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Autore: Nadja_Villain    04/03/2018    1 recensioni
Astrid non è un'eroina e non si aspetta che gli altri la acclamino come tale. Dopo la sua cattura, si troverà a scegliere tra due prigionie differenti: una gabbia in vibranio in fondo all'oceano o unirsi agli Avengers, sotto contratto vincolante. Una sola potrà costituire un'occasione per riscattarsi. Tra i battibecchi col Capitano e le esortazioni ambigue di Tony Stark, dovrà fare i conti con la minaccia di un sadico Dio degli Inganni, una coscienza ipercritica e le falle di un'infanzia dissacrata.
▸ Ambientazione e contesto:
Post battaglia di New York: Loki è fuggito senza lasciare tracce di sé. La Stark Tower si è tramutata nella dimora degli Avengers.
Post "Iron Man 3" - pre "Capitain America: The Winter Soldier"
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Neve e Cenere | MARVEL
 
35 . Insegnami
 

Whisky, whisky, whisky...

Samuel Wilson non si sarebbe mai accorto di avere una bottiglia in meno in casa. Qualsiasi alimento alcolico fosse stato nascosto nei reparti della cucina, sarebbe stato fatto fuori in men che non si dica.

Vodka, vino, birra.

Astrid Sullivan si affacciò in tutte le ante dello scaffale, sopra e sotto il lavandino e i fornelli, ma tra scatole di cereali, barattoli di legumi e di ravioli al sugo già pronti, le uniche bottiglie che trovò furono quella dell'olio, dell'aceto e della passata di pomodoro.

Dannazione, ma questo Sam si nutre solo di roba sana? Dev'essere una persona talmente noiosa!

Provò un tentativo disperato con il frigo. In fila nell'ultimo livello dell'anta erano incastrate una bottiglia di latte, una di acqua naturale e dell'aranciata.

Aranciata?! Ma che razza di ex militare è uno che beve aranciata e non ha nemmeno una fiaschetta di superalcolico in un cassetto?! Come diavolo fa uno che cerca di dimenticare di aver ammazzato delle persone e di averla scampata bella, senza alcol?!

Almeno nell'ultimo cassetto c'erano tre birre. Ma pensandoci bene, Astrid non aveva voglia di blanda e quasi analcolica birra.

Doveva cercare meglio. Era sicura che almeno del liquore doveva esserci da qualche parte. La gente ne regala spesso una bottiglia o due ai parenti o agli amici e non si sa mai che fine facciano, inglobatate nella vetrina del salotto e dimenticate. Riprovò negli stessi posti, spostando tutto di nuovo e finalmente... non le sembrava vero. Eccola lì, nascosta dalla fretta, a fianco ad una bottiglia di Orzata di origine italiana ancora sigillata - che Astrid scartò fin da subito - un contenitore in vetro e una targhetta con scritto "Brandy" con una stilografica. La baciò come fosse un miracolo. Tolse il tappo di sughero e l'etanolo danzò fuori dal recipiente, con un odore acre e raffermo, insolitamente forte. Lo assaggiò, sorseggiando a canna e il sapore indeciso le procurò una smorfia di disgusto. Era vecchio, ma non solo era vecchio: il riposo avrebbe dovuto renderlo più intenso e fascinoso, invece faceva proprio schifo. Chissà da quale baracchino saltava fuori? Non c'era scritto su nessuno dei lati del cartellino impiccato al collo della bottiglia. Si passò la lingua tra i denti per convincersi che non fosse poi tanto male. Bevve un altro sorso e le venne voglia di sputare tutto sul pavimento. Fece forza su sé stessa e ingoiò come fosse una medicina. Non era la collezione di Stark, era evidente. Dio, come le mancava! Quella porcheria era peggio della robaccia mediocre che poteva permettersi con i pochi spicci del vecchio lavoro.

Avrebbe voluto stare seduta a terra per scolarsi tutta quella sbobba orribile che non meritava essere chiamata col nome sull'etichetta, ma tracannare direttamente dalla bottiglia non permetteva sorsi molto lunghi e non era soddisfacente quanto una boccata piena. E poi non voleva rischiare di farsi scoprire immediatamente dal Capitano, nel caso in cui gli fosse venuto in mente di scendere per vedere che stesse combinando.

