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gli occhi, puoi salvare milioni di vite elettroniche.
Gente, è l'epilogo.
See ya later ♥
Un po' in anticipo, ma… Happy B-day nee-chan ♥
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Cap. 58 – End of the Crossing
« Till we meet again, in our next life. »
La fine delle lezioni fu
accompagnata da un sole luminoso tra i petali chiari dei ciliegi in fiore e
Ichigo sorrise incantata, se l'inizio della pausa di primavera non era già
abbastanza piacevole un simile panorama era la cornice che rendeva la giornata
tra le migliori dell'ultima settimana.
Si sistemò la tracolla sulla
spalla, mise le cuffie nelle orecchie e si avviò a passo spedito a prendere il
treno, non vedeva l'ora di tornarsene a casa per coronare il tutto con un bel
bagno e un pisolino ristoratore, così da essere fresca e riposata per il suo
appuntamento di quella sera; a quanto lesse sull'orologio avrebbe avuto tempo
di fare tutto, pure con un certo margine di anticipo per non dover correre come
al suo solito e lucidarsi a modino.
Fece un mezzo sorriso mentre,
accomodatasi sul sedile del treno, iniziò a sfogliare la playlist dell'MP3,
ancora le sembrava strano che da aprile avrebbe frequentato già il secondo anno
di università, anche se Moe e Miwa si stupivano di più che avesse scelto lingue
straniere come facoltà, lei che non era mai stata una perla neppure in inglese.
In realtà nell'ultimo anno di
liceo aveva preso un certo interesse per le lingue straniere mettendosi anche
d'impegno per recuperare tutte le sue lacune – complice anche, e a causa, di un
certo biondino di sua conoscenza – e con lo studio in generale era migliorata,
tanto da uscire con una media più che discreta dal diploma e passare gli esami di
ammissione all'università senza troppa difficoltà. Aveva perfino scelto di
frequentare il percorso standard e non quello breve in due anni(*),
le si doveva riconoscere un grosso miglioramento.
Ovviamente, per il resto, era
rimasta la stessa.
« Ichigo,
Ichigo, pii! La fermata, pii! »
La rossa, sussultando quando il
robottino si staccò dal suo telefono per svolazzarle accanto all'orecchio e
toglierle un auricolare, soffocò le proteste sul fatto che si stesse muovendo
in pubblico e pigolando si fiondò verso l'uscita spintonando due impiegati e un
gruppetto di studentesse delle medie che la guardarono storto.
« Scusate, scusate! Devo
scendere! Permesso! »
Saltò fuori dalla cabina un
secondo prima che le porte automatiche le pinzassero in una morsa la gonna e sbuffando
sollevata si allontanò velocemente dalla banchina, evitando a disagio gli
sguardi perplessi della gente attorno. Il quarto d'ora di passeggiata fino a
casa fu sufficiente in ogni caso per farle scordare della figuraccia e
attraversò l'ingresso di nuovo sorridente e serena, sospirando beata levandosi
gli stivaletti e posando i piedi nelle sue pantofole di pelouche.
« Bentornata tesoro. »
« Ciao mamma. »
« Ho provato a fare i cupcake con
la ricetta del tuo amico Akasaka – le annunciò porgendole il vassoio coi
dolcetti ancora caldi – vuoi assaggiarli? »
Ichigo si leccò le labbra al
profumo fragrante di burro e cioccolato e ne prese uno trattenendosi dal dargli
subito un morso poderoso:
« Merendina dopo il bagno. »
Sakura ridacchiò:
« Ti chiamo quando arriva
Shirogane-kun? »
« Fantastico. »
Le schioccò un bacio sulla
guancia, strinse il dolcetto in una mano e salì veloce al piano di sopra. Si
concesse un lungo bagno rilassante e poi, pulita e avvolta nel suo maglione
preferito tornò in camera dove il suo cupcake l'aspettava sulla scrivania; lo
finì in pochi bocconi, mugolando estasiata mentre si sfregò i capelli con
l'asciugamano, quindi si stese sul letto soddisfatta e ben decisa a poltrire
per il successivo paio d'ore. Mise la sveglia al cellulare e Masha si accoccolò
sul proprio cuscino sul comodino imitando la padroncina e mettendosi a russare
piano; Ichigo lo guardò sorridendo intenerita, concentrandosi sul rumore
leggero emesso dall'esserino, sui suoni ovattati fuori dalla finestra, sulla
luce calda che riempiva la stanza, finché non riuscì a tenere oltre gli occhi
aperti.
All'inizio pensò si
trattasse della luce proveniente dalla finestra che riempiva il suo campo
visivo dalle palpebre socchiuse. Strizzò gli occhi e li aprì meglio, non era
una luce, era tutto lo spazio attorno ad essere bianco. Un'infinita distesa
bianca e luminosa senza nulla che comunque le risultò familiare come la sua
casa o la sua stanza.
Era tanto tempo che
non lo sognava, ma quello specifico momento non lo aveva mai rivisto.
Si rese conto di
potersi mettere in piedi e di poter decidere se e come muoversi, passeggiando
per lo spazio vuoto; abbastanza monotono come sogno e anche un po' strano,
sembrò più che si trovasse effettivamente in quel posto e non che fosse un
semplice parto della sua fase rem. Decise di seguire gli eventi senza altre
domande, tanto dubitò che avrebbe avuto risposte più chiare o avrebbe capito
molto di più da lì in avanti.
Lo cercò quasi
d'istinto sicura di vederlo. E infatti eccolo laggiù, dapprima un'ombra appena
più scura nella luce, man mano che lei si avvicinò una vaga figura azzurra e
dorata della quale, più che vederne effettivamente le sembianze, Ichigo ne
intuì l'aspetto dalla sagoma appannata visualizzando i dettagli dai propri
ricordi.
Lo vide seduto a
quello che parve un tavolo, o almeno dovette trattarsi di qualcosa di simile
data la postura che intuiva del suo corpo e la posizione delle sue braccia
raccolte sul ripiano; in concreto lei non vide nessun tavolo, non distinse
alcun bordo definito dell'oggetto fisico né delle sue sedie, però non tentennò
e allungò una mano cercando lo schienale della seduta incorporea: le sue dita
si chiusero su un punto in cui la luce dell'ambiente scompariva, come oscurata
da un oggetto opaco, e con assoluta naturalezza spostò la sedia e si sedette
accomodandosi al tavolo invisibile di fronte al suo ospite fumoso.
Mai fatto sogno più strano.
« Ne è passato di
tempo, uh? »
L'altro le rispose
senza che un suono uscisse effettivamente dalla sua bocca, eppure lei sentì lo
stesso le sue parole.
Sì. Molto tempo.
Ichigo sorrise
prima di corrugare un attimo la fronte:
« Perché sei qui Ao
No Kishi? »
Lui sembrò
riflettere su come risponderle.
No… Ma era l'ultima possibilità di vederti.
« Che vuoi dire? –
chiese ancora lei allarmandosi – Sta succedendo qualcosa? »
Lui scosse la testa
per rincuorarla, ma non le spiegò di più.
Raccontami.
« Uh? »
Raccontami come stai. Come vanno le cose, a te, a
tutti.
Fu Ichigo a non
rispondergli subito, confusa dal suo fare misterioso, ma sorvolò sulla cosa.
In fondo stava solo
sognando.
« Sto bene. –
sorrise e ridacchiò un istante – Sai, credevo che dopo tutto quello che abbiamo
passato la vita "normale" avrebbe finito per sembrarmi noiosa.
Invece… »
Retasu picchiettò la matita sul
bordo del libro, la fronte poggiata contro le dita mentre leggeva distratta il
capitolo di chimica molecolare e capiva di non riuscire ad assimilare una sola
parola, complice il sole tiepido e l'arietta profumata che entrava dalla
finestra.
Dopo altri dieci minuti di
infruttuoso sforzo sospirò e si decise a chiudere il tomo con un tonfo, forse
stava pretendendo troppo da se stessa: era solo al primo anno di medicina, la
strada era ancora molto lunga e le vacanze primaverili erano appena cominciate,
dopo quei trimestri massacranti avrebbe potuto concedersi di mordere il freno e
rilassarsi.
Chiuse gli occhi per qualche
istante finché non bussarono piano alla porta. Uri si affacciò discreto e le
sorrise:
« Sorellina? C'è l'onii-san. »
Definitivo segnale dell'universo ad
abbandonare il libro sulla scrivania.
Il ragazzo evitò di ridere nel
vedere la verde scattare dritta sulla sedia e illuminarsi in viso:
« Arrivo! »
Lui annuì tornando in salotto e
Retasu si alzò per darsi una sistemata veloce – aveva tanto martoriato la
frangetta sovrappensiero che sembrò elettrificata – prese la borsa e
trotterellò verso l'ingresso, sorridendo divertita quando intravide la porta:
per quanto tempo passasse e per quanto si riuscisse ormai a mimetizzarsi
perfettamente tra la gente, Pai le appariva sempre un po' fuori posto quando lo
vedeva fermo in piedi sull'uscio di casa sua, come se la sua presenza
silenziosa risaltasse troppo.
Il moro la salutò con un cenno e
un sorriso che lei ricambiò piano prima di infilarsi al volo le scarpe:
« Ci vediamo più tardi Uri. »
Il fratello annuì e ridacchiò
salutandola:
« Fai con calma. »
Lei arrossì appena al sogghigno
divertito di lui, gli scoccò un'occhiataccia e uscì veloce assieme al moro. Con
l'età Uri si era fatto un pochino più dispettoso verso la sorella maggiore,
punzecchiandola di quando in quando e approfittando della sua timidezza cronica
anche su un argomento di pubblico dominio come la sua relazione con Pai.
