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Autore: Signorina Granger    05/04/2018    9 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
[Prequel di “Magisterium”]
Hogwarts, 1933: prima di Harry Potter, dei Malandrini, di Tom Riddle, quando Albus Silente non era ancora Preside e il nome di Grindelwad spopolava in Europa, disseminando terrore.
Quando Charlotte Selwyn, Regan Carsen e William Cavendish invece che insegnanti erano solo tre studenti come tanti altri, alle prese con studio, amicizie e non, obblighi e soprattutto demoni da affrontare.
[Per leggere e/o partecipare non è necessario aver letto “Magisterium”]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 22: Compleanni e piccole vendette
 
Mercoledì 7 Maggio 



Adela stava seduta sul suo letto, ancora in camicia da notte e i capelli castani leggermente arruffati mentre leggeva con un accenno di sorriso sulle labbra i biglietti che aveva trovato infondo al letto, allegati ai regali che aveva ricevuto e che doveva ancora scartare.

“Sei ancora lì? Faremo tardi!”
“Non cascherà il mondo per una volta, è il mio compleanno!”

Charlotte, che era appena uscita dal bagno impegnata a spazzolarsi i capelli castani, abbozzò un sorriso e si avvicinò al letto dell’amica, sedendo accanto a lei:

“Va bene Signorina Quested, lo dirai tu a Silente?”
“Ho quasi finito, poi mi cambierò in un lampo, giuro.”

“Come stanno i tuoi genitori?”
“Bene. Mia madre ti saluta.”

Charlotte si abbandonò sul materasso, appoggiando la testa sul cuscino dell’amica mentre si rigirava distrattamente la spazzola tra le mani, pensierosa. Parlò solo dopo qualche istante di silenzio, rivolgendo un’occhiata di sbieco all’amica:

“Hanno più detto nulla a proposito di Heslop?”
“No, credo che l’argomento sia stato chiuso durante le vacanze di Pasqua. Ci tenevano e so che ne sono rimasti delusi, ma per fortuna hanno capito e non hanno insistito. Sono sicura che adoreranno Thor.”

“Tutti adorano Thor! Piace anche a mia madre. Quel ragazzo è così educato!”
Charlotte roteò gli occhi mentre Adela, ripiegando con cura il biglietto dei genitori, sorrideva appena e si alzava per mettersi la divisa. Sul letto, intanto, Charlotte non si era mossa di un centimetro e ora osservava il soffitto del baldacchino con la fronte aggrottata, come se fosse stata colpita da una nuova consapevolezza:

“In effetti anche tu piaci a mia madre. E anche Aurora… e anche Evangeline! Le piacciono praticamente tutti i miei amici!”
“Beh, questo è un bene, no?”
“Sì, peccato che passi il tempo a ricordarmi quanto tu e Aurora siate gentili e beneducate… Charlotte, smettila di gesticolare, da chi l’hai imparato? Stai seduta composta, non prendere i cani in braccio! Mi consolo pensando che almeno Kat vive in una situazione simile. Quello non lo leggi?”

“Dopo. Mi passi la cravatta?”

Charlotte si alzò dal letto e lancio la cravatta blu e nera all’amica, guardandola allacciarsela intorno al collo con un sopracciglio inarcato e un debole sorriso sul volto:

“È del tuo amico del cuore?”
“Sì, è di Aziz, e non ricominciare, ti prego.”
“Scusa mia cara, ma se sei così cieca da non renderti conto che ha un debole per te mi sento in dovere di informarti. Cosa direbbe Thor se lo sapesse?”
“Non direbbe niente perché non è così. Ronny non lo sopportava, ma voglio bene ad Aziz e vorrei che lui e Thor andassero d’accordo, quindi tieni le tue insensate teorie per te.”

“Insensate un corno, basta leggere le lettere che ti scrive per capirlo, anche senza che io l’abbia mai visto in faccia! Ti sei mai chiesta perché Ronny non lo sopportasse? A parte perché lui è indiano e probabilmente lo ritiene inferiore a voi, certo… Cielo Adela, prima o poi mi ritroverò a gestire la tua fila di spasimanti come uno vigile in piena Londra!”

Adela sbuffò e la prese per un braccio prima di dirigersi a grandi passi verso la porta della stanza, il biglietto dell’amico indiano infilato in tasca e ignorando i commenti della compagna.


