre...» soffocava, lasciando che la lacrime scorressero libere sulla suo viso.
Quando si calmò, il fantasma di suo padre diveniva un'oscura presenza che sembrava non toccarla, vegliandola come il diavolo aspettando solo un suo cenno di debolezza per piombarle addosso.
Infine si rivestiva, mettendosi una veste che copriva il più possibile il suo corpo e aspettando infine le cameriere per ultimare i preparativi.

«Esmeralda, lo sai
Nell'uomo c'è un demonio
Stai attenta quando corri
Sui campi e sulla via
»

Lo sapeva che qualcosa sarebbe accaduto!
Da quando quel ragazzino ebbe messo piede nella loro dimora, Alain aveva compreso con un solo sguardo che aveva qualcosa da nascondere.
C’era un’insolita freddezza nei suoi occhi quanto nei modi di fare; che a undici anni, come diceva questi di avere, solitamente non si doveva avere. Appena si strinsero le mani per conoscersi il vecchio ebbe alla memoria i giorni in cui era al posto suo, e a quell’età cercava invece di opporsi a tutte le pratiche adulte che volevano insegnargli: perché quello lì sembrava non aver mai vissuto la sua infanzia?
Poi era giunta sua figlia con loro, e li dovette presentare, accompagnare alla sala in cui avrebbero provato, e lasciarli suonare una volta date tutte le indicazioni.

Rimasto solo nel freddo della propria camera l’uomo era seduto sul letto, a capo chino e con i pugni stretti, stava rimembrando di come sua figlia ebbe annebbiato il suo buon senso quattro anni fa, e questo ricordo fece accrescere in lui la disperazione.
Pareva un tempo interminabile, ma non appena realizzò che i due non stavano suonando più s’era affrettato per andar a controllarli; era arrivato troppo tardi. Quando aveva domandato alla sua Chloé di raggiungerlo nella camera e salutare così quel ragazzino, questo s’era posto in mezzo! Si sentiva terribilmente
impotente mentre quello gli domandava –col garbo nelle parole– di andarsene e lasciarli soli ancora una volta; e lo sguardo della sua bambina rivolto solo a lui. Oh, quello sguardo sarebbe stato solo il primo dei tanti segni.

Prima si trattava di uno sguardo amorevole, poi di un ringraziamento; e la dolcezza sarebbe stata manifestata col corpo, e lì erano dolori! Dalle carezze che un tempo gli donava egli aveva cominciato a fare sogni in cui le sue mani continuavano a scorrergli addosso; ma i più importanti di tutti erano i suoi baci. Era da quelli che aveva compreso, la notte in cui abbandonò la consorte sul letto nuziale, che Chloé stava attendendo solo di accoglierlo in sé.
Alain non avrebbe mai potuto pensare, come sua moglie, che tutto ciò che faceva sua figlia fosse opera di Satana: tutta quella tenerezza non poteva essere compresa da una creatura infernale. L’unico demonio presente in tutta quella faccenda era quella belva nera nata dalle sue viscere che gli impediva di fermarsi anche quando la vedeva in lacrime; quello che la puniva se la scopriva disobbedire, e per quel demonio egli soffriva davvero.
Per colpa di quel demonio sua figlia non riusciva più ad amarlo, per quanto lui cercasse disperatamente di farglielo affermare, con la sua debole voce spezzata, ogni notte in cui entrava in lei.

«Ma oggi non è ieri
Tu non sei più com'eri
Capisci che oramai»

Quando ritornò lì, comprese che Chloé avrebbe voluto mostrare quei segni a qualcun altro, e probabilmente avrebbe fatto crescere un altro demonio in quel ragazzino. Sarebbe stato più grande e terribile del suo, disgrazia! Perché lo leggeva nei suoi occhi aridi che, al suo contrario, il giovane d’Alembert non si sarebbe preoccupato di domare la belva che avrebbe preso forma.
Si vide, alla luce della sala, il tremore di gelosia negli occhi quel padre nel veder quelle mani stringersi e le loro dita intrecciarsi per escluderlo per sempre.

~Hai l'età dell'amore~

Aveva raggiunto nuovamente quell’età in cui sarebbe esposta e donata, quell’età in cui avrebbe desiderato congiungere le carni; ma le sofferenze sarebbero state infinitamente maggiori di quelle provate fino a quel momento.
Con quello schiaffo al viso non voleva solo rimproverarla: anzitutto doveva servire per farle comprendere l’apprensione che provava per lei.
Eppure Alain immaginava che quel gesto sarebbe stato frainteso.

«Ho l'età dell'amore»

Nulla le avrebbe impedito, da allora, di sospirare speranzosa il nome del suo salvatore.

_____

Cito la mia cara socia Lauretta che, quando le ho presentato il breve testo, mi ha parlato di questa sua interpretazione riguardo l’età dell’amore (dal quinto brano di Notre Dame de Paris), scrivendomi, a proposito del padre di Chloé: “in ogni gesto innocente ci vede una sorta di provocazione e con "Hai l'età per amare" si può intendere praticamente la concretizzazione dei pensieri di Alain con l'atto dello stupro, ma che comunque lui lo vede un po' anche come un gesto d'amore”, e che è stata la stessa a scrivere, tempo fa, della scena di quando si lava e vede i segni sul corpo (scena che faceva parte di un suo vecchio sketch su Chloé e a cui mi sono limitata a compiere poche modifiche per accordarmi al testo principale).


[1] Exodus, canto d’uscita

   
 
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