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Autore: SherylWeasley    11/03/2018    0 recensioni
Rue era solo una bambina del distretto 11, che amava le ghiandaie imitatrici e stare con la sua famiglia, ma tutto questo era ormai destinato a finire. Ho voluto dedicare questa storia ad una piccola eroina che farà di tutto per non perdere se stessa durante gli Hunger Games, in cui ognuno deve cambiare per sopravvivere.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Rue, Thresh
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rue fu scortata in una stanza da un pacificatore, che poi uscì senza dire una parola lasciandola completamente sola, le pareti erano ricoperte da arazzi rossi, delle vecchie poltrone foderate di velluto erano disposte a semicerchio davanti ad una stufa spenta, un pesante lampadario adornato di lucerne penzolava pigramente dal soffitto, e quando la luce del sole lo colpiva creava dei riflessi luminosi a forma di prisma che si riflettevano sui muri circostanti. Il drappeggio di Capitol City ricopriva la parete laterale e le finestre, donandole così un pò di privacy.

Alla sua destra su un tavolino traballante di vetro massiccio erano stati disposti alcuni calici con liquori ambrati, e sotto i suoi piedi era stato srotolato un tappeto che recava dei motivi geometrici e stilizzati.

Ma Rue non degnò di una sola occhiata tutto quanto, era troppo occupata a lottare contro il senso di perdita e la paura che la dilaniavano da dentro. Si strinse forte le braccia attorno al petto, come per impedire a se stessa di frantumarsi in mille pezzi. Ancora pochi istanti e il dolore l'avrebbe sopraffatta del tutto, ma prima che quella macabra consapevolezza si insinuasse in lei decise di approfittare di quel poco tempo che le rimaneva per parlare con la sua famiglia. Si pizzicò un pò le guance per far assumere loro un pò di colorito, doveva mostrarsi forte per i suoi fratelli, così come negli Hunger Games, non voleva che la vedessero soffrire o piangere, doveva rimanere forte per loro, voleva che la ricordassero come la ragazza che cantava per le ghiandaie imitatrici e non come un pezzo da macello mandato a morire, non come una persona la cui luce negli occhi si era spenta già prima di vedere in faccia la morte. Doveva loro quest'ultima cosa. Sarebbe stato il suo ultimo regalo per loro.

Il problema era solo capire come andare avanti senza perdere se stessa.

La porta si aprì con uno schianto e irruppero precipitosamente nella stanza i suoi genitori con Deede, Jared, Simon, Christina, Emma e Julian. Nei loro volti erano dipinti rabbia, disperazione, tormento e tristezza, guardarli era come osservare un uragano devastatore direttamente dal centro della tempesta.

Subito Deede le piombò addosso e l'abbracciò singhiozzando, sembrava fossero passati secoli da quando quella mattina Rue si era svegliata urlando e sua sorella l'aveva consolata, ora le parti erano invertite come per un macabro scherzo del destino.

Jared le si avvicinò pallido, ogni traccia di allegria dal suo volto era scomparsa, lasciando il posto ad un dolore indicibile:

"Non voglio che tu vada" sussurrò flebile, rivolto puù a se stesso che agli altri, con gli occhi, di solito così pieni di energia e di vita, che ora fissavano il vuoto come fari spenti.

Emma, la sua piccola Emma che portava ancora le trecce che le aveva fatto quella mattina esclamò con le guance arrossate e rigate da lacrime di rabbia:

"Non è giusto, non possono farci questo, non possono" aveva preso a tremare stringendo i pugni e battendo i piedi per terra, poi le venne incontro piangendo copiosamente e Rue l'accolse a braccia aperte e con le lacrime agli occhi.

“Tranquilla tesoro, andrà tutto bene" cercò di rassicurarla.

Julian le si avvicinò silenzioso, nonostante i suoi tre anni era un bambino molto perspicace e aveva già intuito che qualcosa non andava, e che presto il loro equilibrio familiare e la loro intimità domestica sarebbero stati distrutti per sempre;

"Rue va via?" domandò con gli occhioni tondi sbarrati e il labbro superiore tremolante, Rue se lo mise sul ginocchio accanto ad Emma e gli accarezzò la testolina

"Ti ricordi degli uccellini che ogni mattina ti svegliano cinguettando?"