*


Regan stava raggiungendo l’aula di Astronomia insieme a Stephanie quando un ragazzo a lui molto familiare gli si parò davanti, scusandosi ma assicurando che era importante prima di prendere la bionda per un braccio e costringerla a seguirlo qualche metro più in là nel corridoio gremito di studenti, lasciando l’amico sbigottito ma senza dargli il tempo di indagare:

“Gabriel, cosa c’è?”
“Riguarda Elena.”
“È successo qualcosa?”

“No, non preoccuparti… non abbiamo più parlato della sua famiglia, credo che il divorzio stia procedendo. In realtà, volevo chiederti una cosa: tra meno di due settimane è il suo compleanno e tu la conosci meglio di chiunque altro… hai qualche consiglio per il regalo?”

L’espressione tesa sparì dal volto della ragazza, lasciando il posto ad un sorriso radioso mentre guardava il ragazzo quasi intenerita:

“Avrei dovuto immaginarlo. Chi avrebbe mai pensato che fossi così dolce, Greengrass?”
“Eravate voi ad essere piene di pregiudizi, in realtà. Allora, mi aiuterai?”
“Certo, ci penserò e domani ti farò sapere.”

Stephanie annuì, sorridendo al ragazzo prima di voltarsi e tornare da Regan, che l’aspettava con le mani in tasca e lo sguardo carico di curiosità:

“Cosa voleva Gabri?”
“Nulla, chiedermi una cosa per Elly… non sarai mica geloso del tuo amico, vero Reg?”
“Ma figurati.”

Regan sbuffò debolmente mentre la bionda lo prendeva sottobraccio e, continuando a sorridere con visibile divertimento, entrava nell’aula insieme a lui.

“Certo, scusa, che stupidaggini vado dicendo…”


*


“Evangeline, vuoi rallentare?! È presto per correre!”

Aurora gemette mentre affrettava il passo per cercare di stare dietro all’amica, che sfrecciava tra la folla di studenti con una facilità disarmante, visibilmente impaziente di arrivare in classe:

“Non voglio arrivare tardi per Astronomia, sai che ci tengo!”
“Sì, ma la mia testa è ancora sotto le coperte e le mie gambe desiderano tornarci, non muoio dalla voglia di correre!”
“Dovresti ringraziarmi, ti faccio smaltire la colazione!”

Aurora sbuffò, borbottando che le sarebbe servito un altro brownie per riprendersi dalle scale che l’amica le aveva fatto salire di corsa mentre raggiungevano finalmente la porta giusta, affrettandosi a seguire i compagni in classe.
Jack aveva tenuto il posto ad Evie e la bionda lo raggiunse con un sorriso, così ad Aurora non restò che lasciarsi scivolare con un sospiro sulla sedia vuota accanto a Sean, che le sorrise con aria divertita:

“Buongiorno. Già stanca?”
“Io mi sono svegliata già stanca, Sean. Accidenti ad Evie… non hai un brownie nella borsa, vero?”
“No, per queste cose hai chiesto al Selwyn sbagliato, temo.”


*


Beatrix smise momentaneamente di scrivere sul suo rotolo di pergamena per lanciare un’occhiata speranzosa all’orologio appeso sul muro alle spalle della cattedra, inclinando le labbra in una smorfia tetra e carica di delusione nell’appurare che la lezione era solo giunta a metà. 
La bionda sospirò prima di tornare a concentrarsi su ciò che l’insegnante stava dicendo, lanciando un’occhiata di sbieco a Katherine che, seduta accanto a lei, non stava scrivendo già da qualche minuto.

Beatrix sgranò gli occhi quando si rese conto che l’amica stava leggendo un libro – e capì perché la Grifondoro avesse insistito per occupare uno dei banchi infondo all’aula –, e anche con evidente interesse, senza prestare particolare attenzione alla lezione di Incantesimi in corso.

“Kat! Smettila di leggere in classe, prima o poi ti beccheranno!”
“William Cavendish a volte DORME e io non posso leggere?! Almeno faccio qualcosa di stimolante per il mio cervello. Finisco il capitolo, un momento.”

