Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    07/04/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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12. La ritirata
 
Una volta tornati all’accampamento, Hanji andò a informare gli ufficiali della sua grandiosa scoperta, destando preoccupazione da parte di questi ultimi. In particolar maniera, Levi la strattonò, incolpandola di aver messo in pericolo gli uomini dell’Armata, nonostante la missione avesse dato buoni frutti.
Non mi era permesso intervenire, sfortunatamente, ma io fui quella che aveva accompagnato la Caposquadra nella tenda del Comandante (gli altri sistemavano lontano dalla vista dei restanti superiori i particolari congegni da lei inventati) ed ero stata testimone di quegli eventi. Di conseguenza, avrei volentieri risposto al capitano che non era necessario rendere Hanji tanto colpevole.
-Ve lo assicuro. I giganti chiudono le palpebre, riposano come noi! – esclamava Hanji, battendo le mani sul tavolo. –Si consumano come candele quando sono lontani da una sorgente di luce naturale come il sole, e i loro corpi sono freddi, non più bollenti.
Erwin la ascoltava pensieroso. –Se fosse davvero come dite, potremmo continuare le nostre spedizioni anche di notte. Tutto ciò risulterebbe decisamente più semplice – in effetti lui, come i restanti comandanti, si erano da sempre domandati il motivo per cui quei mostri non attaccassero durante le ore notturne, permettendo anche ai soldati di riposarsi. Ciò che dubitavano era proprio che la fisionomia dei giganti richiedesse la luce del sole per permettere loro il movimento. –Claire, tu puoi confermare quanto riferito dalla Caposquadra Hanji Zoe, vero?
Ero distrutta come Gowri, a stento mi reggevo in piedi, e, trattenendo uno sbadiglio, risposi: -Sissignore. Il classe tre metri che abbiamo avuto modo di studiare sembrava privo di vita non appena è calato il sole. Da come abbiamo potuto constatare io e la Caposquadra col resto del gruppo, ciò significa anche che il sole è la loro unica sorgente vitale, dato che non si nutrono né bevono.
I superiori si guardavano stupefatti, e forse, poiché mi guardavano incerti, temevano che il mio orecchio potesse intercettare anche i loro discorsi. Sfortunatamente, in quel momento a stento riuscivo a captare le parole di Erwin per poter concentrarmi su altro. Non resistevo più, i miei occhi iniziarono a lacrimare dalla stanchezza. Mi mantenni al mantello del Caposquadra Mike in tempo prima di cadere al suolo priva di sensi. L’ansia di star omettendo un particolare fondamentale di ciò accaduto nella missione nel bosco mi rendeva ancora più incapace di assumere un atteggiamento vivace.
-Molto bene – rispose Erwin, rivolgendomi un sorriso. –Puoi raggiungere i tuoi compagni all’interno della torre, Claire. Hai già fatto molto, per oggi, e domani ci aspetta la ritirata.
Mi risvegliai di scatto, mettendomi sull’attenti. –Grazie, Comandante. A domani, allora.
-Buonanotte, Claire. Grazie per il tuo aiuto – mi salutò Hanji, prima che potessi congedarmi dalla tenda per dirigermi dal mio gruppo di amici.
L’accampamento era vuoto e silenzioso. Quasi non avevo voglia di ritirarmi all’interno della torre per stendermi sul prato a osservare le stelle, se il cielo non fosse oscurato dalle nuvole; inoltre, le mie gambe mi pregarono di raggiungere quanto prima il sacco a pelo che, ancora a mia insaputa, Gunther mi aveva preparato accanto agli approvvigionamenti.
-E’ ritornata l’eroina! – acclamò Oruo, non appena approdai all’interno della torre.
-Claire, finalmente sei qui! – intervenne raggiante Gunther. –Ma che hai combinato con la Caposquadra?
Petra mi rese un piatto di pasta asciutta precotto, che condivisi con un affamato Erd. –Abbiamo scoperto che i giganti dormono.
Tutti rimasero a bocca aperta. –In che senso dormono?