In realtà all'inizio lei non si
era curata di informare la famiglia, non aveva nemmeno pensato alla questione,
anche perché non aveva mai avuto un ragazzo quindi non aveva idea di come fare.
Qualche tempo dopo la riapertura del passaggio, però, Retasu aveva iniziato a
riflettere sulla cosa e aveva deciso di presentare il moro a tutti, pur senza
il titolo di "fidanzato"; non perché si vergognasse di lui o di loro
due, solo perché per lei sarebbe stato troppo imbarazzante dire direttamente ai
genitori che frequentava chicchessia.
Pai non era rimasto molto
entusiasta della sua idea, tutte quelle moine terrestri erano davvero fastidiose,
quasi quanto avere il dubbio su come comportarsi per fare un'impressione per lo
meno decente sui signori Midorikawa – bastavano i problemi burocratici da
Jeweliria come intoppo per vedere Retasu, non sarebbe servito aggiungerci
genitori a disapprovare certe "amicizie" – ma la verde era parsa
davvero desiderosa di farglieli conoscere e lui aveva imparato di non riuscire a
opporsi a certe innocenti richieste di quei due occhioni color mare.
Per sua fortuna i signori
Midorikawa erano due persone molto discrete, garbate e gentili, e Uri per
quanto un po' più vivace assomigliava alla sorella tanto di aspetto quanto di
carattere, facendo sentire Pai a suo agio perfino con il suo parlare a
monosillabi. Tutte aggiunte al premio migliore, vedere il sorriso grato e contento
di Retasu.
« È po' taciturno, ma sembra
proprio un bravo ragazzo. »
Aveva detto la signora Midorikawa
alla figlia quella sera; la verde, intenta ad aiutarla con i piatti, aveva
annuito allegra:
« È vero. »
« È anche carino. »
Le aveva sussurrato complice, con
quel fare riservato tanto simile a quello della mewfocena; Retasu era arrossita
appena, ma aveva sorriso rispondendo con una poco impegnativa scrollata di
spalle. Il sorriso della signora Midorikawa si era allargato:
« Da quanto vi frequentate di
preciso? »
Tra sé la donna aveva ringraziato
di aver aspettato l'attimo in cui la figlia avesse retto un paio di posate,
perché alla sua domanda Retasu era diventata di tutti i colori facendosi
sfuggire forchetta e coltello dalle dita e schiantandole sul pavimento. La
verde aveva farfugliato qualche sorta di scusa, agitando a mezz'aria le mani
piene di sapone, e al sorriso comprensivo della madre aveva abbassato la testa
imbarazzatissima tacendo per qualche minuto prima di risponderle con un
pigolio.
Quando lo aveva raccontato a Pai
lui non aveva commentato, storcendo solo la bocca con quel suo modo rigido di
dimostrare imbarazzo, ma di nuovo per fortuna del moro nessuno in casa
Midorikawa aveva fatto particolari commenti o domande alla sua successiva
visita, considerando la questione come un dato di fatto. Decisamente meglio che
alla verde, a cui Iader non aveva risparmiato molto a lungo qualche battutina
sull'essersi presa carico "di quel muso lungo del figlio".
« Come mai sei qui? »
Pai la guardò accennando un
sorriso sottile e lei farfugliò a disagio:
« Non che non mi faccia piacere,
era solo… Per chiedere. »
Lui continuò a studiarla un po'
divertito e scrollò le spalle:
« Niente di particolare. – disse
camminando con calma al suo fianco – Sono passato. »
Retasu fece per sorridere, poi
cambiò idea e gli rivolse un'occhiata scettica:
« MoiMoi-san ti ha fatto uscire a
forza? »
« … No. »
Ribattè cupo corrugando la
fronte, ma non nascondendo di sapere bene che la domanda della mewfocena fosse
più che legittima. Lei alla sua espressione trattenne uno sbuffo divertito rilassando
il viso.
Prima della riapertura del
portale e dopo, trascurando una breve licenza, Pai aveva dato pieno credito
alla propria classificazione di sgobbone: tra la manutenzione e stabilizzazione
del passaggio e i nuovi incarichi che giorno dopo giorno si accumulavano, fra nuovi progetti per i contatti con la
Terra, miglioramento dei dispositivi schermanti e varie, erano pochi i giorni
in cui MoiMoi non doveva spedirlo fuori dal laboratorio a calci per ricordargli
di trascorrere qualche ora in modo più piacevole. Non che il moro non ci
pensasse, ma molti dei suoi compiti avrebbero facilitato gli interscambi con il
Pianeta Azzurro e anche il transito verso e da esso, questione che gli premeva
ben più di quanto dimostrasse e per cui era disposto a sacrificare qualche ora
in più nel presente, pensando ad un futuro più rilassato; inoltre in
quell'ultimo anno dietro ai suoi studi Retasu era stata molto indaffarata,
dandosi poco tempo per annoiarsi o cedere alla nostalgia con troppa frequenza. Entrambi
erano quel tipo di persone capaci di apprezzare di vedersi per qualsiasi durata
di tempo, pure solo un minuto, e farselo bastare a sufficienza per la volta
successiva.
Per lo meno la maggior parte
delle volte.
« Avevo voglia di vederti. »
Mugugnò piano e la verde si
sciolse in un enorme e dolce sorriso prendendogli la mano e protendendosi
appena verso di lui perché la baciasse.
« Ti va di mangiare qualcosa? »
Pai annuì, sistemandole distratto
la frangetta con una carezza:
« Basta non al Cafè. »
Fece con tono più duro.
« Hai paura di trovare Ayu-chan?
»
A lui guizzò infastidito un
sopracciglio per il modo lievemente canzonatorio della domanda:
« Non sono in vena di sentire
Momomiya che si lamenta per qualcosa o si stuzzica con Shirogane come
un'undicenne – specificò – e con Kotegawa sai bene che ho un limite di incontri
al mese. »
« Non fai ridere. »
Lo sgridò gentile e la sua
occhiata parve contraddirla, non voleva essere una battuta:
« Preferirei evitare di sentirla
borbottare o lanciarmi occhiatacce. »
« Ayu-chan è mia amica. »
Gli ricordò paziente.
« Ti adora. – sospirò e la sua
espressione si addolcì – Penso sia l'unica cosa su cui andiamo d'accordo. »
Retasu prese un deciso colorito
ciliegia sulle guance e lasciò cadere il discorso, sorridendogli:
« Che ne dici di una crêpe? »
Pai le cinse le spalle con il
braccio e rallentò ancora il passo, cosicché lei potesse stringersi a lui
mentre passeggiavano:
« Vada per la crêpe. »
***
La trovò dove aveva immaginato e
la cosa fece guizzare dal nervoso la vena sulla sua tempia sinistra. La donna
non sembrò accorgersi del suo arrivo, occupata a terminare di parlare coi due
uomini di fronte a lei, ma lui sapeva benissimo che lo aveva visto e lo stava
ignorando divertita.
« … E si occuperà il colonnello
Blies della selezione – finì di dettare la donna all'uomo più giovane, poco più
che un ragazzo – occorre che sia tutto predisposto prima che si stabilisca la
prima seduta. »
« Certo, Meryold-sama. »
Annuì annotando sul suo schermo
trasparente.
« Thugar – continuò lei cambiando
interlocutore – posso delegarla di fronte al Consiglio? »
« Riferirò tutto e mi assicurerò
che la cosa sia risolta velocemente. – la rassicurò lui garbato – Voi… Oh,
buongiorno nobile Ron. »
Il generale rispose con un
grugnito tombale e lo sguardo funereo, facendo squittire spaventato il ragazzo
del terzetto; Thugar comunque non fece caso all'espressione feroce dell'uomo e
dopo aver salutato tornò alle sue faccende portandosi via l'intimorito giovane.
Neppure Meryold sembrò preoccupata del fare minaccioso di Ron e rivolgendogli
un sorriso condiscendente si avviò verso la dimora alle sue spalle, incurante
dell'uomo che la seguì con passo da mitragliere.
L'alloggio per i consiglieri
all'interno del Palazzo Bianco era uguale per tutti e il Capo Consigliere non
faceva eccezione, ma in fondo si trattava di strutture più che confortevoli ed
eleganti; per Meryold a dire il vero sarebbe andata bene anche una casa in
città, visto il suo sempre meno attivo ruolo alle riunioni, ma i suoi colleghi
avevano insistito perché non ci fossero cambiamenti e non c'erano state
ulteriori obiezioni.
Con un sospiro esausto Meryold si
accomodò su una sorta di chaise-longue imbottita, la sua preferita, posizionata
sotto una finestra e chiuse gli occhi riprendendo forze, continuando ad
ignorare Ronahuge che torreggiò a mezzo metro da lei come un orso furioso.
« Cosa c'è? »
Si decise a chiedergli con garbo
e potè giurare di vedere l'uomo emettere fumo dalle orecchie:
« Credevo che le mansioni al
Consiglio si sarebbero ridotte. »
« Sono ancora il Capo Consigliere
in carica – gli ricordò gentile – e il progetto per il Pianeta Azzurro è appena
entrato in attivo, non posso non coordinare il Consiglio Maggiore e
l'interscambio terrestre. »
Lui rispose storcendo la bocca e
mostrando i denti.
« In fondo il progetto è stata
una mia idea. »
« Anche fare l'eroina contro
quella mocciosa psicopatica di Lindèvi, ma il risultato non è stato granché. »
Le ricordò cupo; lei roteò gli
occhi e sospirò accarezzandosi protettiva il fianco, dove sotto gli abiti una
fascia di stoffa bianca copriva la ferita causata dall'Ancestrale.