Beatrix sospirò, scuotendo il capo e decidendo di lasciar perdere prima di riprendere a scarabocchiare sul suo rotolo di pergamena. Accanto a lei Katherine tornò a concentrarsi sul libro che teneva sulle ginocchia, divorando le righe con lo sguardo per andare avanti con la lettura il più rapidamente possibile. 

O almeno, finché la voce tagliente ed eloquente dell’insegnate non le fece gelare il sangue nelle vene:

“Signorina Burke, trova la lezione interessante?”

Beatrix sospirò leggermente mentre Katherine si affrettava ad alzare lo sguardo, rivolgendo alla cugina un’occhiata con cui le disse silenziosamente che glie l’aveva detto mentre la Grifondoro abbozzava un sorriso:

“Naturalmente.”
“E di cosa stiamo parlando, me lo sa dire?”
“Dell’Incantesimo di Disillusione e dei suoi effetti collaterali se applicato scorrettamente, professoressa.”

Katherine, per nulla a disagio, sostenne senza battere ciglio lo sguardo della professoressa, forse abituata dopo essere stata colta in flagrante in passato da sua madre. E niente era più agghiacciante dello sguardo gelido di sua madre quando la beccava a fregarsene dei pranzi che organizzava.

“Certo… e immagino che il libro che ha sulle ginocchia parli proprio di questo.”

“In effetti no, ma stavo semplicemente controllando di non averci lasciato dentro il figlio con gli appunti della scorsa lezione… sono molto disordinata.”

Il sorriso angelico non vacillò sulle labbra di Katherine mentre, un paio di file più avanti nella colonna a destra di banchi, William si lasciava sfuggire un debole sbuffo, sibilando qualcosa a mezza voce in direzione di Ronald:

“Certo, stava controllando da dieci minuti…”
“Ha detto qualcosa, Signor Cavendish?”

“Professoressa, le assicuro che l’aveva appena aperto! Le ho chiesto poco fa se potesse farmi vedere i suoi appunti.”

Charlotte si stampò un sorriso tirato sul volto e alzò leggermente la mano, attirando così l’attenzione della Direttrice della sua Casa su di sè:

“Signorina Selwyn, ha per caso conseguito una laurea una Magisprudenza?”

Charlotte si trattenne dal sbuffare apertamente e far notare alla professoressa che per una volta lei era totalmente e assolutamente innocente, limitandosi a borbottare qualcosa con leggera irritazione.
Certo, Cavendish poteva fare tutti i commenti che voleva e nessuno gli diceva nulla 


“No professoressa, volevo solo...”
“Allora le consiglio di non fare l’avvocato della sua amica. Cosa stavo dicendo, Signor Cavendish?”

“Oh, nulla, solo che dalla copertina oserei dire che quel libro è un romanzo Babbano, non vedo come degli appunti potrebbero esserci finiti dentro. E Charlotte, tu non lo stavi leggendo l’altro giorno? È per caso tuo?”


Charlotte aveva imparato, in 17 lunghi anni, ad esitare prima di agire se si trovava in situazioni di un certo tipo, come in classe o a casa sua, di fronte ai suoi genitori.
Il che fu una vera fortuna in quella mattina di Maggio, perché mentre contraeva la mascella e osservava il Serpeverde con visibile astio si ripetè che non poteva trasformarlo in un Avvicino, -anche se di certo Silente le avrebbe fatto i complimenti – o meglio ancora prendere quel libro e farglielo mangiare. 
Oppure avrebbe potuto colpirlo proprio su quella faccia da schiaffi che la fissava con una nota di soddisfazione, ma dovette limitarsi ad immaginare quegli scenari piacevoli prima di sibilare qualcosa a mezza voce:

“Non so di che parli.”
“Professoressa, davvero, è come dice Charlot-.”

“Accio.”

Il libro sfrecciò dalle mani di Katherine per planare in quelle della Hobskins, che dopo aver letto il titolo con un sopracciglio inarcato sospirò e lo lasciò sulla scrivania prima di parlare con tono neutro:

“Direi dieci punti in meno a Grifondoro per fondare ogni dubbio. I libri Babbani possono essere letti in Biblioteca, signorina Burke. E cinque punti in meno anche all’avvocato delle cause perse lì infondo.”

“COME SCUSI?!”
“E il libro lo tengo io fino a domani, ovviamente.”

