Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    03/03/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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6. La strana collana dalla pietra rossa
-Perché? Perché? - contestavo imperterrita.
-Perché no? - ribatteva a sua volta Petra.
Non mi importava che dalle camere degli ufficiali ai lati del corridoio potessero udire benissimo le mie proteste; la richiesta della mia compagna di esercitarmi con lei nell’addestramento corpo a corpo, giudicata dai superiori “un modo per allenare “l’accortezza e la resistenza fisica” mi parve completamente assurda; sapevamo entrambe quanto questo tipo di addestramento fosse completamente ottuso, inoltre, ella conosceva benissimo la mia incapacità di affrontare senza un motivo valido un soldato. Era un blocco del tutto giustificabile, eppure non mi aspettavo che i comandanti potessero comprenderlo, e sarebbe stato sicuramente un pretesto per essere penalizzata rispetto agli altri, a cui la determinazione e l’ambizione non mancavano.
-Non possiamo tirarci indietro, Claire - mi spiegò Petra. -È previsto per l’addestramento di oggi. Non credo che i capisquadra rimarranno felici non appena capiranno che l’hai saltato di proposito.
Trattenni un’imprecazione, più adirata che mai. -Cosa cambierebbe se persuadessi il comandante a farmi mettere a posto le scartoffie del suo ufficio?
-Ci hanno già pensato Aslan e Erd ieri - rispose di rimando lei.
-E se andassi a pulire la camera del capitano?
-Ti ha costretto a farlo due giorni fa. Non ricordi?
-L’ufficio del caposquadra Hanji.
-Non lo spolverano mai, a detta del caporale.
Sbuffai. -Allora… Allora… La stalla dei cavalli!
-Claire, adesso finiscila - mi scosse la ragazza. -Ascolta, devi vincere questo tuo blocco. Non risolverai niente comportandoti così, e non è da te venir meno ad un ordine.
Mi arresi, sospirando stanca. -Non ci riesco, Petra. Non ci sono riuscita per tre anni, perché stavolta dovrebbe essere diverso?
Ella mi sorrise cordiale. -Perché adesso non c’è più nessun cadetto stolto che non ha la minima idea dell’inutilità di questa parte dell’allenamento - improvvisamente mi abbracciò. -Claire, dimostra ai comandanti che non sei un portento solo con il dispositivo di manovra.
Il suo discorso non faceva una piega, d’altronde anche io sapevo bene che dimostrare di cavarmela persino nello scontro corpo a corpo mi avrebbe garantito ulteriori riconoscimenti da chi più importante di me. La mia era sicuramente una sciocca aspirazione, ma prima o poi avrei ambito a divenire caposquadra, ammesso sempre che fossi riuscita a sopravvivere al di fuori delle mura.
-Abbi fiducia, una buona volta, - aggiunse la mia graziosa amica, -ingorda che non sei altro.
Arrossii di colpo. -Io non sono ingorda!
Ci avviammo al campo, dove le poche reclute arruolatesi con noi erano già alle prese con quel noioso addestramento.
Era chiarissimo che Oruo fosse troppo preso a parlare con la sua compagna di quanto meravigliosamente se la sarebbe cavata il giorno seguente, in cui i cadetti avrebbero messo per la prima volta piede in un territorio occupato dai giganti; Erd e Gunther, contrariamente, da bravi soldati quali fin da subito avevano mostrato di essere, seguirono gli ordini senza discutere, disputando un amichevole scontro.
Ero sollevata all’idea di avere accanto a me i miei più fidati collaboratori; ciò che più mi turbava era la presenza di tutti i capisquadra, comandante Erwin compreso, che, per ironia della sorte, quel giorno non avevano granché da fare, benché magari dovessero prepararsi anche loro alla spedizione a venire, e si trovavano a pochi passi da noi per studiarci, scrutarci, come pensavo io.
-Ci sono tutti, accidenti - mormorai al mio gruppo di amici.
-Rilassati, Claire - mi consolò Gunther. -Non ti lasceranno mica qui perché il corpo a corpo non fa per te.
