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Autore: KyraPottered22years    03/03/2018    4 recensioni
Lo osservò nella tenue luce del crepuscolo. In quello sguardo nero pece, quegli occhi parevano urlare qualcosa. E lei riusciva a capirlo, avrebbe potuto capirlo anche se lui avesse indossato quella maschera. Improvvisamente sentì di vivere in un sogno, in una bugia, mentre lo sguardo di lui le penetrava l'anima, marchiandola dall'interno.
Il sangue scorreva ardente nelle loro vene. Parole non dette, sussurravano nel nulla. Mani desiderose di toccare, con l'aspra consapevolezza di non poterlo fare.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Luke Skywalker, Nuovo personaggio, Rey, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Redemption




17


 

«Ne siete davvero sicura, Cancelliera Solo?»
Padme si voltò verso il consigliere, il secondo seduto alla sua destra, e gli lanciò un’occhiata carica di una rabbia celata dietro una falsa accondiscendenza. In tutta risposta, chiuse il verbale davanti a sé e in quel tonfo inaspettato, alcuni sobbalzarono, seppure in modo quasi impercettibile.
 «Non abbiamo altra scelta.»
 «Può andare qualcun altro, al vostro posto.»
 «Vi ricordo che sono io la rappresentante di questa Repubblica.» Si alzò in piedi, mentre diceva: «E della Resistenza.»
 «Proprio per questo è meglio essere molto prudenti.» Intervenne un Colonello,        che si dimostrò in accordo con ciò che diceva il consigliere.
 «Proprio per questa prudenza non metto piede in una battaglia da due anni.» Ammettere ad alta voce ciò, la fece vergognare ancor di più di quanto non lo fosse già.
L’avevano obbligata a starsene chiusa nelle basi segrete, perché era  importante e preziosa, perché se con la scomparsa di Leia la Resistenza era quasi morta, la nuova (e piccola) Repubblica non poteva permettersi di perdere anche Padme Solo.
 «Andrò con una scorta buona.» Aggiunse dopo un bel po’di silenzio. «Devo parlare io con il Presidente, faccia a faccia.»
Daan era sempre stato un pianeta neutrale, anche se, così raccontavano le voci, durante la Guerra dei Cloni il pianeta stava dalla parte dei Sith, fornendogli cristalli kyber rossi. La sua posizione non era ancora stata ben definita e questo la Resistenza lo poté comprendere dalle informazioni rubate al Primo Ordine.
Il nemico faceva ormai la corte al pianeta da un bel po’: gli eserciti che quella piccola e autonoma repubblica disponeva erano ben armati ed abili.
Convincere il Presidente ad allearsi con la Resistenza avrebbe messo i ribelli e il Primo Ordine nello stesso piano: e questa era un’occasione che Padme non si sarebbe lasciata scappare.
I consiglieri si erano persi in alcune chiacchere politiche e militari, quando uno di loro annunciò ciò che Padme stava aspettando da quando quel messaggio era stato inviato.
 «Hanno risposto, Cancelliera.»
Sentì quell’annuncio dal balconcino. Posò il bicchiere sul tavolino più vicino e si avvicinò a lunghe falcate al tavolo olografico.
 «Aprilo.» Gli ordinò, e quello non esitò a digitare un pulsante, proiettando l’ologramma al centro della stanza.
L’immagine blu e azzurra, appena disturbata da alcune interferenze, era quella di Twi’lek. Con uno strano accento e un sorriso amichevole, disse:

«Cancelliera Solo, il mio Signore Presidente è lieto di accettare la vostra richiesta di visita e non vede l’ora di accogliervi nel suo palazzo presidenziale tra due giorni, quando il terzo sole di Daan sarà sorto. I miei omaggi e i miei ossequi.»
E come comparì, l’ologramma sparì.
Padme alzò gli occhi sulle persone presenti e con un mezzo sorriso disse: «Partirò domani all’alba.» Fu il suo modo per dileguarsi; ma prima di attraversare la porta automatica si voltò per dire: «Annunciate un’assemblea nella sala grande tra dieci minuti, per favore.»