-La loro fisionomia risente negativamente del buio – spiegai, rubando il contenuto del piatto prima che potesse farlo il ragazzo biondo. –Questo spiega il motivo per cui non ci attaccano di notte. Non si nascondono né spariscono, semplicemente si fermano lì dove sono con gli occhi chiusi a schiacciare un pisolino.
Raccontai interessata tutto ciò a cui i miei occhi erano stati sottoposti poco prima, compreso il fatidico momento della “tortura”.
-Che cosa rivoltante - giudicò Oruo, sedendosi per terra, tenendo la schiena contro quella di Petra.
-Già. È stato disgustoso, ma al tempo stesso mi ha fatto capire tante cose. Quei mostri, secondo me, potrebbero essere costituiti da vapori, e noi nemmeno ce ne accorgeremmo. La loro pelle è bollente, posseggono una temperatura corporea che potrebbe raggiungere tranquillamente i sessanta gradi.
I quattro mi sembrarono molto affascinati, e io ero contenta di poter diffondere quelle informazioni col fine di rendere quanti più soldati interessati alla questione. Se le scoperte si fossero espanse, come stavo spiegando ai miei amici, Erwin avrebbe sicuramente acconsentito a dedicare un’intera spedizione solo sulla cattura di un nostro nemico.
-Potrebbe essere molto pericoloso, però - pensò Petra. -Ricorderete bene che già in passato si è tentata una missione del genere, e sono morti nove soldati della Legione, oltretutto non fummo nemmeno in grado di introdurlo nelle mura.
-Lo so, - intervenni, -ma stavolta è diverso, Petra - mi avvicinai ai quattro, abbassando il volume della voce. -Non dovrei dirvelo, ma da qui a qualche giorno noterete importanti cambiamenti all’interno del Corpo. Si stanno perfezionando le strategie militari, soprattutto quelle legate allo spostamento dell’esercito nei territori oltre le mura; credo che anche noi dovremmo impegnarci, nel nostro piccolo.
Tirai fuori il mio fidato blocco, cercando gli schemi che prima avevo sottoposto agli occhi del Comandante.
-Sono le tue strategie, vero?— domandò Gunther.
-Esatto - rivolsi loro un enorme sorriso. -Approvate dal Comandante Smith in persona. Il gioco di squadra sarà il nostro forte, amici, e sono convinta che Levi riuscirà a sfruttare a pieno titolo questa nostra capacità. Guardate qui, voi che ne pensate?
I quattro ragazzi studiarono il foglio di carta con molta attenzione. Da un lato, provavano molto timore: se avessero accettato di collaborare con il capitano Levi, avrebbero sicuramente fatto parte di una delle unità che più si sarebbe dato da fare nella soppressione degli esemplari “eccezionali”, ossia quelli più pericolosi. Certamente, tuttavia, quel piano li affascinava per il semplice fatto che loro avevano scelto la strada più difficile per collaborare alla vittoria del genere umano sui giganti e riprendersi la padronanza del mondo oltre il Wall Rose.
-Potrebbe funzionare - disse Erd. -Certamente, sarà difficile mettere in pratica tutto questo da domattina.
Non potevo dargli torto, ma rimasi molto delusa. Ero impaziente di vedere se il mio progetto avrebbe funzionato anche quella volta, e contavo molto sul loro sostegno.
-Non è detto, Erd - ribatté Gunther. -Oggi ce la siamo cavata, nel bosco. Chi ci dice che non ci riusciremo anche domani, con una strategia quasi del tutto simile?
Tutti, me compresa, lo osservarono perplessi.
-Bisogna vedere cosa ne pensa il capitano - osservò Petra. -Domani sarà il caso di domandarglielo, non appena ci rimetteremo in marcia.
La conversazione terminò in quell’istante, soprattutto perché, personalmente, ero incapace di continuare. Mi infilai nel mio sacco a pelo e mi addormentai tra la mia amica e Gunther, sognando titani e spostamenti a lungo raggio mentre gli altri, a mia insaputa, si passavano il mio foglio per osservare e studiare la tattica da me designate.
Petra fu incaricata a svegliarmi; ero risultata, a detta di molti, quella che aveva dormito più profondamente tra tutti i cadetti. Come potei constatare, la lunga giornata precedente e la consapevolezza che i miei modi di sopprimere titani mi avrebbero consentito, se fossi stata abbastanza prudente, di sopravvivere furono in grado di acquietare le mie ansie da recluta. Mi sentivo un vero e proprio membro della Legione Esplorativa, i giganti non mi intimorivano più come prima.