-Questa volta è diverso, Gunth - intervenne Petra. -Claire imparerà una volta e per tutte la banalità di questo addestramento.
Mi strizzò l’occhio, ma ero nel panico più totale; non avevo nemmeno avuto il coraggio di guardarli, ma ero certa che per tutto il tempo avrei avuto gli occhi degli ufficiali puntati su di me.
Oruo, curioso, ci aveva raggiunti, attirato dalle parole della mia compagna o dalla mia amica stessa. Sotto la sua giacca, egli sfoggiava un foulard bianco immacolato e pieghettato, del tutto identico a quello che era solito indossare il capitano Levi. -La vedo un po’ difficile – commentò. –In tre anni, Claire non l’ha mai capito.
-Non è mai troppo tardi per farlo. Mi offro io per aiutarla – si propose Erd, che, come il resto del gruppo, mi sorrideva fiducioso. Ero rincuorata dalla loro bontà, ma ciò non sarebbe bastato a farmi sentire a mio agio non appena sarei stata costretta a fare a pugni con il mio amico.
-Io non voglio farti del male, Erd – egli non rispose, prendendomi un polso e cercando uno spazio in cui io e lui avremmo potuto muoverci in completa libertà.
-Devi. In cambio, ti prometto che io non ti farò nulla.
Non ero affatto convinta delle sue parole, e doveva averlo intuito. –Claire, fidati. Ti aiuteremo a superare questo tuo limite. Siamo i tuoi amici, no?
Accennai un sorriso, e mi decisi a seguire le indicazioni del mio compagno: Erd cominciò ad “attaccarmi” con movimenti lenti, dunque visibilmente prevedibili; mi limitavo a difendermi, ma era chiaro che volesse iniziare in maniera del tutto semplice per farmi sentire completamente a mio agio, nonostante non fossi certa che la sua idea avrebbe funzionato.
-Perfetto, Claire. Guarda quanto sei brava a difenderti.
Mi veniva da ridere, se pensavo che uno dei tre bambini conosciuti qualche giorno prima a Trost avrebbero sicuramente messo già al tappeto il mio compagno. Tuttavia, continuai in silenzio a seguire le istruzioni di Erd, fingendo che tutto stesse andando per il verso giusto e che i principali fossero più interessati agli altri cadetti che alla nostra coppia. Rimaneva rilevante il fatto che, senza che avessi l’occasione di accorgermene, il mio amico stava velocizzando i movimenti; me ne sarei resa conto solo qualche istante dopo, quando un suo pugno sfiorò una ciocca dei miei capelli.
-Ci è mancato poco – mi feci scappare.
Gunther e Petra, nel frattempo, facevano il tifo per me; anche Oruo mi guardava soddisfatto. –Stai andando bene, ma non puoi puntare tutto solo sulla difesa. Devi attaccarlo – mi suggerì quest’ultimo.
Ero riluttante all’idea di dover sferrare un pugno al mio amico, ma non potevo rimanere lì ad aspettare di essere colpita; iniziai ad attaccare a mia volta, ma, come avevo previsto, senza buoni risultati. Nessuno, forse solo Gunther, era mai stato in grado di vincere su Erd, un ragazzo del tutto robusto e muscoloso, e io, una gracile beota incapace di far del male a qualcuno, non avevo la minima speranza di batterlo. Eppure, dopo qualche minuto, accadde qualcosa di inaspettato: non appena egli tirò intenzionalmente un banalissimo calcio, fui stranamente in grado di bloccare di colpo la gamba, spingendola con tutte le mie forze in avanti e facendo perdere l’equilibrio al mio compagno, che cadde pietosamente sull’erba.
-MA CHE…? – mi scappò, col cuore a mille. Che cosa mi era saltato in mente? Mi diressi subito da Erd per aiutarlo a rimettersi in piedi. –Erd, scusami! Non so cosa mi sia preso!
