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Autore: Ria    15/03/2018    4 recensioni
La ragazza saltò giù dalla sedia e fece un cenno verso il gigantesco monitor, su cui le figure tridimensionali ruotavano e si fondevano in un unico corpo confuso. [...]
« Quindi i frammenti potrebbero essere ovunque? »
« In ogni dimensione possibile e su ogni pianeta possibile che l'Incrocio raggiunga. » ammise MoiMoi con un sospiro. Minto si premette forte le dita sulla fronte al culmine dell'irritazione:
« Perfetto! E noi dovremmo collaborare per...?! »
« Per tutto il tempo necessario, caro passerotto. »
« Richiamami ancora a quel modo, Kisshu, e sarà la collaborazione più breve della tua vita! »
[...] « Tu mi hai salvato già una volta, tre anni fa. Sono certo che ci riuscirai di nuovo, perché sei la più forte di tutti. »
« Ao No Kishi... »
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intersection'
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Gente, è l'epilogo. See ya later ♥ 

Un po' in anticipo, ma… Happy B-day nee-chan ♥ 

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

 

 

 

Cap. 58 – End of the Crossing

                « Till we meet again, in our next life. »

 

 

 

 

La fine delle lezioni fu accompagnata da un sole luminoso tra i petali chiari dei ciliegi in fiore e Ichigo sorrise incantata, se l'inizio della pausa di primavera non era già abbastanza piacevole un simile panorama era la cornice che rendeva la giornata tra le migliori dell'ultima settimana.

Si sistemò la tracolla sulla spalla, mise le cuffie nelle orecchie e si avviò a passo spedito a prendere il treno, non vedeva l'ora di tornarsene a casa per coronare il tutto con un bel bagno e un pisolino ristoratore, così da essere fresca e riposata per il suo appuntamento di quella sera; a quanto lesse sull'orologio avrebbe avuto tempo di fare tutto, pure con un certo margine di anticipo per non dover correre come al suo solito e lucidarsi a modino.

Fece un mezzo sorriso mentre, accomodatasi sul sedile del treno, iniziò a sfogliare la playlist dell'MP3, ancora le sembrava strano che da aprile avrebbe frequentato già il secondo anno di università, anche se Moe e Miwa si stupivano di più che avesse scelto lingue straniere come facoltà, lei che non era mai stata una perla neppure in inglese.

In realtà nell'ultimo anno di liceo aveva preso un certo interesse per le lingue straniere mettendosi anche d'impegno per recuperare tutte le sue lacune – complice anche, e a causa, di un certo biondino di sua conoscenza – e con lo studio in generale era migliorata, tanto da uscire con una media più che discreta dal diploma e passare gli esami di ammissione all'università senza troppa difficoltà. Aveva perfino scelto di frequentare il percorso standard e non quello breve in due anni(*), le si doveva riconoscere un grosso miglioramento.

Ovviamente, per il resto, era rimasta la stessa.

« Ichigo, Ichigo, pii! La fermata, pii! »

La rossa, sussultando quando il robottino si staccò dal suo telefono per svolazzarle accanto all'orecchio e toglierle un auricolare, soffocò le proteste sul fatto che si stesse muovendo in pubblico e pigolando si fiondò verso l'uscita spintonando due impiegati e un gruppetto di studentesse delle medie che la guardarono storto.

« Scusate, scusate! Devo scendere! Permesso! »

Saltò fuori dalla cabina un secondo prima che le porte automatiche le pinzassero in una morsa la gonna e sbuffando sollevata si allontanò velocemente dalla banchina, evitando a disagio gli sguardi perplessi della gente attorno. Il quarto d'ora di passeggiata fino a casa fu sufficiente in ogni caso per farle scordare della figuraccia e attraversò l'ingresso di nuovo sorridente e serena, sospirando beata levandosi gli stivaletti e posando i piedi nelle sue pantofole di pelouche.

« Bentornata tesoro. »

« Ciao mamma. »

« Ho provato a fare i cupcake con la ricetta del tuo amico Akasaka – le annunciò porgendole il vassoio coi dolcetti ancora caldi – vuoi assaggiarli? »

Ichigo si leccò le labbra al profumo fragrante di burro e cioccolato e ne prese uno trattenendosi dal dargli subito un morso poderoso:

« Merendina dopo il bagno. »

Sakura ridacchiò:

« Ti chiamo quando arriva Shirogane-kun? »

« Fantastico. »

Le schioccò un bacio sulla guancia, strinse il dolcetto in una mano e salì veloce al piano di sopra. Si concesse un lungo bagno rilassante e poi, pulita e avvolta nel suo maglione preferito tornò in camera dove il suo cupcake l'aspettava sulla scrivania; lo finì in pochi bocconi, mugolando estasiata mentre si sfregò i capelli con l'asciugamano, quindi si stese sul letto soddisfatta e ben decisa a poltrire per il successivo paio d'ore. Mise la sveglia al cellulare e Masha si accoccolò sul proprio cuscino sul comodino imitando la padroncina e mettendosi a russare piano; Ichigo lo guardò sorridendo intenerita, concentrandosi sul rumore leggero emesso dall'esserino, sui suoni ovattati fuori dalla finestra, sulla luce calda che riempiva la stanza, finché non riuscì a tenere oltre gli occhi aperti.

 

 

 

 

All'inizio pensò si trattasse della luce proveniente dalla finestra che riempiva il suo campo visivo dalle palpebre socchiuse. Strizzò gli occhi e li aprì meglio, non era una luce, era tutto lo spazio attorno ad essere bianco. Un'infinita distesa bianca e luminosa senza nulla che comunque le risultò familiare come la sua casa o la sua stanza.

Era tanto tempo che non lo sognava, ma quello specifico momento non lo aveva mai rivisto.

Si rese conto di potersi mettere in piedi e di poter decidere se e come muoversi, passeggiando per lo spazio vuoto; abbastanza monotono come sogno e anche un po' strano, sembrò più che si trovasse effettivamente in quel posto e non che fosse un semplice parto della sua fase rem. Decise di seguire gli eventi senza altre domande, tanto dubitò che avrebbe avuto risposte più chiare o avrebbe capito molto di più da lì in avanti.

Lo cercò quasi d'istinto sicura di vederlo. E infatti eccolo laggiù, dapprima un'ombra appena più scura nella luce, man mano che lei si avvicinò una vaga figura azzurra e dorata della quale, più che vederne effettivamente le sembianze, Ichigo ne intuì l'aspetto dalla sagoma appannata visualizzando i dettagli dai propri ricordi.

Lo vide seduto a quello che parve un tavolo, o almeno dovette trattarsi di qualcosa di simile data la postura che intuiva del suo corpo e la posizione delle sue braccia raccolte sul ripiano; in concreto lei non vide nessun tavolo, non distinse alcun bordo definito dell'oggetto fisico né delle sue sedie, però non tentennò e allungò una mano cercando lo schienale della seduta incorporea: le sue dita si chiusero su un punto in cui la luce dell'ambiente scompariva, come oscurata da un oggetto opaco, e con assoluta naturalezza spostò la sedia e si sedette accomodandosi al tavolo invisibile di fronte al suo ospite fumoso.

Mai fatto sogno più strano.

« Ne è passato di tempo, uh? »

L'altro le rispose senza che un suono uscisse effettivamente dalla sua bocca, eppure lei sentì lo stesso le sue parole.

Sì. Molto tempo.

Ichigo sorrise prima di corrugare un attimo la fronte:

« Perché sei qui Ao No Kishi? »

Lui sembrò riflettere su come risponderle.

No… Ma era l'ultima possibilità di vederti.

« Che vuoi dire? – chiese ancora lei allarmandosi – Sta succedendo qualcosa? »

Lui scosse la testa per rincuorarla, ma non le spiegò di più.

Raccontami.

« Uh? »

Raccontami come stai. Come vanno le cose, a te, a tutti.

Fu Ichigo a non rispondergli subito, confusa dal suo fare misterioso, ma sorvolò sulla cosa.

In fondo stava solo sognando.

« Sto bene. – sorrise e ridacchiò un istante – Sai, credevo che dopo tutto quello che abbiamo passato la vita "normale" avrebbe finito per sembrarmi noiosa. Invece… »

 

 

 

 

Retasu picchiettò la matita sul bordo del libro, la fronte poggiata contro le dita mentre leggeva distratta il capitolo di chimica molecolare e capiva di non riuscire ad assimilare una sola parola, complice il sole tiepido e l'arietta profumata che entrava dalla finestra.

Dopo altri dieci minuti di infruttuoso sforzo sospirò e si decise a chiudere il tomo con un tonfo, forse stava pretendendo troppo da se stessa: era solo al primo anno di medicina, la strada era ancora molto lunga e le vacanze primaverili erano appena cominciate, dopo quei trimestri massacranti avrebbe potuto concedersi di mordere il freno e rilassarsi.

Chiuse gli occhi per qualche istante finché non bussarono piano alla porta. Uri si affacciò discreto e le sorrise:

« Sorellina? C'è l'onii-san. »

Definitivo segnale dell'universo ad abbandonare il libro sulla scrivania.

Il ragazzo evitò di ridere nel vedere la verde scattare dritta sulla sedia e illuminarsi in viso:

« Arrivo! »

Lui annuì tornando in salotto e Retasu si alzò per darsi una sistemata veloce – aveva tanto martoriato la frangetta sovrappensiero che sembrò elettrificata – prese la borsa e trotterellò verso l'ingresso, sorridendo divertita quando intravide la porta: per quanto tempo passasse e per quanto si riuscisse ormai a mimetizzarsi perfettamente tra la gente, Pai le appariva sempre un po' fuori posto quando lo vedeva fermo in piedi sull'uscio di casa sua, come se la sua presenza silenziosa risaltasse troppo.