Era rimasta, schiena contro il muro, ad ascoltare i rumori lievi dei suoi passi nella stanza. Si erano silenziati poco dopo che era scappata. Ciò l'aveva, da una parte, sollevata perché non voleva la rincorresse per farsi dare una spiegazione che semplicemente non c'era. Dall'altra parte, le aveva lasciato un vuoto che nemmeno del cattivo Brandy era in grado di rabboccare.

Con tutta probabilità non sarebbe mai sceso. Non era così spavaldo da affrontarla dopo essersi fatto scoprire ed aver ricevuto un dissenso clamoroso. Era in Tony Stark andarle dietro e riprendere l'argomento, ma solo per ciò che gli interessava strettamente e quando era convinto di avere ragione, altrimenti avrebbe fatto spallucce e si sarebbe versato un bicchiere di whisky. Il Capitano era solito lanciarle occhiate e fare marcia indietro, trasformandosi in un muro impenetrabile. Si faceva rispettare solo qualcuno andava contro la sua autorità. Per le questioni più spicciole, come un bacio mancato, aveva una sorta di blocco. Lo stava imparando in quel momento.

C'era di nuovo troppo silenzio.
Per ogni veicolo che passava nelle vie vicine, tratteneva il respiro per ascoltare se si fermasse sotto casa, per far scendere una squadra armata che avrebbe portato via il Capitano e avrebbe ucciso lei a sangue freddo. Invece nessuna macchina si fermò davanti alla casa di Sam Wilson quella notte. Nessuna squadra speciale venne a far loro visita. Nella piccola villetta a schiera regnava la tranquillità più ordinaria. Un paio di gatti litigavano in un vicolo, la sirena di un'ambulanza schizzava storpiata dall'effetto della velocità sul suono. Niente di più eclatante.

Poggiò i gomiti sul piano da cucina e riempì il bicchiere fino all'orlo. Mandò giù tutto in una volta e poi di nuovo. Il vecchio e terribile Brandy cominciò subito a darle alla testa, come una botta contro un palo in fronte. Inevitabilmente, verso la metà del recipiente, si ritrovò con la schiena contro l'anta del forno e il sedere sul pavimento. La bottiglia premuta contro una tempia, iniziò a piangere quasi senza motivo. Benché di motivi ne avesse diversi, ma in quel momento non ce l'aveva con uno in particolare.

Se il Capitano l'avesse vista in quello stato le avrebbe tirato le orecchie. Le avrebbe strappato la bottiglia dalle mani e l'avrebbe trascinata fino in camera, costringendola a dormire.

Se Stark l'avesse vista in quello stato, le avrebbe tirato le orecchie... perché stava cercando di attentare alla propria vita ingerendo della robaccia scadente. Si sarebbe seduto di fronte a lei, avrebbe tirato fuori dalla tasca della giacca firmata la sua fiaschetta elegante, l'avrebbe portata alla bocca e gliel'avrebbe passata. Avrebbero parlato e riso come due dementi, avrebbero fatto l'amore sul tavolo della cucina, fregandosene dei coinquilini, o sarebbero rimasti a fingere di non essere attratti disperatamente l'uno dell'altro, fingendo che fosse solo il calore dell'alcol che stimolava un bisogno fisiologico. Solo ora si rendeva conto del perché di tutte quelle occhiate, di quelle allusioni maliziose che lei aveva tentato di ignorare per tutto il tempo. Se solo non avessero bevuto quella sera, nemmeno un sorso...
Neanche a lei l'alcol faceva un bell'effetto per i primi minuti. E ora stava svenendo. Lo sentiva scivolare via di nuovo dal suo corpo. Prosciugò di nuovo due bicchieri, uno dietro l'altro. Si asciugò le lacrime. Non sentiva più il suo pianto, non riusciva a controllarlo. Si tappò la bocca con la mano, ma i singhiozzi erano più forti della sua volontà brilla.

Sentiva la sua voce mentre buttava via tutto ciò che era solo loro, accartocciandolo e lanciandolo in un cestino festaiolo. Vedeva il suo sorriso mentre la scherniva, mentre si serviva da bere con quella sua nonchalance da uomo da palcoscenico: "Cosa pensavi che ci fosse tra noi? Amore? È stata solo una notte! Una cosa da niente! Ci siamo divertiti, tutto qui!"

Già... che cosa pensava che ci fosse tra loro? Era stata solo una notte, in fondo, nulla di più. Un'avventura. Una debolezza. Una sbandata. Si sarebbe risolto tutto senza più parlarne. O forse sarebbe accaduto ancora, ma sarebbe comunque rimasto nel contesto di una follia notturna.