-Ma che dici, stupida? – mi sorrise, rialzandosi con uno scatto. –Sei riuscita a battermi!
-Sono riuscita a batterti?! – ripetei incredula, cercando di fare mente locale: nessuno mi avrebbe mai attaccato con la delicatezza attuata da Erd, eppure era la primissima volta che ero stata in grado di reagire ad un addestramento corpo a corpo, la prima in cui avevo avuto la meglio sul mio avversario. –Oddio, Erd! Sono riuscita a batterti!
Andai a finire dritta tra le braccia del biondino, prima di venire raggiunta anche dagli altri tre.
-I miei complimenti, soldato! – si complimentò il ragazzo castano.
-Finalmente ci sei riuscita, Claire – aggiunse la giovane.
Sorrisi a tutti loro, rossa in volto. –Il merito è stato solamente vostro. Grazie.
L’amicizia rimane il sentimento più importante di tutti, e, attraverso loro quattro, tra cui, occasionalmente, anche Oruo, me ne ero resa conto anche quella mattina; nessuno può darti sollievo, consolarti se non un amico fidato, uno di quelli che farebbero di tutto per farti sentire meglio o, come fu nel mio caso, per farti affrontare le paure senza alcun indugio. Magari in quell’occasione a loro non era costato nulla aiutarmi, ma avrei dovuto impegnarmi a trovare un modo per sdebitarmi il prima possibile. Sicuramente non quel giorno.
Impiegai difatti tutto il tempo a prepararmi al meglio per la giornata seguente; pregai il caposquadra Mike affinché potessi accedere un’ultima volta all’allenamento col dispositivo di manovra, approfittando del tempo a disposizione nel bosco dell’addestramento per dedicarmi a una nuova tecnica: pian piano stavo imparando a ribaltare più volte il mio corpo, sostenuto sempre dagli arpioni, verso la collottola del fantoccio, fino a fargli saltare la nuca attraverso un vero e proprio movimento circolatorio in avanti. Ciò che dovevo ricordarmi di fare era quello di azionare il dispositivo in modo tale da trovarmi ad un’altezza maggiore rispetto alla nuca del gigante: attaccare in maniera frontale rispetto al retro della testa non sarebbe bastato a ucciderlo.
Non mi aspettavo che sarei riuscita a riprodurre questa tecnica durante la spedizione, essendo ancora prematura e poco elaborata; ciò nonostante, un paio d’ore più tardi, prima che potessi far ritorno alla base, il caposquadra, rimasto dietro a controllarmi, fu così gentile da riportarmi alcuni suggerimenti che, date le sue indiscutibili doti, mi avrebbero permesso di migliorare la mia “procedura”: -E’ un buon metodo, ma cerca di allontanarti quanto più ti è necessario dall’obiettivo, all’inizio, e ricordati di dosare il gas. Non rischiare di usarne mai troppo.
-Sissignore – risposi stanca, i ciuffi di capelli fuori posto rispetto alla coda di cavallo e le mani sudate che non riuscivano più a impugnare le spade.
Mike annuì autorevole, ma subito dopo mi rivolse un buffo sorriso, offrendomi il cinque.
Da diversi giorni, trovavo assai simpatico il comportamento del caposquadra nei miei confronti, così come quello di Hanji. Sarebbero state due delle persone che di cui più avrei sentito la mancanza, se fossi stata lacerata la mattina seguente fuori i nostri territori.
Ecco che, dopo la fine del mio addestramento, un disturbante pessimismo si impadronì di me. Avrei potuto inoltre rinfacciare alla mia amica il fatto di non essere una perenne golosa, dato che quella sera, a cena, non fui capace di sfiorare appena la pietanza più preziosa che potessimo permetterci, purché distribuitaci in minuscole quantità.
-Claire, mangia la carne. Se non lo farai, so già che stanotte darai di matto per la fame.
Iniziai a trovare pietoso il modo in cui Petra fingeva che nulla dovesse affliggerci; iniziai a chiedermi come potesse anche solo credere che la giornata che avremmo trascorso l’indomani fosse la più ordinaria del mondo. Certamente lo sarebbe stato per i veterani, ma i subordinati come me, data l’inesperienza, avevano pochissime probabilità di sfuggire alla morte.