Il moro la salutò con un cenno e un sorriso che lei ricambiò piano prima di infilarsi al volo le scarpe:

« Ci vediamo più tardi Uri. »

Il fratello annuì e ridacchiò salutandola:

« Fai con calma. »

Lei arrossì appena al sogghigno divertito di lui, gli scoccò un'occhiataccia e uscì veloce assieme al moro. Con l'età Uri si era fatto un pochino più dispettoso verso la sorella maggiore, punzecchiandola di quando in quando e approfittando della sua timidezza cronica anche su un argomento di pubblico dominio come la sua relazione con Pai.

In realtà all'inizio lei non si era curata di informare la famiglia, non aveva nemmeno pensato alla questione, anche perché non aveva mai avuto un ragazzo quindi non aveva idea di come fare. Qualche tempo dopo la riapertura del passaggio, però, Retasu aveva iniziato a riflettere sulla cosa e aveva deciso di presentare il moro a tutti, pur senza il titolo di "fidanzato"; non perché si vergognasse di lui o di loro due, solo perché per lei sarebbe stato troppo imbarazzante dire direttamente ai genitori che frequentava chicchessia.

Pai non era rimasto molto entusiasta della sua idea, tutte quelle moine terrestri erano davvero fastidiose, quasi quanto avere il dubbio su come comportarsi per fare un'impressione per lo meno decente sui signori Midorikawa – bastavano i problemi burocratici da Jeweliria come intoppo per vedere Retasu, non sarebbe servito aggiungerci genitori a disapprovare certe "amicizie" – ma la verde era parsa davvero desiderosa di farglieli conoscere e lui aveva imparato di non riuscire a opporsi a certe innocenti richieste di quei due occhioni color mare.

Per sua fortuna i signori Midorikawa erano due persone molto discrete, garbate e gentili, e Uri per quanto un po' più vivace assomigliava alla sorella tanto di aspetto quanto di carattere, facendo sentire Pai a suo agio perfino con il suo parlare a monosillabi. Tutte aggiunte al premio migliore, vedere il sorriso grato e contento di Retasu.

« È po' taciturno, ma sembra proprio un bravo ragazzo. »

Aveva detto la signora Midorikawa alla figlia quella sera; la verde, intenta ad aiutarla con i piatti, aveva annuito allegra:

« È vero. »

« È anche carino. »

Le aveva sussurrato complice, con quel fare riservato tanto simile a quello della mewfocena; Retasu era arrossita appena, ma aveva sorriso rispondendo con una poco impegnativa scrollata di spalle. Il sorriso della signora Midorikawa si era allargato:

« Da quanto vi frequentate di preciso? »

Tra sé la donna aveva ringraziato di aver aspettato l'attimo in cui la figlia avesse retto un paio di posate, perché alla sua domanda Retasu era diventata di tutti i colori facendosi sfuggire forchetta e coltello dalle dita e schiantandole sul pavimento. La verde aveva farfugliato qualche sorta di scusa, agitando a mezz'aria le mani piene di sapone, e al sorriso comprensivo della madre aveva abbassato la testa imbarazzatissima tacendo per qualche minuto prima di risponderle con un pigolio.

Quando lo aveva raccontato a Pai lui non aveva commentato, storcendo solo la bocca con quel suo modo rigido di dimostrare imbarazzo, ma di nuovo per fortuna del moro nessuno in casa Midorikawa aveva fatto particolari commenti o domande alla sua successiva visita, considerando la questione come un dato di fatto. Decisamente meglio che alla verde, a cui Iader non aveva risparmiato molto a lungo qualche battutina sull'essersi presa carico "di quel muso lungo del figlio".

« Come mai sei qui? »

Pai la guardò accennando un sorriso sottile e lei farfugliò a disagio:

« Non che non mi faccia piacere, era solo… Per chiedere. »

Lui continuò a studiarla un po' divertito e scrollò le spalle:

« Niente di particolare. – disse camminando con calma al suo fianco – Sono passato. »

Retasu fece per sorridere, poi cambiò idea e gli rivolse un'occhiata scettica:

« MoiMoi-san ti ha fatto uscire a forza? »

« … No. »

Ribattè cupo corrugando la fronte, ma non nascondendo di sapere bene che la domanda della mewfocena fosse più che legittima. Lei alla sua espressione trattenne uno sbuffo divertito rilassando il viso.

Prima della riapertura del portale e dopo, trascurando una breve licenza, Pai aveva dato pieno credito alla propria classificazione di sgobbone: tra la manutenzione e stabilizzazione del passaggio e i nuovi incarichi che giorno dopo giorno si accumulavano,  fra nuovi progetti per i contatti con la Terra, miglioramento dei dispositivi schermanti e varie, erano pochi i giorni in cui MoiMoi non doveva spedirlo fuori dal laboratorio a calci per ricordargli di trascorrere qualche ora in modo più piacevole. Non che il moro non ci pensasse, ma molti dei suoi compiti avrebbero facilitato gli interscambi con il Pianeta Azzurro e anche il transito verso e da esso, questione che gli premeva ben più di quanto dimostrasse e per cui era disposto a sacrificare qualche ora in più nel presente, pensando ad un futuro più rilassato; inoltre in quell'ultimo anno dietro ai suoi studi Retasu era stata molto indaffarata, dandosi poco tempo per annoiarsi o cedere alla nostalgia con troppa frequenza. Entrambi erano quel tipo di persone capaci di apprezzare di vedersi per qualsiasi durata di tempo, pure solo un minuto, e farselo bastare a sufficienza per la volta successiva.

Per lo meno la maggior parte delle volte.

« Avevo voglia di vederti. »

Mugugnò piano e la verde si sciolse in un enorme e dolce sorriso prendendogli la mano e protendendosi appena verso di lui perché la baciasse.

« Ti va di mangiare qualcosa? »

Pai annuì, sistemandole distratto la frangetta con una carezza:

« Basta non al Cafè. »

Fece con tono più duro.

« Hai paura di trovare Ayu-chan? »

A lui guizzò infastidito un sopracciglio per il modo lievemente canzonatorio della domanda:

« Non sono in vena di sentire Momomiya che si lamenta per qualcosa o si stuzzica con Shirogane come un'undicenne – specificò – e con Kotegawa sai bene che ho un limite di incontri al mese. »

« Non fai ridere. »

Lo sgridò gentile e la sua occhiata parve contraddirla, non voleva essere una battuta:

« Preferirei evitare di sentirla borbottare o lanciarmi occhiatacce. »

« Ayu-chan è mia amica. »

Gli ricordò paziente.

« Ti adora. – sospirò e la sua espressione si addolcì – Penso sia l'unica cosa su cui andiamo d'accordo. »

Retasu prese un deciso colorito ciliegia sulle guance e lasciò cadere il discorso, sorridendogli:

« Che ne dici di una crêpe? »

Pai le cinse le spalle con il braccio e rallentò ancora il passo, cosicché lei potesse stringersi a lui mentre passeggiavano:

« Vada per la crêpe. »

 

 

***

 

 

La trovò dove aveva immaginato e la cosa fece guizzare dal nervoso la vena sulla sua tempia sinistra. La donna non sembrò accorgersi del suo arrivo, occupata a terminare di parlare coi due uomini di fronte a lei, ma lui sapeva benissimo che lo aveva visto e lo stava ignorando divertita.

« … E si occuperà il colonnello Blies della selezione – finì di dettare la donna all'uomo più giovane, poco più che un ragazzo – occorre che sia tutto predisposto prima che si stabilisca la prima seduta. »

« Certo, Meryold-sama. »

Annuì annotando sul suo schermo trasparente.

« Thugar – continuò lei cambiando interlocutore – posso delegarla di fronte al Consiglio? »

« Riferirò tutto e mi assicurerò che la cosa sia risolta velocemente. – la rassicurò lui garbato – Voi… Oh, buongiorno nobile Ron. »

Il generale rispose con un grugnito tombale e lo sguardo funereo, facendo squittire spaventato il ragazzo del terzetto; Thugar comunque non fece caso all'espressione feroce dell'uomo e dopo aver salutato tornò alle sue faccende portandosi via l'intimorito giovane. Neppure Meryold sembrò preoccupata del fare minaccioso di Ron e rivolgendogli un sorriso condiscendente si avviò verso la dimora alle sue spalle, incurante dell'uomo che la seguì con passo da mitragliere.

L'alloggio per i consiglieri all'interno del Palazzo Bianco era uguale per tutti e il Capo Consigliere non faceva eccezione, ma in fondo si trattava di strutture più che confortevoli ed eleganti; per Meryold a dire il vero sarebbe andata bene anche una casa in città, visto il suo sempre meno attivo ruolo alle riunioni, ma i suoi colleghi avevano insistito perché non ci fossero cambiamenti e non c'erano state ulteriori obiezioni.

Con un sospiro esausto Meryold si accomodò su una sorta di chaise-longue imbottita, la sua preferita, posizionata sotto una finestra e chiuse gli occhi riprendendo forze, continuando ad ignorare Ronahuge che torreggiò a mezzo metro da lei come un orso furioso.

« Cosa c'è? »

Si decise a chiedergli con garbo e potè giurare di vedere l'uomo emettere fumo dalle orecchie:

« Credevo che le mansioni al Consiglio si sarebbero ridotte. »

« Sono ancora il Capo Consigliere in carica – gli ricordò gentile – e il progetto per il Pianeta Azzurro è appena entrato in attivo, non posso non coordinare il Consiglio Maggiore e l'interscambio terrestre. »

Lui rispose storcendo la bocca e mostrando i denti.

