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Autore: Myra11    06/03/2018    1 recensioni
Nyx Ulric.
Amico, Generale, Marito, Padre.
Immortale.
500 anni dopo la fine della sua famiglia, Nyx Ulric ritorna ad aiutare la città che ha promesso di proteggere.
Ma non tutti sono coloro che sembrano, e non tutti devono essere protetti.
E Nyx deve ricordare che la luce più intensa genera le ombre più profonde.
[Sequel di Dancing With Your Ghost, ambientata subito dopo la fine.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bahamut, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7
 
Quando Emilia entrò, Nyx la ignorò.
La febbre era salita dal mattino, ne era perfettamente consapevole, ma l’aveva ignorata, tutto per tornare in forma, per tornare da lei.
Si coprì il viso con una mano, chiudendo gli occhi, e sentendo l’amarezza della delusione sulla lingua.
Lei aveva creduto in lui, così tanto da strapparsi il cuore per donarlo a lui, e ora, cosa restava di quella fiducia?
«Nyx…?»
Alzò lo sguardo, incrociando quello di Emilia nello specchio.
La vide osservarlo, studiarlo, e capire.
Per qualche strano, assurdo motivo quella ragazza capiva.
«L’ho delusa.» Sussurrò, la gola roca e dolorante, e la testa che pulsava dolorosamente.
Strinse le mani sul lavandino macchiato di sangue argentato. «Lei si è sempre fidata di me.»
Si accigliò, sentendo la frustrazione salire. «Non avrebbe dovuto, avrebbe fatto meglio a non farlo.»
«Nyx, io…Nyx!» Emilia sobbalzò quando, con uno schianto e un’esplosione di briciole di ceramica, il lavandino si spaccò a metà e crollò a terra.
Imprecarono insieme, e Nyx decise che ne aveva abbastanza.
Se fosse la febbre o meno non ne aveva idea, e non aveva nemmeno importanza. «Me ne vado.»
Sentenziò, sorpassando la giovane donna senza parole, e uscendo dal bagno.
Barcollava, e l’intera stanza gli girava intorno, eppure si preparò, indossando perfino le fodere vuote dei kukri. Ne sentiva la mancanza come non mai, ma erano abbandonati su un materasso ad Insomnia.
«Nyx sei impazzito?» Emilia, a quanto pareva, si era ripresa e ora uscì come una furia, e lo afferrò per un braccio, fermandolo. «Morirai se vai.»
Nyx ridacchiò, divertito, e poi inarcò un sopracciglio. «Immortale, non ricordi?»
«Non nello stato in cui sei.» Si accigliò lei, severa. «Qualsiasi cosa ti abbiano fatto, ti sta facendo male, molto.»
Nyx aveva una mezza idea di quale fosse la causa di quel malore che non voleva saperne di andarsene, ma tacque: non era il caso di dire che – probablmente – senza Bahamut nel cuore i suoi 500 anni stavano tornando a reclamare il loro prezzo, e il suo corpo si stava sgretolando.
«Se morire vuol dire salvarla, così sia.» Scostò il braccio dalla presa della sua salvatrice, e Emilia sbuffò, esasperata. Era davanti alla porta quando lei lo fermò di nuovo.
«Aspetta! Aspetta! Ho una cosa per te. Leggila, d’accordo?»
Nyx inarcò un sopracciglio, incuriosito. «D’accordo, vai a prendere questa cosa.»
Emilia scoppiò a ridere e scosse la testa. «Si certo, e tu non approfitterai della mia assenza per scappare. No, tu vieni con me.»
Nyx si unì alla sua risata con un mezzo sorriso, e la seguì volentieri fino al salotto.
Avrebbe dovuto cauterizzare la gamba, pensò quando la sentì cedere per un istante, dato che i punti non resistevano.
«Siediti. E prendi questa.»
Emilia gli indicò una poltrona e, quando fu sprofondato in quel tessuto accogliente, gli porse la busta.
Nyx la studiò un attimo, ma c’era solo il suo nome scritto sopra, in una calligrafia che non riconobbe.
«Chi l’ha scritta?»
La giovane donna scosse la testa. «Mamma dice un antenato. Non so altro. Ti…ti lascio alla lettura.»
Nyx la osservò andare via, e qualcosa nella sua mente confusa si sciolse.
Forse era stato troppo cinico, pensò, forse esisteva ancora qualcosa di buono in quel mondo.
Come la ragazza dagli occhi di perla.
Sorrise tra sé, e si dedicò alla lettera che gli era appena stata consegnata.
L’aprì con cautela, e bastò l’inizio per accelerargli il battito.
Nyx,
sto scrivendo perché ci hai appena confessato di essere immortale.
Consegnerò questa lettera ai miei figli, e loro la conserveranno nell’attesa di ridarla a te.
Lo so, nessuno sa che ho dei figli. Non è stato un bel matrimonio.
Ma non è questo l’argomento principale.
Sto scrivendo perché credo che arriverà il giorno in cui avrai bisogno di leggere queste parole.
Noctis è il terzo re che servo, e l’unico che non ho visto morire, e tutto grazie a te.
