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Autore: Myra11    06/04/2018    1 recensioni
Nyx Ulric.
Amico, Generale, Marito, Padre.
Immortale.
500 anni dopo la fine della sua famiglia, Nyx Ulric ritorna ad aiutare la città che ha promesso di proteggere.
Ma non tutti sono coloro che sembrano, e non tutti devono essere protetti.
E Nyx deve ricordare che la luce più intensa genera le ombre più profonde.
[Sequel di Dancing With Your Ghost, ambientata subito dopo la fine.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bahamut, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 13
 
«Allora…cos’altro hai portato indietro con me, cara?» Le domandò, appoggiandosi al bracciolo del trono.
La dea piegò le labbra in un mezzo sorriso enigmatico. «Cose. Cose che avevo cancellato per fare un favore ad un amico, cose che possono tornare.»
Ardyn sentì un brivido attraversarlo quando incontrò il suo sguardo.
Come faceva ad essere così intimidatoria anche ridotta in quello stato?
«Uccidila. Uccidila, e avrai l’eternità per dimenticare la loro esistenza.»
Scosse la testa quando l’ennesima voce si fece strada nella sua mente. Non aveva idea di dove provenissero quelle allucinazioni – non potevano essere ricordi – e ne aveva taciuto l’esistenza sia alla dea sia all’uomo claudicante che lo serviva come un cane.
Ma Bahamut inarcò un sopracciglio. «Qualche problema, Altezza?»
E nonostante percepisse la pesante ironia nel suo titolo, decise che non avrebbe lasciato che lei gli s’infilasse sotto pelle, così si strinse nelle spalle.
«Non dovresti pensare ai tuoi di problemi?» Le ritorse la domanda contro con un’espressione beffarda, e per una volta lei tacque.
In quel modo ebbe la possibilità di cercare di riordinare le idee per l’ennesima volta.
Si era trovato nella sala del trono, con Marcus davanti e una Bahamut esausta alle spalle.
Aveva scoperto che era stata lei a farlo tornare, su volere dello scienziato.
Insieme, avevano deposto Ravus e il principe.
E ora finalmente lui era seduto sul trono che gli spettava di diritto.
E allora perché non riusciva a godersi quella situazione?
«Lo sai? Sei un bastardo, ma almeno sei qui.»
Cos’erano quelle voci, quella sensazione di essere nel posto sbagliato?
Si alzò di scatto e scese le scale.
C’era un solo posto dove potesse andare, e vi si diresse a passi spediti, camminando tra i corridoi semi vuoti del Palazzo.
Era la sua casa, lo era da…
Da quanto?
Fu con reverenza che aprì la porta della grande sala centrale, aspettandosi di essere investito dalla luce della sacra pietra di Lucis.
Ricordava di essere entrato in quella stessa stanza, chissà quanto tempo prima, più morto che vivo, ma in pace. E ricordava di esserne uscito a pezzi.
Ma ciò che vide ora fu peggio di qualsiasi altra situazione.
Il grande Cristallo al centro della stanza era l’unica fonte della fievole luce che vi regnava, ma era una luce insicura, fragile, come se non avesse più l’energia per sostenerla dopo tutte le ferite che gli erano state inflitte.
Incuriosito da quel nucleo pulsante che scintillava nel cuore della pietra, avanzò nella stanza, chiedendosi quando l’energia viola degli dei fosse mutata in quell’argento brillante, e rischiò di scivolare.
Su cosa, si chiese, se quella stanza di marmo era splendidamente pulita da sempre?
Posò un ginocchio a terra e sfiorò il pavimento.
Quando sollevò la mano, la lieve luce scintillò su quello che sembrava a tutti gli effetti sangue argentato.
E per qualche motivo, una voce gli echeggiò nella mente.
«Io non sono mai solo.»
 