-Ma che ore sono? – domandai all’alba con la voce impastata.
-E’ ora di alzarsi. Tra un po’ si apriranno i cancelli di Trost, si torna a casa – mi spiegò Gunther, carezzandomi i capelli rigorosamente fuori posto.
-E ci conviene fare presto – Levi era sbucato da non saprei dire quale antro della vecchia e buia torre e guardava la luce fioca proveniente dalla porta d’ingresso dell’edificio in rovina. Era vergognoso mostrarmi a lui con quell’acconciatura, perciò iniziai a supplicare Petra con lo sguardo affinché pensasse lei a domarmi la chioma.
-In che senso, signore?
I suoi occhi si spostarono sul suo interlocutore prima che potessimo udire tutti il forte rumore di un tuono.
Tentai di fare mente locale: l’arrivo di un temporale avrebbe reso sicuramente più difficile la ritirata dell’Armata, specialmente in quel momento, in cui non disponevamo di agevolazioni dal punto di vista strategico. Avvistare un titano sarebbe risultato decisamente più complicato.
-Ecco in che senso, Petra – rispose finalmente il capitano, più turbato del solito. –Hares, vedi di metterti in piedi e darti una sistemata, tra non molto lasceremo questo posto.
Non me lo feci ripetere una seconda volta; scattai sull’attenti e aiutai le altre reclute a sistemare gli approvvigionamenti, poi mi occupai in fretta di sistemare la sella ad Edmund, rimasto a riposare accanto al cavallo del Caposquadra Mike.
Osservai che alcune gocce d’acqua erano già cadute sul manto beige del mio animale. Odiavo la pioggia, la detesto tutt’ora. Non solo perché inevitabilmente iniziavo a strabuzzare faticosamente gli occhi non appena si fa sempre più invadente, ma perché mi ricordava quell’orribile giorno in cui, sette anni prima, mia madre venne ingiustamente uccisa a soli due passi da casa, incapace di intercettare l’arrivo di alcuni malfattori nella sua direzione.
Mi astenni dal piangere e avvicinai il mio viso al muso del mio destriero, chiudendo gli occhi, distogliendo la mia mente da quel mattino catastrofico.
-Tutto bene, Claire? – mi chiese apprensivo Mike.
-Mi perdoni, Caposquadra, stavo solo… - mi ricomposi, montando in sella a Edmund. –Niente, non ci faccia caso.
Mi osservò per qualche istante prima di preoccuparsi del suo cavallo. –Se hai paura della pioggia, mi dispiace deluderti, ma non hai nulla da temere. Sei benissimo in grado di cavartela in ogni contesto, ecco perché mi secca tanto che tu sia stata assegnata alla squadra di quel nanerottolo.
Scoppiai a ridere, portandomi una mano alla bocca. –Anche io sarei rimasta volentieri nel gruppo della signorina Nanaba, ma qualche forza maggiore me l’ha impedito. Mi scusi, signore.
Mi allontanai da lui, dirigendomi verso il resto della compagnia di Levi, già pronta per avviarsi. Attendemmo che anche il resto della Legione fosse pronta a riprendere il cammino, dopodiché ci dirigemmo verso il Wall Rose coprendo le spalle a Erwin.
Ero felice di poter finalmente cavalcare al fianco di tutti i miei compagni; confidavo nel fatto di poter proteggere Petra in qualsiasi caso, ciò mi permise di rimanere più serena durante la galoppata. Tuttavia, dopo circa dieci minuti, le gocce di pioggia si fecero decisamente più insistenti. Nemmeno alzandomi il cappuccio potei coprire tanto la visuale, per cui iniziai a sentirmi più indifesa, nel momento in cui qualche gigante avesse deciso di rivelarsi all’improvviso.
Frattanto, scoprimmo che il resto dell’Armata si stava dirigendo all’interno di una delle foreste nei dintorni: la pioggia, divenuta sempre più fitta, aveva reso impraticabile il territorio pianeggiante per i cavalli.