“Come?! Non può farmi questo, Beth March stava malissimo, devo sapere se morirà!”
Katherine sgranò gli occhi con orrore, parlando in un sussurro affranto mentre Adela, dall’altra parte dell’aula, spostava lo sguardo da un William sogghignate ad una Charlotte che teneva gli occhi verdi fissi su di lui con fare poco rassicurante.

“Oh oh. Credo che dopo il succo e la punizione che le ha fatto prendere denunciando di averla vista entrare al Club dei Duellanti questa sia stata la goccia di troppo…”
“Dovremmo aspettarci di vederla pianificare vendetta a breve?”
“Direi che lo sta facendo già adesso.”

 
“Beh, mi dispiace ma io te l’avevo detto…”
“Beatrix, dopo. È tutta colpa di Cavendish, dannazione!”


*


“Ho parlato con Beatrix, ma non ha voluto dirmi la parola d’ordine. Quella ragazza è troppo di buon cuore, ma come fa ad essere mia parente?!”
“Se Beatrix non te l’ha detta pazienza, ci giocheremo il pezzo da novanta.”

“Ovvero?”
“Il mio fratellone. Stasera a cena ti dirò la parola d’ordine, non temere Kat.”

Charlotte piegò le labbra in un sorriso – o forse sarebbe stato meglio dire un ghigno – così poco rassicurante che Katherine si ritrovò a ringraziare il Fato per averle rese amiche: in quel momento non avrebbe voluto trovarsi nei panni di un certo Serpeverde per nulla al mondo.

“Mi ricordi perché TU non la sai, visto che sei Capitana di Grifondoro?”
“Ehm, ci vado così di rado che temo di averla scordata. Beatrix mi dice sempre di scrivermi tutte le parole d’ordine su un foglio, ma lo perdo in continuazione.”

“Fa niente, ce la caveremo per altre vie. Ci vediamo stasera, adesso ho Aritmanzia.”
Charlotte sorrise all’amica, che annuì e le rivolse un’occhiata incerta mentre mormorava che lei doveva andare nel parco per Cura delle Creature Magiche, salutandola prima di guardare la Corvonero girare sui tacchi e allontanarsi con fare allegro.

Troppo allegro, in effetti.



*


“Cosa state combinando tu e Stephanie?!”
“Ciao anche a te tesoro. Ti siedi con me?”

Gabriel sorrise docilmente e alla fidanzata, facendole cenno di prendere posto accanto a lui mentre Elena incrociava le braccia al petto dopo esserglisi piazzata davanti al tavolo dei Serpeverde, osservandolo con sguardo sospettoso:

“Prima mi dici di cosa parlavate poco fa, e questa mattina prima di Astronomia.”
“Di nulla, cose di scuola.”
“Davvero?”
“Certo. Ti fidi così poco?”
“Certo che mi fido poco, conoscendoti potresti avermi organizzato un terribile scherzo! Mi hai piazzato un petardo sotto al materasso per mano di Steph, per caso?”

“Non farei mai una cosa simile! O meglio, l’ho fatto a Jack l’anno scorso, ma non lo farei ad una signorina. Coraggio, siediti e non pensare sempre al peggio.”

Gabriel sorrise innocentemente alla rossa, che dopo un attimo di esitazione annuì e prese posto di fronte a lui, lasciando che allungasse le mani sul tavolo per stringere le sue.
“Va bene, scusa. È solo strano vedervi parlare da soli.”
“Non sarai mica gelosa della tua amica, vero Elly?”

Gabriel inarcò un sopracciglio e il suo sorriso aumentò, così come il suo divertimento, quando vide la rossa sbuffare e scuotere il capo quasi con stizza, parlando con supponenza:

“Non dire assurdità! Io non sono gelosa di nessuno.”
“Immagino che le occhiate che lanci a Giselle quotidianamente allora siano frutto della mia immaginazione.”
“Esattamente, vedo che cominci a capire.”


*


“Cosa stai leggendo?”
“È il biglietto di auguri di Aziz.”

Adela si voltò quando sentì la voce di Hector, che prese posto accanto a lei sulla panca in Sala Grande e aggrottò leggermente la fronte al sentire quel nome:

“Capisco. Cosa dice?”
“Niente, mi chiede come vanno le cose qui e mi racconta di Chandrapore. Un po’ mi manca.”
“Chi, il tuo amico?”