« In fondo il progetto è stata una mia idea. »

« Anche fare l'eroina contro quella mocciosa psicopatica di Lindèvi, ma il risultato non è stato granché. »

Le ricordò cupo; lei roteò gli occhi e sospirò accarezzandosi protettiva il fianco, dove sotto gli abiti una fascia di stoffa bianca copriva la ferita causata dall'Ancestrale.

« Tra poco Thugar potrà prendere il mio posto, è già deciso. »

« Sì, ma tu non migliori nel frattempo. »

« Oh Ron, per favore. – sospirò docile – Sono solo stanca. »

« È questo che mi preoccupa. »

Borbottò e si sedette pesantemente sulla poltrona dirimpetto alla donna, strisciandola sul pavimento finché con il viso non fu a una decina di centimetri scarsi dal suo, l'aria così minacciosa che si sarebbe potuto pensare aspettasse il momento adatto per azzannarla. Lei, appena più pallida del solito, non sembrò temere di essere sbranata e gli sfiorò una guancia con le dita affusolate, le labbra dolcemente arricciate con fare furbo che gli strapparono l'ennesimo sbuffo:

« Mi verrà un'ulcera per sopportarti. »

« Tu hai voluto sposarmi. »

Lo stuzzicò paziente e Ron, dopo un breve brontolio, le prese con delicatezza le dita nel palmo ruvido e le mostrò uno dei suoi ghigni da lupo:

« Pensa, tu hai detto di sì. »

« A volte la ferita mi annebbia un po' la mente. »

« Non fai ridere. »

Lei non sembrò d'accordo e rise discreta. Non si curò del mugugno di risposta, allungò l'altra mano verso la sfera dati accanto alla chaise-longue e scorse pigramente le scritte sulla superficie luminosa; Ron sbuffò ancora tra i denti fregandosi i corti capelli grigi.

« Ho riferito la scelta di Blies-san al Consiglio. Come supervisore del distaccamento terrestre. »

« Uh – rispose solo brusco – almeno questa decisione ha dato meno rogne di quella sugli Ikisatashi. »

Meryold mandò un sospiro divertito:

« Dopo tutto quello che è successo mi ha sorpresa che il Corpo Disciplinare abbia fatto tante storie per consentirgli il libero passaggio verso la Terra. »

« Come se fossero una novità le loro idee brillanti. Sto a capo di una massa di cariatidi dal cervello rinsecchito – sbottò seccato – anche se visti i precedenti, il fatto che temano qualche casino da parte di quei tre non mi sorprende troppo. »

Meryold scosse la testa continuando a sorridere. Rimase qualche momento a sfogliare dati e quindi sbirciò Ron da sotto in su, allargando il sorriso quando lo vide irrigidirsi sospettoso.

« Spero che cambino idea, visto chi ho proposto per la sede terrestre. »

Ron sgranò gli occhi bronzei e aggrottò la fronte con un lamento esasperato. Meryold rise di nuovo a labbra chiuse, intrecciando le dita che ancora lui stringeva nella mano con le sue, indifferente al suo tono cavernoso:

« Tu me lo fai apposta, donna. »

 

 

 

 

« Mi sarebbe piaciuto partecipare alla cerimonia, sai? – disse Ichigo sospirando un istante – Visto che Ryou la vede spesso, anche io posso incontrare un po' Meryold-san. È sempre stata gentile… E poi un matrimoni jeweliriano mi incuriosiva. »

Ammise ridendo e l'altro si accodò con discrezione.

« Però a quanto ci ha raccontato MoiMoi-chan è stata una cosa molto in sordina. – rise ancora e si sporse sul tavolo bisbigliando – Sai, ha detto che Ron-san sorrideva…! Io non ce lo vedo a sorridere. »

Ammise e l'altro rise più convinto, facendola sentire un po' sciocca per quelle parole.

« Beh, non come mi immagino qualcuno sorridere al suo matrimonio. »

Aggiunse e lui sorrise.

 

 

 

 

Lo spazio per allenarsi che aveva fatto allestire nella stanza degli ospiti del corridoio ovest era davvero perfetto, doveva ricordarsi di nuovo di ringraziare suo padre – quando lo avesse incontrato, ovviamente, perciò chissà quando. Prese un bel respiro quando avvertì i muscoli affaticati tendersi piacevolmente e poi rilassarsi, tanto che proseguì lo stretching un po' più a lungo del solito, non badando allo sguardo che avvertì piantato addosso da cinque minuti e anzi lasciandosi sfuggire un sospiro divertito.

« Hai intenzione di studiarmi ancora per molto? »

« Qui non c'è nessuno che possa vedermi mentre ti ammiro, cornacchietta. »

Sorrise Kisshu appollaiato sulla sedia, il mendo affondato nel palmo:

« E poi lo so che adori essere al centro dell'attenzione. »

« Quando sono sul palco – gli fece notare – non quando mi sto allenando. Soprattutto, vorrei esserlo io, non il mio fondoschiena. »

« Fondoschiena da favola. »

Sogghignò malizioso e ostentò il seguire con lo sguardo la gamba destra della mora, che lei tese elegantemente in su contro la sbarra.

«  Devo ricordarmi questa posizione per il futuro. Sembra molto interessante da provare in due. »

Minto incredibilmente si limitò ad alzare gli occhi al cielo:

« Sei davvero monotematico. »

« Niente lancio della scarpetta per sgridarmi? – la punzecchiò inclinando la testa da un lato  – È successo qualcosa di bello? »

Minto si rialzò lentamente e lo guardò dallo specchio con un sorrisetto sottile prima di voltarsi:

« Ho avuto la parte. – disse compiaciuta – Sarò io la protagonista alla rappresentazione di quest'anno! »

Cercò di non apparire troppo euforica e il verde fischiò allegro:

« Ah sì? »

« Il tuo entusiasmo è sempre contagioso. »

Fece aggrottando la fronte. Kisshu sogghignò e le afferrò la mano tirandola verso di sé:

« Non ci si poteva aspettare di meno dalla Prima Solista del NNTT. »

Minto rilassò un po' l'espressione sostenuta, ma non gli concesse ancora di avvicinarsi e accennò qualche passo girandogli attorno:

« Parlo della Carmen da mesi e tu tabula rasa, ma ti ricordi l'acronimo del teatro. »

« Il novanta per cento dei balletti ha nomi di donna, mi sarà concesso di fare un po' di confusione. »

Lei sbuffò più seccata di quanto non fosse e gli piroettò un passo più vicina, mentre Kisshu riflettè alzando esagerato il mento:

« Aspetta… Aah, ora mi ricordo! »

« Sul serio? »

« Oh, sì. »

Stese un largo sorriso malizioso ripensando alla mewbird esercitarsi per la parte sul brano della Aragonaise(*), con briosi e intriganti movimenti di bacino che non era molto abituato a vederle fare; almeno non quando di solito danzava.

« Mi ricordo – sussurrò furbo posandole le mani sui fianchi – qualcuno che si muoveva in modo molto più interessante del solito… »

Minto sbuffò in modo così sproporzionato da farlo scoppiare a ridere nonostante lo schiaffo che gli tirò sul braccio:

« Sei impossibile…! »

Borbottò pur sorridendo e gli premette tutto il palmo contro la faccia spingendolo via:

« Perché mi sforzo ancora di parlare di certe cose con te? »

Sapeva che facesse così solo per il suo vizio infantile di essere dispettoso, ma ancora faticava a non irritarsi, specie dopo la fatica che aveva fatto per ottenere quella parte; come prima solista i ruoli da protagonista non erano scontati, e la parte di Carmen le aveva dato fin da principio filo da torcere, lei che eccelleva opere in un certo senso "più composte".

« Devo proibire alla tata di farti entrare. »

« Come se mi servissero per forza le porte. »

Sottolineò divertito e la riafferrò dandole un bacetto sulla guancia poco preoccupato del suo brontolare:

« Congratulazioni passerotto. »

« Troppo tardi. »

« Davvero – insisté baciandole la punta del naso – sono fiero di te. »

« Bah. »

Lui le passò le braccia attorno alla vita e le lasciò una piccola scia di baci sul collo fino alle labbra, assecondando il suo tenere il broncio e fingendo di non vederla sorridere appena. Quando Minto sciolse il suo abbraccio per dissetarsi un po' lo vide incrociare le mani dietro la nuca con aria titubante:

« Cavolo, adesso mi sento in colpa. »

« Che intendi? »

« Beh – fece vago massaggiandosi il collo – avevo una notizia da darti, ma ora mi sembra di rubarti la scena… »

La mora lo guardò sorridere furbo e sgranò gli occhi incredula:

« Sul serio…?! »

Il verde allargò il sorriso:

« Me l'hanno confermato stamattina, sono stato selezionato per il distaccamento terrestre. »

Minto s'illuminò in volto e gli gettò le braccia al collo fingendo di non sentire il suo punzecchiarla per il raro slancio.

Da quando il portale era stato riaperto Kisshu passava metà delle sue giornate standosene in mezzo ai piedi della mewbird, ma aveva dovuto ridurre drasticamente le visite dopo che dal Corpo Disciplinare d'Armata avevano preteso si stabilisse una politica più definita sull'uso del passaggio, estesa a tutti i jeweliriani coinvolti nel progetto del Pianeta Azzurro: il fatto che uno di loro andasse avanti e indietro per i due mondi come più gli pareva – specie per motivi personali – non faceva una bella impressione.

