Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    17/03/2018    3 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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48° spedizione oltre le mura
 
-Quante zollette mangia quest’essere? – domandai al caposquadra Dieter, sorridendo al mio destriero dal manto beige.
-Sei la padrona del cavallo più goloso della Legione, Claire – egli rispose, accarezzando l’animale. –Sai già a che squadra sei stata assegnata?
Era il dubbio che mi portavo avanti da quella mattina. Non solo, dopo il mio risveglio, un’atroce paura mi aveva fatta sentire una sorta di cadavere vagabondo, ma pregavo affinché mi avessero assegnato alla squadra giusta.
-In realtà ancora no – rivelai.
Il caposquadra esaminò una pergamena su cui, da quanto avevo dedotto, erano riportati i nomi di tutte le reclute. Non appena trovò il mio, aggiunse: -Complimenti, Claire. Tu e Shulz avrete la fortuna di cavalcare proprio al fianco del caposquadra Mike.
La sorte volle che rimanessi nella squadra più lontana rispetto a quella della signorina Hanji. La disposizione dei soldati prevista dal comandante di divisione a quel tempo non era ancora efficace come lo sarebbe stata la celebre formazione ad ampio raggio, da lui elaborata solo qualche tempo dopo, ma prevedeva comunque che il team del caposquadra Mike rimanesse sempre alla sinistra dell’équipe di comando, mentre dalla parte opposta avrebbero cavalcato gli uomini di Hanji.
Nessun contatto tra me e la caposquadra, dunque.
-Delusa? – mi domandò sorridente Dieter –Giusto, la tua amica Ral è stata assegnata all’unità del capitano Levi, non potrete combattere fianco a fianco.
Come se non bastasse, non avrei avuto tantomeno il sostegno di Petra. Mi chiesi quali fossero i criteri secondo i quali le nuove reclute erano state distribuite nelle singole squadriglie, ma era evidente che non sarebbe servito a nulla disperarsi, dato che a distanza di poche ore mi sarei cimentata in uno scontro con i titani.
-Vedrai che andrà tutto bene – mi rassicurò, lasciandomi una pacca sulla schiena prima di tornare dal suo destriero.
Controllai il mio dispositivo di manovra sotto al mantello verde, pregando che, nonostante fosse stato sottoposto a ulteriori controlli obbligatori quella mattina stessa, non presentasse alcun difetto proprio quel giorno; tuttavia, mentre montavo su Edmund, azione che ormai avevo imparato bene a fare a distanza di pochi giorni senza l’aiuto di altri, non riuscivo a rimuovere dalla mia mente il ricordo del mio colloquio di due giorni prima con la signorina Hanji.
Pareva notevolmente eccitata, quella sera, eppure avvertivo un cenno di preoccupazione nei suoi occhi.
-Claire, la verità è che mi dispiace averti messa in questo impiccio – disse, facendomi sedere, come sempre, accanto a lei di fronte la sua scrivania, offrendomi anche una tazza di cioccolata.
-Caposquadra, la mia scelta è stata del tutto arbitraria. Mi assumerò le mie responsabilità quando avverrà il momento.
Non nascondo di aver provato una certa fierezza al proferire quelle parole. Non potevo permettermi di tirarmi indietro come una codarda ad un passo dal giorno fatidico.
-Tesoro, se potessi, ti adotterei! – esclamò euforica. –Dunque, dobbiamo agire con grande scaltrezza. Domattina aiuterai il mio fidato collaboratore Moblit a caricare le mie trappole sul terzo carro della squadra merci. Non deve essere difficile farla franca, a quanto ho capito, nessun soldato di rilievo se ne occuperà.
Il piano di Hanji non aveva mai smesso di intimorirmi, dato che il pensiero che il comandante avrebbe potuto punirmi per aver dato ascolto alla caposquadra non aveva mai smesso di perseguitarmi.
-Ricevuto – dissi, ad ogni modo. –Non mi sembra un’impresa complicata, se è riuscita a coinvolgere anche il sotto ufficiale Moblit.
