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Autore: Ghost Writer TNCS    07/04/2018    3 recensioni
Raémia è un mondo ricco di magia, dove i contadini vivono del lavoro nei campi, i soldati in armatura girano da un villaggio all’altro per garantire pace e sicurezza, e i saggi maghi offrono i propri servigi in cambio di cibo e rispetto.
I numerosi Reami, popolati da altrettante specie diverse, sono posti sotto il controllo di sei Re: persone illuminate che garantiscono pace e prosperità al mondo intero. O almeno così era un tempo. Oggigiorno i Re si preoccupano più che altro di godersi le proprie ricchezze, e i nobili cercano sempre nuovi espedienti per guadagnare maggiore potere.
In questa precaria situazione, Giako – un Gendarme solitario cresciuto da una strega – verrà a conoscenza di una grande macchinazione volta a ribaltare gli equilibri del mondo. Da solo non potrebbe fare nulla, ma questa volta non sarà solo: quante persone servono per salvare il mondo?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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20. Senza ritorno

«Goldenstadt» affermò Shamiram. «Il nuovo laboratorio è nella Capitale Gialla.»

Bengal si voltò con disappunto, Alisha abbassò lo sguardo e Giako esalò una colorita imprecazione.

«Quanto è lontano?» chiese Jehanne al mezzelfo a bassa voce.

«Con i draghidi meno di una settimana, ma con gli ippolafi ci vorrà più di un mese.»

«E non è tutto» proseguì Shamiram. «Se il nuovo laboratorio è a Goldenstadt, vuol dire che i ribelli l’hanno già conquistata. Non mi stupirebbe scoprire che il Re Giallo è stato fatto prigioniero.»

«Cosa facciamo?» chiese Alisha, preoccupata. «Il laboratorio è troppo lontano, e anche se lo raggiungessimo, come faremmo ad infiltrarci nella Capitale Gialla?»

«Per prima cosa informiamo la Regina,» stabilì Bengal, «poi decideremo cosa fare.»

Mentre Shamiram prendeva il suo specchio, l’ippolafo di Giako andò dal suo padrone e gli diede una leggera musata su un braccio.

Il Gendarme lo accarezzò dolcemente. «Tranquillo, non ti lascio indietro. Però, cazzo, cerca di non schiacciarmi di nuovo.»

L’animale fece uno sbuffo di assenso.

***

Il grande orologio costruito sull’obelisco segnava la prima ora del giorno, eppure nella piazza centrale si era già riunita una grande folla. La voce della fuga del Governatore si era sparsa a macchia d’olio e tutti erano accorsi per sentire quello che Rossweisse, il capo dell’esercito nonché ambasciatrice della Regina, aveva da dire.

All’orario prestabilito, la semidea salì sul palco, decisa e solenne, scortata dalle sue compagne amazzoni. Indossava la sua elegante armatura da parata, blu e argentea, così luminosa da sembrare una stella. La sua presenza venne accolta da un brusio di ammirazione, ma non mancarono alcune grida da vari punti della piazza, per lo più domande di chiarimenti.

«Quella che sto per darvi è una cattiva notizia» esordì Rossweisse, la voce forte e chiara. «Jérome Grangér, il Governatore di Grandeforêt, ci ha ingannato.» Fissò la folla, cercando gli sguardi dei presenti. «Il suo compito era portare pace e prosperità a queste terre, invece è stato egoista: ha agito nell’ombra, ha tramato alle vostre spalle. Voleva vendervi ai ribelli per ottenere ricchezza e potere, ma siamo riuscite a fermarlo.» Nel dirlo si portò una mano al petto, là dove spiccava la corona blu della Regina: doveva sottolineare che quel “noi” includeva le amazzoni, ma anche la sovrana che loro rappresentavano. «Ora è in fuga, ma state certi che lo troveremo. Il suo tradimento verrà punito. Sarà fatta giustizia!» Allargò le braccia, e subito la folla rispose con un ruggito di assenso. Rossweisse attese che il vociare si attenuasse, a quel punto proseguì il suo discorso: «La nostra Regina nominerà presto un nuovo Governatore, così che Grandeforêt, la vostra casa, possa ritrovare la serenità perduta. Fino ad allora, l’incarico verrà assegnato alla mia seconda in comando: Persephone.»

La semidea allargò un braccio e fece un passo di lato, quindi la metarpia avanzò al suo fianco. Anche lei indossava l’armatura da parata: era meno appariscente rispetto a quella di Rossweisse, ma non per questo meno raffinata.

Anche Persephone fece un breve discorso davanti alla folla radunata nella piazza, Artemis però aveva altro per la mente. Prima di tutto: dov’era il Governatore? Molto probabilmente era volato a est su un grifone, dove i ribelli avrebbero potuto proteggerlo. Ci sarebbe voluto troppo tempo per trovarlo, e loro non potevano sprecare uomini: anche mentre parlavano, l’esercito nemico continuava ad avanzare.

«Sta andando meglio del previsto» commentò Derinoe.