Minto non avrebbe mai ammesso quanto le mancasse la presenza del verde quando non c'era, sapeva benissimo che, una volta stabilizzato il piano del Consigliere Meryold, andare e venire da Jeweliria sarebbe stato molto più semplice; però era stato difficile sopportare con indifferenza i giorni d'assenza, giorni che in certi periodi si erano trasformati in settimane: la sola presenza di Miki o i messaggi di Seiji non bastavano a riempire il vuoto della sua stanza.

La notizia di una selezione per un primo distaccamento militare che si sarebbe trasferito su suolo giapponese era di un paio di mesi prima. I prescelti sarebbero stati inseriti in segreto in alcune istituzioni cittadine, al fianco di un ristrettissimo gruppo di terrestri – i pochi, al momento, che si era riuscito a mettere a conoscenza dell'esistenza di Jeweliria e del passato della Terra – perché si preparasse il terreno adatto al contatto e all'integrazione su scala più ampia.

Minto non conosceva altri dettagli del progetto e sinceramente non vedeva cosa, in concreto, avrebbe potuto fare Kisshu o dove avrebbero potuto mandarlo, ma saperlo da quel momento in poi a Tokyo per lei era più che sufficiente.

« Quel sorriso è merito mio? »

« Questo sarebbe un buon momento per fare quella cosa di cui abbiamo parlato spesso… »

Kisshu assunse un'espressione da diavoletto:

« Intendi quella dove tu stai sott- ahio! »

« Intendo tenere il becco chiuso. »

Ribattè la mora lugubre pizzicandogli la mano, ma lui insisté e la sollevò di peso:

« Potresti darmi la soddisfazione almeno su quest'argomento. »

« E tu potresti per una volta non fare il deficiente. »

Rispose in perfetta battuta con un sorrisetto supponente, poi si accomodò meglio sedendosi sulle braccia di lui, cinte attorno alle sue cosce, e disse più piano:

« Certo che è per te, scemo che non sei altro. »

« Bastava la prima parte. »

Minto gli diede un buffetto leggero sulla spalla e lo guardò sogghignare allegro mentre gli passò le mani attorno al collo:

« La seconda migliore notizia della giornata. »

« Non la prima? »

Lei fece una smorfia divertita:

« Non te lo dico. »

Lo vide storcere la bocca borbottando un noiosa prima di baciarla e lo abbracciò più forte, sentendo di non riuscire a smettere di sorridere.

« Viste tutte queste belle notizie – le sussurrò malizioso, la fronte contro la sua, e le accarezzò deciso le gambe perché gliele portasse attorno alla vita – potremmo festeggiare. »

« La tua idea di festeggiamenti è molto limitata. »

Lo apostrofò divertita e serrò le labbra per mascherare almeno un po' il respiro che tremò quando lui le strinse fin troppo evocativo le cosce.

« Come se ti dispiacesse, cornacchietta acida. »

Minto rise di nuovo piano e Kisshu avvertì una famigliare stretta all'addome, nel sentire la sua voce spezzarsi deliziosamente mentre l'accarezzò sopra i collant e il body leggero. Lei gli si fece più vicina che potè, le dita perse sulla sua nuca, e gli sorrise sulle labbra:

« Certo che non mi dispiace. »

 

 

***

 

 

Eyner entrò in casa sospirando sollevato di poter allentare un poco la divisa, per quanto fosse comoda quello restava uno dei momenti più piacevoli della giornata; aprì la bocca per annunciare il suo rientro, ma le scarpe nell'ingresso gli fecero cambiare idea ed entrò in punta di piedi attraverso il salotto, ascoltando il silenzio dell'abitazione.

Si fermò solo un momento scorgendo la sua immagine riflessa nello specchio del corridoio, qualche volta gli faceva ancora strano vedersi vestito così.

L'idea di trasferirsi sulla Terra lì per lì lo aveva spaventato, in modo positivo s'intende, la vaga agitazione di quando si sta per affrontare qualcosa di completamente ignoto e bellissimo, ma aveva al contempo sollevato problemi di natura pratica come il cosa fare di se stesso. Di certo poltrire in casa non era la sua aspettativa di esistenza, né dipendere da Zakuro – anche se, a conti fatti, la mora avrebbe potuto tranquillamente far fare al fidanzato e alla sorellina la bella vita dei mantenuti – però non era così semplice inserirsi nella società umana dal nulla, con la sua burocrazia e i pezzi di carta che certificavano l'identità di una persona; e di sicuro non poteva aspettare che il progetto di Meryold prendesse forma andandogli in aiuto.

« Costruirsi un'esistenza da terrestre non è così complicato. – lo aveva corretto Ryou – Basta contattare le persone giuste. »

« Sarebbe gradito nulla di illegale. »

« You're not funny, Fujiwara. »

Lo sorprendeva sempre come poche semplici parole stampate potessero aprirgli tante porte, forse più che la rapidità con cui aveva scelto che lavoro fare.

Kisshu lo aveva preso in giro per giorni, il poliziotto gli sembrava una stramba caricatura del mestiere del soldato e aveva scommesso che il bruno si sarebbe ucciso dalla noia dopo una settimana. Ad Eyner invece piaceva molto, non poteva dire che lavorare per la polizia di Tokyo fosse la cosa più eccitante del mondo, ma lo faceva sentire utile e stare bene aiutando la gente, anche nel piccolo. Senza dimenticare la piccola vendetta nei confronti dell'amico quando si erano resi conto della discreta figura del bruno in divisa, almeno a giudicare dall'espressione compiaciuta di Zakuro e della maggior parte del gentil sesso.

« Ciao. »

« Sury, ciao. »

Lei ricambiò il sorriso spuntando dalla cucina con un paio di onigiri tra le mani, addentando la cima del primo:

« Fono di fopfa. »

Disse puntando il dito verso il secondo piano ed Eyner sorrise.

« Ne è avanzato qualcuno? »

Le chiese mentre si avviò alle scale e indicò il suo spuntino con un cenno della testa.

« Mi fa di no – si scusò lei inghiottendo il boccone – ma ci deve essere ancora del riso. Te ne preparo un paio? »

Il bruno ammiccò:

« Muoio di fame. »

La ragazzina annuì e tornò indietro finendo di divorare il secondo onigiri. Sbirciandola intanto che salì le scale Eyner si trovò di nuovo a sorridere, ogni tanto temeva di averla scombussolata trascinandola con sé in un nuovo mondo, ma Sury aveva dimostrato di adattarsi a tutto senza alcun problema, e molto più velocemente di lui.

Lo sguardo grigio-blu, perso nel rimuginare, scorse sulle poche foto che Zakuro aveva accuratamente scelto da appendere alle pareti e si fermò su quelle del loro matrimonio.

In verità Ichigo e Purin in un secondo momento gli avevano confessato che da tempo confabulavano in segreto su quando gli amici avrebbero deciso in concreto di fare il grande passo, lanciando scommesse, ma l'annuncio aveva lo stesso colto in contropiede loro e tutti gli altri scatenando un'eccitazione collettiva fin troppo esagerata; perfino Pai era sembrato contento – non esaltato, sarebbe stato troppo – e Minto era addirittura riuscita a non scatenarsi in scenate di gelosia o minacce più o meno velate al promesso sposo, almeno non in pubblico. Eyner era sempre stato convinto fosse stato grazie alla decisione di Zakuro di scegliere la mewbird come damigella d'onore, però si era ben guardato bene dal domandare.

Il matrimonio si era svolto nella piccola chiesa a cui Zakuro era tanto legata, una tiepida mattina di inizio settembre. Una cerimonia più che intima, la mewwolf da tempo non aveva più contatti con i genitori e a Eyner era rimasta solo Sury, le loro famiglie erano gli amici; la sola persona fuori dal gruppo quel giorno era stata la signorina Yuriko(**), manager della mora sin dagli inizi, che se n'era presa sempre cura anche oltre l'ambito lavorativo e per cui ormai Zakuro provava grande affetto. Eyner  non aveva idea se la mewwolf le avesse raccontato la verità su di loro, sulle sue origini o quelle degli altri, o se le avesse semplicemente annunciato di stare per sposarsi, però vedere quella donnina sulla trentina stare in piedi tra loro rigida dal nervosismo aggiustandosi in continuazione gli occhiali squadrati, palesemente incerta su come comportarsi nei confronti degli altri invitati e allo stesso tempo felice e confusa di trovarsi lì, era stato comico. Quasi quanto vederla disperarsi per la decisione di Zakuro di comunicare l'evento a chi di dovere – colleghi, produttori e il capo della sua compagnia di idol(***) – solo a cose fatte, in barba alla propria immagine pubblica, alle reazioni della stampa, a quelle dei fan o al quasi infarto che avrebbe causato al direttore dell'agenzia.

« Me lo ricordavo più piccolo questo posto. »

« Forse perché l'ultima volta, oltre a noi, c'era un esercito di chimeri-corvo che tu avevi deciso di portarci in regalo, nii-chan. »

« Scimmietta, è la cornacchietta l'addetta alle frecciatine velenose, non rubarle il ruolo. »

« La freccia te la lancerò io, ma fisicamente, se non ti decidi ad andare al tuo posto: tra poco arriverà l'onee-sama. »

« La damigella d'onore ha sentenziato. »

Aveva ridacchiato Ichigo facendosi strada lungo la navata. Minto aveva sbuffato esasperata e borbottato qualcosa contro entrambi, dando due colpetti con il dorso della mano sulla spalla di Kisshu per incitarlo a spicciarsi; lui aveva obbedito pigramente e aveva raggiunto lo sposo, lo sguardo che nel mentre aveva seguito la mora e le increspature a cascata dell'aderente abito rosa cipria, svolazzanti ad ogni suo passo.  