-Non è stato affatto semplice – sospirò. –Tu spera solamente che Erwin decida di assegnarti alla mia squadra. Non sarà facile attuare il piano se non sei nei paraggi ad aiutarmi, inoltre dobbiamo convincere gli addetti al terzo traino a collaborare con noi… che caos!
-In effetti sarebbe stato alquanto difficile mettere in atto un piano tanto angusto senza disporre della collaborazione di molti. Non l’avrei mai riferito al mio superiore, ma iniziai a dubitare che il nostro trio sarebbe riuscito ad ottenere quello a cui la caposquadra aspirava.
-Signorina Hanji, quante probabilità avremo di riuscire a piazzare le sue trappole senza che nessuno se ne accorga?
-Sfortunatamente poche – sospirò di nuovo, alzandosi dalla sedia e posando i palmi delle mani sullo scrittoio, osservando al di fuori della finestra. –Ma io non perdo le speranze. In qualche maniera, sento che Erwin acconsentirà. Dobbiamo convincerlo dell’importanza di questa cosa.
Perciò, all’alba di due mattine dopo, io e il secondo di Hanji, incerto e tremante, montammo sul terzo carro l’occorrente di cattura ideato dalla caposquadra.
Io e Moblit ci scambiavamo sguardi di perplessità; ma se io cercavo disperatamente di auto convincermi che altro non facevo, se non obbedire agli ordini di un ufficiale, il compagno era pronto a mollare tutto, caricandomi di qualsiasi responsabilità.
-Tutto ciò non mi convince per niente – bisbigliò lui. –Spero che tutto questo sia per una buona causa.
-Lo è, signore – intervenni. –Ciò che dobbiamo sperare è che tutto proceda secondo i piani della caposquadra.
 
Ma una volta che venni a conoscenza di trovarmi in una squadra completamente diversa, i miei dubbi aumentarono considerevolmente. L’unica cosa che avevo apprezzato della divisione di Erwin era stata la scelta di farmi combattere insieme a Gunther e a una mia vecchia conoscenza del 103°, una giovane ragazza dai capelli neri corti di nome Samanda, sotto la guida del caposquadra Mike e del suo sotto ufficiale Nanaba.
-Sono felice di essere capitata con voi – annunciò la giovane, rivolgendosi a me e a Gunther mentre la Legione galoppava verso il distretto di Trost. –Mi sento più sicura.
Le strizzai l’occhio, sorridendo amorevolmente a lei ma anche al mio compagno, sollevata dal fatto che almeno lui, amico fidato di una vita, sarebbe rimasto al mio fianco in ogni caso.
Salutai silenziosamente le colline del Wall Rose, prima di avventurarci ancora una volta nella città. Quel giorno, il distretto parve notevolmente affollato, e la folla ci acclamò allegramente non appena fummo entrati.
A detta di Mike, i preparativi per l’apertura del portone avrebbero richiesto del tempo, assicurandoci che avremmo potuto scendere da cavallo ad aspettare gli ordini di Erwin. Non me lo feci ripetere due volte, scesi dal mio destriero, affidandolo a Samanda e mi diressi verso la squadra del caporale Levi.
Petra era intenta a parlare con lui, come avevo immaginato; sembrò alquanto rallegrata di vedermi arrivare.
-Claire! – mi accolse affettuosamente lei. –Caposquadra Mike?
Annuii. Conosceva il mio desiderio di voler essere assegnata ad Hanji, ciononostante, mi sorrise confortante. –Sei stata proprio fortunata, allora.
-Certo, ma tu considera di essere finita nella squadra d’élite per eccellenza. Sei contenta, vero?
Arrossì come al solito. –Finiscila. Facciamo due passi? A detta del capitano, mancano ancora venti buoni minuti alla partenza.
Acconsentii, avventurandomi con lei per le strade di Trost senza lasciare troppo indietro il resto della Legione, chiacchierando con la mia amica all’infinito. Dopo un po’, ci sentimmo chiamare.
-Ehi, soldatesse? Ve ne andate senza salutare?
Corsi incontro a mio fratello, assalendolo senza esitare neanche un attimo.
-Lex! Brutto idiota! - gli scoccai una lungo bacio sulla guancia, ridendo eccitata.