“Parlavo di Chandrapore!”
Adela sbuffò leggermente e assestò un colpetto sul braccio del ragazzo di fronte al suo tono quasi seccato. Fece per dire ad alta voce che forse infondo Charlotte aveva ragione – disgraziatamente, odiava vederla compiaciuta quando lo riconosceva – ma poi cambiò idea, decidendo di lasciar perdere d di cambiare argomento in fretta: ora che ci faceva caso, non la vedeva da un po’ .

“Un momento… dov’è Charlie?!”


*


Dopo aver scorto Sean e Aurora studiare in mezzo a molti altri studenti Charlotte si fermò, esitando per qualche istante dietro ad uno degli scaffali dedicati a Storia dell Magia.
La Corvonero respirò profondamente e poi chiuse gli occhi con decisione, riaprendoli poco dopo; sbattè le palpebre per un altro paio di volte, finché un sorriso soddisfatto non andò ad incresparle le labbra nel sentirsi gli occhi lucidi. 
Poi, si schiarì la voce e fece sparire quel sorriso rapidamente così come era apparso prima di muovere qualche passo avanti, avvicinandosi di corsa al fratello e parlando con tono grave:

“Sean!”
Il ragazzo si voltò immediatamente sentendosi chiamare, sgranando gli occhi chiari nel vedere la sorella in lacrime mentre gli andava incontro:
“Charlie? Cosa è successo?”

Charlotte non rispose subito, abbracciandolo e sedendo sulle sue ginocchia mentre nascondeva il viso nell’incavo del suo collo, sentendo una mano del fratello sfiorarle la schiena e l’altra tra i suoi capelli:

“Charlie? Stai bene? Guardami.”  Sean la costrinse ad alzare lo sguardo per incontrare il suo, mentre Aurora seguiva la scena in silenzio, a metà tra il confuso e il preoccupato, con la penna ancora in mano. Charlotte sollevò una mano, asciugandosi le lacrime prima di parlare con voce flebile:

“Scusa. Non volevo disturbarti e so che non è il luogo, ma avevo bisogno di un abbraccio. È così… irritante!”
“Ho sempre tempo per te. Che cosa c’è?”
Sean le sorrise, così dolcemente da farla sentire quasi in colpa – se non fosse stato per vendicarsi di quel Lord da quattro soldi avrebbe anche fatto cadere la maschera –, mentre sollevava una mano per accarezzarle i capelli, invitandola a parlare.
E la Corvonero, dopo una breve pausa ad effetto, obbedì con somma gioia:

“Non lo sopporto davvero più, Seannie. Questa volta ha superato il limite!”
“Chi?”
“Quell’idiota!”
“Quale idiota?!”

“Cavendish! Giuro, io mi faccio gli affari miei e cerco di non dargli fastidio, ma a quanto pare darmi il tormento è il suo nuovo hobby. Prima, a lezione, mi ha fatto perdere punti e mi sono guadagnata una strigliata dalla Hobskins per niente… per non parlare della punizione dell’altro giorno! Ma non posso dire o fare niente, è il cocco degli insegnanti.”

“Charlie… lo sai che non gli piaci. Ignoralo.”
“Sì, beh… mi faresti un favore? Ho bisogno di rilassarmi e stare un po’ da sola.”

“Cosa vuoi?”
“Mi diresti… la parola d’ordine del Bagno dei Prefetti? Insomma, tutti non fanno altro che parlare di quella vasca, vorrei vederla anche io. Non mi farò vedere da nessuno, giuro! Non finirai nei guai per colpa mia.”

Sean esitò e sembrò rifletterci ma poi, di fronte allo guardò speranzoso ed implorante della sorellina, annuì, cedendo:

“Va bene. Dopo te la scrivo, qui sentirebbe mezza scuola.”
“Grazie. Ti voglio bene.”

Charlotte gli diede un bacio su una guancia prima di salutare Aurora e allontanarsi sotto lo sguardo del fratello, mentre Aurora sorrideva appena, guardandolo intenerita:

“È sempre divertente vederla farti fare quello che vuole.”
“Lo so. Non so dirle di no, purtroppo.”