"Aspetta, pensavi davvero che io fossi... innamorato... di te?! Sul serio?!"

Pensava davvero che si fosse innamorato di lei? Stark?! Nah... Forse provava una tenerezza, forse una simpatia, un'infatuazione passeggera, diluita dalla libidine rinchiusa nel vetro... Non amore. Non era così ingenua da crederci davvero.

E lei... cosa provava? Non era per lei l'amore, né tutte le smancerie che seguono. Eppure facevano così male quelle parole timbrate da quella voce che le mancava come l'alcol, anche solo immaginate. Perché continuava a pensare a lui? Ora doveva stare discretamente bene, era a casa con la sua donna, quindi perché qualsiasi cosa succedeva, in qualunque momento, continuava a tornare a lui? Forse si sentiva solo sola. Forse aveva solo bisogno di qualcuno con cui parlare la notte, quando non era capace di fidarsi della braccia del sonno, per paura che la trascinasse in luoghi oscuri in cui non voleva addentrarsi.

O magari... era il caso di ammetterlo. Tony Stark gli si era incastrato dentro. Le aveva dato ciò di cui non si aspettava di aver così bisogno da desiderarlo quando non c'era... per poi negare tutto.

Succede a volte, che alcune persone si inchiodano dentro di te e anche quando ti sfuggono, non riesci a liberartene. È un po' come se ti avessero legato delle catene alle costole per destinarti forzatamente a loro, con possessività, con presunzione e anche un pizzico di perfidia, costringendoti a seguirli nonostante ciò ti strappi via la vita. Tuttavia sai che per ribellarti potresti lacerarti il cuore, perciò continui a strisciare ai loro piedi, pregando che non facciano movimenti bruschi, pregando che non ti voltino le spalle, perché stai sanguinando e fai fatica a respirare, quando ti basterebbe un solo cenno per stare meglio, per sapere che non ti stai annichilendo inutilmente.

A volte capita che certe persone ti entrano dentro e si ritraggano dimenticandosi di qualcosa che trovi per caso e che impari a custodire fiducioso, rifiutandoti di realizzare che quel "qualcosa" è la causa del tuo male, giusto per trattenere ancora un frammento di loro, di voi, dentro di te.

È un veleno dolce, che sa di zucchero e di carezze, ma che ti uccide come un coltello può squarciarti in due nonostante l'anestesia dell'illusione non ti permetta di percepirlo.

La sua anestesia stava sbiadendo. Di nuovo. Riempì il bicchiere e si attaccò alla bottiglia, confusa, senza curarsi del fatto che un po' di quel Brandy insapore se l'era versato addosso. Non si allarmò neanche della presenza indesiderata che si era manifestata nell'angolo opposto della stanza e la fissava da qualche minuto, immobile e silenzioso come un elemento dell'arredamento.

Quando Astrid se ne accorse, raddrizzò la schiena come poteva, dal momento che era quasi sdraiata a terra. Stirò debolmente un angolo della bocca.

-Gradisci un po' di Brandy da poveri?

L'ombra sorrise all'invito.

-Prego. Non vorrei privartene.

Astrid mise a fuoco le ultime dita di superalcolico nel fondo del contenitore. Corrucciò le sopracciglia. Stava già finendo? Proprio quando iniziava ad essere quasi buono.

-Non gradisco in generale le inconsistenti bevande che si usano degustare sulla Terra. In aggiunta, non sono solito abbeverarmi che ai banchetti. Un bicchiere, non di più, di solito.

-Un altro astemio. Che palle! – sputò Astrid versandosi un altro sorso nello stomaco. Squadrò il Dio smeraldino mentre sorrideva con quell'incredibile solco lungo la bocca che doveva sembrare un sorriso, ma che dava i brividi persino a lei. – Allora? Sei venuto per prendermi in giro?

-Sono qui per aiutarti.

-Il buon samaritano! No, guarda... Sto bene come sto, grazie. – ribattè lei. E rise, pateticamente.

-Non fa per te metterti da parte. Questa resistenza ti consuma.

Astrid decise di stare al gioco per noia, per stanchezza, per curiosità, perché non aveva nulla da perdere. Si sfregò un occhio, sospirò per ricomporsi, ma gli veniva da ridere.