Con le braccia incrociate al petto e gli occhi così ben concentrati su di lei, quasi gli veniva difficile ascoltare davvero le sue parole.
Doveva parlarle, ma come fare? Era palese come lei cercasse di evitarlo. Armitage non sapeva più cosa pensare, voleva solo chiarire, dirle ciò che sentiva, che cosa aveva provato quella notte passata con lei.
 «Grazie al Capitano Solo, la Resistenza è in possesso di informazioni molto importanti sul Primo Ordine: basi segrete, punti deboli dei loro pianeti artificiali, formule per bypassare i loro sistemi di controllo e così via.» Nella sala si sollevò una comune ovazione e degli applausi furono dedicati al Capitano, che se ne stava al fianco della sorella, con un espressione più seria e impenetrabile del solito.  «Ma – aggiunse, raffreddando un po’ gli animi entusiasti –  prima di poter agire, abbiamo bisogno di rinforzarci di soldati e armi. Domani partirò per Daan, pianeta neutrale ricco di risorse militari che-» Fu costretta a smettere di parlare, perché da quando aveva pronunciato il nome del pianeta, molti avevano iniziato a borbottare e a urlare alcune parole che esprimevano completo dissenso.
 «Amici miei, per favore!» Gridò Padme con risolutezza, riacquistando quell’attenzione di prima.
 «Lo sanno tutti che Daan sta dalla parte del Primo Ordine!» Urlò un soldato verso sinistra, in fondo alla sala grande. Alcuni annuirono, d’accordo con ciò che aveva detto.
 «Dalle informazioni che abbiamo ricavato dai dati rubati, abbiamo scoperto che se prima della morte dell’ex presidente c’era una leggera inclinazione verso il Primo Ordine, adesso con il suo erede e nuovo presidente, il pianeta si auto proclama neutrale fino al rinnovamento dello stato di guerra.»
Sui volti di coloro che aveva accanto, si disegnarono delle espressioni cariche di dubbio e sorpresa.
Armitage si guardò intorno e sorrise impercettibilmente, abbassando un po’ lo sguardo. Quando i suoi occhi verdi ritornarono su, verso di lei, l’espressione di sorpresa fece capolino nella sua di faccia, cogliendo lo sguardo di Padme che cercava quello suo, in mezzo agli altri.
 «E’ un rischio che dobbiamo correre.» Disse con voce quasi tremante, una debolezza dovuta da quel contatto visivo. Guardò allora altrove e continuò: «Abbiamo bisogno di un vantaggio al più presto possibile e non possiamo permetterci un altro attacco. Altrimenti, la Resistenza morirà e forse per un’altra ribellione dovremo aspettare dieci, venti o persino cinquanta anni. Non possiamo permettere questo male alla galassia.» Fece una breve pausa. «Se abbiamo la possibilità di poter salvare tutte queste vite da un destino così terribile, io sarò la prima a rischiare, a metterci la faccia. Un’alleanza con Daan, è ciò che ci serve.» Scese dallo scalino che la metteva ben in evidenza di fronte a tutti. «Chi è con me?»
Inizialmente cadde un profondo silenzio, in cui nessuno si mosse. Poi, dall’altra parte della sala, una voce molto familiare urlò: «Diamine, sì!» Padme si voltò a guardare Poe con un sorriso di sollievo. Successivamente seguì Finn, Ben, Armitage e tutti i presenti, alzando i pugni in aria.

Quando le domande finirono e la sala cominciò a svuotarsi, Ben si ritirò nelle sue stanze, con la scusa di doversi preparare per la partenza.
In realtà, aveva bisogno di stare da solo e meditare, semplicemente un po’ di pace per se stesso.
Padme pensò di essere rimasta da sola, seduta su uno scalino, quando sentì dei passi provenienti da dietro.
Si voltò a vedere di chi si trattasse e si alzò immediatamente in piedi.
 «Stai comoda.»
 «Sto più comoda in piedi, grazie.» Mentì.
Era da un giorno che non si riposava un momento e si sentiva così stanca che perfino uno scalino sarebbe andato bene per rilassarsi un attimo. Ma non doveva farsi vedere così di fronte a lui, debole e stanca.
 «Ho bisogno di parlarti.» La voce di Armitage era calma, eppure si poteva cogliere una leggera intonazione di inquietudine.
Padme sapeva che prima o poi glielo avrebbe chiesto. Aveva evitato ogni tipo di conversazione con lui, proprio per scappare da quel discorso che non voleva affrontare.
 «Non posso, devo ancora fare delle cose molto importanti.» Fece per voltargli le spalle e camminare oltre lui, ma sentì una mano trattenerla dal polso.
Lo guardò negli occhi e gli parlò solo con quelli, ordinandogli di lasciarla andare.
 «Mi stai evitando, non sono un idiota, me ne rendo conto.» La lasciò andare, perché sapeva che dicendo quelle frasi, lei si sarebbe trattenuta.
 «E’ una tua impressione.» Ribatté velocemente, senza alcun indugio.
 «Non hai il coraggio di affrontare ciò è successo fra di noi.»
 «Niente» Padme gli puntò un dito contro, parlando con tono severo, stizzito. «è successo fra di noi.»
 «Quindi quel bacio per te è niente?» Armitage avvicinò il proprio viso al suo, più di quanto lei non lo avesse fatto già. Sussurrò appena quelle parole, ma con nervosismo.
Fu colta completamente di sorpresa e il cuore cominciò a batterle forte. Non aveva idea di come reagire a quella domanda, né di come rispondere. Sapeva solo che quelle labbra, così vicine alle sue, la tentavano di cedere ancora una volta ai suoi sentimenti. Quell’affinità che si era creata in poco tempo, in quel momento, li trasportò verso un'altra dimensione. Li portò a quella notte, prima della partenza.