-Non capisco? Perché proprio la foresta? Non penso affatto che sia una buona idea… ingaggiare un combattimento in queste condizioni – notai, visualizzando già lo scenario che si sarebbe rivelato ai nostri occhi nella foresta: orde di giganti avrebbero iniziato ad attaccarci da ogni direzione, e gli alberi non ci avrebbero permesso di deviarli come avremmo potuto fare in pianura.
-Non sei tu a decidere. Rimani ancora una recluta, dopotutto – rispose freddo Levi. –Non mi aspettavo che tu dicessi una cosa del genere, Hares. A quanto pare, la pioggia davvero ti spaventa parecchio.
Mi sentii offesa per il semplice fatto che lui ignorasse il motivo per cui trovassi così irritante l’acqua che cadeva sul suolo e il gelo che pervadeva l’ambiente in assenza del sole. In quelle occasioni, ve lo posso assicurare, quasi mi veniva da rimpiangere la mia scelta di essermi arruolata nella Ricognizione.
-Non le permetterò di dire cose del genere, capitano. Io non ho paura.
Morditi la lingua, morditi la lingua, mi invitava il mio subconscio. Invece, la pressione del momento mi stava facendo perdere il controllo.
Levi si girò verso di me, ancora più burbero del solito.
-Stavo solo contestando una decisione presa in maniera piuttosto azzardata, tutto qui. Ma visto che non mi è permesso sottrarmi ai miei ordini, - sfoderai le spade, -allora mi impegnerò.
-Non sei la sola, Claire – Gunther imitò il mio gesto, -ti aiuteremo noi, nel caso ci sarà bisogno di combattere.
-Sì, anche io la penso così – si intromise Oruo. –Nella tua squadra c’è la recluta più forte di quest’anno, non hai niente da temere.
Non potei ricambiare loro il sorriso poiché la mia visuale si limitava a guardare a stento le spalle del capitano, posizionato alla mia sinistra; anche lui aveva nel frattempo alzato il cappuccio, e sembrava indifferente a qualsiasi cosa stessimo dicendo. Inoltre, pareva che stesse affrontando la situazione con la sua solita freddezza: la sua preoccupazione era piuttosto indecifrabile, benché ammetta che in quel momento i miei occhi riuscivano a stento a riconoscere la forma della testa di Edmund.
A tal proposito, i nostri cavalli mai come in quel momento dovettero galoppare più veloce che potessero; ciò li avrebbe resi ancora più stanchi e vulnerabili, eppure dovevamo raggiungere le mura quanto prima.
Ci avventurammo nella foresta assieme ad altri uomini; inizialmente non vi era l’ombra di un solo gigante, il che mi fece sperare che la velocità con cui cavalcavamo non sarebbe mai riuscita ad eguagliare quella delle loro gambe. Ma mi sbagliai.
Ci imbattemmo molto presto in un gruppo di soldati le cui membra erano state avidamente sbranate da un gruppo di colossi alti al di sopra della media. Quello spettacolo orrendo di urla supplicanti e di sangue non invogliava nessuno a ingaggiare il combattimento, ma non saremmo mai stati in grado di proseguire galoppando.
-Preparatevi a combattere. Non la passeranno liscia, quei dannati – ci intimò Levi; nonostante, a modo suo, ci avesse assicurato che ce la saremmo cavati, stavo tremando dalla paura.
Fino a che, la squadra non mi lasciò a bocca aperta.
-Strategia alfa foresta. Credi che potremmo metterla in atto, Claire? – mi chiese Gunther, enunciando il poco fantasioso titolo della mia straregia.
-Che cosa state dicendo?
I quattro mi rivolsero un sorriso, poggiando gli stivali sulla sella per librarsi in volo.
-Ragazzi, non abbiamo collaudato niente, non potete mettere in pericolo la vostra incolumità per mano mia! – protestai. –E poi il capitano… lui vi controlla, non io! – mi volsi verso il caporale, cercando supporto almeno da parte sua.
-Abbiamo già rischiato la vita per uno dei tuoi piani – disse Oruo.
-E poi, proprio stamattina, mentre tu dormivi, il capitano ha approvato le tue tattiche – aggiunse la ragazza dagli occhi dorati.