« Tra poco Thugar potrà prendere
il mio posto, è già deciso. »
« Sì, ma tu non migliori nel
frattempo. »
« Oh Ron, per favore. – sospirò
docile – Sono solo stanca. »
« È questo che mi preoccupa. »
Borbottò e si sedette
pesantemente sulla poltrona dirimpetto alla donna, strisciandola sul pavimento
finché con il viso non fu a una decina di centimetri scarsi dal suo, l'aria
così minacciosa che si sarebbe potuto pensare aspettasse il momento adatto per azzannarla.
Lei, appena più pallida del solito, non sembrò temere di essere sbranata e gli
sfiorò una guancia con le dita affusolate, le labbra dolcemente arricciate con
fare furbo che gli strapparono l'ennesimo sbuffo:
« Mi verrà un'ulcera per
sopportarti. »
« Tu hai voluto sposarmi. »
Lo stuzzicò paziente e Ron, dopo
un breve brontolio, le prese con delicatezza le dita nel palmo ruvido e le mostrò
uno dei suoi ghigni da lupo:
« Pensa, tu hai detto di sì. »
« A volte la ferita mi annebbia
un po' la mente. »
« Non fai ridere. »
Lei non sembrò d'accordo e rise
discreta. Non si curò del mugugno di risposta, allungò l'altra mano verso la sfera
dati accanto alla chaise-longue e scorse pigramente le scritte sulla superficie
luminosa; Ron sbuffò ancora tra i denti fregandosi i corti capelli grigi.
« Ho riferito la scelta di
Blies-san al Consiglio. Come supervisore del distaccamento terrestre. »
« Uh – rispose solo brusco –
almeno questa decisione ha dato meno rogne di quella sugli Ikisatashi. »
Meryold mandò un sospiro
divertito:
« Dopo tutto quello che è
successo mi ha sorpresa che il Corpo Disciplinare abbia fatto tante storie per
consentirgli il libero passaggio verso la Terra. »
« Come se fossero una novità le loro
idee brillanti. Sto a capo di una massa di cariatidi dal cervello rinsecchito –
sbottò seccato – anche se visti i precedenti, il fatto che temano qualche
casino da parte di quei tre non mi sorprende troppo. »
Meryold scosse la testa
continuando a sorridere. Rimase qualche momento a sfogliare dati e quindi
sbirciò Ron da sotto in su, allargando il sorriso quando lo vide irrigidirsi
sospettoso.
« Spero che cambino idea, visto
chi ho proposto per la sede terrestre. »
Ron sgranò gli occhi bronzei e
aggrottò la fronte con un lamento esasperato. Meryold rise di nuovo a labbra
chiuse, intrecciando le dita che ancora lui stringeva nella mano con le sue, indifferente
al suo tono cavernoso:
« Tu me lo fai apposta, donna. »
« Mi sarebbe
piaciuto partecipare alla cerimonia, sai? – disse Ichigo sospirando un istante –
Visto che Ryou la vede spesso, anche io posso incontrare un po' Meryold-san. È
sempre stata gentile… E poi un matrimoni jeweliriano mi incuriosiva. »
Ammise ridendo e
l'altro si accodò con discrezione.
« Però a quanto ci
ha raccontato MoiMoi-chan è stata una cosa molto in sordina. – rise ancora e si
sporse sul tavolo bisbigliando – Sai, ha detto che Ron-san sorrideva…! Io non
ce lo vedo a sorridere. »
Ammise e l'altro
rise più convinto, facendola sentire un po' sciocca per quelle parole.
« Beh, non come mi
immagino qualcuno sorridere al suo matrimonio. »
Aggiunse e lui
sorrise.
Lo spazio per allenarsi che aveva
fatto allestire nella stanza degli ospiti del corridoio ovest era davvero
perfetto, doveva ricordarsi di nuovo di ringraziare suo padre – quando lo
avesse incontrato, ovviamente, perciò chissà quando. Prese un bel respiro
quando avvertì i muscoli affaticati tendersi piacevolmente e poi rilassarsi,
tanto che proseguì lo stretching un po' più a lungo del solito, non badando
allo sguardo che avvertì piantato addosso da cinque minuti e anzi lasciandosi
sfuggire un sospiro divertito.
« Hai intenzione di studiarmi
ancora per molto? »
« Qui non c'è nessuno che possa
vedermi mentre ti ammiro, cornacchietta. »
Sorrise Kisshu appollaiato sulla
sedia, il mendo affondato nel palmo:
« E poi lo so che adori essere al
centro dell'attenzione. »
« Quando sono sul palco – gli
fece notare – non quando mi sto allenando. Soprattutto, vorrei esserlo io, non
il mio fondoschiena. »
« Fondoschiena da favola. »
Sogghignò malizioso e ostentò il
seguire con lo sguardo la gamba destra della mora, che lei tese elegantemente in
su contro la sbarra.
« Devo ricordarmi questa posizione per il futuro.
Sembra molto interessante da provare in due. »
Minto incredibilmente si limitò
ad alzare gli occhi al cielo:
« Sei davvero monotematico. »
« Niente lancio della scarpetta
per sgridarmi? – la punzecchiò inclinando la testa da un lato – È successo qualcosa di bello? »
Minto si rialzò lentamente e lo
guardò dallo specchio con un sorrisetto sottile prima di voltarsi:
« Ho avuto la parte. – disse
compiaciuta – Sarò io la protagonista alla rappresentazione di quest'anno! »
Cercò di non apparire troppo
euforica e il verde fischiò allegro:
« Ah sì? »
« Il tuo entusiasmo è sempre
contagioso. »
Fece aggrottando la fronte. Kisshu
sogghignò e le afferrò la mano tirandola verso di sé:
« Non ci si poteva aspettare di
meno dalla Prima Solista del NNTT. »
Minto rilassò un po'
l'espressione sostenuta, ma non gli concesse ancora di avvicinarsi e accennò
qualche passo girandogli attorno:
« Parlo della Carmen da mesi e tu tabula rasa, ma ti
ricordi l'acronimo del teatro. »
« Il novanta per cento dei
balletti ha nomi di donna, mi sarà concesso di fare un po' di confusione. »
Lei sbuffò più seccata di quanto
non fosse e gli piroettò un passo più vicina, mentre Kisshu riflettè alzando esagerato
il mento:
« Aspetta… Aah, ora mi ricordo! »
« Sul serio? »
« Oh, sì. »
Stese un largo sorriso malizioso ripensando
alla mewbird esercitarsi per la parte sul brano della Aragonaise(*), con briosi e
intriganti movimenti di bacino che non era molto abituato a vederle fare;
almeno non quando di solito danzava.
« Mi ricordo – sussurrò furbo
posandole le mani sui fianchi – qualcuno che si muoveva in modo molto più interessante del solito… »
Minto sbuffò in modo così sproporzionato
da farlo scoppiare a ridere nonostante lo schiaffo che gli tirò sul braccio:
« Sei impossibile…! »
Borbottò pur sorridendo e gli
premette tutto il palmo contro la faccia spingendolo via:
« Perché mi sforzo ancora di
parlare di certe cose con te? »
Sapeva che facesse così solo per
il suo vizio infantile di essere dispettoso, ma ancora faticava a non
irritarsi, specie dopo la fatica che aveva fatto per ottenere quella parte;
come prima solista i ruoli da protagonista non erano scontati, e la parte di
Carmen le aveva dato fin da principio filo da torcere, lei che eccelleva opere
in un certo senso "più composte".
« Devo proibire alla tata di
farti entrare. »
« Come se mi servissero per forza
le porte. »
Sottolineò divertito e la
riafferrò dandole un bacetto sulla guancia poco preoccupato del suo brontolare:
« Congratulazioni passerotto. »
« Troppo tardi. »
« Davvero – insisté baciandole la
punta del naso – sono fiero di te. »
« Bah. »
Lui le passò le braccia attorno
alla vita e le lasciò una piccola scia di baci sul collo fino alle labbra, assecondando
il suo tenere il broncio e fingendo di non vederla sorridere appena. Quando
Minto sciolse il suo abbraccio per dissetarsi un po' lo vide incrociare le mani
dietro la nuca con aria titubante:
« Cavolo, adesso mi sento in
colpa. »
« Che intendi? »
« Beh – fece vago massaggiandosi
il collo – avevo una notizia da darti, ma ora mi sembra di rubarti la scena… »
La mora lo guardò sorridere furbo
e sgranò gli occhi incredula:
« Sul serio…?! »
Il verde allargò il sorriso:
« Me l'hanno confermato
stamattina, sono stato selezionato per il distaccamento terrestre. »
Minto s'illuminò in volto e gli
gettò le braccia al collo fingendo di non sentire il suo punzecchiarla per il
raro slancio.
Da quando il portale era stato
riaperto Kisshu passava metà delle sue giornate standosene in mezzo ai piedi
della mewbird, ma aveva dovuto ridurre drasticamente le visite dopo che dal
Corpo Disciplinare d'Armata avevano preteso si stabilisse una politica più
definita sull'uso del passaggio, estesa a tutti i jeweliriani coinvolti nel
progetto del Pianeta Azzurro: il fatto che uno di loro andasse avanti e
indietro per i due mondi come più gli pareva – specie per motivi personali –
non faceva una bella impressione.
Minto non avrebbe mai ammesso
quanto le mancasse la presenza del verde quando non c'era, sapeva benissimo
che, una volta stabilizzato il piano del Consigliere Meryold, andare e venire
da Jeweliria sarebbe stato molto più semplice; però era stato difficile
sopportare con indifferenza i giorni d'assenza, giorni che in certi periodi si
erano trasformati in settimane: la sola presenza di Miki o i messaggi di Seiji
non bastavano a riempire il vuoto della sua stanza.