« Iniziano a piacermi i matrimoni. »

Eyner era riuscito solo a grugnire:

« Se hai finito di scannerizzare il didietro della tua ragazza – aveva borbottato con voce rauca – verresti a fare il tuo lavoro decentemente per almeno due minuti? »

« Se per questo devo reggerti quando ti verrà un colpo, avvertimi. Cercherò di mettermi tra te e i gradini, così non ti spacchi la testa. »

« Quale sarà stato l'aneurisma che mi ha fatto scegliere te come testimone? »

Il verde aveva scoperto i canini con fare da monello e gli aveva dato una poderosa pacca sulla schiena, strappandogli uno sbuffo lamentoso.

« Un vero damerino. »

Lo aveva ancora preso in giro in giro studiando il suo completo scuro:

« La lupotta ha vinto alla lotteria, fortunella! Potrebbe non reggere la vista di un simile fico. »

« Kisshu. »

Quello aveva riso a labbra chiuse.

« Dai, non puoi fartela sotto. Il grosso l'hai fatto, hai convinto una delle persone con meno attitudini sociali che conosca a starsene con te per il resto della vita. Una piccola cerimonia sarà una bazzecola. »

« So che ne sei convinto, ma non mi stai aiutando. »

« Ti sto lodando. – aveva insistito più gentile – E tranquillo, anche se toppassi da qualche parte Zakuro ti adorerebbe lo stesso. »

Eyner aveva solo sospirato stancamente concedendogli un sorriso e sentendosi meno nervoso mentre ricambiò la stretta.

La porta d'ingresso si era aperta subito dopo, Sury a precedere la sposa con un sorriso fierissimo e un piccolo bouquet tra le manine; Zakuro era avanzata dietro di lei a braccetto di Ryou, apparendo come sempre assolutamente a suo agio. Elegante e perfetta nell'abito a sirena, lo scollo a v e le spalle scoperte bordate di piccole piume bianche sopra le maniche ad angelo, aveva attraversato la navata senza tradire il minimo nervosismo, anche se Ryou avrebbe giurato che la stretta di Zakuro sul suo braccio si fosse fatta più nervosa negli ultimi metri.

« Damerino, mi sa che ho sbagliato… Il fortunello che ha fatto tombola sei tu. »

Eyner ricordò di aver risposto con uno strano monosillabo indistinto, troppo impegnato a non togliere gli occhi di dosso alla mora e a sorridere con ogni centimetro della faccia quando, prendendole la mano, l'aveva guardata sorridergli di rimando.

Non sapeva se il termine adatto a lui fosse "fortunato", ma non aveva alcun dubbio che non si sarebbe mai più sentito così felice.

Salvo una piccola eccezione.

« Zakuro…? »

Aprì piano la porta della camera stando attento a non far entrare di colpo troppa luce dal corridoio; la mora dormiva tranquilla, ancora vestita, con una trapunta tirata addosso alla meglio e un braccio sporto di lato a proteggere un fagottino di coperte. Eyner sorrise, le coprì meglio le spalle e fece qualche carezza sul visino del piccolo al suo fianco, le guanciotte paffute per la sazietà e una manina stretta attorno all'indice della mora; lei doveva essere davvero esausta  perché non si accorse della presenza del bruno finché lui non le sfiorò affettuoso una guancia, ma in fondo era rientrata dall'ospedale solo da un paio di giorni.

« … Ehi… »

« Ehi. Scusa, ti ho svegliata? »

Lei scosse la testa tenendo gli occhi chiusi e bisbigliò con voce roca:

« Quando sei tornato? »

« Adesso. Sono ufficialmente libero da oggi – la rassicurò sedendosi sul bordo del letto – così potrò darti il cambio col lupetto. »

Zakuro alzò appena una palpebra studiandolo con l'appannato sguardo chiaro, un sorrisetto divertito sulle labbra rosee.

« Porto Sohei di là – le disse prendendo il piccino, incerto se lei lo stesse sentendo o meno – tu riposati, va bene? »

La mora rispose con un mugugno a bocca chiusa, socchiudendo ancora gli occhi giusto per guardarlo mentre la baciò, e si accomodò meglio addormentandosi in pochi istanti. Eyner andò nella camera in fondo al corridoio e mise il neonato nella sua culla, restando a guardarlo finché non smise di agitarsi piano e si rimise a dormire profondamente: era convintissimo che Sohei assomigliasse più alla madre, anche se la mewwolf sosteneva in contrario, forse per la sottile peluria sulla sua testolina, scura e già scomposta proprio come i capelli del padre; per il resto il bambino era troppo piccolo per dire se avesse o meno un lineamento più della mora o più suo, solo rispetto al giorno in cui era nato aveva già l'aspetto di un altro neonato.

« Si è addormentato? »

Eyner rispose con un verso nasale mentre Sury entrò in punta di piedi e si sporse sulla culla sorridendo sciocca, allungando poi una mano per sfiorargli la testolina e le orecchie, lievemente più affusolate di quelle terrestri. Il bruno era stato contento che Sohei non avesse preso di più quel tratto jeweliriano, non trovava che l'aspetto delle sue orecchie fosse imbarazzante, ma sarebbe stato complicato nasconderlo per non destare troppe domande: ancora pochissimi umani sapevano la verità sulla Terra e su Jeweliria, e lui e Zakuro non volevano certo che il bambino fosse costretto a girare tutta la vita con un bracciale schermante addosso.

Per queste sarà sufficiente sistemare i capelli. Quando ne avrà.

Sorrise mentre Sohei aprì un paio di volte la boccuccia biascicando, l'aspetto in ogni caso era stato l'ultimo dei pensieri della mewwolf, molto più preoccupata che il bambino avesse problemi dati dal DNA del Lupo Grigio che lei gli avrebbe trasmesso: Ryou e Keiichiro fortunatamente – che avevano seguito la gravidanza più dei dottori – avevano rassicurato entrambi i genitori che, pur avendo ereditato il gene m della madre, Sohei ne era risultato un "portatore sano", perciò non avrebbe manifestato poteri o mutazioni evidenti.

« Potrebbe giusto sviluppare un certo amore per la carne. O i denti adatti per mangiarla. »

Aveva detto Ryou con un sorrisetto sarcastico guardando velato Eyner  e i suoi tratti ferini. Il bruno gli aveva scoccato un'occhiataccia evitando i commenti, tipo il fatto che alla fidanzata del biondo spuntasse la coda di un gatto quand'era nervosa.

« Pensi di cavartela fratellone? »

Il bruno studiò Sury alzando un sopracciglio:

« Mangia e dorme, ce la dovrei fare – le sorrise divertito – in caso d'emergenza mando un segnale di fumo. »

La ragazzina aggrottò un po' la fronte per il tono da presa in giro, poi annuì e si avviò fuori rapidamente:

« Esco prima che Purin nee-chan vada senza di me. »

« Quando hai finito di dare il tormento a Irhokay – la stuzzicò il fratello – ricordati di andare a salutare la senpai. »

« Io non do il tormento a nessuno! – sbottò lei arrossendo – E poi non ho detto che vado a trovare Roovy-san! »

Lui la guardò allusivo e Sury gli fece una linguaccia, il viso scarlatto mentre trotterellò giù dalle scale arrabbiata dandogli dello stupido.

 

 

 

 

« Ogni tanto vorrei fosse più semplice. Per le ragazze, voglio dire. – precisò la rossa dispiaciuta – Io sono contenta di poter vedere gli altri quando si può, ma per loro a volte è difficile. »

È dura stare lontani dalle persone che ami.

Ichigo annuì sospirando e poi rilassò il viso imbronciato, sorridendo:

« Spero che tutto sia stabilizzato presto, chi la sopporta più Purin che scalpita per il locale per tutta la settimana? »

Stavolta lo sentì ridere di gusto.

 

 

 

 

I motivi per cui la divisa del liceo dovesse essere così corta le erano proprio sconosciuti; sbuffò arrabbiata, era in terribile ritardo eppure non avrebbe potuto correre più veloce, per non rischiare di fare ammirare tutta la sua biancheria a metà dei passanti.

Quando arrivò di fronte al portale – per lo meno, nel punto in cui sapeva trovarsi il portale, occultato ai passanti – buttò un occhio attorno, ma non vide nessuno. Purin cacciò indietro la testa quasi gemendo, di sicuro sarebbero arrivate grosse lavate di capo per aver tenuto il passaggio aperto tanto a lungo, era già la terza volta quel mese: decisamente non erano incentivi a rendere più morbide le restrizioni sull'attraversamento.

Trovò in pochi secondi il punto di ingresso e con un balzo la biondina entrò nel portale; il permesso di accesso che aveva al polso vibrò impercettibile e lei si sbrigò a spuntare a Jeweliria prima che il passaggio fosse chiuso, prendendo giusto un secondo di fiato quando apparve sul prato prima di correre verso il Palazzo Bianco.

Per evitare noie burocratiche in quella fase embrionale del progetto il Consiglio Maggiore aveva stabilito che, per il momento, l'apertura e chiusura del portale sarebbero state gestite da un sistema automatizzato: solo alcune persone, scrupolosamente selezionate, avrebbero potuto utilizzarlo in autonomia e solo per precisi e rigorosissimi periodi di tempo, tramite permessi di accesso speciali forniti direttamente dalla sezione scientifica. Purin dubitava di potersi annoverare nella rosa dei prescelti, ma qualcuno doveva aver spezzato un paio di lance a suo favore e, in qualche modo, aveva ottenuto la possibilità di accedere a Jeweliria per quarantotto ore ogni settimana. Sospettava che ci fosse stato lo zampino di MoiMoi e Pai in quella decisione del Consiglio, forse per evitare che, pur di attraversare il passaggio, la mewscimmia si facesse coinvolgere nei viaggetti illegali di Kisshu.