-Lasciaci fare, Claire – concluse Erd. Lui e gli altri attivarono il dispositivo, avvicinandosi pericolosamente verso il primo dei giganti, che già si erano accorti della presenza di una nuova squadra suicida.
-Capitano, la scongiuro, intervenga lei! – supplicai. –Per quanto siano forti, non sono in grado di combattere contro…
-Seguimi, giriamogli intorno! – mi interruppe. Seguii il suo cavallo dirigersi al lato sinistro del gruppo di titani, mentre i restanti quattro avevano già messo in atto la mia strategia. Erd, utilizzando gli arpioni in maniera tale che sembrasse fosse saltato un elastico, aveva già bloccato i movimenti del titano, Gunther preveniva ulteriori attacchi dagli arti superiori. Oruo e Petra, collaborando stranamente in pura sintonia, accecarono il gigante davanti ai miei occhi attoniti.
Levi, nel frattempo, aveva attivato la sua attrezzatura 3D, volando ad una velocità pazzesca in direzione dell’esemplare alle spalle del grosso, quello sottoposto al “trattamento” dei quattro cadetti. Guizzando alla velocità della luce, con centinaia di movimenti rotatori, permessi grazie alla sbagliata impugnatura di una delle due spade, aveva fatto saltare la collottola dell’essere più piccolo.
Ora devo intervenire io. Il mio dispositivo mi aveva già condotta in direzione dei miei compagni, ma compii una rapida virata attorno al nemico, fino a trovarmi davanti alla nuca; un secondo arpione intercettò la collottola, permettendomi di raggiungere con tutta tranquillità – il gigante era già abbastanza vulnerabile – il suo punto debole.
Grazie a quel gioco di squadra, avevo realizzato il mio secondo abbattimento in compagnia dei miei fidati amici. Ma non c’era abbastanza tempo per esultare.
-Capitano Levi! Tre esemplari provengono da sud! – urlò uno degli uomini del caporale che ci venivano incontro assieme ad una mia cara conoscenza.
-Samanda, stacci vicino! – gridai alla cadetta.
-Claire! – esclamò lei speranzosa, addossandosi al tronco dell’albero sul quale mi ero posata. Riconoscevo la forza di volontà di quella ragazza, ma vi erano poche probabilità che ella sarebbe riuscita a cavarsela in una situazione come quella: tre grossi individui titanici correvano disperati nella nostra direzione, ed erano troppi persino per noi.
-Caporale, come ci muoviamo? – domandò il subordinato di Levi.
-Allan, tu e Manek collaborerete per proteggere la recluta venuta con voi. Petra, Gunther e Oruo, voi seguite la signorina Hares. Io e Erd ci occuperemo del terzo – ordinò Levi. –Muoviamoci e attacchiamo tutti insieme, non perdete di vista il vostro obiettivo.
-Signorsì – rispondemmo in coro. –Ditemi una cosa, quanti dei miei progetti vi siete accuratamente studiati? – chiesi alla mia piccola squadra, muovendoci verso il nostro gigante.
-Beh, tutti – ribatté Gunther. –E devo dire che funzionano. A che pensi, Claire?
-Alla strategia beta foresta. È appropriata per il nostro amico – il titano assegnatoci pareva straordinariamente attento ad ogni movimento avesse luogo nei dintorni, sarebbe stato difficile affrontarlo col fastidio della pioggia che ci offuscava già parecchio la vista.
-Ancora una volta vuoi fare da esca, ciccia? – sospirò Oruo.
-Sì. Vedete di non deludermi, quando sarò morta – dissi, dirigendomi pericolosamente verso l’obiettivo. In un istante, mi trovai proprio davanti al muso di quell’orrenda bestia, che aveva già spalancato la sua enorme e maleodorante bocca per sminuzzarmi, se non mi fossi di colpo allontanata all’indietro spingendo con i piedi la fronte del titano e azionando il meccanismo per permettere alla “scatola nera” di fare bruscamente ritorno indietro, pur non muovendo i rampini da dove erano stati collocati. In quel momento mi resi conto di quanto mi fosse stato utile quel lungo e faticoso addestramento, in cui altri avevano deciso di allenarsi solo per divenire stupidi quanto fanfaroni gendarmi.