La notizia di una selezione per
un primo distaccamento militare che si sarebbe trasferito su suolo giapponese
era di un paio di mesi prima. I prescelti sarebbero stati inseriti in segreto
in alcune istituzioni cittadine, al fianco di un ristrettissimo gruppo di
terrestri – i pochi, al momento, che si era riuscito a mettere a conoscenza
dell'esistenza di Jeweliria e del passato della Terra – perché si preparasse il
terreno adatto al contatto e all'integrazione su scala più ampia.
Minto non conosceva altri
dettagli del progetto e sinceramente non vedeva cosa, in concreto, avrebbe potuto fare Kisshu o dove avrebbero potuto
mandarlo, ma saperlo da quel momento in poi a Tokyo per lei era più che sufficiente.
« Quel sorriso è merito mio? »
« Questo sarebbe un buon momento
per fare quella cosa di cui abbiamo parlato spesso… »
Kisshu assunse un'espressione da
diavoletto:
« Intendi quella dove tu stai
sott- ahio! »
« Intendo tenere il becco chiuso.
»
Ribattè la mora lugubre
pizzicandogli la mano, ma lui insisté e la sollevò di peso:
« Potresti darmi la soddisfazione
almeno su quest'argomento. »
« E tu potresti per una volta non
fare il deficiente. »
Rispose in perfetta battuta con
un sorrisetto supponente, poi si accomodò meglio sedendosi sulle braccia di
lui, cinte attorno alle sue cosce, e disse più piano:
« Certo che è per te, scemo che
non sei altro. »
« Bastava la prima parte. »
Minto gli diede un buffetto
leggero sulla spalla e lo guardò sogghignare allegro mentre gli passò le mani
attorno al collo:
« La seconda migliore notizia
della giornata. »
« Non la prima? »
Lei fece una smorfia divertita:
« Non te lo dico. »
Lo vide storcere la bocca
borbottando un noiosa prima di
baciarla e lo abbracciò più forte, sentendo di non riuscire a smettere di
sorridere.
« Viste tutte queste belle
notizie – le sussurrò malizioso, la fronte contro la sua, e le accarezzò deciso
le gambe perché gliele portasse attorno alla vita – potremmo festeggiare. »
« La tua idea di festeggiamenti è
molto limitata. »
Lo apostrofò divertita e serrò le
labbra per mascherare almeno un po' il respiro che tremò quando lui le strinse
fin troppo evocativo le cosce.
« Come se ti dispiacesse,
cornacchietta acida. »
Minto rise di nuovo piano e
Kisshu avvertì una famigliare stretta all'addome, nel sentire la sua voce
spezzarsi deliziosamente mentre l'accarezzò sopra i collant e il body leggero.
Lei gli si fece più vicina che potè, le dita perse sulla sua nuca, e gli
sorrise sulle labbra:
« Certo che non mi dispiace. »
***
Eyner entrò in casa sospirando
sollevato di poter allentare un poco la divisa, per quanto fosse comoda quello
restava uno dei momenti più piacevoli della giornata; aprì la bocca per
annunciare il suo rientro, ma le scarpe nell'ingresso gli fecero cambiare idea
ed entrò in punta di piedi attraverso il salotto, ascoltando il silenzio
dell'abitazione.
Si fermò solo un momento
scorgendo la sua immagine riflessa nello specchio del corridoio, qualche volta
gli faceva ancora strano vedersi vestito così.
L'idea di trasferirsi sulla Terra
lì per lì lo aveva spaventato, in modo positivo s'intende, la vaga agitazione
di quando si sta per affrontare qualcosa di completamente ignoto e bellissimo,
ma aveva al contempo sollevato problemi di natura pratica come il cosa fare di
se stesso. Di certo poltrire in casa non era la sua aspettativa di esistenza,
né dipendere da Zakuro – anche se, a conti fatti, la mora avrebbe potuto
tranquillamente far fare al fidanzato e alla sorellina la bella vita dei
mantenuti – però non era così semplice inserirsi nella società umana dal nulla,
con la sua burocrazia e i pezzi di carta che certificavano l'identità di una
persona; e di sicuro non poteva aspettare che il progetto di Meryold prendesse
forma andandogli in aiuto.
« Costruirsi un'esistenza da
terrestre non è così complicato. – lo aveva corretto Ryou – Basta contattare le
persone giuste. »
« Sarebbe gradito nulla di
illegale. »
« You're not funny, Fujiwara. »
Lo sorprendeva sempre come poche
semplici parole stampate potessero aprirgli tante porte, forse più che la rapidità
con cui aveva scelto che lavoro fare.
Kisshu lo aveva preso in giro per
giorni, il poliziotto gli sembrava una stramba caricatura del mestiere del
soldato e aveva scommesso che il bruno si sarebbe ucciso dalla noia dopo una
settimana. Ad Eyner invece piaceva molto, non poteva dire che lavorare per la
polizia di Tokyo fosse la cosa più eccitante del mondo, ma lo faceva sentire
utile e stare bene aiutando la gente, anche nel piccolo. Senza dimenticare la
piccola vendetta nei confronti dell'amico quando si erano resi conto della
discreta figura del bruno in divisa, almeno a giudicare dall'espressione
compiaciuta di Zakuro e della maggior parte del gentil sesso.
« Ciao. »
« Sury, ciao. »
Lei ricambiò il sorriso spuntando
dalla cucina con un paio di onigiri tra le mani, addentando la cima del primo:
« Fono di fopfa. »
Disse puntando il dito verso il
secondo piano ed Eyner sorrise.
« Ne è avanzato qualcuno? »
Le chiese mentre si avviò alle
scale e indicò il suo spuntino con un cenno della testa.
« Mi fa di no – si scusò lei inghiottendo il boccone – ma ci deve essere
ancora del riso. Te ne preparo un paio? »
Il bruno ammiccò:
« Muoio di fame. »
La ragazzina annuì e tornò
indietro finendo di divorare il secondo onigiri. Sbirciandola intanto che salì
le scale Eyner si trovò di nuovo a sorridere, ogni tanto temeva di averla
scombussolata trascinandola con sé in un nuovo mondo, ma Sury aveva dimostrato
di adattarsi a tutto senza alcun problema, e molto più velocemente di lui.
Lo sguardo grigio-blu, perso nel
rimuginare, scorse sulle poche foto che Zakuro aveva accuratamente scelto da
appendere alle pareti e si fermò su quelle del loro matrimonio.
In verità Ichigo e Purin in un
secondo momento gli avevano confessato che da tempo confabulavano in segreto su
quando gli amici avrebbero deciso in concreto di fare il grande passo, lanciando
scommesse, ma l'annuncio aveva lo stesso colto in contropiede loro e tutti gli
altri scatenando un'eccitazione collettiva fin troppo esagerata; perfino Pai
era sembrato contento – non esaltato, sarebbe stato troppo – e Minto era addirittura
riuscita a non scatenarsi in scenate di gelosia o minacce più o meno velate al
promesso sposo, almeno non in pubblico. Eyner era sempre stato convinto fosse
stato grazie alla decisione di Zakuro di scegliere la mewbird come damigella
d'onore, però si era ben guardato bene dal domandare.
Il matrimonio si era svolto nella
piccola chiesa a cui Zakuro era tanto legata, una tiepida mattina di inizio
settembre. Una cerimonia più che intima, la mewwolf da tempo non aveva più
contatti con i genitori e a Eyner era rimasta solo Sury, le loro famiglie erano
gli amici; la sola persona fuori dal gruppo quel giorno era stata la signorina
Yuriko(**), manager della mora sin dagli inizi, che se
n'era presa sempre cura anche oltre l'ambito lavorativo e per cui ormai Zakuro
provava grande affetto. Eyner non aveva
idea se la mewwolf le avesse raccontato la verità su di loro, sulle sue origini
o quelle degli altri, o se le avesse semplicemente annunciato di stare per
sposarsi, però vedere quella donnina sulla trentina stare in piedi tra loro
rigida dal nervosismo aggiustandosi in continuazione gli occhiali squadrati,
palesemente incerta su come comportarsi nei confronti degli altri invitati e
allo stesso tempo felice e confusa di trovarsi lì, era stato comico. Quasi
quanto vederla disperarsi per la decisione di Zakuro di comunicare l'evento a
chi di dovere – colleghi, produttori e il capo della sua compagnia di idol(***)
– solo a cose fatte, in barba alla propria immagine pubblica, alle reazioni
della stampa, a quelle dei fan o al quasi infarto che avrebbe causato al
direttore dell'agenzia.
« Me lo ricordavo più piccolo
questo posto. »
« Forse perché l'ultima volta,
oltre a noi, c'era un esercito di chimeri-corvo che tu avevi deciso di portarci
in regalo, nii-chan. »
« Scimmietta, è la cornacchietta l'addetta
alle frecciatine velenose, non rubarle il ruolo. »
« La freccia te la lancerò io, ma
fisicamente, se non ti decidi ad andare al tuo posto: tra poco arriverà
l'onee-sama. »
« La damigella d'onore ha
sentenziato. »
Aveva ridacchiato Ichigo
facendosi strada lungo la navata. Minto aveva sbuffato esasperata e borbottato
qualcosa contro entrambi, dando due colpetti con il dorso della mano sulla
spalla di Kisshu per incitarlo a spicciarsi; lui aveva obbedito pigramente e aveva
raggiunto lo sposo, lo sguardo che nel mentre aveva seguito la mora e le
increspature a cascata dell'aderente abito rosa cipria, svolazzanti ad ogni suo
passo.