 «Te lo chiedo un’ultima volta: cosa diamine ci fai qui?!» Gli urlò sfinita, confusa dalle sue stesse emozioni, dal suo stesso tormentante sentimento.
 «Ti amo.»


 «Non è il momento giusto per parlarne.» Disse lei, dopo un lungo sospiro, dopo aver trovato la forza di allontanarsi dalla sua bocca.
 «E quando, allora?» Le domandò, con le mani appoggiate sui fianchi.
 «Avremo modo di affrontare l’argomento durante il viaggio.»
Armitage la guardò con gli occhi semichiusi, un po’ atterrito da quella risposta. «Viaggio? Io…»
 «Verrai con me e gli altri.» Fece una breve pausa, allontanandosi ancora di più da lui. «Ho bisogno di una scorta molto buona e tu sei un ottimo combattente.»
 «D’accordo.» La guardò voltarsi e camminare verso l’uscita. Solo quando andò via, riuscì a respirare normalmente.

 «Cos-cosa dici?»
 «Dovevo dirtelo, dato che domani sarà forse la mia ultima battaglia…»
 «Non dire così.»
 «…dato che domani potrei morire.»


E come erano entrati in quella dimensione spazio-tempo fatta solo di sguardi ed emozioni, ve ne erano usciti.
Improvvisamente.


 
°
 
Non osava alzare gli occhi in alto.
Inginocchiata e con lo sguardo fisso sul pavimento in acciaio spesso, ascoltava quel silenzio assordante, che era stato preceduto dalle sue urla di dolore. Rey sentiva ancora quella sensazione orribile sulla pelle: il sangue che ribolliva nelle vene, la testa che scoppiava, le tempie che pulsavano e la strana e angosciante sensazione di non poter respirare.
Snoke usava torturarla quando trasgrediva a delle regole fondamentali, ma quando falliva in una missione, egli non aveva alcuna pietà.
Durante quella sessione interminabile di penitenza, Rey aveva pensato svariate volte che non ce l’avrebbe fatta a reggere, che sarebbe morta per un attacco di cuore. Ma Snoke era inquietantemente bravo a portarla al limite della sopportazione ogni volta che ricominciava a insinuarsi nel suo cervello. La conduceva a un passo dalla morte, per poi smettere, per poi ricominciare. Andava avanti così da ore, davanti agli occhi delle guardie pretoriane e di Darth Gier.
Rey aveva vari tagli superficiali e due ferite al volto molto serie, la fronte era imperlata di un sudore visibilmente rossastro, a causa dell’impasto fra sangue e liquido ipotonico. Aveva un aspetto orribile e i suoi occhi imploravano pietà già da tempo.
A differenza delle altre volte, Rey si lasciava torturare senza reagire fin troppo. Sentiva di meritare davvero quei dolori: non perché avesse fallito nella missione, piuttosto perché da quanto aveva incontrato Ben sentiva di meritare solo male.
L’incontro con Ben le aveva smosso un uragano dentro, l’aveva stravolta e in un attimo aveva ricordato tante cose che aveva represso, che era stata costretta a reprimere. Ciò che aveva fatto a lui e a Padme, a Leia, a Luke, a Finn e Poe, all’intera Resistenza, era imperdonabile. Non poteva avere una chance di perdono, lo sentiva, lo sapeva.
Era da quel pomeriggio, da quando era stata sconfitta e lo aveva guardato andare via, che quell’odio verso tutto e tutti, si era trasformato in odio su se stessa.
E le era solo bastato guardare Ben negli occhi dopo tutto quel tempo. Quei bellissimi occhi nero pece, espressivi e profondi.
Una lacrima le bagnò la guancia e il lembo di pelle attraversato da piccoli tagli iniziò a bruciarle.
Ben, cosa ti ho fatto?
 «Allora, mia allieva.» L’orribile corpo di Snoke si trascinò verso la figura inerme e sdraiata di Rey. «Adesso che hai capito appieno i tuoi sbagli, sei libera di andare.»
Cosa sono diventata?
 «Sì, maestro.» Rispose con la voce spezzata, la gola dolorante per lo sforzo delle corde vocali. Si alzò pian piano in piedi, ma senza emettere alcun gemito di sofferenza.
 «Gier, aiuta tua figlia e conducila nelle sue stanze, la stolta non riesce nemmeno a reggersi in piedi.»
L’uomo dai freddi occhi azzurri si avvicinò alla ragazza, ma lei rifiutò quell’aiuto: si allontanò e cominciò a camminare più velocemente che poteva, zoppicante e ferita.
Non voleva parlare con nessuno, non voleva sentire parlare di guerra per almeno un’intera giornata.
Aveva bisogno di un bagno caldo, doveva pulirsi da tutte quelle sensazioni, da tutti quei sensi di colpa.