« Oh, finalmente…! Nee-chan! »

« Sury-chan! »

Purin agitò il braccio in aria e fece un gran sorriso, la divisa scomposta e la cartella stretta sottobraccio che minacciò di sfuggirle, arrivando di fronte alla ragazzina senza più fiato:

« Scusa – mormorò appoggiandosi alle ginocchia – mi hanno lasciata sola al turno di pulizie, non la finivo più. »

Sury scrollò le spalle tranquilla e ridacchiò della sua aria trafelata:

« Andiamo? »

La biondina annuì e le due si avviarono verso il Palazzo Bianco prendendo a parlottare tra di loro. L'andare assieme in visita a Jeweliria era un'abitudine consolidata da quando i Toruke si erano trasferiti sulla Terra, all'inizio per dare una mano a Eyner e controllare che Sury ritornasse senza problemi a casa, poi solo per piacere della reciproca compagnia tra le due, diventate ormai molto amiche nonostante la differenza di età.

« Non mi sembra vero che siano arrivate le vacanze…! »

« È così terribile il liceo? »

Domandò divertita Sury e Purin mandò un lungo lamento:

« Noioso da morire…! – gemette esagerata – Come si fa ad interessarsi al Genji Monogatari(****) quando hai viaggiato per dimensioni sconosciute e volato per la galassia su un'astronave? »

Guardò la morettina poco convinta:

« Sei sempre decisa ad andare a scuola sulla Terra? Hai ancora tre anni per cambiare idea. »

« Non succederà – fece Sury con un sorriso deciso – e poi, è molto più noioso andare a scuola qui. »

La sbirciò da capo a piedi con ammirazione e una lucina deliziata negli occhi:

« Non vedo l'ora di mettermi anch'io la divisa…! »

Purin sospirò e le sorrise amorevole,  l'idea della bambina di andare in una scuola umana a partire dalle medie era suonata molto pratica – vista la sua nuova casa – e interessante per averla come "cavia" di giovane inserito nel tessuto umano, anche se la questione era ancora dibattuta nelle alte sfere; la mewscimmia da parte sua, potendo scegliere, non aveva ancora grandi progetti per il futuro e dopo quel primo anno scolastico pensava solo che avrebbe preferito continuare a fare la cameriera al Cafè e badare ai fratellini.

Rallentò un secondo il passo quando Sury smise di parlare, mordendosi il labbro inferiore e brillando in viso emozionata:

« Roovy-san! »

La morettina si protese sulle punte più che potè gesticolando frenetica in segno di saluto verso il soldato dai capelli rossi che si stava dirigendo nella loro direzione; Purin lo vide sorridere ad entrambe e ricambiò allegra, cercando di non ridacchiare mentre ascoltò Sury mormorare tra sé qualcosa circa il fascino del giovane soldato. Roovy si avvicinò strofinandosi il pollice sul punto dove portava i segni del breve scontro contro Toyu: era ormai un tic fisso del ragazzo, che mal sopportava il grosso sfregio che gli prendeva il lato destro del viso fin sopra la palpebra, quasi quanto l'altra cicatrice, più netta e sottile, che gli attraversava il volto da metà della fronte piegando in mezzo agli occhi e finendo sulla guancia sinistra; Sury non era all'apparenza della stessa opinione da come gli sorrise adorante, le guance di un bel rosso acceso.

« Buongiorno! »

Lui sospirò con aria di affettuosa rassegnazione:

« Buongiorno… Non ti arrendi mai eh? »

La bambina rispose scuotendo la testa allegra.

Dopo la Battaglia della Prima Luna, Sury era diventata un'ammiratrice devotissima di Roovy, non mancando di fargli visita tutti i giorni fino alla sua dimissione e anche dopo, scovando sempre quelle ore in cui potesse stare vicina al rosso senza disturbarlo troppo; non che a Roovy la cosa desse fastidio più di tanto, Sury era una bambina dolce, allegra e vivace, e anzi all'inizio lui aveva preso la costante presenza della piccola sul ridere ed era stato al gioco, come con una sorellina particolarmente appiccicosa o una nipotina. Finché Sury non aveva dichiarato a pieni polmoni di essere cotta del ragazzo: Roovy ovviamente, pur con garbo, le aveva detto chiaro e tondo di no, ma a lei non era parso importare molto né della risposta né che il soldato avesse quasi nove anni più di lei. La sua cocciuta insistenza e la sua presenza giornaliera erano diventate una costante tra i commilitoni di Roovy che non si trattenevano dal prenderlo in giro, mentre lui si era ormai arreso alla "corte" della morettina aspettando paziente che capisse e rinunciasse. Cosa che per il momento non sembrava dovesse succedere a breve.

« Non ti divertiresti di più a passare le giornate con qualcuno della tua età? »

Domandò il rosso con un sorriso sghembo e Sury scosse di nuovo la testa:

« Preferisco passare un po' di tempo con te. »

Roovy sospirò più forte a metà tra il divertito e il disagio, mentre Purin rise di gusto e ammiccò alla piccola:

« Dacci dentro, mi raccomando. »

« Certo! »

« Purin-san, così non mi sei molto di aiuto. »

Lei rise ancora e se ne andò guardando con la coda dell'occhio Roovy riprendere il suo giro, Sury che pronta gli si accodò chiacchierando a macchinetta.

La biondina si avviò verso la parte più interna del Palazzo arrivando fino ai grandi cortili interni; sbirciò rapidamente i gruppi di soldati e cadetti che stavano terminando le esercitazioni, ma non riconobbe nessuno e veloce tornò sui suoi passi uscendo dall'edificio e puntando verso i quartieri.

Il sole si abbassò sull'orizzonte e l'aria divenne frizzante sulle sue gambe nude, tanto che per l'ennesima volta si domandò come facessero i jeweliriani a girare spesso e volentieri poco coperti; come il brunetto che intravide finalmente girato l'angolo.

« Taru-Taru! »

Il ragazzo si voltò sentendosi chiamare e assunse un ghignetto antipatico:

« Alla buon'ora! »

« Scusa, scusa. »

Fece con una linguaccia lei e poi guardò sulle sue spalle sorridendo:

« Ciao Tofi-chan. »

La piccola di due anni abbarbicata sulle spalle di Taruto iniziò a scalciare eccitata e sporse le mani in fuori salutando:

« Onee-tan! Tao! »

« Ohi! Ehi, mi spacchi le costole con quelle gambette! – mugugnò il bruno afferrandole le caviglie – Vacci piano! »

La bambina rise forte del suo disappunto e Purin le andò dietro con gusto quando Taruto, pur borbottando, lasciò che continuasse ad agitarsi usandolo come trespolo.

Tofi Ikisatashi era diventata una splendida bimba, vivace e un poco viziatella: gran parte del merito sulla questione era da incolpare ai suoi amati fratelloni, troppo teneri di fronte al broncetto tremolante di quando voleva qualcosa, o quando reclamava di voler giocare o un po' di coccole con la sua andatura goffa e la vocina acuta che biascicava ancora incerta i loro nomi.

I capelli della piccola avevano mantenuto le promesse di quando era nata e lei sfoggiava una bella chioma di ribelli ciuffi castagna, che non facevano che arricciarsi sulle punte; per ovviare in parte al problema Lasa glieli teneva legati in una coda, oltre alle due treccine sulle orecchie dell'Appartenenza, ma quelli si ostinavano a piegarsi in su creando il profilo di una stella attorno al viso tondo della piccola, dove brillavano due grandi e curiosissimi occhioni della stessa sfumatura indaco della madre.

« Su, è inutile che fai quella faccia. – sorrise Purin guardando il brunetto divertita – Tanto non ci crede nessuno. »

« Possibile che debba sprecare le ore libere a fare da babysitter a questa peste? »

Insisté a sbuffare e calò l'accento sull'ultima parola; Tofi gonfiò le guance e gli afferrò i capelli nei pugnetti:

« Io non ciono una pette! »

Taruto mandò un altro lamento e la fece scendere borbottando, mentre lei incrociò le braccine torva:

« Sei cattivo. Brutto! »

« Guarda che non mi compri mica così. »

Sbuffò, palesemente contrariato, e Purin ridacchiò di nuovo, pure così piccola Tofi sapeva già benissimo dove colpire; guardò la bambina zampettare dentro e chiamare i genitori a pieni polmoni e Taruto si infilò le mani in tasca sospirando stanco.