« Iniziano a piacermi i
matrimoni. »
Eyner era riuscito solo a
grugnire:
« Se hai finito di scannerizzare
il didietro della tua ragazza – aveva borbottato con voce rauca – verresti a
fare il tuo lavoro decentemente per almeno due minuti? »
« Se per questo devo reggerti
quando ti verrà un colpo, avvertimi. Cercherò di mettermi tra te e i gradini,
così non ti spacchi la testa. »
« Quale sarà stato l'aneurisma
che mi ha fatto scegliere te come
testimone? »
Il verde aveva scoperto i canini
con fare da monello e gli aveva dato una poderosa pacca sulla schiena,
strappandogli uno sbuffo lamentoso.
« Un vero damerino. »
Lo aveva ancora preso in giro in
giro studiando il suo completo scuro:
« La lupotta ha vinto alla
lotteria, fortunella! Potrebbe non reggere la vista di un simile fico. »
« Kisshu. »
Quello aveva riso a labbra
chiuse.
« Dai, non puoi fartela sotto. Il
grosso l'hai fatto, hai convinto una delle persone con meno attitudini sociali
che conosca a starsene con te per il resto della vita. Una piccola cerimonia
sarà una bazzecola. »
« So che ne sei convinto, ma non
mi stai aiutando. »
« Ti sto lodando. – aveva
insistito più gentile – E tranquillo, anche se toppassi da qualche parte Zakuro
ti adorerebbe lo stesso. »
Eyner aveva solo sospirato
stancamente concedendogli un sorriso e sentendosi meno nervoso mentre ricambiò
la stretta.
La porta d'ingresso si era aperta
subito dopo, Sury a precedere la sposa con un sorriso fierissimo e un piccolo
bouquet tra le manine; Zakuro era avanzata dietro di lei a braccetto di Ryou, apparendo
come sempre assolutamente a suo agio. Elegante e perfetta nell'abito a sirena,
lo scollo a v e le spalle scoperte
bordate di piccole piume bianche sopra le maniche ad angelo, aveva attraversato
la navata senza tradire il minimo nervosismo, anche se Ryou avrebbe giurato che
la stretta di Zakuro sul suo braccio si fosse fatta più nervosa negli ultimi
metri.
« Damerino, mi sa che ho
sbagliato… Il fortunello che ha fatto tombola sei tu. »
Eyner ricordò di aver risposto
con uno strano monosillabo indistinto, troppo impegnato a non togliere gli
occhi di dosso alla mora e a sorridere con ogni centimetro della faccia quando,
prendendole la mano, l'aveva guardata sorridergli di rimando.
Non sapeva se il termine adatto a
lui fosse "fortunato", ma non aveva alcun dubbio che non si sarebbe
mai più sentito così felice.
Salvo una piccola eccezione.
« Zakuro…? »
Aprì piano la porta della camera
stando attento a non far entrare di colpo troppa luce dal corridoio; la mora
dormiva tranquilla, ancora vestita, con una trapunta tirata addosso alla meglio
e un braccio sporto di lato a proteggere un fagottino di coperte. Eyner
sorrise, le coprì meglio le spalle e fece qualche carezza sul visino del
piccolo al suo fianco, le guanciotte paffute per la sazietà e una manina
stretta attorno all'indice della mora; lei doveva essere davvero esausta perché non si accorse della presenza del
bruno finché lui non le sfiorò affettuoso una guancia, ma in fondo era rientrata
dall'ospedale solo da un paio di giorni.
« … Ehi… »
« Ehi. Scusa, ti ho svegliata? »
Lei scosse la testa tenendo gli
occhi chiusi e bisbigliò con voce roca:
« Quando sei tornato? »
« Adesso. Sono ufficialmente
libero da oggi – la rassicurò sedendosi sul bordo del letto – così potrò darti
il cambio col lupetto. »
Zakuro alzò appena una palpebra
studiandolo con l'appannato sguardo chiaro, un sorrisetto divertito sulle
labbra rosee.
« Porto Sohei di là – le disse
prendendo il piccino, incerto se lei lo stesse sentendo o meno – tu riposati,
va bene? »
La mora rispose con un mugugno a
bocca chiusa, socchiudendo ancora gli occhi giusto per guardarlo mentre la
baciò, e si accomodò meglio addormentandosi in pochi istanti. Eyner andò nella
camera in fondo al corridoio e mise il neonato nella sua culla, restando a
guardarlo finché non smise di agitarsi piano e si rimise a dormire
profondamente: era convintissimo che Sohei assomigliasse più alla madre, anche
se la mewwolf sosteneva in contrario, forse per la sottile peluria sulla sua
testolina, scura e già scomposta proprio come i capelli del padre; per il resto
il bambino era troppo piccolo per dire se avesse o meno un lineamento più della
mora o più suo, solo rispetto al giorno in cui era nato aveva già l'aspetto di un
altro neonato.
« Si è addormentato? »
Eyner rispose con un verso nasale
mentre Sury entrò in punta di piedi e si sporse sulla culla sorridendo sciocca,
allungando poi una mano per sfiorargli la testolina e le orecchie, lievemente
più affusolate di quelle terrestri. Il bruno era stato contento che Sohei non
avesse preso di più quel tratto jeweliriano, non trovava che l'aspetto delle
sue orecchie fosse imbarazzante, ma sarebbe stato complicato nasconderlo per
non destare troppe domande: ancora pochissimi umani sapevano la verità sulla
Terra e su Jeweliria, e lui e Zakuro non volevano certo che il bambino fosse
costretto a girare tutta la vita con un bracciale schermante addosso.
Per
queste sarà sufficiente sistemare i capelli. Quando ne avrà.
Sorrise mentre Sohei aprì un paio
di volte la boccuccia biascicando, l'aspetto in ogni caso era stato l'ultimo
dei pensieri della mewwolf, molto più preoccupata che il bambino avesse
problemi dati dal DNA del Lupo Grigio che lei gli avrebbe trasmesso: Ryou e
Keiichiro fortunatamente – che avevano seguito la gravidanza più dei dottori –
avevano rassicurato entrambi i genitori che, pur avendo ereditato il gene m della madre, Sohei ne era
risultato un "portatore sano", perciò non avrebbe manifestato poteri
o mutazioni evidenti.
« Potrebbe giusto sviluppare un
certo amore per la carne. O i denti adatti per mangiarla. »
Aveva detto Ryou con un
sorrisetto sarcastico guardando velato Eyner e i suoi tratti ferini. Il bruno gli aveva
scoccato un'occhiataccia evitando i commenti, tipo il fatto che alla fidanzata
del biondo spuntasse la coda di un gatto quand'era nervosa.
« Pensi di cavartela fratellone?
»
Il bruno studiò Sury alzando un
sopracciglio:
« Mangia e dorme, ce la dovrei
fare – le sorrise divertito – in caso d'emergenza mando un segnale di fumo. »
La ragazzina aggrottò un po' la
fronte per il tono da presa in giro, poi annuì e si avviò fuori rapidamente:
« Esco prima che Purin nee-chan
vada senza di me. »
« Quando hai finito di dare il
tormento a Irhokay – la stuzzicò il fratello – ricordati di andare a salutare
la senpai. »
« Io non do il tormento a
nessuno! – sbottò lei arrossendo – E poi non ho detto che vado a trovare
Roovy-san! »
Lui la guardò allusivo e Sury gli
fece una linguaccia, il viso scarlatto mentre trotterellò giù dalle scale
arrabbiata dandogli dello stupido.
« Ogni tanto vorrei
fosse più semplice. Per le ragazze, voglio dire. – precisò la rossa dispiaciuta
– Io sono contenta di poter vedere gli altri quando si può, ma per loro a volte
è difficile. »
È dura stare lontani
dalle persone che ami.
Ichigo annuì
sospirando e poi rilassò il viso imbronciato, sorridendo:
« Spero che tutto
sia stabilizzato presto, chi la sopporta più Purin che scalpita per il locale
per tutta la settimana? »
Stavolta lo sentì
ridere di gusto.
I motivi per cui la divisa del
liceo dovesse essere così corta le erano proprio sconosciuti; sbuffò
arrabbiata, era in terribile ritardo eppure non avrebbe potuto correre più
veloce, per non rischiare di fare ammirare tutta la sua biancheria a metà dei
passanti.
Quando arrivò di fronte al
portale – per lo meno, nel punto in cui sapeva trovarsi il portale, occultato
ai passanti – buttò un occhio attorno, ma non vide nessuno. Purin cacciò
indietro la testa quasi gemendo, di sicuro sarebbero arrivate grosse lavate di
capo per aver tenuto il passaggio aperto tanto a lungo, era già la terza volta
quel mese: decisamente non erano incentivi a rendere più morbide le restrizioni
sull'attraversamento.
Trovò in pochi secondi il punto
di ingresso e con un balzo la biondina entrò nel portale; il permesso di
accesso che aveva al polso vibrò impercettibile e lei si sbrigò a spuntare a
Jeweliria prima che il passaggio fosse chiuso, prendendo giusto un secondo di
fiato quando apparve sul prato prima di correre verso il Palazzo Bianco.
Per evitare noie burocratiche in
quella fase embrionale del progetto il Consiglio Maggiore aveva stabilito che,
per il momento, l'apertura e chiusura del portale sarebbero state gestite da un
sistema automatizzato: solo alcune persone, scrupolosamente selezionate,
avrebbero potuto utilizzarlo in autonomia e solo per precisi e rigorosissimi
periodi di tempo, tramite permessi di accesso speciali forniti direttamente
dalla sezione scientifica. Purin dubitava di potersi annoverare nella rosa dei
prescelti, ma qualcuno doveva aver spezzato un paio di lance a suo favore e, in
qualche modo, aveva ottenuto la possibilità di accedere a Jeweliria per
quarantotto ore ogni settimana. Sospettava che ci fosse stato lo zampino di
MoiMoi e Pai in quella decisione del Consiglio, forse per evitare che, pur di
attraversare il passaggio, la mewscimmia si facesse coinvolgere nei viaggetti
illegali di Kisshu.