-Cosa mi consigli?

-Io posseggo qualcosa che brami con ardore. Tu la capacità di procurarmi ciò di cui necessito.

-Vuoi lo Scettro e il Tesseract per la fiala? Non puoi procurarteli da solo?

-Ahimè, lo avrei già fatto se sapessi dove essi vengono custoditi...

-E come faccio io a sapere dove stanno?

-I tuoi amici potrebbero.

-Vuoi che... faccia il doppiogioco?

Loki fece una faccia che sembrava celare la soluzione segreta, proibita e allo stesso tempo la più pericolosamente attraente. Affondò la schiena nel divano su cui si erano seduti Astrid e il Capitano poco più di due ore prima. Attorno a lui, tutto sembrava costruire un'ambientazione lugubre e raccapricciante. Persino un semplice divano sembrava una componente terrificante, grazie all'ombra che si spalmava tra le pieghe come per appropriarsi del territorio.

-Come faccio a sapere che ce l'hai ancora tu, la fiala, e che non l'hai buttata? Come faccio a sapere che non mi vuoi ingannare? – E mentre finiva l'ultima frase, nella mano del Dio era apparsa la fiala incriminata, il liquido scuro all'interno. Completamente intatta. - È un'illusione? - domandò lei scettica.

-Forse. Oppure potrei essere più onesto di quanto pensi. Sta a te decidere se fidarti della mia parola, come io della tua lealtà.

Astrid poggiò la bottiglia e il bicchiere sul pavimento, giocandoci col dito. Ci stava pensando davvero, come l'ultima volta. E non era la sbronza. Quella stava passando, lasciandole solo un alone di mal di testa. Stava pensando seriamente a come avrebbe dovuto muoversi per far funzionare tutto, per non essere scoperta. Lo scontro aperto e più temuto era inevitabile in ogni scenario alternativo.

-La tua anima non agogna altro. Io lo so.

-Prima che arrivassi, stavo provando ad accettarmi per ciò che sono e tu continui ad allettarmi per spingermi sulla strada sbagliata. – Il livello del Brandy sfiorò il bordo del bicchiere e rimase lì a sballottare nel suo moto centrifugo. Non era vero che ci stava provando, era una scusa. Era una bugia che voleva raccontare a sé stessa, a cui aveva intenzione di credere intensamente, senza praticarla davvero.

-Non è necessariamente sbagliato sentirsi attratti da un bisogno. E tu hai bisogno dei tuoi poteri. Non vedo dove possa regnare il male in ciò.

-Voglio anche la vendetta. Voglio anche farla pagare a Hoffmann... - e a Stark, voleva aggiungere, ma si fermò prima di renderlo ufficiale. Fece una smorfia mentre ammazzava il fegato, incurante delle anormali tempistiche di guarigione. – Mi piace rubare l'energia degli altri corpi per aumentare la mia, anche se questo può causare la loro morte. Non c'è proprio nulla di male in ciò. Proprio nulla. – Ironizzò, tutt'altro che divertita, fissando un punto vuoto, orripilata da sé stessa.

-Quindi hai convenuto che avessi ragione.

Il sorriso di Loki si illuminò nel buio come una serie di piccole lucide mattonelle bianche che facevano rimbalzare la fioca luce penetrante dalla finestra. Astrid si prese del tempo per rendersi conto che aveva definitivamente svilito la propria immagine. Gli aveva dato ragione senza nemmeno pensarci. Bevve per costringersi ad accettare il pensiero.

-Ti avevo avvertita. Tu non sei come loro. La tua Natura è differente.

-Come fai a sapere qual è... la mia Natura? – Era una domanda che si rimandava dalla prima volta che aveva sentito l'affermazione.

-Perchè è similare alla mia.

-È per quella cosa che succede quando ci tocchiamo?

-In parte.

-Mi è successa anche toccando il Gigante e anche quando Wanda è entrata nella mia mente...

-E quando hai carbonizzato in modo esemplare quella manciata di vili esseri umani.

Astrid deglutì un grumo più amaro degli altri.

-È la stessa cosa che ti permette di diventare invisibile e di far apparire cose dal nulla?