Io, invece, nel mio lavoro mettevo in pratica ogni nozione appresa. Lo facevo per proteggere la squadra, lo facevo per il bene del genere umano.
-Aha, non puoi permetterti di ostacolare il Corpo di Ricerca, dannato! – esclamai felice al gigante.
I miei amici intervennero a partire dalle mie spalle; quella volta fu Gunther a regalare il ben servito a quell’enorme bestia, ma tutti se l’erano cavata con grande dedizione, collaborando nel migliore nei modi e seguendo per filo e per segno i miei schemi.
-Ce l’abbiamo fatta! – osservò Petra. –Ma come se la stanno cavando Erd e il capitano?
-Una favola – rispose Oruo. –Hanno fatto prima di noi.
-Guardate! – intervenni io. Una schiera di giganti, di numero il doppio di quelli che avevamo affrontato, ci stava raggiungendo. –Si sta mettendo male. Sono troppi, non ce la faremo nemmeno se avessimo tutti la forza di Levi!
-Non perdiamo altro tempo. Fate ritorno sui vostri cavalli! – urlò il capitano, venendoci incontro.
-Signore, - richiamò la sua attenzione Erd, - i suoi uomini e Flores stanno ancora…
Allen, Manek e Samanda avevano indietreggiato per affrontare il gigante, e cercavano ancora disperatamente di ucciderlo, non accorgendosi di avere un nuovo e numeroso gruppo di nemici alle loro spalle.
-Samanda! – urlai alla ragazza. –Fate ritorno sui vostri destrieri! Allontanatevi!
È difficile riportare in queste memorie le mie emozioni di quel momento, non appena mi resi conto che la nostra voce, a causa del forte rumore dell’acqua che cadeva, non era udibile dall’altra parte.
Gridammo i nomi dei soldati più volte, ma parevano così presi da non sentire nemmeno una parola. Fu per questo che presi la decisione di disobbedire agli ordini di Levi, che ci aveva intimato di non muoverci, e a dirigermi dal gruppo dei tre.
-Hares, non la passerai liscia, questa volta!
Me ne infischio, caporale. Non avrei lasciato morire i miei compagni da una banda di giganti privi di intelligenza, rimanendo con le spade in mano, immobile. Furono costretti a intervenire sotto l’ordine di Levi anche Oruo e Gunther, poi il resto dei membri rimasti indietro.
Uccisi io il titano che aveva dato filo da torcere al gruppo di Allen, e attendevo l’avanzata dei nuovi nemici.
Ingaggiammo nuovamente battaglia; eravamo visibilmente sfiniti, ma, benché ancora novellini, parevamo straordinariamente accorti e forti. Persi il conto degli abbattimenti miei, di Oruo e di Gunther, ma ero convinta che da lì a poco non sarei stata in grado di sferrare un solo attacco.
Ne rimasero momentaneamente pochi; io e i restanti ragazzi collaborammo più volte, ma ad un certo punto non avevo più forza per illustrare i movimenti ai restanti due, perciò mi ritirai sul tronco di un albero per prendere fiato: in quel momento mi accorsi che Oruo aveva chiaramente perso il controllo del dispositivo, cadendo in picchiata verso terra, dove un esemplare di dimensioni più ridotte lo attendeva con le fauci spalancate.
-Brutto figlio di… - fui costretta a raggiungerlo col cuore in gola; riuscii ad afferrarlo per un braccio, scaraventandolo altrove e mettendolo in salvo, ma fu proprio questo il motivo per cui fui io a perdere l’equilibrio, dando l’opportunità ad un classe dieci metri di afferrarmi, stringendomi il petto.
Ancora alcuni istanti e sarei morta stritolata. L’ultima cosa che sarei stata in grado di udire fu il mio nome pronunciato da Petra. Se non fosse intervenuto il capitano a porre fine all’esistenza del mio aggressore.
-Claire, vieni via! – comandò Levi.
Non ero in grado di intendere i suoi ordini, fu per questo che Gunther venne in soccorso, prendendomi in braccio e conducendomi da Edmund, rimasto alle cure di Petra e della sua cavalla grigio chiaro.