« Oh, finalmente…! Nee-chan! »
« Sury-chan! »
Purin agitò il braccio in aria e
fece un gran sorriso, la divisa scomposta e la cartella stretta sottobraccio
che minacciò di sfuggirle, arrivando di fronte alla ragazzina senza più fiato:
« Scusa – mormorò appoggiandosi
alle ginocchia – mi hanno lasciata sola al turno di pulizie, non la finivo più.
»
Sury scrollò le spalle tranquilla
e ridacchiò della sua aria trafelata:
« Andiamo? »
La biondina annuì e le due si
avviarono verso il Palazzo Bianco prendendo a parlottare tra di loro. L'andare
assieme in visita a Jeweliria era un'abitudine consolidata da quando i Toruke
si erano trasferiti sulla Terra, all'inizio per dare una mano a Eyner e
controllare che Sury ritornasse senza problemi a casa, poi solo per piacere
della reciproca compagnia tra le due, diventate ormai molto amiche nonostante
la differenza di età.
« Non mi sembra vero che siano
arrivate le vacanze…! »
« È così terribile il liceo? »
Domandò divertita Sury e Purin
mandò un lungo lamento:
« Noioso da morire…! – gemette
esagerata – Come si fa ad interessarsi al Genji
Monogatari(****) quando hai viaggiato per dimensioni
sconosciute e volato per la galassia su un'astronave? »
Guardò la morettina poco
convinta:
« Sei sempre decisa ad andare a
scuola sulla Terra? Hai ancora tre anni per cambiare idea. »
« Non succederà – fece Sury con
un sorriso deciso – e poi, è molto più noioso andare a scuola qui. »
La sbirciò da capo a piedi con
ammirazione e una lucina deliziata negli occhi:
« Non vedo l'ora di mettermi
anch'io la divisa…! »
Purin sospirò e le sorrise amorevole, l'idea della bambina di andare in una scuola
umana a partire dalle medie era suonata molto pratica – vista la sua nuova casa
– e interessante per averla come "cavia" di giovane inserito nel
tessuto umano, anche se la questione era ancora dibattuta nelle alte sfere; la
mewscimmia da parte sua, potendo scegliere, non aveva ancora grandi progetti
per il futuro e dopo quel primo anno scolastico pensava solo che avrebbe
preferito continuare a fare la cameriera al Cafè e badare ai fratellini.
Rallentò un secondo il passo
quando Sury smise di parlare, mordendosi il labbro inferiore e brillando in
viso emozionata:
« Roovy-san! »
La morettina si protese sulle
punte più che potè gesticolando frenetica in segno di saluto verso il soldato
dai capelli rossi che si stava dirigendo nella loro direzione; Purin lo vide
sorridere ad entrambe e ricambiò allegra, cercando di non ridacchiare mentre
ascoltò Sury mormorare tra sé qualcosa circa il fascino del giovane soldato. Roovy
si avvicinò strofinandosi il pollice sul punto dove portava i segni del breve
scontro contro Toyu: era ormai un tic fisso del ragazzo, che mal sopportava il
grosso sfregio che gli prendeva il lato destro del viso fin sopra la palpebra,
quasi quanto l'altra cicatrice, più netta e sottile, che gli attraversava il
volto da metà della fronte piegando in mezzo agli occhi e finendo sulla guancia
sinistra; Sury non era all'apparenza della stessa opinione da come gli sorrise
adorante, le guance di un bel rosso acceso.
« Buongiorno! »
Lui sospirò con aria di
affettuosa rassegnazione:
« Buongiorno… Non ti arrendi mai
eh? »
La bambina rispose scuotendo la
testa allegra.
Dopo la Battaglia della Prima
Luna, Sury era diventata un'ammiratrice devotissima di Roovy, non mancando di
fargli visita tutti i giorni fino alla sua dimissione e anche dopo, scovando
sempre quelle ore in cui potesse stare vicina al rosso senza disturbarlo
troppo; non che a Roovy la cosa desse fastidio più di tanto, Sury era una
bambina dolce, allegra e vivace, e anzi all'inizio lui aveva preso la costante
presenza della piccola sul ridere ed era stato al gioco, come con una sorellina
particolarmente appiccicosa o una nipotina. Finché Sury non aveva dichiarato a
pieni polmoni di essere cotta del ragazzo: Roovy ovviamente, pur con garbo, le
aveva detto chiaro e tondo di no, ma a lei non era parso importare molto né
della risposta né che il soldato avesse quasi nove anni più di lei. La sua
cocciuta insistenza e la sua presenza giornaliera erano diventate una costante tra
i commilitoni di Roovy che non si trattenevano dal prenderlo in giro, mentre
lui si era ormai arreso alla "corte" della morettina aspettando
paziente che capisse e rinunciasse. Cosa che per il momento non sembrava
dovesse succedere a breve.
« Non ti divertiresti di più a
passare le giornate con qualcuno della tua età? »
Domandò il rosso con un sorriso
sghembo e Sury scosse di nuovo la testa:
« Preferisco passare un po' di
tempo con te. »
Roovy sospirò più forte a metà
tra il divertito e il disagio, mentre Purin rise di gusto e ammiccò alla
piccola:
« Dacci dentro, mi raccomando. »
« Certo! »
« Purin-san, così non mi sei
molto di aiuto. »
Lei rise ancora e se ne andò guardando
con la coda dell'occhio Roovy riprendere il suo giro, Sury che pronta gli si
accodò chiacchierando a macchinetta.
La biondina si avviò verso la
parte più interna del Palazzo arrivando fino ai grandi cortili interni; sbirciò
rapidamente i gruppi di soldati e cadetti che stavano terminando le
esercitazioni, ma non riconobbe nessuno e veloce tornò sui suoi passi uscendo
dall'edificio e puntando verso i quartieri.
Il sole si abbassò sull'orizzonte
e l'aria divenne frizzante sulle sue gambe nude, tanto che per l'ennesima volta
si domandò come facessero i jeweliriani a girare spesso e volentieri poco
coperti; come il brunetto che intravide finalmente girato l'angolo.
« Taru-Taru! »
Il ragazzo si voltò sentendosi
chiamare e assunse un ghignetto antipatico:
« Alla buon'ora! »
« Scusa, scusa. »
Fece con una linguaccia lei e poi
guardò sulle sue spalle sorridendo:
« Ciao Tofi-chan. »
La piccola di due anni
abbarbicata sulle spalle di Taruto iniziò a scalciare eccitata e sporse le mani
in fuori salutando:
« Onee-tan! Tao! »
« Ohi! Ehi, mi spacchi le costole con quelle gambette! – mugugnò il
bruno afferrandole le caviglie – Vacci piano! »
La bambina rise forte del suo disappunto
e Purin le andò dietro con gusto quando Taruto, pur borbottando, lasciò che
continuasse ad agitarsi usandolo come trespolo.
Tofi Ikisatashi era diventata una
splendida bimba, vivace e un poco viziatella: gran parte del merito sulla
questione era da incolpare ai suoi amati fratelloni, troppo teneri di fronte al
broncetto tremolante di quando voleva qualcosa, o quando reclamava di voler
giocare o un po' di coccole con la sua andatura goffa e la vocina acuta che
biascicava ancora incerta i loro nomi.
I capelli della piccola avevano
mantenuto le promesse di quando era nata e lei sfoggiava una bella chioma di ribelli
ciuffi castagna, che non facevano che arricciarsi sulle punte; per ovviare in
parte al problema Lasa glieli teneva legati in una coda, oltre alle due
treccine sulle orecchie dell'Appartenenza, ma quelli si ostinavano a piegarsi
in su creando il profilo di una stella attorno al viso tondo della piccola,
dove brillavano due grandi e curiosissimi occhioni della stessa sfumatura
indaco della madre.
« Su, è inutile che fai quella
faccia. – sorrise Purin guardando il brunetto divertita – Tanto non ci crede
nessuno. »
« Possibile che debba sprecare le
ore libere a fare da babysitter a questa peste? »
Insisté a sbuffare e calò
l'accento sull'ultima parola; Tofi gonfiò le guance e gli afferrò i capelli nei
pugnetti:
« Io non ciono una pette! »
Taruto mandò un altro lamento e
la fece scendere borbottando, mentre lei incrociò le braccine torva:
« Sei cattivo. Brutto! »
« Guarda che non mi compri mica
così. »
Sbuffò, palesemente contrariato,
e Purin ridacchiò di nuovo, pure così piccola Tofi sapeva già benissimo dove
colpire; guardò la bambina zampettare dentro e chiamare i genitori a pieni
polmoni e Taruto si infilò le mani in tasca sospirando stanco.