Petra, nel frattempo, era venuta a salutare il signor Ral, in maniera decisamente più contenuta.
-Ma che ci fate, qui? – domandò la mia amica.
-Non potevamo certamente perderci l’orgoglio di vedervi uscire per la vostra prima spedizione oltre le mura! Siamo fieri di voi, ragazze – spiegò il padre di Petra.
Come facevano ad essere così fiduciosi e tranquilli? Sicuramente l’apprensione di immaginarci alle prese con i giganti non li aveva del tutto abbandonati, eppure erano certi che ce la saremmo cavata per il meglio.
-Hai un aspetto divino, sorellina – giudicò Lex tenendomi tra le sue braccia, osservando il mio adorato mantello verde. –Sembri proprio un ufficiale.
Avvicinai istintivamente la mano ai suoi piccoli ricci neri. –Tu hai i capelli pieni di schegge di legno.
Ridacchiammo insieme alla famiglia Ral. –Abbiamo lavorato tutta la giornata, ieri – sorrise l’uomo accanto a mio fratello. –E stamattina siamo riusciti a ottenere il permesso per venire qui. Non è stato semplice.
-E mamma? – domandò Petra.
-Aveva da fare, purtroppo – spiegò suo padre. –Ti manda tanti saluti, piccola mia.
Il signor Ral accarezzò con amore i capelli ramati della mia amica, fino a che si bloccò di colpo, non appena vide arrivare un soldato dell’Armata.
-Petra, dobbiamo andare – comunicò il capitano alla mia compagna.
-Mi scusi, caporale – si ricompose lei, immediatamente. –Stavo salutando mio padre.
-Il capitano Levi? – domandò raggiante il signor Ral. –Sono il padre di Petra, piacere di conoscerla! Mia figlia non fa altro che parlarmi di lei. In maniera epistolare, si intende. Non la vedo molto spesso.
Il soldato acconsentì a stringere la sua mano sotto il viso color pomodoro del suo subordinato; io stringevo la camicia di mio fratello per non ridere.
-Piacere mio, signor Ral. Ora ci scusi, ma dobbiamo fare ritorno. Tra poco i cancelli si apriranno e… Hares, anche tu qui? – mi osservò lui.
-Buongiorno, capitano. Mio fratello Lex è venuto a trovarmi – risposi alla stessa maniera della mia amica. –Inoltre era ansioso di conoscerla.
-Salve, capitano – mormorò timidamente mio fratello a Levi; come nel caso del signor Ral, quest’ultimo strinse la mano anche a Lex, ma, col suo solito fare insensibile, invitò ancora una volta me e Petra a rimetterci in formazione.
-Hai visto? Te l’avevo detto che ti avrei fatto conoscere qualcuno del Corpo – feci l’occhiolino al ragazzo.
-Ho notato. Sono tutti molto in gamba, in quest’ala dell’esercito – si morse il labbro, poi mi strinse di nuovo a lui. –Tu sei forte quanto loro. Puoi farcela, Claire.
-Io… Non vorrei mai lasciarti solo – bisbigliai tra le sue braccia. -Ho paura di non riuscir…  
-Invece non è così – mi interruppe. –So che non accadrà. Non è un presentimento, è una certezza.
Lo abbracciai a mia volta, ricambiando il sorriso del padre della mia compagna. –Siete il nostro orgoglio – disse commosso quest’ultimo.
Io e Petra li salutammo, facendo poi ritorno ai nostri cavalli. –Considerati già in coppia con Levi. Avete l’approvazione anche di tuo padre – scherzai.
-Claire, quando ti deciderai a piantarla? – domandò infastidita.
-Mai. Buona fortuna! - le lasciai un bacio sulla fronte, scappando incontro alla squadra a cui ero stata assegnata.
-Eccoti, Claire – mi accolse Gunther. –Eri a salutare Petra?
Annuii, e istintivamente avvicinai una mano tremante alla criniera di Edmund, che, percependo il mio stress, sbuffò e si lasciò tranquillamente accarezzare. Ancora una volta rimpiansi di averlo sottovalutato, quel famoso primo giorno in cui ero montata su un cavallo per la prima volta nella mia vita.