« È stata dura? »

Lui annuì grugnendo:

« Mi chiedo per quanto ancora dovrò restarmene assieme al maggiore Dertan, è di un pesante…! »

« Vogliono sempre affidarti il ruolo fisso di istruttore? »

All'espressione entusiasta di lei il brunetto si grattò la guancia, scostando lo sguardo:

« Dicono che vogliono aumentare le possibilità di scoprire altri manipolatori vegetali. – annuì vago – Quindi, visto che ci sono solo io… »

S'incupì sospendendo la frase e Purin, capendo, tagliò il discorso e sorrise:

« Fino ad oggi sei stato bravissimo. Almeno a quanto dicono MoiMoi nee-cha e Pai nii-san. »

Lui fece una smorfia torva per nascondere un leggero imbarazzo e il sorriso soddisfatto spuntatogli in faccia:

« Potresti dirlo più convinta. »

Borbottò e la biondina ammiccò furbetta per punzecchiarlo. Dopo la guerra contro gli Ancestrali, l Corpo Disciplinare aveva affiancato Taruto ai maestri dei cadetti nella prospettiva di poter passare le sue conoscenze ai novellini, pur se non si avessero certezze che fossero dotati della sua abilità e per quanto lui stesso avesse a malapena quattordici anni; nonostante i suoi borbottii iniziali il brunetto stava dimostrando una certa abilità nell'insegnare agli altri, lo trovava divertente, e dopo due anni i suoi superiori stavano pianificando di lasciarlo in autonomia. Taruto però era titubante all'idea:

« … Non so se ne sarei capace. – disse a bassa voce – Una classe di cadetti in due è una cosa, da solo… E io faccio già fatica con Tofi. »

« Tofi ha due anni Taru-Taru, ed è la tua sorellina – lo rassicurò Purin – lei è difficile da sgridare. »

Lui rispose con un grugnito prendendola la mano. La biondina ricambiò la presa e gli si aggrappò al braccio:

« Sono sicurissima che sarai bravissimo. »

Lo guardò orgogliosa e lui storse ancora la bocca compiaciuto. Lasciò che si allungasse in su per stampargli un bacio sulla guancia – centimetro per centimetro, stava riuscendo a superarla come si deve – sorridendo un poco e sospirò un'altra volta:

« Sto finendo a fare quello che faceva lui, sembra quasi che lo stia copiando. »

Purin non fu sicura se la cosa lo intristisse o meno e lo strinse più energica, allargando il sorriso:

« Se fosse, sono sicura che sarebbe orgoglioso di te. »

Stavolta Taruto parve chiaramente in imbarazzo e felice; Purin riprese a ridacchiare e lo baciò sulla bocca, mandando un versetto contento quando lo sentì posarle il palmo sulla nuca perché gli rimanesse vicina.

« Ti fermi dopo cena? »

Le domandò piano. Lei, la fronte poggiata alla sua, arricciò le labbra e sfregò il naso contro il suo annuendo:

« Sury-chan mi ha detto di non preoccuparsi, che si farà riaccompagnare da Roovy-san. »

Alla frase le scappò un sorrisetto malizioso:

« E ho già detto ad Heicha e ai gemelli che avrei fatto tardi, va bene anche se sarà più tardi ancora. »

Disse divertita e poi lo guardò maliziosa:

« Però dipende tutto da dove dovrei dormire. Se nella camera degli ospiti oppure no. »

Taruto dapprima arrossì spalancando la bocca in uno sbotto muto, scattando in su, poi ci ripensò e fece una strana espressione imbronciata battendo piano la fronte su quella della mewscimmia, le farfalle nella pancia che si dispiegarono in un frenetico valzer.

« È proprio una domanda cretina, scimmietta da circo. »

« Perciò posso avere una risposta cretina? »

Lui non gliela diede, ma sogghignò furbo prima di baciarla di nuovo.

 

 

 

 

Ichigo si interruppe un momento dal raccontare e guardò malinconica un punto distante, .

Cosa succede?

« … Niente. – sospirò con rassegnazione – Mi è tornato in mente Sando-san. »

Ao No Kishi non replicò, studiandola a lungo in silenzio, e Ichigo dopo qualche istante corrugò la fronte dubbiosa:

« Perché sei qui? »

Parlare di Sando le aveva ricordato del suo frammento e quello aveva portato la sua mente alla MewAqua, e ai Melynas. Ao No Kishi sembrò sorridere.

… Oggi è l'ultimo giorno. Il Dono degli Avi ha consumato la sua energia.

« Oh… »

La rossa sapeva da qualche tempo che Jeweliria era finalmente risanata e gli altri le avevano detto che il cristallo, ancora custodito nelle viscere del pianeta, stava per esaurirsi.

« Quindi sei… Venuto per gli addii? »

Lui annuì grave.

La mia esistenza è terminata molto, troppo tempo fa. Il Dono era la sola cosa che mi relegava a quest''esistenza, senza di esso finalmente potrò scomparire.

Ichigo non riuscì ad evitare di rattristarsi, ma ancora avvertì che non fosse solo quella, la ragione della visita del biondo. Ao No Kishi sorrise più sereno, lei avrebbe osato dire quasi divertito quando la vide inclinare la testa e aggrottare le sopracciglia confusa.

« Aspetta… Tu e Luz avevate detto che le vostre essenze erano legate al cristallo, ma che sarebbero svanite quando Deep Blue l'avesse assorbito. »

Ricordò confusa. Lui annuì, il sorriso più definito.

« Per questo ti sei legato al mio frammento. Almeno, così mi hai detto tu. »

Così ti ho detto.

« Quando l'ho affrontato due anni fa. »

Aggiunse, come per essere sicura di non stare parlando a caso, e lui annuì di nuovo. La faccia della rossa divenne ancora più dubbiosa:

« Ma quindi tu… »

 

 

 

 

MoiMoi sbadigliò e si stiracchiò in modo scomposto mentre si rese conto dell'ora che si era fatta; sbuffò, gli conveniva alzarsi e andarsene da solo dal reparto prima che qualche infermiere simpatico lo cacciasse via, le regole sugli orari di visita erano seguite con una rigidità snervante.

Guardò ancora l'uomo steso sul lettino e gli sfuggì un sospiro dolente, cercando di scacciare dalla sua testa le parole funeste dei medici e la vocina maligna del suo raziocinio che dava loro ragione.

Posò la mano su quella più grande di Sando, nonostante la Goccia che Ichigo era riuscita a conservare il verde non aveva ancora dato un solo segno di svegliarsi, e pure se la sua mente era di nuovo attiva, più passava il tempo più le probabilità che uscisse dall'incoscienza diminuivano drasticamente; MoiMoi lo sapeva benissimo, ma non aveva intenzione di arrendersi né di smettere di sperare, nonostante ogni giorno in cui le sue preghiere venivano tradite significasse un altro doloroso colpo alla sua psiche e alla sua sopportazione.

« Finirai per impazzire. »

Quando Pai gli aveva detto così non lo aveva investito a male parole solo perché il suo tono era stato sinceramente angosciato, e solo perché lui non ne avrebbe comunque avuto la forza.

« Forse. – gli aveva sorriso tirato – Per adesso ancora no. »

Il violetto era consapevole che quei continui sbalzi d'umore gli avvelenassero l'esistenza, però non andava oltre quel concetto.

Andava a trovare Sando ogni giorno appena aveva un momento libero, passando ore in quella stanzetta a parlargli nella speranza che prima o poi reagisse alla sua voce, o quantomeno che questa potesse tenere insieme la sua mente. Anche gli altri andavano spesso, magari per meno tempo e non così di frequente come il violetto, ma MoiMoi preferiva fosse così.

« Beh, devo andare adesso. »

Studiò il volto del verde con un sorriso malinconico, sfiorandogli la guancia ruvida: privo della mascherina ad ossigeno e degli altri orpelli in più pareva proprio dormire, e non erano state poche le volte in cui il violetto era stato tentato di afferrarlo per il bavero e strillargli esasperato di svegliarsi. Mandò un accenno di risata amara, le dita che giocarono con il frammento di Dono che gli aveva legato al collo come un monile, quindi si chinò a baciarlo:

« A domani bell'addormentato. »

 

 

 

 

Ti ricordi cosa ti dissi della grotta nella Città Sotterranea? Quando ti raccontai dei Melynas?

« Che… Quello era l'unico posto dove avrei potuto vederti – ricordò lentamente lei senza capire – perché, come luogo in cui si sia attivato il Dono allo stato originale, era saturo del suo influsso, come una radiazione, e… »

Si bloccò e sgranò gli occhi nocciola, per niente sicura che l'intuizione che l'aveva colta avesse un senso, e Ao No Kishi si limitò a sorriderle ancora.

Esatto. Come i corridoi che avete attraversato, collegati a mondi differenti, uniti solo dalle Gocce che li avevano attraversati.

Il Dono si lega a ciò che tocca e viaggia. Ogni luogo, ogni persona.

E ogni cosa.

 

 

 

 

Ichigo si tirò a sedere talmente all'improvviso che per poco non perse l'equilibrio, mettendo la mano troppo sul bordo del letto; Masha spalancò di riflesso gli occhioni, spaventato dallo scatto della rossa, e prese a pigolare svolazzandole vicino senza che lei gli desse udienza.

Gli occhi color cioccolato della ragazza saettarono alla finestra prima che alla sveglia, il sole era parecchio basso, come al solito aveva finito per fare tardi e avrebbe avuto poco tempo per prepararsi, ma non le importò molto.

Saltò giù dal letto in corsa e scese le scale a due gradini per volta, travolgendo per poco Sakura che stava andando a chiamarla:

« Tesoro, è arrivato Shir- »

La figlia la doppiò manco fosse trasparente e si aggrappò al braccio di Ryou prima che lui attraversasse lo scalino d'ingresso:

« Ginger, watcha…?!  »

« Te lo spiego dopo! »

Lo zittì lei e tentò due volte di indossare i suoi stivaletti, mandando un verso di frustrazione al terzo fallimento perché troppo agitata.

« Ichigo, che ti prende? »

« Te lo spiego dopo, ora dobbiamo andare! – insisté e il suo sorriso raggiante lo confuse solo di più – Adesso! Subito! »

Il biondo si scambiò un'occhiata dubbiosa con la signora Momomiya che scosse la testa, sconvolta quanto lui, intanto che Ichigo riuscì a finirsi di vestire e con un sospiro euforico acchiappò Ryou per un braccio e lo trascinò fuori.