E non sapeva nemmeno accorgersi quando recitava, si disse Aurora con un debole sorriso, abbassando lo sguardo per continuare a fare i compiti di Trasfigurazione che Silente aveva assegnato loro quella mattina.
Era piuttosto sicura, in effetti, che l’amica fosse in grado di piangere a comando… ma non voleva essere lei a dirlo al suo amato fratello maggiore.

“Comunque, se non la smette di dar fastidio a mia sorella lo concio per le feste. Me ne frego se è il mio Capitano.”
Aurora sorrise e allungò una mano per metterla su quella del ragazzo mentre Sean osservava il suo rotolo di pergamena con astio, la fronte aggrottata con irritazione.
“Calmati fratello orso, Charlie sa badare a se stessa… anche troppo bene, oserei dire.”


*


Katherine Burke aveva fatto parecchie cose poco consigliabili da quando era ad Hogwarts, quasi sempre a causa delle numerose sfide che Gabriel era solito lanciarle.
Quella sera, tuttavia, mentre scendeva rapidamente le scale senza far rumore per raggiungere il quarto piano Gabriel non c’entrava assolutamente nulla. 

Trovò Charlotte ad aspettarla, appoggiata al muro accanto alla statua di Boris il Basito, e la Corvonero le sorrise, apparentemente affatto nervosa. 

“Ciao Kat.”
“Ciao… vieni, di qua.” Katherine le fece cenno di seguirla, portandola di fronte alla quarta porta a sinistra della statua prima di voltarsi verso di lei, un sopracciglio inarcato e parlando con una leggera nota di preoccupazione nella voce:

“Sei sicura che verrà qui?”
“Al 98%, pare che dopo gli allenamenti il nostro caro amico venga sempre qui a farsi il bagno… e al momento, come sappiamo entrambe, i Serpeverde sono al campo.”

“Come fai a sapere che viene sempre qui?”
“Facile, non fa altro che pavoneggiarsi dall’inizio dell’anno perché ora può usare questo bagno, l’ho sentito dire più di una volta quanto sia bello essere Capitano proprio per questo, così può rilassarsi dopo gli allenamenti. Ok, entriamo. Sono curiosa di vedere questo famoso bagno.”


Quando, un attimo dopo, le due ragazze misero piede nell’ampio bagno Charlotte sgranò gli occhi, guardandosi intorno meravigliata prima di abbozzare un sorriso:

“Immagino che potrei chiedere a mio padre di pagare Dippet per farmi diventare Caposcuola, l’anno prossimo. Ora… quei magnifici rubinetti funzionano?”
“Tutti, ognuno ha una qualche particolarità… no Charlie, non guardarmi così, non ce n’è uno da cui esce acido o lava.”
“Peccato. Beh, pazienza. Ci arrangeremo lo stesso… Per quando avremo finito Silente dovrebbe farci un applauso e darci due belle E.”
“Peccato che non dovrà mai saperlo, allora… oh, Charlie? Beth March non muore, vero?”

“… Cosa esce da quel rubinetto?!”

*


Domenica 18 Maggio 


Elena avrebbe voluto dormire ancora un po’, ma Stephanie l’aveva buttata giù dal letto alle nove e mezza per poi suggerirle caldamente di scendere in Sala Comune, esattamente come aveva fatto lei stessa settimane prima per il compleanno della bionda.
Così, la rossa scese le scale del suo Dormitorio in pantofole e sbadigliando, incurante della vestaglia che indossava o della mascherina sulla sua testa. Quando Stephanie le aveva chiesto se volesse davvero farsi vedere da Gabriel in quelle condizioni Elena si era limitata a stringersi nelle spalle, allacciandosi la vestaglia e decretando solennemente che era un test. 

“Se mi ama resterà, se scapperà a gambe levate vedendomi in questi stato capirò che non è così.”



“Ben svegliata! Buon compleanno.”

Gabriel, che fino a quel momento aveva atteso seduto su una poltrona come al compleanno di Katherine, sorrise quando vide la ragazza, alzandosi per avvicinarlesi e abbracciarla subito dopo.
“Grazie.”

Elena ricambiò il sorriso, tenendo le mani intrecciate dietro il collo del ragazzo, che la baciò prima di accennare al cestino che teneva in mano:

“Ho una cosa per te.”
“Lo sapevo. Ok, sono pronta. Una torta che mi arriverà in piena faccia? Una specie di fuoco d’artificio?”
“No, nulla del genere. Aprilo e scoprilo da te.”