 
Avrebbe potuto chiedere aiuto agli dei, pensò.
Shiva gli aveva promesso che ci sarebbero stati, che doveva solo chiedere.
Eppure, quella non era la loro battaglia, ma la sua personale lotta contro Marcus, e contro un futuro sbagliato.
Individuò la piazza senza problemi, perché era inchiodata nella sua memoria anche attraverso i secoli.
La mano intorno alla sua, lo sguardo preoccupato, la volontà di indossare l’Anello.
Quella sera, le aveva detto di essere un eroe, ed era giunta l’ora di tornare ad esserlo.
Non era più Nyx il non-morto, né Nyx l’immortale.
Era Nyx l’angone che combatteva per il futuro di centinaia di persone.
Avvicinarsi al Palazzo, però, non risultò essere facile, esattamente come avrebbe dovuto essere.
Nyx si schiantò sulla guardia con tutto il peso, sollevando l’ala per parare la scarica di proiettili dell’altro soldato, sentendoli schiantarsi contro il metallo.
Saltò nuovamente nel vuoto mentre la guardia che aveva steso si rialzava, e mentre cadeva individuò la finestra di quella che era stata la sua stanza. Chiuse le ali e vi si diresse in picchiata, spalancando le finestre e atterrando con una capriola ai piedi del letto.
E loro erano lì, dove li aveva lasciati prima che tutto si riducesse ad un caos unico.
Scivolarono nelle sue mani come se fossero contenti di vederlo, e lui inspirò a fondo sentendo le impugnature familiari dei kukri.
Ora poteva pensare a tutto il resto.
Prima che uscisse, gli squillò il telefono, e lui rispose in automatico, sapendo benissimo chi era.
«Nyx, abbiamo trovato il re, ma…»
«Ciao Nyx. Pensavi davvero che nessuna vedetta ti avesse visto avvicinarti?»
Il semplice sentire quella voce gli fece salire il sangue alla testa. «Marcus. Che cos’hai fatto?»
«Perché non vieni a vedere? Io e i tuoi amici ti aspettiamo vicino al cancello est.»
Nyx non perse tempo a chiudere la chiamata, e si lanciò fuori dalla finestra.
Arrivare al cancello est fu uno scherzo in volo, ma la rabbia e il dolore delle vecchie ferite che non volevano saperne di guarire del tutto lo rese distratto.
Il proiettile del cecchino gli s’infilò esattamente nel muscolo dell’ala, l’unico punto non protetto, e il secondo finì nella spalla, costringendolo a cercare di atterrare usando al minimo un’ala sola.
Fu una caduta più di un atterraggio, e Nyx si trovò a tossire a carponi nella polvere che lui stesso aveva sollevato, e prima di potersi riprendere lo sentì di nuovo.
Quella terrificante sensazione di avere ogni cellula prosciugata di energia, di essere vuoto come un guscio.
Solo dolore e sangue.
Niente magia, niente.
«Non mi hai lasciato il tempo di avvertirti…qui non vali nulla.»
Eccoli lì, piccoli occhi malefici che brillavano pigramente, gli inibitori che gli impedivano di radere al suolo tutto e staccare la testa allo scienziato pazzo che gli stava davanti. «Tu…come hai fatto a sapere?»
Marcus si strinse nelle spalle, e Nyx cercò di ignorare i soldati che stavano davanti alla casa, e il taglio sulla guancia di Emilia, il naso rotto della madre e la spalla grondante sangue di Lucian.
Erano lì per colpa sua.
«Sei prevedibile, Nyx. Sei il salvatore, l’eroe, quello che fa sempre la cosa giusta. E salvare il re e la sua famiglia sarebbe stata la cosa giusta.» Marcus gli si sistemò davanti, costringendolo a tirarsi in ginocchio, le ali abbandonate sull’asfalto, nulla più di un peso morto ora.
«Certo.» Continuò l’uomo. «Non mi aspettavo loro, pensavo saresti venuto da solo, ma così è ancora meglio.»
Il pugno che gli si schiantò sulla faccia fu abbastanza forte da fargli sputare sangue, ma quella non fu la conseguenza peggiore. Come se fosse al rallentatore, vide Emilia liberarsi dalla guardia che la tratteneva, avanzando verso di lui.
Sentì il click della pistola caricata, l’esplosione del colpo, e vide la macchia rossa aprirsi nel ventre della ragazza dagli occhi di perla. E in quel momento smise di ragionare.
Tornò con un’esplosione che gli fece girare la testa.
Tornò perché era sempre stata lì, tornò perché gli apparteneva.
La fiammata partì come se avesse una volontà propria, e nel giro di un istante dell’uomo che aveva sparato non rimase altro che cenere. Vide Marcus spalancare gli occhi, e arretrare di qualche passo.
«Gli inibitori…come hai fatto?»
Sputò sangue per terra e si concesse un ghigno crudele.
Un altro uomo gli aveva fatto quella domanda, persa nel flusso dei secoli.
E in quel momento, diede la stessa risposta di allora.
«Non esistono inibitori in grado di fermare un dio.»
  
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