« Sei in moto?! Andiamo con quella, faremo prima! Però forse conviene chiamare le altre… No, dobbiamo chiamarle! Tutti! »

« Ichigo, giuro che non mi muovo da qui se non ti decidi a parlare chiaro. »

Sentenziò Ryou lapidario e fu troppo frastornato dal suo agitarsi per badare a quanto suonasse ironica una frase del genere, specie detta da lui a lei:

« Si può sapere che sta succedendo? C- »

Lei non gli rispose, gli prese il viso tra le mani e lo baciò ricominciando a strattonarlo perché la seguisse, convincendolo del tutto che la rossa avesse battuto la testa cadendo dal letto.

« Ora… Ti spiego! Ma è…! Non lo so…! – rise lei senza fiato – Andiamo intanto! Muoviti! »

 

 

***

 

 

Il rapido baluginio che arrivò dalle sue spalle gli fece quasi cacciare un grido dallo spavento. MoiMoi si voltò di colpo, la mano ancora sulla porta, e si avvicinò di scatto al letto di Sando cercando attorno una fonte per quel lampo che, era certo, non si era immaginato, ma non c'era alcuna possibile fonte di luce né lì dentro, né dalla finestra. Sovrappensiero sfiorò con l'indice il frammento che il verde portava al collo e mandò uno sbuffo stanco, quella scheggia era vuota da quasi due anni, poteva rimirarla per tutto il giorno, ma sarebbe rimasta solo un inerme pezzetto di cristallo trasparente.

Forse me lo sono immaginato sul serio.

Strinse di nuovo le dita sulla mano di Sando dandosi del cretino e appuntandosi di mangiare meglio nell'immediato futuro per evitare allucinazioni, quindi fece per uscire di nuovo.

E capì di non riuscire a tirare via la mano.

Abbassò lo sguardo sul proprio polso, una famigliare sensazione di calore, e i suoi occhi dorati si dilatarono come piattini mentre vide le dita del verde attorno alle sue, in una stretta così lieve che il violetto temette di essersela solo immaginata, di essere lui ad avergli preso la mano prima di allontanarsi ed essersi dimenticato di lasciarla andare.

Sentì un leggerissimo mugolio e osò sollevare lo sguardo.

Fu come se avesse trattenuto il respiro per ore per la forza con cui quel sospiro tremante gli esplose sulle labbra, quando vide Sando socchiudere le palpebre e scrutarlo poco lucido con i suoi occhi scuri; annaspò un paio di secondi, ridendo e piangendo assieme, mentre tremante si allungò per cingergli le spalle con le braccia:

« Ci hai messo troppo, razza di cretino! »

 

 

 

 

Questo è il mio ultimo regalo, Ichigo. Purtroppo è la sola cosa che sono riuscito a fare per te, ma spero basti almeno un poco.

Ao No Kishi si alzò e le andò incontro fermandosi proprio di fronte a lei. Perfino da quella distanza Ichigo non riuscì a distinguerlo pienamente, né il suo viso né la mano che le sfiorò la guancia.

Tu non sai quanto ti devo, quanto abbia significato per me l'averti conosciuta. Grazie a te, ora sono libero.

Ichigo lo vide abbassare gli occhi e sorriderle triste.

Avrei voluto poterti incontrare per davvero… Non come Aoyama, né come Deep Blue. Avrei davvero voluto avere la possibilità di incontrarti, almeno una volta.

La rossa sussultò appena vedendolo chinarsi su di lei, ma Ao No Kishi si limitò a sfiorarle la fronte con le labbra, un tocco impalpabile attraverso la frangetta.

Spero nella prossima vita.

Lei non gli rispose e vide il bianco attorno farsi più intenso, finché di fronte ai suoi occhi non ci fu altro che luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The End

 

 

 

 

 

(*) Mega-nota riassuntiva, altrimenti coi puntini non la si finiva più ^^""…

  Il New National Theatre Tokyo ( 新国立劇場 Shin Kokuritsu Gekijō ) meglio noto come NNTT, la più importante sala per spettacoli in Giappone.

 La Prima Solista, in un corpo di ballo, è la "seconda" a livello gerarchico, e interpreta solamente, appunto, degli assoli, quindi danza soltanto ruoli da protagonisti o variazioni in cui ballano da soli. 

– La Carmen Suite, adattamento dell'omonima opera di Bisez (grazie ad HP per il suggerimento ♥ ) se volete vedere il balletto della Aragonaise, here :3 https://www.youtube.com/watch?v=1zsq3eGxDLM

(**) la manager di Zakuro compare di sfuggita in un paio di episodi e non viene mai nominata, ma esistono i modelli originali per l'anime del suo personaggio che ho biecamente sfruttato :P (qui se voleste darvi un'occhiata http://neko-tokyo.tumblr.com/image/108163041924 ). Non avendo un nome ^^" ne ho scelto uno che piacesse a me :3

(***) in Giappone con il termine idol non si intendono solo le/i giovani cantanti, ma in generale tutte le ragazze e i ragazzi che hanno una carriera nello show business (carriera che in genere comprende tutto il pacchetto, canto, ballo, lavori da modelli, recitazione)

(****) 源氏物語lett. "Il racconto di Genji" è considerato uno dei capolavori della letteratura giapponese così come della letteratura di tutti i tempi. https://it.wikipedia.org/wiki/Genji_monogatari

 

 

 

 

 

 

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

 

… Eccoci qui.

Detesto le conclusioni, sapete? Non solo perché, beh, per loro definizione chiudono qualcosa :p ma perché non so mai cosa dire ^^"" mi sembra sempre di fare degli sproloqui inutili ^^""

Crossing è cominciata ben cinque anni fa, tra ritardi e cambi di tempi di pubblicazione, cinque anni in cui mi sono laureata, mi sono sposata, ho avuto due bambini (!!! E sti cazz… xD). Ho iniziato progetti con gente che è meglio dimenticare, ho avuto avventure lavorative con grandi soddisfazioni, ho fatto amicizia con le due più grandi tuonate che potessi incontrare ♥  due persone a cui voglio più bene ogni giorno e che mi hanno dimostrato di poter esserci anche dall'altra parte del pianeta (sempre che io gli porti i dovuti tributi :P scherzo ♥ )

In questa storia ci ho messo tanto di mio, sia in lettere che in disegni, ormai per me è inevitabile, non so se più o meno di altri, ma in ogni caso mi ha lasciato tante cose belle. Tantissimo ridere, tanto piangere, tanto nervoso certe volte xD tanti personaggi che ora non riesco più a scindere da altri nella mia testa ^^"" (Eyn lo sai che parlo di te ♥ ), altri che mi chiedo se potrò mai metterli in qualcosa di totalmente originale perché li amo troppo e non voglio lasciarli solo qui.
Non sperate che smetta di scrivere *evilgrin* sono già all'opera su altre cose ^-^ e l'età non si sta dimostrando un incentivo a dedicarmi ad hobbies più "adatti" (d'ora in avanti potrò nominarmi "senpai del fandom", perché porca vacca ho il terrore a chiedere a chiunque sia qui in zona se è nel range degli enta come me çwç e se non sono la più becera poco ci manca xD); non so se tornerò con qualcosa legato a Crossing, forse sì forse no *musichetta mistica* lo potrete scoprire solo continuando a seguirmi delirare :D

 

Devo ringraziare tantissime persone, e quindi ve le cuccate tutte senza storie ♥ !

A K.i.S., il boss, il socio, la mia dolce metà torturata che mi ha sopportata, consigliata, e diciamocelo che ogni tanto si è divertito pure lui ^-^ (anche se avrebbe voluto più squartamenti e morte ^^"")

A Danya e Hypnotic Poison per gli svarioni, il supporto, le perle di delirio inviate (e anche le idee inaspettate ♥ ), le discussioni e i suggerimenti sui gusti dei PG e al potere supremo di coloro che si fregiano dei titoli di RatingRosso e Signora Dei Sith.

Sempre ad HP per le cento menate con l'inglese, e coi balletti, che le devo ancora una Kishinto zozzosa, ma direi che ti ho portato un fagiolo fino in Danesia quindi puoi perdonarmi :PPP (Danyucca tornerò anche da te ^-^)

A tutti i lettori occasionali, i lettori assidui, i fan accaniti con l'ansia da recensione ♥ 

A _cercasinome_,19g, Ally_Ravenshade, Fair_Ophelia, Amuchan, Glaucopide_, zing1611, Yoake, Sonrisa, Rin Hikari, Pepper_Jean, modo, LittleDreamer90, Jade Tisdale, AceDPortogas, Akatsuki, bianca___, Candy_Spicy, Chocolate90, Flemmi, Francy_0905, Gemini_no_Aki, Giuly chan, Icedragon14, IzukuMidoriya, Marie_, Mizuiro_Chan, Reila1997, sisi3, 30storm, brillante, Cicci 12, Fan of The Doors, FullMoonEris, Ginchan, hola1994, ir3ne_, Jm_jean_sweet14, karter, laurad, Lettrice di storie, Little Nightingale, Sara_Chick, stella_17, tathyana, tazzilla, tigre, zakuro_san, Zindziswa, _Li_,  Sissi1978 e TheRosablue91 per i commenti, l'appoggio, il delirio totale xD e per aver messo questa storia tra le preferite, le seguite e tutto il resto ♥ 

Null'altro da aggiungere :3 gentili signori…


Mata ne
~ ♥!

Ria

 

   
 
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