-Non ci riesco. In questo momento non riesco a pensare ad altro, se non alle mie membra nelle fauci di un gigante – lo dissi inizialmente svogliata, con il mento appoggiato sul palmo della mia mano. Ben presto, quell’immagine mi procurò un forte senso di nausea, tanto che fui costretta a sbottonarmi i primi bottoncini della camicia bianca sotto la giacca e a sfilarmi la collana rossa, che sembrava stringermi il collo fino a farmi soffocare. Mi portai una mano alla bocca, sforzandomi di non rimettere davanti agli sguardi preoccupati dei miei compagni.
-Claire, cerca di calmarti – mi suggerì apprensivo Gunther, prendendomi istintivamente una mano. Mi sentii sollevata non appena ebbi posato la testa sulla spalla del mio amico.
Ma altri guai erano in arrivo: il caporale Levi passò alle nostre spalle, inizialmente non badando a nessuno, né tantomeno al malessere che avvertivo in quel momento; fu tuttavia attratto da un piccolo oggetto che poco prima avevo poggiato sul tavolo, accanto alle posate.
Non ebbi nemmeno il tempo di capire cosa stesse fissando, che afferrò velocemente il piccolo gioiello, esaminandolo in modo abbastanza ansioso. Avrei giurato di non averlo mai visto in quel modo: le palpebre socchiuse erano state sostituite da un’espressione inquietante; era visibilmente preoccupato e senza parole, ma al tempo stesso una ferocia possedeva il suo volto.
-E questa dove l’hai presa? – domandò acido, mentre io ero incapace di realizzare quello che succedeva. Non avrei mai immaginato che quell’oggetto appartenesse al capitano. –Parla!
La sua voce rimbombò per tutta la mensa, facendo addirittura sobbalzare e ammutolire il resto dei presenti. –L’ho… L’ho trovata qualche giorno fa fuori l’ufficio della caposquadra Hanji, e ingenuamente ho pensato di tenermela – intervenni.
-Tieni senza battere ciglio oggetti che non ti appartengono? Ma da che accidenti di posto provieni? – i suoi occhi accigliati mi suggerirono che avrei fatto meglio a non ribattere, ad accettare la sua punizione in maniera del tutto ingiusta.
-Non mi importa dei suoi insulsi, – ribadii, alzandomi dal mio posto, -trovo esagerata la sua reazione, capitano. Come potevo sapere che questa collana apparteneva proprio a lei? - il resto dei commensali, tra cui i restanti ufficiali, era ammutolito solo per sentire il nostro scontro verbale. Ho un vivido ricordo di quell’orribile momento in cui il mio sguardo ricadde involontariamente sulla figura sgomenta del comandante. Quanto avrei voluto che quella discussione avesse avuto luogo in tutt’altra parte!
-Che mocciosa impertinente! – continuava il capitano. Infilò l’umile gioiello in una tasca e, freddo, aggiunse: -Dopo la cena rimarrai qui ad aiutare il cuoco a mettere a posto la mensa.
-Ma cosa c’entra in tutto questo? – sbottai infastidita.
-Hares, hai intenzione di disobbedire ad un ordine?
Mi fece capire che sarebbe stato inutile discuterne ulteriormente; mortificata, sedei di nuovo, rossa di rabbia; come egli si fu allontanato, si alzò un fitto vociferare da parte di tutti i soldati.
-Accidenti, non te ne viene una giusta.
-Oruo, non iniziare proprio ora– lo riprese Petra, guardandomi preoccupata; probabilmente intendeva aggiungere qualcosa, ma la fermai. –Petra, non proferire parola.
In quell’istante fui del tutto convinta che nulla di peggio, proprio nulla, sarebbe potuto accadere, e il momento del mio battesimo con i giganti si faceva nel frattempo sempre più vicino.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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