Loki si piegò in avanti, i gomiti sulle ginocchia, i palmi l'uno di fronte all'altro. Un laccio di fili dorati e luminescenti fluì dai polpastrelli e si intrecciò in uno scarabocchio nell'aria. Astrid schivò il bicchiere e gattonò verso di lui per guardare meglio. Non aveva mai visto una cosa del genere. Era diverso dal potere della Strega... Non sapeva in cosa, ma era diverso. Lo sentiva... Come se si fosse insediato sotto la sua pelle, lo sentiva muoversi come un branco di sottili serpenti tra i muscoli e le ossa. Era una sensazione strana e anche piuttosto viscida, insidiosa, ma quel gomitolo di luce era meraviglioso da guardare mentre si attorcigliava su sé stesso come fosse vivo. Voleva toccarlo e scoprire se fosse fluido come appariva o fosse costituito di pura energia.

-Cos'è?

-Noi lo chiamiamo seiðr. E fa molto di più di farti diventare invisibile o far apparire oggetti dal nulla.

-Come fai a farlo?

-Non è qualcosa che si fa. O ce l'hai e sai usarlo o ce l'hai, ma non hai le capacità di plasmarlo, oppure non ce l'hai e basta. Un esperto maestro di Arti Magiche ti insegnerà come usufruire di ogni sua espansione. Ti serve solo un adeguato addestramento.

-Aspetta, aspetta, aspetta... Mi stai prendendo in giro, vero? Tu non stai dicendo sul serio. Io ho davvero quella cosa dentro di me!

-Osserva tu stessa.

Le offrì un palmo vuoto. Astrid comprese più tardi che Loki stesse attendendo che lei avvicinasse la sua mano. La cosa non la convinceva, ma si lasciò incuriosire. Come previsto, nel momento in cui le loro dita si toccarono, la pelle di entrambi mutò di colore, spellata da un sottile bagliore dorato. Eccolo. Era quello. Non vi aveva mai dato piena attenzione, ma era lì, era dentro di lei, ce l'aveva anche lei.

Astrid ritirò il braccio prima che si ricoprisse di squame di carbone e venature di lava. Il ghiaccio non ci mise molto a rivoltarsi contro il bollore. Con l'antidoto non sarebbe successo. Con l'antidoto non si sarebbe sentita così abbattuta da tutto ciò che le stava capitando. Tuttavia, le parole del dottor Hoffmann erano chiare: una parte di sé sarebbe svanita. Astrid pensò che se fosse veramente come diceva Loki, forse quella parte che avrebbe perso con il siero, sarebbe potuta essere soppiantata dal potere nuovo che avrebbe sviluppato.

Un altro passo verso la fiala. Un altro passo verso sé stessa. Un ampio passo lontano da tutti i problemi.

-Ho capito cos'eri la prima volta che ti sei mostrata a me per il tuo vero aspetto, senza intenzione. I nostri seiðr interferiscono tra loro e a contatto con un essere che deriva dal nostro stesso Regno di appartenenza, annullandosi, come meccanismo di difesa.

-No, no, no... - Astrid scosse la testa - I-io non sto capendo niente. Cosa vuol dire che mi sono mostrata a te per il mio... vero aspetto?! Cosa vuol dire Regno di appartenenza? Cosa sono?!

-Avrai ogni risposta a tempo debito. – sancì Loki alzandosi in piedi. Si spolverò la tunica, fece qualche passo nella stanza. Astrid seguì il suo mantello con la coda dell'occhio. Avrebbe voluto urlare. - Potresti diventare molto di più di ciò che eri prima. Potresti fare cose che non avresti mai immaginato.

-Insegnami... - sussurrò Astrid, con un filo di voce, senza poter frenare la lingua, come se le fosse uscito dal petto e da ogni singolo centimetro del suo corpo.

-Non basteranno lo Scettro e il Manufatto per questo...

Astrid alzò in alto lo sguardo, verso le iridi cucite dal gelo, invidiandole come si invidia un'arma di assoluta potenza e bellezza, desiderandola per sé. Loki sapeva vendersi bene. Adesso aveva davvero qualcosa che lei agognava con tutta l'anima.

A volte capita anche che ti lasci sopraffare dal dolore solo perché non hai la forza di tirare dalla tua parte le catene che ti impediscono di correre o di cacciarti due dita in gola e vomitare il veleno che ti indebolisce. Altre volte devi fare un gesto estremo per tornare di proprietà di te stesso. Quelle volte devi farti un male atroce per dimenticare il dolore che ti affligge.

A volte devi distruggerti per poterti vendicare.

-Che cosa devo fare?

   
 
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