« È stata dura? »
Lui annuì grugnendo:
« Mi chiedo per quanto ancora
dovrò restarmene assieme al maggiore Dertan, è di un pesante…! »
« Vogliono sempre affidarti il
ruolo fisso di istruttore? »
All'espressione entusiasta di lei
il brunetto si grattò la guancia, scostando lo sguardo:
« Dicono che vogliono aumentare
le possibilità di scoprire altri manipolatori vegetali. – annuì vago – Quindi,
visto che ci sono solo io… »
S'incupì sospendendo la frase e
Purin, capendo, tagliò il discorso e sorrise:
« Fino ad oggi sei stato
bravissimo. Almeno a quanto dicono MoiMoi nee-cha e Pai nii-san. »
Lui fece una smorfia torva per
nascondere un leggero imbarazzo e il sorriso soddisfatto spuntatogli in faccia:
« Potresti dirlo più convinta. »
Borbottò e la biondina ammiccò
furbetta per punzecchiarlo. Dopo la guerra contro gli Ancestrali, l Corpo
Disciplinare aveva affiancato Taruto ai maestri dei cadetti nella prospettiva
di poter passare le sue conoscenze ai novellini, pur se non si avessero
certezze che fossero dotati della sua abilità e per quanto lui stesso avesse a
malapena quattordici anni; nonostante i suoi borbottii iniziali il brunetto
stava dimostrando una certa abilità nell'insegnare agli altri, lo trovava
divertente, e dopo due anni i suoi superiori stavano pianificando di lasciarlo
in autonomia. Taruto però era titubante all'idea:
« … Non so se ne sarei capace. –
disse a bassa voce – Una classe di cadetti in due è una cosa, da solo… E io
faccio già fatica con Tofi. »
« Tofi ha due anni Taru-Taru, ed
è la tua sorellina – lo rassicurò Purin – lei è difficile da sgridare. »
Lui rispose con un grugnito
prendendola la mano. La biondina ricambiò la presa e gli si aggrappò al
braccio:
« Sono sicurissima che sarai
bravissimo. »
Lo guardò orgogliosa e lui storse
ancora la bocca compiaciuto. Lasciò che si allungasse in su per stampargli un
bacio sulla guancia – centimetro per centimetro, stava riuscendo a superarla
come si deve – sorridendo un poco e sospirò un'altra volta:
« Sto finendo a fare quello che
faceva lui, sembra quasi che lo stia copiando. »
Purin non fu sicura se la cosa lo
intristisse o meno e lo strinse più energica, allargando il sorriso:
« Se fosse, sono sicura che
sarebbe orgoglioso di te. »
Stavolta Taruto parve chiaramente
in imbarazzo e felice; Purin riprese a ridacchiare e lo baciò sulla bocca,
mandando un versetto contento quando lo sentì posarle il palmo sulla nuca
perché gli rimanesse vicina.
« Ti fermi dopo cena? »
Le domandò piano. Lei, la fronte poggiata
alla sua, arricciò le labbra e sfregò il naso contro il suo annuendo:
« Sury-chan mi ha detto di non
preoccuparsi, che si farà riaccompagnare da Roovy-san. »
Alla frase le scappò un
sorrisetto malizioso:
« E ho già detto ad Heicha e ai
gemelli che avrei fatto tardi, va bene anche se sarà più tardi ancora. »
Disse divertita e poi lo guardò
maliziosa:
« Però dipende tutto da dove
dovrei dormire. Se nella camera degli ospiti oppure no. »
Taruto dapprima arrossì
spalancando la bocca in uno sbotto muto, scattando in su, poi ci ripensò e fece
una strana espressione imbronciata battendo piano la fronte su quella della
mewscimmia, le farfalle nella pancia che si dispiegarono in un frenetico
valzer.
« È proprio una domanda cretina,
scimmietta da circo. »
« Perciò posso avere una risposta
cretina? »
Lui non gliela diede, ma
sogghignò furbo prima di baciarla di nuovo.
Ichigo si
interruppe un momento dal raccontare e guardò malinconica un punto distante, .
Cosa succede?
« … Niente. –
sospirò con rassegnazione – Mi è tornato in mente Sando-san. »
Ao No Kishi non replicò,
studiandola a lungo in silenzio, e Ichigo dopo qualche istante corrugò la
fronte dubbiosa:
« Perché sei qui? »
Parlare di Sando le
aveva ricordato del suo frammento e quello aveva portato la sua mente alla
MewAqua, e ai Melynas. Ao No Kishi sembrò sorridere.
… Oggi è l'ultimo giorno.
Il Dono degli Avi ha consumato la sua energia.
« Oh… »
La rossa sapeva da
qualche tempo che Jeweliria era finalmente risanata e gli altri le avevano
detto che il cristallo, ancora custodito nelle viscere del pianeta, stava per
esaurirsi.
« Quindi sei…
Venuto per gli addii? »
Lui annuì grave.
La mia esistenza è
terminata molto, troppo tempo fa. Il Dono era la sola cosa che mi relegava a
quest''esistenza, senza di esso finalmente potrò scomparire.
Ichigo non riuscì
ad evitare di rattristarsi, ma ancora avvertì che non fosse solo quella, la
ragione della visita del biondo. Ao No Kishi sorrise più sereno, lei avrebbe
osato dire quasi divertito quando la vide inclinare la testa e aggrottare le
sopracciglia confusa.
« Aspetta… Tu e Luz
avevate detto che le vostre essenze erano legate al cristallo, ma che sarebbero
svanite quando Deep Blue l'avesse assorbito. »
Ricordò confusa.
Lui annuì, il sorriso più definito.
« Per questo ti sei
legato al mio frammento. Almeno, così mi hai detto tu. »
Così ti ho detto.
« Quando l'ho
affrontato due anni fa. »
Aggiunse, come per
essere sicura di non stare parlando a caso, e lui annuì di nuovo. La faccia
della rossa divenne ancora più dubbiosa:
« Ma quindi tu… »
MoiMoi sbadigliò e si stiracchiò
in modo scomposto mentre si rese conto dell'ora che si era fatta; sbuffò, gli
conveniva alzarsi e andarsene da solo dal reparto prima che qualche infermiere
simpatico lo cacciasse via, le regole sugli orari di visita erano seguite con
una rigidità snervante.
Guardò ancora l'uomo steso sul
lettino e gli sfuggì un sospiro dolente, cercando di scacciare dalla sua testa
le parole funeste dei medici e la vocina maligna del suo raziocinio che dava
loro ragione.
Posò la mano su quella più grande
di Sando, nonostante la Goccia che Ichigo era riuscita a conservare il verde
non aveva ancora dato un solo segno di svegliarsi, e pure se la sua mente era
di nuovo attiva, più passava il tempo più le probabilità che uscisse
dall'incoscienza diminuivano drasticamente; MoiMoi lo sapeva benissimo, ma non
aveva intenzione di arrendersi né di smettere di sperare, nonostante ogni
giorno in cui le sue preghiere venivano tradite significasse un altro doloroso
colpo alla sua psiche e alla sua sopportazione.
« Finirai per impazzire. »
Quando Pai gli aveva detto così
non lo aveva investito a male parole solo perché il suo tono era stato
sinceramente angosciato, e solo perché lui non ne avrebbe comunque avuto la
forza.
« Forse. – gli aveva sorriso
tirato – Per adesso ancora no. »
Il violetto era consapevole che
quei continui sbalzi d'umore gli avvelenassero l'esistenza, però non andava
oltre quel concetto.
Andava a trovare Sando ogni
giorno appena aveva un momento libero, passando ore in quella stanzetta a
parlargli nella speranza che prima o poi reagisse alla sua voce, o quantomeno che
questa potesse tenere insieme la sua mente. Anche gli altri andavano spesso,
magari per meno tempo e non così di frequente come il violetto, ma MoiMoi
preferiva fosse così.
« Beh, devo andare adesso. »
Studiò il volto del verde con un
sorriso malinconico, sfiorandogli la guancia ruvida: privo della mascherina ad
ossigeno e degli altri orpelli in più pareva proprio dormire, e non erano state
poche le volte in cui il violetto era stato tentato di afferrarlo per il bavero
e strillargli esasperato di svegliarsi. Mandò un accenno di risata amara, le
dita che giocarono con il frammento di Dono che gli aveva legato al collo come
un monile, quindi si chinò a baciarlo:
« A domani bell'addormentato. »
Ti ricordi cosa ti dissi
della grotta nella Città Sotterranea? Quando ti raccontai dei Melynas?
« Che… Quello era
l'unico posto dove avrei potuto vederti – ricordò lentamente lei senza capire –
perché, come luogo in cui si sia attivato il Dono allo stato originale, era
saturo del suo influsso, come una radiazione, e… »
Si bloccò e sgranò
gli occhi nocciola, per niente sicura che l'intuizione che l'aveva colta avesse
un senso, e Ao No Kishi si limitò a sorriderle ancora.
Esatto.
Come i corridoi che avete attraversato, collegati a mondi differenti, uniti
solo dalle Gocce che li avevano attraversati.
Il Dono si lega a ciò che tocca e viaggia. Ogni luogo,
ogni persona.
E
ogni cosa.
Ichigo si tirò a sedere talmente
all'improvviso che per poco non perse l'equilibrio, mettendo la mano troppo sul
bordo del letto; Masha spalancò di riflesso gli occhioni, spaventato dallo
scatto della rossa, e prese a pigolare svolazzandole vicino senza che lei gli
desse udienza.
Gli occhi color cioccolato della
ragazza saettarono alla finestra prima che alla sveglia, il sole era parecchio
basso, come al solito aveva finito per fare tardi e avrebbe avuto poco tempo
per prepararsi, ma non le importò molto.
Saltò giù dal letto in corsa e
scese le scale a due gradini per volta, travolgendo per poco Sakura che stava
andando a chiamarla:
« Tesoro, è arrivato Shir- »
La figlia la doppiò manco fosse
trasparente e si aggrappò al braccio di Ryou prima che lui attraversasse lo
scalino d'ingresso:
« Ginger, watcha…?! »
« Te lo spiego dopo! »
Lo zittì lei e tentò due volte di
indossare i suoi stivaletti, mandando un verso di frustrazione al terzo
fallimento perché troppo agitata.
« Ichigo, che ti prende? »
« Te lo spiego dopo, ora dobbiamo
andare! – insisté e il suo sorriso raggiante lo confuse solo di più – Adesso!
Subito! »
Il biondo si scambiò un'occhiata
dubbiosa con la signora Momomiya che scosse la testa, sconvolta quanto lui,
intanto che Ichigo riuscì a finirsi di vestire e con un sospiro euforico
acchiappò Ryou per un braccio e lo trascinò fuori.