Julian annuì,

"Loro sono le ghiandaie imitatrici, ascolta Jules, me ne devo andare via, non è una mia scelta, se potessi resterei con voi, ma non posso, quando sarai più grande capirai".
"Ma tornerai?" domandò il bimbo speranzoso con la fronte solcata da una ruga di preoccupazione e con gli occhioni lucidi:

"No tesoro, non tornerò, ma non devi preoccuparti, io non ti lascerò mai. Se avrai bisogno di dirmi qualcosa, qualsiasi cosa o vorrai semplicemente sfogarti con me parla con le ghiandaie, canta per loro, e mi verranno a dire tutto. Se avrai bisogno di sentirmi vicina vai da loro, e mi troverai, anche se non potrai vedermi né sentirmi, io sarò con loro, accanto a te ad ascoltarti. Quando avrai bisogno di me io ci sarò sempre."

Julian annuì confuso, e una lacrima gli scivolò sulla guancia, Rue l'asciugó rapidamente con il dito e lo baciò sulla fronte. Quando sarebbe diventato grande qualcuno gli avrebbe spiegato perché se ne era andata senza poter fare altrimenti e allora avrebbe capito, ma fino a quel momento non poteva sbattergli la dura verità in faccia, molto probabilmente non gli avrebbero fatto vedere nemmeno gli Hunger Games.

Christina le si avvicinò pallida e tremante, alcune ciocche di capelli che teneva solitamente raccolti dietro la testa da un pennello ormai le ricadevano disordinatamente sulle spalle, aveva ancora le mani sporche di colore e la macchia ormai scolorita sullo zigomo, come una voglia. Rue l'abbracció e fu investita dall'odore di vernice che proveniva da lei, e quasi scoppiò nuovamente a piangere quando realizzó che quella sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe sentito, quell'odore che per così tanto tempo aveva caratterizzato la sua quotidianità. Si sciolse dolcemente dall'abbraccio con la sorellina e guardandola negli occhi propose:

"Fai un dipinto per me, okay?"

"Okay.....mi mancherai Rue" rispose, con le lacrime che scendendo copiosamente avevano scolorito in modo definitivo ogni traccia di vernice dal suo volto.
Poi Rue si alzò e guardò Simon, stava in piedi tutto impettito vicino alla finestra, anche se il suo atteggiamento diplomatico e la sua postura rigida lasciavano denotare un dolore profondo, stringeva i pungi talmente forte che le nocche erano sbiancate.

Rue gli si avvicinò con circospezione, come se si trovasse davanti ad un animale impaurito e gli disse:

" Simon, mi sembra ieri che ti leggevo le storie per farti addormentare e ti arrabbiavi quando mi interrompevo sul finale perché era ora di dormire" lui non disse nulla, ma annuì lentamente

"Sei speciale Sim, non permettere mai a nessuno di giudicarti e dirti chi devi o non devi essere. So che vorresti diventare medico, bene, focalizzati sui tuoi obbiettivi e impegnati con tutte le tue forze per realizzarli, e non perdere mai la speranza. Ricorda sempre che nonostante i pregiudizi il diverso non è così orribile come ci sembra, ma è anche un modo in più per arricchirsi e completarsi."

Simon alzó la testa, non piangeva, ma aveva la voce rotta e rauca:

"Ci sarà sempre nei miei libri qualcosa che mi permetterà di ricordarti, fosse anche un granello di speranza o amore, te vivrai sempre tra le miei pagine, non ti dimenticherò mai".

Rue lo strinse a sé forte, commossa, ora era lui quello che avrebbe dovuto raccogliere il testimone, era lui il più grande dei fratelli, la loro nuova figura di riferimento; lei aveva sempre fatto molti sacrifici per alleggerire un po' il peso che gravava sulle loro spalle, quel peso che ora sarebbe piombato tutto addosso a loro, privandoli della loro infanzia fatta di giochi, ciambelle al miele e divertimento,e costringendoli a crescere troppo presto. Ciò che aveva sempre cercato di evitare si stava ora trasformando lentamente in realtà.
Con un nodo alla stomaco si avvicinò ai suoi genitori e li abbracciò, a Rue in quel momento sembrarono invecchiati di almeno dieci anni, il viso di sua madre era segnato da alcune righe di preoccupazione che le incorniciavano gli occhi e la bocca, che quella mattina non c'erano, improvvisamente si rese conto di quanto Chrystal fosse stanca e vulnerabile, per lei la mietitura rappresentava un incubo costante, a cui avrebbe dovuto assistere ancora per molto tempo imponente sperando che nessun altro dei suoi figli venisse estratto. Sua madre le accarezzò il volto e le sussurrò:

" Se potessi andrei io al tuo posto lo sai vero?",

Rue annuì incapace di parlare per via del groppo in gola che aveva, Chrystal le prese le mani nelle sue e disse come a voler incoraggiare la figlia:

"Sei agile, veloce, intelligente e sai arrampicarti sugli alberi",

"Se con questo vuoi dirmi che ho qualche possibilità di vincere è inutile illudersi mamma, ci saranno tributi più forti e spietati di me nell'arena, e io non posso nulla contro loro, spero solo che quando arriverà il momento succeda in fretta".

