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Autore: Myra11    29/03/2018    1 recensioni
Nyx Ulric.
Amico, Generale, Marito, Padre.
Immortale.
500 anni dopo la fine della sua famiglia, Nyx Ulric ritorna ad aiutare la città che ha promesso di proteggere.
Ma non tutti sono coloro che sembrano, e non tutti devono essere protetti.
E Nyx deve ricordare che la luce più intensa genera le ombre più profonde.
[Sequel di Dancing With Your Ghost, ambientata subito dopo la fine.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bahamut, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10
 
Distese nuovamente le ali, e poi le ripiegò sulla schiena, incuriosito da quella novità.
Pensare che quelle ali erano sue, e non della dea era qualcosa di estremamente strano, ma spiegava tutto ciò che era successo da quando gliel’avevano strappata dal cuore.
Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, e vide la magia scivolargli nelle vene sotto pelle, e la cosa lo fece sorridere: ora era sua più che mani.
Inspirare l’odore di carne bruciata gli ricordò la devastazione che aveva causato.
Era stato come un vaso che veniva riempito, ogni schizzo di sangue, ogni tonfo di corpi caduti si erano accumulati, e alla fine non era più stato in grado di trattenersi, e la colonna di fuoco aveva divorato qualsiasi cosa nel raggio di una decina di metri.
Espirò a fondo e si avvicinò ai corpi bruciati, chiedendosi come avessero fatto a trovare la casa.
La risposta gli arrivò quasi per caso, perché i suoi occhi scivolarono su ciò che restava del furgone che aveva fatto saltare in aria, e la vide: la mappa aveva un piccolo punto luminoso, che comprese con orrore, segnava l’esatta posizione della casa.
Imprecò sonoramente raccogliendo la mappa, e ciò che successe dopo fu l’ennesima cosa strana della sua vita.
Vide un laboratorio nel Palazzo, sangue argentato macchiare le pareti, la voce di un uomo e il suono di una lama. Si stava chiedendo che cosa fosse quando la visione mutò di nuovo, e lui capì come avevano fatto a trovarlo: Marcus aveva una mappa in mano, e vi stava facendo cadere sopra del sangue argentato.
«Bahamut…»
Come se la sua voce avesse influito sulla visione, il suo sguardo si spostò di nuovo.
Bahamut sollevò lo sguardo su di lui come se fosse presente nella stanza, e lui vide come Marcus l’aveva ridotta, vide il suo sangue argentato scivolarle sul collo, e una delle sue ali appesa al muro, strappata dalla sua carne.
Imprecò di nuovo e lasciò cadere la mappa, cancellando quell’incubo ad occhi aperti, e sentì la rabbia fargli girare la testa. Aprì le ali, cercando un modo di riordinare le idee.
Trovare Emilia e sua madre.
Armarsi, tornare ad Insomnia.
E massacrare Marcus.
 