Artemis le lanciò un’occhiata. Nessuna delle due poteva vantare una vera armatura da parata, quindi – come le altre amazzoni – stavano indossando le loro armature normali tirate a lucido. Per l’occasione la felidiana sfoggiava la sua claymore, imponente ma elegante, la canidiana invece portava la sua esotica katana al fianco e la spada magica del nemico dietro le spalle.

«Che vuoi dire?»

«Temevo che i ribelli avrebbero mandato qualcuno a sobillare la folla, invece sembra stia andando bene.»

«Merito di Rossweisse» dichiarò Artemis, fiera della propria maestra.

«Merito della loro ignoranza» ribatté Derinoe. «Imbrogliare una folla di idioti è un gioco da ragazzi.»

 «Cerca di non farti sentire» la ammonì la felidiana. Si trovavano su una balconata ed era improbabile che qualcuno le stesse ascoltando, tuttavia non voleva creare inutili disordini.

«Rilassati, non voglio certo inimicarmeli. Se, come immagino, la guerra si protrarrà, avremo bisogno anche di loro per combattere i ribelli.»

Questa volta Artemis non ribatté. I loro nemici si erano dimostrati temibili e organizzati: nella migliore delle ipotesi ci sarebbero voluti mesi a debellarli. E di sicuro il mondo non sarebbe stato più lo stesso.

La felidiana osservò Rossweisse e Persephone. Erano alcuni metri più avanti ed erano rivolte verso la folla, quindi lei poteva vederne solo le schiene. Si disse che probabilmente non le avrebbe più viste da quella prospettiva. I ribelli stavano già marciando nei Reami Blu, tuttavia i due capi dell’esercito non sarebbero andati al fronte: la metarpia doveva occuparsi di Grandeforêt fino alla nomina del nuovo Governatore, la semidea invece sarebbe tornata alla Capitale Blu e avrebbe sfruttato i suoi poteri di Gendarme Bianca per verificare la presenza di spie. Da tutto ciò ne conseguiva che sarebbero state Artemis e Derinoe a dover guidare le truppe contro i ribelli. Quando Rossweisse e Persephone gliel’avevano annunciato, la felidiana aveva sentito un brivido di terrore, ma il suo coraggio era più forte della paura.

«Non c’è che dire: hanno scelto proprio un bel momento per darci il comando.»

Derinoe si concesse un raro sorriso. «Per prendere il loro posto dobbiamo dimostrare di saper affrontare qualsiasi difficoltà. Salvare il mondo sarà un buon test.»

Artemis sorrise a sua volta. Finalmente erano d’accordo su qualcosa.

***

Alexandr stava osservando con fare pensieroso uno dei numerosi bassorilievi che adornavano il palazzo del Re Giallo. La meravigliosa opera d’arte raffigurava una battaglia fra l’armata degli dei e uno schieramento di mortali, esaltando il coraggio di questi ultimi e il loro desiderio di libertà. In un primo momento aveva pensato di far fondere quel capolavoro di metallurgia per ricavarne preziose materie prime, ma più lo osservava, e più si riconosceva nelle figure magistralmente delineate dei guerrieri mortali.

Nonostante gli sforzi dei loro antenati, il mondo sembrava tornato a secoli prima, quando gli dei soggiogavano le persone con l’inganno e le false promesse. Solo che adesso erano le persone che soggiogavano i loro simili.

Il solo pensiero gli fece rivoltare lo stomaco.

Ma adesso le cose stavano cambiando. La destituzione del Re Giallo era solo l’inizio della loro campagna di liberazione. Niente li avrebbe fermati, soprattutto ora che era aveva risolto la sua incognita più grande: Zénon Des Rosiers. L’alchimista era un tassello fondamentale del suo piano, ma in realtà non si fidava molto di lui. Il myketis non condivideva davvero i loro ideali, di questo era ormai certo, quindi doveva assicurarsi che non li tradisse. Da un certo punto di vista la perdita del vecchio laboratorio è stata quasi una fortuna: ora che Zénon si trovava alla Capitale Gialla, poteva controllarlo in maniera molto più accurata. Non era stato facile convincerlo a trasferirsi lì, ma il nuovo accordo soddisfaceva entrambe le parti.

In quel momento una guardia entrò nella stanza. «Cezarović, signore» lo chiamò il giovane elfo. «È arivato un mesaggio da Jérome Grangér: ha ragiunto uno dei nostri forti, tra meno di una setimana sarà qvi.»

«D’accordo. Grazie Busemann.»

«C’è un’altra cosa» proseguì il giovane, che nonostante l’accento parlava abbastanza bene la lingua degli umani. «I preparativi per abattere l’obelisco sono ultimati. Inizieranno apena li avrà ragiunti.»

«Ottimo. Vado subito da loro.»

L’umano mise da parte le riflessioni sul bassorilievo e si diresse a passo spedito verso la piazza centrale della città.

Gli obelischi erano il simbolo più evidente della presenza dei Re, quindi era fondamentale distruggerli tutti. Oltretutto l’obelisco della Capitale era a dir poco enorme, quindi abbattendolo i ribelli avrebbero dimostrato a tutti la loro forza.

Era giunto il momento di dare ufficialmente inizio alla loro guerra di liberazione.



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