-Non possiamo sacrificare altri uomini! – spiegò il caporale, una volta che ciascun membro della nostra squadra si era riunito e aveva raggiunto il proprio destriero. –Continuiamo ad avanzare verso Trost, siamo quasi ai limiti della foresta.
Mi interrogai circa il significato dell’espressione “altri uomini”.
-Ma che succede? – domandavo io, quasi priva di sensi. –Allen e gli altri?
Nessuno rispondeva. Il petto mi doleva da morire, la testa mi bruciava.
-Capitano? Petra? Gunther? – continuavo a chiedere.
-Claire, continua a cavalcare – mi intimò dolcemente Petra, ma potei constatare che anche lei fosse piuttosto tesa.
Mi sistemai il cappuccio sulla testa e mi voltai. Allen stava per essere mangiato da uno dei giganti di poco prima, che si limitò a ingoiarlo senza nemmeno maciullarlo. Ciò che rimaneva del cadavere di Manek era situato a pochi passi da lui, e Samanda supplicava il nome mio e del capitano mentre un altro gigante la conduceva verso le proprie fauci.
Fui costretta nuovamente a girarmi prima di assistere alla fine della suo assassinio, improvvisamente mi parve di udire addirittura la voce di Allen proveniente dal ventre del titano che l’aveva ingerito.
-Capitano Levi, perché li abbiamo lasciati lì? – scoppiai in un pianto disperato. –Siamo esseri crudeli, caporale.
-Fa’ silenzio – intervenne bruscamente lui. -Avresti preferito che tutta la squadra venisse divorata da quelli? Non sarei riuscito mai e poi mai a salvarvi tutti, mettitelo bene in testa, e questo vale anche per te. Sei una recluta, e lo rimarrai ancora per molto.
Rimase in silenzio qualche attimo, poi riprese: -Ascolta, non mi aspetto che tu lo capisca da adesso, ma inizia a mettere in moto il tuo cervellino anche per questo tipo di situazioni. Non possiamo permetterci di pensare all’incolumità di tutto l’esercito in ogni momento. I giganti sono troppo forti anche per i migliori.
Non risposi più, qualche attimo dopo persi completamente la vista e svenni, sulla testa di Edmund, che continuava a galoppare a tutta velocità come i suoi simili per mettermi in salvo.
Più tardi, i nostri cavalli raggiunsero i cancelli di Trost; il suono assiduo delle campane che preannunciava al popolo il nostro arrivo mi risvegliò.
Il resto della Legione si trovava attorno a noi, tutti riportavano ferite, altri addirittura mancavano di un braccio o di una gamba.
Avevo sempre assistito a quello scenario con gli occhi di coloro che ci avrebbero accolti da lì a poco; ora che anche io avevo partecipato a una battaglia al di fuori delle mura, capivo meglio le sofferenze che tutti quei soldati provavano, non sempre provocati dalle lesioni fisiche, ma perché anche loro erano stati testimoni della morte dei loro compagni.
Aveva smesso di piovere; alcune nuvole grigie coprivano il cielo, ma finalmente era possibile intravedere, seppur fioca, la luce del sole.
-Stai bene, Claire? – chiese Nifa al mio fianco.
Feci un cenno con la testa, senza rispondere, strabuzzai gli occhi, prima di avvertire un forte dolore al petto.
-Hai un cavallo strepitoso, - disse lei, sorridendomi, -ti ha portato fin qui senza nemmeno che qualche tuo compagno si preoccupasse di manovrarlo.
Tentai di cambiare quel sorriso, magari perché pensavo che, una volta rientrati nella città, avremmo ritrovato la pace.
Eppure, una volta oltrepassato il portone, vidi tutto, fuorché la tranquillità. L’ira era dipinta sui volti dei cittadini, che ci osservavano con astio borbottando tra loro; i ragazzini pestiferi si prendevano gioco di noi, punzecchiando il manto dei nostri cavalli; le donne parevano disgustate, altre piangevano disperate, apprendendo da alcuni miei compagni la morte dei propri figli.