-Paura, Claire? – la signorina Nanaba mi aveva chiamata inaspettatamente per nome.
-Un po’, a dirla tutta – le rivolsi un sorriso fragile e un’espressione più preoccupata che mai. Ella ricambiò comprensiva, e anche quel gesto mi sorprese.
-Sta’ tranquilla. Se non ti agiti andrà meglio di quanto tu possa pensare, credimi.
-L’importante è non separarci – spiegò il caposquadra Mike a noi reclute. –State sempre agli ordini e non avremo problemi.
Un po’ più confortata, mi sfregai le mani e impugnai le redini del mio cavallo, attendendo in silenzio, come il resto dell’Armata, l’apertura dei cancelli. Tutto ciò che era possibile udire fu il vociferare dei civili, che di tanto in tanto gridavano e fischiavano per incoraggiare i soldati.  
Un rumore assordante proveniente dal portone principale si elevò, e notai l’angoscia dipinta sui volti di chi come me si apprestava a mettere per la prima volta piede su un territorio dominato dai giganti.
Erwin diede inizio con un grido alla quarantottesima spedizione oltre le mura, ordinando di avanzare, e il resto del corpo rispose con un boato, cavalcando insieme al comandante verso l’esterno di Trost.
Edmund era partito prima ancora che io, con il cuore in gola e le mani momentaneamente paralizzate, potessi smuovergli le briglie; in pochi secondi eravamo già fuori dal cancello: un’immensa pianura si estendeva davanti a noi, ed era possibile intravedere piccole case in rovina nei dintorni. L’istinto mi portò a osservare meglio l’ambiente alla ricerca di qualche forma di vita titanica, ma ciò che più mi colpiva era quel cielo immenso e azzurro che si trovava sulle nostre teste.
Come avevano osato, quei mostri, privarci di quello spettacolo? Il Wall Rose mi parve improvvisamente troppo piccolo, e l’idea che il popolo non potesse vivere oltre le mura di Trost o di Karanes mi oppresse. Improvvisamente mi resi conto ancora di più quanto fosse importante rischiare addirittura la vita per recuperare la metà dei territori che un tempo l’essere umano teneva sotto controllo; rivolsi un pensiero a quei miei vecchi compagni che, per vigliaccheria o per ragioni ancora più banali e superficiali, si erano arruolati nella Gendarmeria, buttando dunque all’aria tre anni di allenamento intensivi. Ma io, invece, mi trovavo proprio lì, a poche miglia da un gigante che non avrebbe esitato un attimo ad uccidermi. Decisi che avrei donato la vita pur di riconquistare il territorio della mia patria, e i giganti non avrebbero ostacolato il mio obiettivo.
-Caposquadra Mike, c’è un gigante a ovest! – gridò Gunther, quasi per ironia della sorte.
Mi girai immediatamente a sinistra e osservai un enorme umanoide camminare lentamente nella nostra direzione a una cinquantina di metri di distanza. Dire che fosse spaventoso sarebbe troppo poco; nonostante nutrissi un sentimento di pura vendetta nei confronti di quegli esseri, fu più che naturale percepire la sensazione che il cuore si fosse improvvisamente fermato. Non saprei dire se per la velocità con cui galoppavamo o per la visione di quel terrificante esemplare; è certo che in quel momento mi venne voglia di vomitare, benché il mio stomaco fosse del tutto vuoto.
–Avanzate. È poco probabile che ci raggiunga, e ricordate che il nostro obiettivo è raggiungere il punto di appoggio previsto da Erwin– spiegò ad alta voce Mike.
-Non lasciatevi intimorire troppo – aggiunse la sua collaboratrice. –Ci saranno ben altre occasioni per rischiare uno svenimento, ve lo posso assicurare.
Il sotto ufficiale Nanaba era una delle donne che più stimavo, eppure non si poteva certo dire che fosse abile a tranquillizzare la gente, né tantomeno a usare un tono cordiale con chi fosse il suo interlocutore. Insomma, era proprio un soldato della Legione Esplorativa.