Questo era ciò che avrebbe voluto dirle, poichè preferiva di gran lunga accettare la verità seppur scomoda, piuttosto che nascondersi dietro ad una bugia creata dalla mente secondo la quale sarebbe andato tutto bene e sarebbe presto tornata a casa, con l'unico scopo di preservare la sanità mentale necessaria per non impazzire.

Abbracció dunque la madre e le rispose soltanto:

" Ti voglio bene",

"Anch'io bambina mia".

Poi si fiondó tra le braccia solide e sicure di suo padre, che la strinsero rassicuranti con fare protettivo.
Chi si sarebbe occupato di Julian?
Chi avrebbe risolto i bisticci di Jared e Simon?

Chi avrebbe fatto le trecce ad Emma e posato per i quadri di Christina?
Chi si sarebbe preso cura di Deede, così curiosa e sempre aperta e disponibile con tutti?
Mille domande le affollavano la mente, non gli avrebbe mai visti crescere, non avrebbe più riso con loro, ora non c'era più lei a proteggerli e a fare da scudo da tutto il male che c'era.
"Rue", Deede le si avvicinò timidamente, poi si levò la collana che portava al collo e gliela porse:

" È per te, l'ho intrecciata a mano personalmente, ti porterà fortuna nell'arena ".

Gliela mise attorno al collo e Rue disse commossa:

"Deede è tua non posso accet. .."

"Rue",

proseguì lei interrompendola, ora serissima, e guardandola intensamente, tanto che le tornò in mente quando quella mattina aveva pensato quanto fosse cresciuta e maturata,

" Promettimi che proverai a vincere e che non ti arrenderai subito" "Deede...."

"Giuramelo" disse prendendo la sorella per il polso e guardandola con determinazione.

Rue la osservò in silenzio per qualche attimo, e poi rispose:

" Te lo giuro".
Improvvisamente la porta si aprì di schianto ed irruppe un pacificatore per dire che il tempo dei saluti era terminato, e che i suoi familiari dovevano andarsene.

Rue li strinse tutti velocemente in un ultimo abbraccio, Julian attaccò a piangere con foga, Deede allora lo prese subito in braccio e mentre il pacificatore li spingeva fuori, Rue urlò disperata:

" Vi voglio bene non dimenticatelo",ma non riuscì a sentire la risposta perché la porta si chiuse di scatto lasciandola nuovamente sola.

~Deede~

"Vi voglio bene non dimenticatelo" urlò lei.

Quelle furono le ultime parole che sentì prima di vederla scomparire.
La porta si era chiusa per sempre sbattendo e Deede non poteva più risponderle.

Julian si dimenava e scalciava tra le sue braccia, voleva tornare da lei, anche Deede lo avrebbe voluto, voleva tornare indietro per abbracciarla e chiederle di cantare ancora per lei. Ma non poteva, per questo si strinse forte il fratellino al petto per resistere alla tentazione di tornare indietro, e dopo un po' sentì che anche lui si era calmato.

Ora lei era sola, avrebbe dovuto affrontare tutto quello che il futuro le avrebbe riservato, da sola.

Ma lei glielo aveva promesso.

Non si sarebbe arresa subito, avrebbe lottato fino alla fine.

Deede si sedette per terra con la schiena appoggiata alla porta, la distanza tra loro due era minima, poteva quasi sentirla respirare, ma al contempo si trovavano lontanissime l'una dall'altra.

Non voleva che Capitol me gliela portasse via, non voleva che diventasse una loro proprietà o che cambiasse. Non doveva arrendersi a loro. Non doveva assolutamente piegarsi alle loro angherie.

Doveva lottare per rimanere se stessa.

Improvvisamente Deede cominciò a piangere.

Lacrime amare le rigavano le guance, mentre mi alzandosi si avviava lentamente verso casa, tenendo Julian per mano, cercando di mettere in qualche modo da parte il dolore lacerante e continuare a vivere.

Per Rue.


 

Rue reprimendo a fatica le lacrime si lasciò cadere di peso sulla poltrona, facendo così tentennare alcune bottiglie di liquori sul tavolino accanto a lei, il cui liquido scuro si muoveva al loro interno agitato.