 
«Come sapevi di dover venire qui?»
Domandò mentre saliva le scale con cautela, e sentì la madre alle sue spalle.
«Nyx mi ha detto che in caso di pericolo saremmo dovute venire qui. È qui che l’hanno trovato, quindi non lo cercheranno più.» Le spiegò mentre Emilia apriva la porta, e insieme si ritrovarono in quella che era a tutti gli effetti la casa di una leggenda.
Emilia passeggiò lentamente tra i mobili, osservando i soprammobili e le foto sparse in tutta la casa.
Nyx le aveva detto di avere bisogno di vedere i ritratti di coloro che aveva conosciuto per ricordarli, e vedere quante foto e ritratti c’erano nella casa la commosse.
«Non deve essere facile vivere per sempre.» Mormorò Dayanara, e la figlia annuì, continuando la sua esplorazione della stanza e arrivando nel salotto. Era una stanza modesta, ma ogni singolo oggetto trasudava la personalità di Nyx come se lui fosse stato presente, perfino il colore blu intenso delle tende.
«Emi, dove stai andando?» Le domandò la madre dalla cucina notando che si stava ancora spostando, ma lei le fece un cenno distratto. «Va tutto bene, controllo che sia tutto okay.»
La porta davanti a lei la condusse in quella che scoprì essere la camera da letto della casa.
Il letto al centro era matrimoniale, con un comodino accanto e un armadio dalla parte opposta.
Lei aveva conosciuto Nyx con quella specie di divisa che le spade del re gli avevano rifilato, ma vedere la caa dell’immortale la incuriosì.
Così, facendo attenzione a non urtare il vaso di fiori blu notte sul comodino, si avvicinò all’armadio e ne aprì le ante con delicatezza, domandandosi quanto tempo Nyx ci avesse impiegato a trovare un posto dove stabilirsi.
Sembravano vestiti normali, pensò con un sorriso divertito, ed era strano che il loro padrone non avesse nulla di normale.
Vide il tomo quasi per caso, e lo raccolse con il cuore, temendo che potesse sgretolarsi tra le sue mani.
Al mio fianco, di Ignis Scientia, recitava la copertina, e quando lo aprì fu con reverenza, con la sensazione di non doverlo fare e la curiosità pungente del voler sapere.
Il grande disegno nella pagina iniziale era sbiadito ormai, eppure lei la vide lo stesso, la donna dalla pelle chiara e i capelli color del sole. E vide la collana a forma di mezzaluna scintillarle sul collo.
Il rumore di un motore che si spegneva le fece gelare il sangue, e tornò di corsa dalla madre.
Dayanara aveva impugnato la spada che aveva intravisto appesa sulla parete d’entrata, ma Emilia non ebbe il tempo di osservarne l’elsa intarsiata a forma d’ala, perché la donna le fece cenno di stare bassa.
Scivolò come un’ombra accanto alla porta, e si portò un dito alle labbra per farla tacere.
Sentirono i passi insieme, e quando la porta si aprì il passato fece il suo ingresso.
Dayanara sollevò la spada, pronta ad attaccare, ma l’intruso bloccò la lama con il fucile, e Emilia si portò una mano alla bocca per soffocare l’esclamazione di sorpresa.
Conosceva quel fucile.
«Mamma aspetta!» Si alzò di scatto, e incrociò l’uomo che era appena entrato nella casa.
Lui la guardò, poi guardò la donna che aveva ancora la spada alzata contro il suo fucile.
La sua espressione furiosa lo fece sorridere. «Ciao. Non mi aspettavo di trovarvi qui.»
Esordì, mantenendo il controllo grazie all’abitudine di anni.
Dayanara era lì, a pochi passi da lui, bellissima e furiosa come l’ultima volta che l’aveva vista.
E poi c’era lei, uno spicchio di bianco in mezzo al colore, la bambina che aveva deluso, l’unica che aveva protetto.
«Che cosa vuoi?» Fu la moglie a parlare, alzando l’altra mano a bloccare le proteste della figlia.
Lucian abbassò l’arma, e la lama della spada gli si appoggiò alla gola senza esitazione.
Spostò lo sguardo sulla casa, e infine di nuovo sulla moglie. «Sono venuto a cercare Nyx, ad aiutarlo.»
«Balle.»
Quel tono rabbioso lo fece sospirare, ma non poteva dare torto alla donna, dato che lui stesso aveva contribuito alla cattura di Nyx, e al suo sfruttamento. «Lascia che ti spieghi.» Girò il fucile e lo porse alle due donne, sapendo che sarebbe servito a farle rilassare almeno parzialmente.
Emilia afferrò l’arma, e sfiorò l’incisione che la ornava. «Ana…Mamma, abbassa la spada.»
Dayanara scosse la testa. «Non finché non avrà consegnato tutte le armi.»
«Mi fa piacere vedere che non ti sei dimenticata i dettagli.» Esordì mentre estraeva i pugnali dagli stivali e la coppia di pistole dalla cintura. Posò le armi e alzò le mani, e alla fine le due donne cedettero.
Emilia gli fece cenno di sedersi, e Dayanara lo liberò dalla spada alla gola, ma nessuna delle due si avvicinò a lui, e lo tennero a distanza.
«Parla.» Ordinò la moglie, osservando la spiaggia all’esterno con circospezione.
«Sono venuto da solo, e nessuno sa che sono qui.» Esordì Lucian, appoggiandosi al tavolo, indeciso su chi posare lo sguardo. Dayanara lo attirava come un fuoco per una falena, ed Emilia sembrava un diamante.
«Marcus sta…sta esagerando. Ha torturato Bahamut, vuole riportare l’oscurità nel mondo. È pazzo, e l’unico che può fermarlo è Nyx.»
«Ce ne hai messo di tempo.» Mormorò la mora. «Perché ora?»
«Perché Bahamut mi ha ricordato cosa vuol dire essere umano.» Confessò, stringendosi nelle spalle.
Emilia si stava mordendo le labbra, e lui trattenne un sorriso quando la vide sfregarsi un polso, un abitudine che aveva sempre avuto quando era nervosa. «Mi sono fidato di Marcus, pensavo volesse sistemare le cose, riportare l’ordine e il controllo ad Insomnia, terminare i conflitti dopo la morte del re. Mi sono sbagliato, e ne ho pagato le conseguenze.»
Si scambiarono uno sguardo rapido, consapevoli di avere lo stesso pensiero, ma la prima a muoversi fu Emilia. Si alzò di scatto, il fucile del padre tra le braccia. «Ci hai abbandonato.» Parlò con un tono di voce pacato, controllato, e mai come quel momento assomigliò alla sorella maggiore.
Ana aveva sempre tutto sotto controllo, percepiva il mondo come se andasse al rallentatore e lei potesse influire su di esso senza la minima fatica.
«Emilia…»
«Zitto. Piuttosto che affrontare le conseguenze sei fuggito come un codardo, e ora torni e cosa ti aspetti? Che ti riaccogliamo a braccia aperte? Il fatto che tu sia qui ora non ti rende migliore di Marcus.»
Aveva cercato di essere paziente, comprendendo il loro risentimento, ma quella frase gli fece saltare ogni cognizione di causa; si alzò di scatto, afferrò il proprio fucile e, con un movimento derivato da anni di addestramento, usò quella spinta per bloccare Emilia con un braccio, e puntare l’arma da fuoco contro la moglie.
In tutto quel movimento, lei aveva a malapena avuto il tempo di fare un passo.
«Lasciala andare.» Gli sibilò lei contro, la mano stretta sulla spada, ma lui scosse la testa.
Stava esercitando giusto la forza necessaria per tenere la donna ferma, e non le avrebbe mai fatto del male, ma rendersi conto che la moglie non lo sapeva gli causò una fitta di amarezza. «La lascerò andare quando mi avrete ascoltato. Dopo la morte di Ana, e di Cesare, pensavo che Marcus fosse la soluzione. Per proteggere voi due. Lasciarvi è stata la cosa peggiore che ho mai fatto, ma dovevo. Dovevo credere che Nyx non avesse un cuore, che non fosse umano. E poi si è messo in mezzo all’esecuzione, per proteggere un padre e sua figlia.» Non distolse lo sguardo da Dayanara nemmeno per un istante, e lei sostenne i suoi occhi senza un’ombra di cedimento.
«Ho visto cosa vuole fare Marcus. Ho bisogno di Nyx. Maledizione, probabilmente tutto il mondo ha bisogno di lui.»
«Beh…» Intervenne una voce dall’entrata che li sorprese tutti. «Non sarebbe la prima volta.»
  
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