Non so come sarà il mondo, quando leggerai queste parole, ma so come sarai tu.
So che sarai sempre lo stesso uomo che ha sacrificato la sua vita per il suo re, e per i suoi amici.
Non lasciare che il tempo ti corroda, Nyx.
Sii forte.
Sii paziente.
Trova il tuo centro, Nyx.
Non sono bravo con le parole, e ho dei compiti da assolvere.
Spero che tu stia bene, ovunque tu sia nel tempo.
Cor
Rilesse il nome alla fine più volte, esterrefatto.
Se davvero era stata scritta dall’uomo che Nyx aveva considerato un maestro, questo voleva dire che…
«Emilia!» La chiamò a gran voce nonostante fosse sera tarda, e si alzò, andando a cercarla.
Le finì quasi addosso quando lei aprì la porta. «Nyx, cosa…»
«Cor. Cor Leonis. Tu…»
Emilia alzò le mani, confusa. «Rallenta, per favore. Parli di quel Cor?»
Nyx scoppiò a ridere, appoggiando la schiena alla parete. «Si, si, Cor l’Immortale, il Generale Cor. Lui…»
Scivolò fino sul pavimento, e Emilia, seppur esitante, s’inginocchiò accanto a lui. «Nyx, mi puoi spiegare per favore?»
Annuì, sorridendo. «Si, scusami. Il tuo antenato, colui che ha scritto questa lettera, era quel Cor. Lui…lui mi ha aiutato tantissimo, quando ero in un periodo molto buio. E dopo tutti questi anni, ha fatto in modo che io leggessi queste parole, perché sapeva che ne avrei avuto bisogno…»
Chiuse gli occhi, inspirando a fondo.
Sentiva Emilia accanto a sé, e piegò le labbra in un sorriso. «Ecco perché mi ricordavi qualcuno. Tu…tu gli assomigli. Non fisicamente, è come…il modo in cui esisti, come una roccia in mezzo alla tempesta. Come lui, lui aveva sempre tutto sotto controllo.»
Aprì un occhio, e incontrò lo sguardo della ragazza che lo stava ascoltando in silenzio.
«Grazie.» Mormorò, e lei sorrise, e lui lo vide.
Vide il cortile di Insomnia in estate, invaso dalla neve, e Cor davanti a lui che rideva.
«Vieni, dai…è meglio se torni a letto, sei così caldo che mi sorprende tu non abbia ancora preso fuoco.» Scherzò lei, e lui lasciò che lo aiutasse ad alzarsi, e a zoppicare fino alla camera che ormai considerava sua.
Quando fu seduto sul materasso, la guardò di sott’occhio. «Mi dispiace per il lavandino.»
Lei si strinse nelle spalle con un sorriso. «Non importa, era da cambiare.»
«Buonanotte, Emilia.»
Lei gli fece un cenno con la mano mentre usciva. «Buonanotte, nonnetto.»
 

 
Era l’alba quando si alzò di nuovo, uscendo sulla grande terrazza che circondava la casa.
C’era un dolce vento, e lui inspirò a fondo l’aria pulita.
La febbre si era abbassata e, nonostante avesse ancora la gamba indebolita, fece il giro completo della casa.
Era un’abitudine che si era preso ultimamente, controllare che fosse tutto libero, che non ci fossero soldati appostati intorno alla casa.
Se fosse stato così, non era sicuro che sarebbe stato in grado in proteggere quella famiglia che per lui aveva fatto così tanto.  Distese le braccia, sentendo i muscoli della spalla tendersi dolorosamente; era guarita prima della gamba, ma non era ancora al cento per cento.
«Nyx?»
La voce morbida di Emilia lo distrasse dalla sua ronda, e lui sorrise guardandola con la coda dell’occhio.
«Buongiorno. Tutto a posto?»
«Si.» Emilia sorrise, appoggiandosi allo stipite della porta. «Che stai facendo?»
«Solo un controllo.» Scrollò le spalle, e la ragazza annuì. «Bene.  Vieni dentro, mamma sta facendo colazione.»
Nyx la seguì in casa, e si sedettero insieme al tavolo.
Ora capiva tutto, e sorrise quando ricordò come Dayanara ed Emilia si fossero fatte i complimenti per la loro abilità nella lotta. «Credo di doverti ringraziare, Dayanara. Per aver conservato la lettera di Cor.»
La donna sorrise senza guardarlo, impegnata a preparare l’abbondante colazione. «Quella lettera è nella mia famiglia da secoli. E, se devo dirtelo, Nyx, ero contraria al fatto che Emy venisse a cercarti. Insomnia è pericolosa, e tu…»
Nyx sorrise, divertito, e accettò la critica. «E io pure. Non preoccuparti, appena starò meglio me ne andrò. »
Incrociò gli occhi della donna quando lei posò i piatti con i pancake e le uova sul tavolo. «L’ultima cosa che voglio è che finiate nei guai per colpa mia.»
Dayanara gli sorrise dolcemente. «Qualsiasi cosa ci succeda non sarà colpa tua. Noi abbiamo scelto di aiutarti. Sei un brav’uomo, e ci saremo finchè avrai bisogno di noi.»