-Ha ragione, signorina Nanaba – intervenni io, decisa a prenderla come esempio. Il tono di voce non era più tremante e ridotta ad un filo, ma stranamente più decisa. –Non ci lasceremo intimorire da nessun fottuto gigante, e tantomeno faremo sì che raggiunga i carri. Ci impegneremo, glielo prometto.
Osservai Nanaba rivolgere un’occhiata alquanto sorpresa al suo compagno, ma non ero intenzionata affatto a realizzare l’esatto opposto di ciò che avevo detto: nella mia mente, tenevo ben fisso il motivo per cui mi trovavo a galoppare accanto a quei famosi veterani, e avrei dato tutta me stessa nell’impresa di tenere gli anomali quanto più lontano possibile dai traini, che occupavano la zona centrale dell’Armata, dove risiedeva un numero maggiore di vite umane, dalle quali questo genere di esemplari titanici era attratto.
Ci limitavamo a cavalcare avvistando giganti “normali”, che curiosamente ci osservavano, provando di tanto in tanto a rincorrerci senza riuscire a raggiungere la velocità con cui quei magnifici cavalli della Legione si spostavano. Mike li localizzava col suo infallibile fiuto, il che agevolava tutte le intercettazioni.
Poco dopo, tuttavia, intravedemmo un classe quattro metri correre disperatamente nella nostra direzione; fu alquanto terrorizzante vederlo camminare così accanito verso di noi, eppure tale visione mi fece sovvenire quella di un fastidioso ubriaco che eravamo soliti vedere appollaiarsi davanti la bottega del Signor Ral qualche anno prima che io e Petra ci arruolassimo.
-Caposquadra, attendiamo ordini! È vicino, non riusciremo a deviarlo in tempo! - osservò preoccupata Samanda.
Mike non aggiunse altro; ci volle uno sguardo d’intesa tra lui e l’altro veterano affinché i due caricassero di lame le loro spade e si preparassero ad usare il dispositivo.
-Proteggiamo le reclute, Nanaba - spiegò infine.
Volevano che facessimo da spettatori? La nostra presenza era certamente futile per abbattere un esemplare di quattro metri, eppure non avevo intenzione di rimanere a galoppare senza fare nulla. La nostra missione era principalmente agire contro i giganti, non mi ero affatto prefissata di stare a guardare gli altri.
-Qui praticamente non facciamo nulla - brontolai, non appena i due superiori ebbero cavalcato più velocemente verso il titano.
-Ringrazia il fatto che non dobbiamo già sguainare le spade, Claire - ribatté Samanda.
-Esatto. Ci saranno altre occasioni in cui dovremo affrontare un numero di giganti totalmente più elevato - continuò Gunther. -Ora il nostro obiettivo è cavalcare fino a una delle basi logistiche prevista dal comandante. A quanto ho sentito dire da Erd, dovrebbe essere nelle vicinanze di una vecchia torre; se la zona non abbonda di titani, ci fermeremo lì.
Evidentemente il compito più importante della missione era cercare punti di appoggio che, prima o poi, ci avrebbero permesso di raggiungere i confini del Wall Maria senza incombere in continui massacri con i nemici; ciò che magari avrebbe permesso alla Legione di ottenere maggiori risultati rimaneva, come aveva detto Hanji, la cattura di un esemplare. Eppure, quello che non riuscivo a smettere di pensare in quel momento era di prendere parte, appena ne avessi avuto l’occasione, ad un attacco.
Nel frattempo, Mike e Nanaba erano scesi in campo. Il caposquadra fermò il gigante tagliandogli il retro dei ginocchi, permettendo alla sua compagna di intervenire direttamente sulla nuca; non fu un’azione semplice, lo intuii dal fatto che era quasi completamente impossibile, su quel terreno, permettere al dispositivo di manovra di manifestare tutta la propria efficienza.
-Visto quanto è difficile, Claire? - mi fece notare Gunther. -Forse non saremmo mai stati in grado di combattere come hanno fatto loro su un territorio pianeggiante. Aspetta di raggiungere un bosco, se sei così determinata a uccidere la nostra nemesi.