Fuori di lì era gremito di telecamere e non voleva che mandassero in onda il suo viso arrossato e rigato di lacrime, o sarebbe parsa subito un bersaglio facile per gli altri tributi, anche se l'avvenimento l'aveva scossa nel profondo più di quanto sembrasse, procurandole una ferita che niente e nessuno avrebbe potuto rimarginare.

La porta si aprì di schianto per la seconda volta e Rue alzando la testa vide stagliato sulla soglia e con le spalle piegate dal dolore Joe, nel suo volto gareggiavano rabbia e desolazione profonda. La bambina corvina, sorpresa, gli corse incontro e l'abbracciò, inspirando l'odore familiare dei campi che proveniva dal suo giaccone.

Il vecchio contadino si schiarì la voce:

"Abbiamo poco tempo Rue, ma sappi che sono talmente indignato e distrutto che non riesco nemmeno a pensare" disse con veemenza, in un improvviso scatto di rabbia prese la bottiglia di liquore accanto a lei e la scagliò violentemente per terra.

Rue sussultò sorpresa e impaurita, non era da lui manifestare certi comportamenti aggressivi, e mentre il liquido scuro dilagava in fretta sul tappeto di Capitol macchiandolo,  si ritrovò a pensare se anche il suo sangue avrebbe bagnato l'arena allo stesso modo.

Basta”

Un attimo di pausa.

"Vorrei solo farla pagare a coloro che ti hanno fatto questo, non lo meriti" spiegò tremando d'indignazione e rabbia, Rue gli prese le mani tra le sue per confortarlo e calmarlo, allora Joe sospirò profondamente e smise di fremere, e i suoi occhi celesti incrociarono finalmente i suoi color nocciola:

" Vogliono solo un bello spettacolo, loro , quella feccia" sputò fuori il nome come un insulto

" Ma tu sei forte Rue, sei agile, veloce, sai arrampicarti sugli alberi, conosci le proprietà delle piante, e quando eri piccola ti ho insegnato ad usare la fionda, tu puoi..."

"Joe" lo interruppe Rue piano

"Siamo ventiquattro e solo uno torna a casa, c'è gente molto più forte e preparat di me" non riuscì a finire il discorso che Joe l'aveva stretta in un abbraccio forte, aggiungendo con un lieve sfumatura di minaccia:

" Farò in modo che non rimangano impuniti e che non ti dimentichino"

I suoi occhi, di solito così bonari e pacati mandavano dei lampi di rabbia repressa,

"Dopo tutto questo tempo in cui sono rimasto in silenzio...sono rimasto a guardare anche troppo, sai ho già perso un fratello negli Hunger Games, era giovane come te, e me l'hanno portato via quando ancora ero troppo piccolo per offrirmi volontario, senza che potessi fare nulla per impedirlo, ma non permetterò che la passino liscia anche stavolta."

"Per favore non fare niente di pericoloso, non voglio che ti succeda niente di brutto" lo supplicò Rue, temendo che potesse fare qualcosa di avventato.

"Tranquilla, non angustiarti per me" le rispose ora più calmo e risoluto.

La porta si riaprì ed entrò un pacificatore, probabilmente lo stesso di prima, che annunciò il termine del tempo prestabilito, Joe la strinse un'ultima volta,

"Non ti dimenticherò mai Rue" e prima che lei potesse rispondergli era già fuori. Il pacificatore la guardò da dietro la maschera scura, forse la stava guardando con scherno, o con compassione, chi poteva dirlo, e le disse con voce piatta e monocorde,

"Tra poco verranno a prenderti. Ricomponiti." poi uscì senza aggiungere altro.
Rue sentì la porta sbattere come un eco lontano, tutti i suoni le arrivavano ovattati, si rannicchiò su se stessa e strinse il corpicino esile con le mani. Stavolta non era sola, sentiva che le tenebre che avevano minacciato di sopraffarla prima si stavano avvicinando reclamandola impazienti, delle morse gelide che le venivano dal cuore avviluppandola, ma stavolta non oppose resistenza, era come lottare contro un fiume durante una tempesta per rimanere a galla, dopo un pò ti abbandoni stremato e senza forze alla corrente sperando che la fine si avvicini in fetta.

Fu così che si abbandonò all'oblio, le tenebre l'avvolsero e il mondo si trasformò in un insieme di ombre che vorticavano intorno a lei.

Che gli Hunger Games abbiano inizio.

 

   
 
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