In cinque secoli pensava di aver visto tutto, eppure quelle donne stavano destabilizzando tutte le sue idee.
«Non so che dire.» Ammise, sorridendo, e Emilia gli posò una mano sul braccio.
Quando incrociò i suoi occhi bianchi, si ricordò di una cosa. «La katana di Cor. È ad Insomnia, e voglio che l’abbiate voi. Ve la porterò.»
«Cosa? Oh..ok.» Dayanara sorrise, e guardò la figlia. «La katana di Cor è un’arma leggendaria, Emy. Averla in famiglia sarebbe…meraviglioso.»
«Grazie, allora. Nyx, posso chiederti una cosa?»
«Certo.» Confermò, ma si pentì subito di averle dato il permesso quando lei pose la sua domanda.
«Com’è morto? Cor, intendo. Non sappiamo molto sulla sua vita.»
Abbassò lo sguardo sul tavolo, sentendo l’ondata dei ricordi travolgerlo.
Era di nuovo là, tra la macerie, con il suono dei proiettili nelle orecchie.
Sentiva l’odore del sangue, le urla, e sentì il tonfo del corpo martoriato cadere al suolo.
E quell’ultimo, debole sorriso mentre la stretta della sua mano diventava più debole.
«…Nyx?»
Scosse la testa e sollevò lo sguardo verso le due donne che lo osservavano. «Io…non ricordo con precisione, mi spiace. Ma è morto da eroe.»
Esitò un istante, e poi sospirò e cedette.
Nesusno meritava la verità più di loro. «No, me lo ricordo.» Si corresse, e involontariamente alzò la mano a sfiorare la collana. «Insomnia era stata invasa dal Nuovo Impero. Mi avevano attirato lontano rapendo la regina, e quando sono tornato c’era già il caos. Cor è…è morto difendendo mia moglie, e la mia bambina.»
Dayanara ritirò i piatti in silenzio, e fu Emilia ad intervenire per spezzare quell’atmosfera tesa.
«Nyx, te la senti di venire a darmi una mano?»
L’uomo si alzò con un sospiro e annuì. «Dimmi tutto.»
«Dobbiamo tagliare la legna, o non seccherà in tempo per l’inverno.»
«D’accordo. Andiamo.»
E fu cosi che si trovarono sotto il sole mattutino a fare a pezzi la legna, e fu la prima volta che Nyx vide le braccia di Emilia scoperte. Quella sinistra era attraversata da quattro lunghi tagli all’altezza del gomito, e sulla destra, che partiva dalla mano e si arrampicava fino alla spalla, c’era un intricato, delicatissimo tatuaggio che sembrava una manica di pizzo, ma Nyx distinse chiaramente i nomi nascosti in quel disegno.
Sollevò l’accetta e l’appoggiò alla spalla sinistra. «Che ti è successo?»
Emilia si accigliò appena, continuando il suo lavoro con una precisione e una forza che, si disse Nyx, avrebbero tagliato una testa in un colpo solo, se lei avesse voluto. «Immagino tu ti sia chiesto come mai ci siamo solo noi, qui.»
Nyx si strinse nelle spalle e fece un sorriso colpevole. «Se devo essere sincero, no. Ma non sono molto lucido ultimamente, quindi perdona la distrazione di un vecchietto e raccontami.»
La sua battuta riuscì a strapparle una risata, e si prese un attimo di pausa mentre parlava. «Avevo una sorella, e un fratello, tempo fa. Quando le spade del re iniziavano ad essere influenti, quasi cinque anni fa, cercarono di reclutare mia sorella. Era un cecchino, terribilmente esperta, e papà non riuscì a convincerla a rinunciare. Così, fece l’unica cosa che poteva fare, e si arruolò nelle spade del re con lei. Lei…» Emilia esitò un attimo, abbassando lo sguardo sul nome che le scivolava in una delicata onda sul pollice.
«Lei morì tre anni dopo, e papà non si perdonò mai di non essere riuscito a salvarla. Mio fratello, nel frattempo, si comportava da idiota. Faceva del suo meglio, certo, ma questo non gli ha impedito di essere sbudellato da un giaguaro durante una caccia. Queste me le sono fatte portandolo via.» Accennò alle cicatrici sul gomito. «Quella creatura mi ha quasi staccato un braccio, ma sono ancora qui»
Raddrizzò la schiena, e Nyx si pentì di averle chiesto spiegazioni quando la vide asciugarsi gli occhi velocemente. «Papà non ci ha più visto. Se n’è andato, e io, la mamma e la nonna ci siamo trasferite qui.»
«Dov’è tuo padre ora?»  Chiese, e lei fece un sorriso amaro.
«Ad Insomnia, come comandante delle forze belliche delle spade dei re.»
«Tu…aspetta, cosa?» Nyx quasi lasciò cadere l’ascia, incredulo, ma quando lei piegò il braccio, mostrando il nome all’’interno del gomito, ebbe la prova che aveva capito bene.
«Lucian è…è tuo padre?»
Emilia si limitò ad annuire piano, e Nyx si passò una mano fra i capelli.
«Tu mi farai venire un infarto con tutte queste sorprese.»
  
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