Dovevo averlo lasciato senza parole; fino a qualche ora prima avevo dato di matto in vista di quella spedizione, e in quel momento sembravo più decisa che mai a rischiare di morire. Non sarei stata tantomeno in grado di dargli una spiegazione, poiché io stessa non comprendevo quel mio attuale stato d’animo. In ogni caso, ciò che sapevo era che, in quell’occasione, non potevamo permetterci di essere un peso per i veterani, ma occorreva agire, nel caso fosse servito.
Poco dopo, il nostro gruppo fu raggiunto da un altro cavallo, quello del capogruppo Gelgard. –Mike, abbiamo bisogno di rinforzi! – gridò. –Il nostro gruppo e quello di Lynne è stato preso in assalto da un gruppo di giganti anomali, e due reclute sono… già state annientate, purtroppo.
Udii fin troppo bene la richiesta d’aiuto del capogruppo; fu inevitabile provare una sensazione di puro terrore, in quanto, al sol sentire la parola “recluta”, il mio pensiero andava ai miei compagni più cari. Mi tranquillizzai solo dopo aver ammonito me stessa di non andare in panico, ricordandomi che Petra, Oruo ed Erd erano sotto la tutela del caporale.
-Non c’è troppo tempo da perdere, allora. Nanaba, affido a te il comando – avvisò il caposquadra, galoppando nella direzione inversa, preceduto da Gelgard.
-Signorina Nanaba, non sarebbe il caso che qualcuno accompagni il caposquadra? – proposi io.
-Non contestare, Hares. Non abbiamo tempo per fare gli eroi; nei casi più estremi, qualcuno userà un fumogeno, e noi andremo in soccorso. Pensate a galoppare, adess…
-Signore, un gigante dietro di noi! – urlò Samanda.
Non appena ci voltammo, i nostri sguardi sgomenti ricaddero su un orribile titano intento a seguirci. Diversamente da quello intravisto prima, ebbi l’impressione che questo stesse correndo molto più velocemente, inoltre le sue sembianze erano notevoli rispetto a quelli che avevo visto precedentemente.
-Correte, non fate storie!
Eseguimmo l’ordine, terrorizzati. Mi accorsi che la mia compagna galoppava più lentamente rispetto a noi, forse perché le era stato affidato il compito di trainare un altro cavallo, oltre al suo.
-Samanda, smuovi quel cavallo e galoppa più in fretta! – gridai apprensiva. Le probabilità che ce l’avrebbe fatta scendevano secondo dopo secondo, dato che il mostro gigantesco proseguiva senza sosta nel suo intento.
Previdi bene. Troppo bene. Prima che potessi accorgermene, la mia amica era già stata intrappolata da una mano del gigante.
Non ebbe molto tempo per gridare, Samanda. Nanaba era scattata in suo soccorso in un tempo che a me parve corrispondere a un centesimo di un secondo, e, amputando con un taglio netto l’arto del titano, liberò la mai amica. Gunther si cimentò nella lotta contro quell’essere, e anche io ero pronta a raggiungere il gruppo, prima di rendermi conto che un altro essere titanico, che corrispondeva perfettamente alla descrizione di Anomalo, mi sfrecciò davanti, probabilmente più intenzionato a raggiungere la grande concentrazione umana attorno ai carri o il gruppo di Gelgard.
Cosa dovevo fare? Non potevo certo lasciarlo dirigersi dagli altri, soprattutto dalla squadra in cui era intervenuto Mike, nella quale i soldati erano già stati notevolmente indeboliti. Eppure, non disponevo di compagni, né ufficiali, che potessero aiutarmi. Mi guardai all’indietro: Nanaba proseguiva nella sua lotta, Gunther era andato in soccorso di Samanda, traumatizzata per terra.
Mentre io continuavo a pensare, l’altro non voleva certo saperne di cambiare rotta. Ecco che decisi di non venir meno al mio compito: avrei rischiato il mio tutto, la mia vita, ma avrei impedito a tutti i costi che quel demone mettesse in difficoltà la Legione.