« Sei in moto?! Andiamo con
quella, faremo prima! Però forse conviene chiamare le altre… No, dobbiamo
chiamarle! Tutti! »
« Ichigo, giuro che non mi muovo
da qui se non ti decidi a parlare chiaro. »
Sentenziò Ryou lapidario e fu
troppo frastornato dal suo agitarsi per badare a quanto suonasse ironica una
frase del genere, specie detta da lui a lei:
« Si può sapere che sta
succedendo? C- »
Lei non gli rispose, gli prese il
viso tra le mani e lo baciò ricominciando a strattonarlo perché la seguisse,
convincendolo del tutto che la rossa avesse battuto la testa cadendo dal letto.
« Ora… Ti spiego! Ma è…! Non lo
so…! – rise lei senza fiato – Andiamo intanto! Muoviti! »
***
Il rapido baluginio che arrivò
dalle sue spalle gli fece quasi cacciare un grido dallo spavento. MoiMoi si
voltò di colpo, la mano ancora sulla porta, e si avvicinò di scatto al letto di
Sando cercando attorno una fonte per quel lampo che, era certo, non si era
immaginato, ma non c'era alcuna possibile fonte di luce né lì dentro, né dalla
finestra. Sovrappensiero sfiorò con l'indice il frammento che il verde portava
al collo e mandò uno sbuffo stanco, quella scheggia era vuota da quasi due
anni, poteva rimirarla per tutto il giorno, ma sarebbe rimasta solo un inerme
pezzetto di cristallo trasparente.
Forse
me lo sono immaginato sul serio.
Strinse di nuovo le dita sulla
mano di Sando dandosi del cretino e appuntandosi di mangiare meglio nell'immediato
futuro per evitare allucinazioni, quindi fece per uscire di nuovo.
E capì di non riuscire a tirare
via la mano.
Abbassò lo sguardo sul proprio
polso, una famigliare sensazione di calore, e i suoi occhi dorati si dilatarono
come piattini mentre vide le dita del verde attorno alle sue, in una stretta
così lieve che il violetto temette di essersela solo immaginata, di essere lui
ad avergli preso la mano prima di allontanarsi ed essersi dimenticato di
lasciarla andare.
Sentì un leggerissimo mugolio e
osò sollevare lo sguardo.
Fu come se avesse trattenuto il
respiro per ore per la forza con cui quel sospiro tremante gli esplose sulle
labbra, quando vide Sando socchiudere le palpebre e scrutarlo poco lucido con i
suoi occhi scuri; annaspò un paio di secondi, ridendo e piangendo assieme,
mentre tremante si allungò per cingergli le spalle con le braccia:
« Ci hai messo troppo, razza di
cretino! »
Questo è il mio ultimo
regalo, Ichigo. Purtroppo è la sola cosa che sono riuscito a fare per te, ma
spero basti almeno un poco.
Ao No Kishi si alzò
e le andò incontro fermandosi proprio di fronte a lei. Perfino da quella
distanza Ichigo non riuscì a distinguerlo pienamente, né il suo viso né la mano
che le sfiorò la guancia.
Tu non sai quanto ti
devo, quanto abbia significato per me l'averti conosciuta. Grazie a te, ora
sono libero.
Ichigo lo vide
abbassare gli occhi e sorriderle triste.
Avrei voluto poterti
incontrare per davvero… Non come Aoyama, né come Deep Blue. Avrei davvero
voluto avere la possibilità di incontrarti, almeno una volta.
La rossa sussultò
appena vedendolo chinarsi su di lei, ma Ao No Kishi si limitò a sfiorarle la
fronte con le labbra, un tocco impalpabile attraverso la frangetta.
Spero nella prossima
vita.
Lei
non gli rispose e vide il bianco attorno farsi più intenso, finché di fronte ai
suoi occhi non ci fu altro che luce.
The End
(*)
Mega-nota riassuntiva, altrimenti coi puntini non la si finiva più
^^""…
–
Il New National Theatre Tokyo ( 新国立劇場 Shin
Kokuritsu Gekijō ) meglio
noto come NNTT, la più importante sala per spettacoli in
Giappone.
–
La Prima Solista, in un corpo di ballo, è la
"seconda" a livello gerarchico, e interpreta solamente, appunto, degli assoli, quindi
danza soltanto ruoli da protagonisti o variazioni in cui ballano da soli.
– La Carmen Suite, adattamento dell'omonima
opera di Bisez (grazie ad HP per il suggerimento ♥ ) se volete vedere il
balletto della Aragonaise, here :3 https://www.youtube.com/watch?v=1zsq3eGxDLM
(**) la
manager di Zakuro compare di sfuggita in un paio di episodi e non viene mai
nominata, ma esistono i modelli originali per l'anime del suo personaggio che
ho biecamente sfruttato :P (qui se voleste darvi un'occhiata http://neko-tokyo.tumblr.com/image/108163041924
). Non avendo un nome ^^" ne ho scelto uno che piacesse a me :3
(***) in
Giappone con il termine idol non si
intendono solo le/i giovani cantanti, ma in generale tutte le ragazze e i
ragazzi che hanno una carriera nello show business (carriera che in genere
comprende tutto il pacchetto, canto, ballo, lavori da modelli, recitazione)
(****) 源氏物語lett. "Il racconto di Genji" è
considerato uno dei capolavori della letteratura
giapponese così come della letteratura di tutti i tempi. https://it.wikipedia.org/wiki/Genji_monogatari
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
… Eccoci qui.
Detesto le
conclusioni, sapete? Non solo perché, beh, per loro definizione chiudono
qualcosa :p ma perché non so mai cosa dire ^^"" mi sembra sempre di
fare degli sproloqui inutili ^^""
Crossing è cominciata ben cinque anni fa, tra ritardi e cambi di tempi di
pubblicazione, cinque anni in cui mi sono laureata, mi sono sposata, ho avuto
due bambini (!!! E sti cazz… xD). Ho iniziato progetti con gente che è meglio
dimenticare, ho avuto avventure lavorative con grandi soddisfazioni, ho fatto
amicizia con le due più grandi tuonate che potessi incontrare ♥ due persone a cui voglio più bene ogni giorno
e che mi hanno dimostrato di poter esserci anche dall'altra parte del pianeta
(sempre che io gli porti i dovuti tributi :P scherzo ♥ )
In questa storia ci ho
messo tanto di mio, sia in lettere che in disegni, ormai per me è inevitabile,
non so se più o meno di altri, ma in ogni caso mi ha lasciato tante cose belle.
Tantissimo ridere, tanto piangere, tanto nervoso certe volte xD tanti
personaggi che ora non riesco più a scindere da altri nella mia testa
^^"" (Eyn lo sai che parlo di te ♥ ), altri che mi chiedo se
potrò mai metterli in qualcosa di totalmente originale perché li amo troppo e
non voglio lasciarli solo qui.
Non sperate che smetta di scrivere *evilgrin* sono già all'opera su altre cose
^-^ e l'età non si sta dimostrando un incentivo a dedicarmi ad hobbies più
"adatti" (d'ora in avanti potrò nominarmi "senpai del
fandom", perché porca vacca ho il terrore a chiedere a chiunque sia qui in
zona se è nel range degli enta come
me çwç e se non sono la più becera poco ci manca xD); non so se tornerò con
qualcosa legato a Crossing, forse sì forse no *musichetta mistica* lo potrete
scoprire solo continuando a seguirmi delirare :D
Devo ringraziare
tantissime persone, e quindi ve le cuccate tutte senza storie ♥ !
A K.i.S.,
il boss, il socio, la mia dolce metà torturata che mi ha sopportata,
consigliata, e diciamocelo che ogni tanto si è divertito pure lui ^-^ (anche se
avrebbe voluto più squartamenti e morte ^^"")
A Danya
e Hypnotic Poison per gli svarioni,
il supporto, le perle di delirio inviate (e anche le idee inaspettate ♥
), le discussioni e i suggerimenti sui gusti dei PG e al potere supremo di
coloro che si fregiano dei titoli di RatingRosso e Signora Dei Sith.
Sempre ad HP per le cento menate con l'inglese, e coi balletti, che le devo
ancora una Kishinto zozzosa, ma direi che ti ho portato un fagiolo fino in
Danesia quindi puoi perdonarmi :PPP (Danyucca tornerò anche da te ^-^)
A tutti
i lettori occasionali, i lettori assidui, i fan accaniti con l'ansia da
recensione ♥
A _cercasinome_,19g, Ally_Ravenshade,
Fair_Ophelia, Amuchan, Glaucopide_, zing1611, Yoake, Sonrisa, Rin Hikari, Pepper_Jean, modo, LittleDreamer90, Jade
Tisdale, AceDPortogas, Akatsuki, bianca___, Candy_Spicy, Chocolate90, Flemmi, Francy_0905, Gemini_no_Aki, Giuly chan, Icedragon14, IzukuMidoriya, Marie_, Mizuiro_Chan, Reila1997, sisi3, 30storm, brillante, Cicci 12, Fan of The Doors, FullMoonEris, Ginchan, hola1994, ir3ne_, Jm_jean_sweet14, karter,
laurad, Lettrice di storie, Little
Nightingale, Sara_Chick, stella_17, tathyana, tazzilla, tigre, zakuro_san, Zindziswa, _Li_, Sissi1978 e TheRosablue91
per i commenti, l'appoggio, il delirio
totale xD e per aver messo questa storia tra le preferite, le seguite e tutto
il resto ♥
Null'altro
da aggiungere :3 gentili signori…
Mata
ne ~ ♥!
Ria