Inizialmente aveva sentito un acuto dolore alla testa, ricordò solo quando ebbe un attimo di tregua da quello strano male: Snoke.
Ben conosceva quelle torture, era così che lui addestrava. Secondo il Leader Supremo, solo attraverso il dolore si era in grado di provare una miscela di paura e rabbia così intensa da far sprofondare ancor di più nel lato Oscuro.
Ben si riprese velocemente, reprimendo quei ricordi.
Un pensiero più importante gli balenò alla testa.
Un pensiero che non nasceva dalla sua di testa.
 Ben, cosa ti ho fatto?
Rey.
Perse un battito prima che il cuore iniziò a pompare sangue in tutto il corpo con più velocità.
Si alzò in piedi e lasciò perdere il borsone che stava preparando per la partenza.
Cosa avrebbe dovuto fare? Risponderle o lasciare che lei smettesse di mettersi in contatto con lui?
 Cosa sono diventata?
Ben sgranò gli occhi a tali parole.
Era possibile che si trattasse di una trappola? Eppure aveva sentito quelle torture sulla propria pelle, Snoke non si sarebbe abbassato a tanto, infliggere quelle sofferenze al fine di ottenere qualcosa. Ma poi cosa? Non aveva alcun motivo per intrappolarlo in uno di quei giochetti ambigui.
Dopo un po’ di tempo, Ben non sentì più alcuna pressione mentale, ipotizzò allora che quella debole connessione si era finita. Ma quando iniziò a trafficare nuovamente con le tuniche e i pantaloni, un ronzio fastidioso gli arrivò alle orecchie, per poi trasformarsi in un rumore molto più intenso, vibrante.
Si voltò e la vide davanti a lui.
Il corpo nudo, coperto da goccioline d’acqua.
Una fascia scivolò dalle mani di Ben, inebetito da tale visione.
Nel volto di Rey, invece, non vi era alcuna espressione di stupore o di imbarazzo. Il suo sguardo era atono, non traspirava nulla. Immaginava solo il disgusto di Ben e in parte riuscì a sentirlo. Più che altro i pensieri di lui erano domati da un’amara sensazione di amarezza, pietà, afflizione.
Il corpo di Rey non era per niente come lo ricordava; era sempre stata magra, ma ora era eccessivamente scarna, i seni che erano stati abbondanti e sodi, erano diventati molto più piccoli, così come i fianchi, le gambe… Si intravedevano i muscoli, ma le costole erano molto più accentuate sotto quella pelle contornata da tagli, ematomi e cicatrici.
Era un corpo debole, non in salute, morente… proprio come l’anima intrappolata lì dentro.
Gli occhi di Ben si riempirono di lacrime, cercò di trattenerle lì con tutta la sua forza, ma cedette quando quel volto, che prima era stato inespressivo, si contorse in una smorfia di dolore e vergogna.
Rey cadde sulle sue stesse ginocchia e pianse.
Davanti a quella vista, la confusione e il conflitto dentro di Ben si fecero più fragorosi, rimbombanti.
Non poteva provare pietà per lei.
Lei non era ciò che vedeva. Non era quella donna fragile e debole che voleva sembrare, ma una spietata assassina.
Ben strinse i pugni e richiamando a sé la Forza, interruppe quel contatto prima che potesse crollare anche lui in ginocchio, con le mani schiuse sulle gambe, piangendo come non faceva da tanto, troppo tempo.


















nda.

la storia si farà sempre più interessante e la trama più ricca. pian piano arriviamo al clou della ff.




alla prossima;)
  
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