Qualcosa, dentro di me, mi spinse a caricare velocemente le spade, per poi sparare un pistone in direzione di un albero fulminato davanti a me. Il rampino fece centro prima che il gigante potesse allontanarsi dalla sua traiettoria, allorché mi risultò semplice alzarmi da cavallo facendo fuoriuscire il gas; le lame entrarono direttamente in contatto con la carne dei suoi polpacci, entrambi sminuzzati quanto necessario per farlo fermare e cadere in ginocchio.
Centro, pensai. Non avrei aspettato che il dispositivo mi facesse allontanare di troppo, liberai l’arpione sinistro, precedentemente conficcato nel fusto dell’albero, puntando quello destro nella nuca del titano. Ancora pochi istanti dopo e, data la mia agilità, che mi permise di sfruttare a pieno titolo la tridimensionalità, fui in grado di mettere al tappeto con un taglio profondo quell’esemplare.
Dopo essere stato colpito, il gigante sobbalzò sotto i miei stivali. Rimasi a fissare il taglio che gli avevo inferto, poi le spade e le mie mani, entrambe macchiate di un nauseabondo sangue rossastro intento a evaporare.
Il mio cuore batteva all’impazzata, ed ero incapace di muovere un solo muscolo. I miei occhi, invece, osservavano il titano per terra, che bruciava come carne sul fuoco.
Ma dimmi, bastardo che non sei altro, davvero sono stata io a conciarti così? Questo era ciò che avrei voluto chiedergli, se non avessi avuto anche la lingua paralizzata. –Il mio primo gigante… un anomalo?! – riuscii a balbettare, inginocchiandomi sulla schiena dell’esemplare.
Un forte rumore di zoccoli provenne dalle mie spalle. Subito dopo, riecheggiò la voce squillante della capogruppo. –Claire, che ti sei messa in testa! Sali subito sul tuo cavallo, non abbiamo tempo per raccogliere i fiori per terra.
-Agli ordini signore! – fui obbligata a rispondere, aspettando di essere raggiunta da Edmund.
Nonostante il suo solito tono, Nanaba non mi staccava gli occhi di dosso, probabilmente incerta nel domandarmi se avessi svolto io il lavoro sul quale prima mi ero comodamente agiata.
-Claire, ma l’hai ucciso tu? – Gunther, con gli occhi spalancati, fu decisamente più spigliato di lei.
-Sì. Non potevo lasciarlo raggiungere la squadra dei trasporti, sono troppo esposti, per quanto mi riguarda – spiegai con fare serio. Ebbi l’impressione che le mie orecchie fossero infuocate, dato che stavo cercando in tutti i modi di contenere la mia gioia nell’aver compiuto il mio primo abbattimento a distanza di nemmeno mezz’ora dall’inizio della spedizione; ricordai le parole che avevo rivolto al caposquadra Hanji: “questa non è una gara”.
Ora capivo il senso di quell’espressione che Erwin aveva usato durante la sera della scelta dei cadetti. Offrite i vostri cuori. I soldati del mio corpo venivano molto spesso descritti come suicida, come matti da legare. Io invece pensai che, per quanto ogni volta l’Armata subisse un grave numero di perdite, rimaneva sempre, ai più fortunati, la possibilità di essere premiati dalle fatiche. La forza di volontà non è mai uno spreco, e in quel caso mi aveva aiutata a contribuire al proseguimento di quella spedizione senza perdere la vita. Non avrei fatto altro, da quel momento in poi, se non offrire me stessa al bene dell’umanità e di quella meravigliosa famiglia in cui ero stata benevolmente accolta: quella era la Legione Esplorativa.

Spazio autore: buon pomeriggio! Ancora una volta mi tocca intervenire per fare un appunto, stavolta la faccenda è più seria: avendo proseguito in questi ultimi tempi i miei “studi” (chiamiamoli così) sul mondo di Shingeki no Kiojin, so per certo che la famosa formazione ad ampio raggio era stata pensata da Erwin Smith già due anni prima che si svolgessero le vicende che ho inventato e che racconto in questa storia; ciononostante, ho deciso di fare questa piccola variazione della trama, benché io stessa credo che nulla, in una ff, debba essere cambiato rispetto all’opera originale, per un motivo preciso, che svelerò con il proseguimento del racconto. Detto ciò, buon sabato!
 
  
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