Quello scenario indecente mi intimorì, allo stesso tempo mi induceva a reagire con la forza. Perché se la prendevano con noi? Come se la Legione Esplorativa fosse stata incaricata di rinchiuderli in una gabbia.
Il problema rimaneva che loro nemmeno si rendevano conto di star vivendo in una gabbia, e consideravano il flusso migratorio di quei pochi superstiti del Wall Maria una spina nel fianco; nemmeno avevano realizzato che ora tutti loro vivevano esposti alla furia del Gigante Colossale, che avrebbe potuto benissimo apparire da un momento all’altro, come lo erano stati un anno prima i cittadini di Shiganshina.
Trovai intollerabile che alcuni addirittura avessero iniziato a lanciare dei sassi contro i nostri superiori; ma Erwin, Mike, Dieter, Hanji, addirittura Levi, non muovevano un dito, continuando ad avanzare a passo lento verso l’uscita di quell’inferno per approdare dentro le mura.
-Brutti insolenti, non fate altro che gettare all’aria i nostri contributi! – urlava un uomo a pochi passi da me. –Perché non la finite di andare a fare delle stupide passeggiate con i giganti? Pensate piuttosto alla nostra sopravvivenza!
Iniziai a tremare dalla rabbia; Petra se ne accorse, perché mi invitò a rimanere calma. Ma io non ero più in grado di sopportare quei discorsi patetici e infondati. Scesi da cavallo, avanzando minacciosamente verso quell’uomo.
-Allora me la dia lei, una soluzione per risolvere la sovrappopolazione cittadina! – sbottai. –I superstiti del Maria stanno morendo di fame, e voi, che vi arricchite avidamente alle loro spalle, ve ne infischiate!
Il cittadino parve per un attimo sorpreso, poi si sfogò: -Ma chi sei, tu, per dirmi queste idiozie? Pensi di essere forte? Invece sei solo una povera mocciosetta!
-Una mocciosetta che forse sta cercando di salvare il suo culo pesante fuori dalle mura, rischiando di essere divorata viva come hanno già fatto molti compagni solo per far vivere una feccia come lei dentro questa gabbia merdosa in cui voi tutti vivete come se niente fosse!
-Come osi, piccola stronza?
Mi accorsi di star dando di matto, ma non avevo alcuna intenzione di perdonare quell’ignorante isterico. Irata, feci per avvicinarmi a lui col fine di sferrargli un pugno. E l’avrei fatto, se non fosse intervenuto il Caposquadra Mike, bloccandomi le spalle.
-Basta così, Claire. Vieni via – mi trascinò lontano dal cittadino, ordinandomi di raggiungere Edmund. –E’ sempre così, ogni volta – mi spiegò. –Ma noi non ci pieghiamo a questi stolti. E nemmeno tu lo farai, non è vero?
Scoppiai nuovamente a piangere, venendo consolata dalle braccia possenti del superiore. Ero stanca di vivere in quella realtà devastata, popolata da esseri mostruosi e gente che, senza pietà, si permetteva di giudicare quei pochi che invece ancora credevano nella realizzazione di un mondo libero, a costo di vedere davanti ai propri occhi la morte dei propri amici e la popolazione che li derideva.
Noi non ci pieghiamo a questi stolti. Mentre avanzavamo nei territori interni, ebbi l’impressione che tutto fosse perduto, e che la nostra battaglia costante, nel mezzo della quale una quantità disastrosa di valorosi soldati portavano a termine la loro missione, fosse un pozzo senza fine, che non avrebbe mai e poi mai visto la nostra vittoria.
Quella spedizione era stata la cosa più bella che mi fosse capitata fino a quel momento nella mia carriera militare, ma anche la più atroce e sconvolgente.
 
 
Spazio autore: buon pomeriggio! Come sempre, eccovi un nuovo capitolo. Stavolta ho deciso di dilungarmi un po’, ma non aveva senso dividere anche questa volta. Ho deciso di rendere quanto più veritiera la fatica con cui i soldati affrontano la ritirata e il rientro all’interno delle mura. La nostra Claire si è lasciata un po’ andare, alla fine, ma nemmeno io avrei reagito diversamente, non lo nascondo. Vi auguro una buona settimana, a sabato prossimo!
  
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