Gabriel sorride e le mise il cestino tra le mani, quasi compiaciuto di fronte al suo smarrimento: se non altro, Stephanie aveva tenuto fede alla parola data e non le aveva detto niente.
Quando però sentì il cestino muoversi leggermente tra le sue mani Elena sgranò gli occhi, inorridita e ritraendosi appena:

“Ti prego, dimmi che non c’è un pipistrello dietro. Odio i pipistrelli.”
“Ma quale pipistrello! E dove dovrei averne trovato uno, tanto per sapere?”
“Non ne ho idea, ma non si può mai sapere… ok, lo apro.”

Elena respirò profondamente, sollevò una metà del coperchio di vimini pronta al peggio… e sgranò gli occhi con sincera sorpresa quando si trovò davanti una palla di pelo rossiccio con due enormi occhi verdi fissi su di lei.

“Santo Godric! È… è bellissimo! O bellissima?”
“Bellissimo.”

Gabriel sorrise con una punta di soddisfazione mentre Elena tirava fuori il minuscolo gattino dal cestino per prenderlo in braccio, sorridendogli:

“Grazie… non me l’aspettavo, è un regalo bellissimo.”
“Stephanie mi ha detto che il tuo gatto Rufus è morto l’anno scorso e che ti sarebbe piaciuto averne presto un altro, così ho pensato…”
“Grazie. Ecco su cosa confabulavate, sapevo che c’era sotto qualcosa, non sono ancora diventata paranoica.”

Elena sfoggiò un sorriso soddisfatto, lieta come sempre di aver ragione mentre Gabriel, annuendo, l’abbracciava nuovamente e cercava di reprimere un sorrisetto divertito:

“Scusa Elly, devo chiedertelo. Sei venuta ad accogliermi in pantofole, vestaglia e tanto di mascherina sulla testa? Le ragazze di solito cercano di farsi vedere al loro meglio da me.”
“La mia vestaglia l’avevi già vista, ti ricordo, e la mia mascherina è tremendamente chic, non permetterti di dire il contrario. E poi, come ho già detto a Steph, ne ho approfittato per farti un test.”

“Ah sì? Spero di averlo superato.”
“Penso di sì.”
“E che test era?”

“Beh, se vedendomi in questi stato non fossi scappato di corsa dalla Torre avrei saputo che mi ami davvero.”

Elena sorrideva mentre parlava, ma un attimo dopo si ritrovò ad esitare, dandosi mentalmente della stupidì per averlo detto a voce alta davanti a lui e distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo mentre arrossiva leggermente, improvvisamente a disagio:

“Cioè, insomma…”

“Certo che ti amo.”
Gabriel, sorridendo, la guardò alzare di scatto lo sguardo alle sue parole prima di sfiorarle la guancia sinistra con il pollice. Si prese qualche altro attimo per guardarla prima di chinarsi leggermente e baciarla di nuovo, staccandosi con un lieve sbuffo quando sentì un debole miagolio di protesta: il Serpeverde rivolse un’occhiata vagamente torva al micetto mentre Elena, al contrario, gli sorrideva con calore:

“Scusa piccolino! Devo anche trovarti un nome…”
“Forse avrei dovuto ignorare Stephanie e comprarti un vestito.”
“Assolutamente no, questo regalo è stato apprezzatissimo. Vado a vestirmi, aspettami per un momento, ok?”

“D’accordo, ma sbrigati, muoio di fame.”

Elena annuì e, dopo avergli assicurato che avrebbe fatto in fretta, rimise con delicatezza il gattino nel cestino che teneva ancora in mano prima di girare sui tacchi e iniziare a salire le scale. 
Gabriel non si mosse e non disse altro, limitandosi a seguirla con lo sguardo mentre si chiedeva mentalmente che cosa provasse LEI nei suoi confronti, ma Elena sembrò leggergli nel pensiero perché quando fu quasi arrivata in cima alla rampa si fermò, voltandosi verso di lui e sorridendo nuovamente:

“Stavo scordando la cosa più importante… ti amo anche io, Gabri.”
“Me lo dovevi dire proprio dove non posso raggiungerti e baciarti?! Sbrigati a scendere, MacMillan.”




   
 
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