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Autore: Kim WinterNight    09/04/2018    6 recensioni
Avete mai notato che quando salite sui mezzi pubblici finite per incontrare le peggiori specie di umanità senza raziocinio?
Non serve che lo neghiate, capita a tutti!
Ebbene, ho deciso di raccontarvi cosa capita a me quando salgo a bordo di simpatici autobus o sfreccianti treni, per non parlare di quei meravigliosi aerei...
Insomma, tutto ciò che leggerete in questa raccolta di scempiaggini mi è capitato davvero; questa è la dimostrazione del fatto che la realtà è sempre peggio di ciò che è frutto della nostra fantasia o immaginazione!
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Che tristezza...




Autobus extraurbano, primo pomeriggio


Si sa, le notizie si spargono in fretta nei piccoli centri abitati, specialmente quando finiscono sui giornali locali e le gazzette di quart'ordine che vengono distribuite gratuitamente nelle case di tutti i cittadini.

La gente diventa patriottica quando nota il nome del suo paese su una qualsiasi testata giornalistica, si inorgoglisce tutta e non fa che parlare del grande evento per giorni e giorni. Anche nel caso in cui abbia avuto luogo una tragedia.

Dico questo perché in questi giorni è capitato qualcosa del genere nel mio paese; e dove possono svolgersi le chiacchiere più squallide del mondo? Sull'autobus, è ovvio.

Sono seduta sul terzo sedile dietro a quello dell'autista, accanto a me c'è mia sorella, dietro di noi una nostra amica. Siamo salite da poco e siamo abbastanza tranquille. La verità è che la maggior parte dei nostri viaggi sui mezzi pubblici cominciano sempre così: relax, silenzio quasi totale, tutto va bene.

Finché...

Due fermate dopo di noi, sale a bordo una donnina un po' anziana e barcollante, e inevitabilmente viene a sedersi proprio di fronte a noi. Spero seriamente che non attacchi bottone, non ne ho voglia.

Ma ovviamente le mie speranze si rivelano vane, come c'era da aspettarsi.

«Ma voi lo conoscevate quel ragazzo che è morto?» ci apostrofa subito la signora, voltandosi verso di noi e fissandoci con sguardo rapace.

Mi trattengo per non sbuffare, lo sapevo che sarebbe successo tutto questo, avrei dovuto capirlo fin dall'inizio. La mia intramontabile quanto dubbia fiducia negli esseri umani è in grado di sorprendermi ogni volta.

Mia sorella biascica: «No».

La donna rincara la dose: «Ah, no? E non aveva la vostra età? Era del vostro stesso paese, com'è che non lo conoscevate?».

Ho veramente voglia di sbatterle la testa contro il finestrino, giuro. E ancora una volta mi chiedo perché. Perché questa gente disagiata deve sempre attaccare bottone con me? Secondo me la attiro, c'è qualcosa di afrodisiaco in me, ma non ne sono consapevole e non ho nemmeno idea di cosa si tratti.

«Non so cosa dirle...» ribatto, facendo spallucce e sperando che la smetta. Non perdo neanche tempo a farle notare che noi tre non siamo tutte coetanee, tanto è inutile.

«Ma era da solo? O c'era qualcuno con lui?» prosegue la piattola, tutta presa e infervorata da questo triste accadimento.

Non voglio ascoltare, sarebbe bello avere dei tappi per le orecchie sempre a disposizione. Non ho neanche le cuffie con me, per fingere di ascoltare musica e lasciare che blateri per conto suo.

«Pensate voi... che brutta cosa... ormai questi ragazzi sono sempre depressi e si uccidono per colpa dei telefonini...»

Oddio, non ce la posso fare. Manca ancora troppo prima di arrivare a destinazione. Questi abbondanti dieci minuti di viaggio sono sempre troppo lunghi per i miei gusti, specialmente quando ho a che fare con certi esemplari. Il che, come ben potete capire, mi capita fin troppo spesso. Non so come posso essere ancora viva.

«Chissà qual è il vero motivo» commenta la mia amica.

Ecco, appunto. Come può questa cretina avere la presunzione di sapere quale sia stato il motivo che ha spinto un giovane liceale a togliersi la vita? Poco fa ha espresso addirittura un dubbio su ciò che sia successo, e ora si atteggia a giudice morale. Questa è scellerata, completamente pazza.

«No, no! Io so che era sempre attaccato al cellulare e al computer... quelle cose sono pericolose!» afferma con estrema sicurezza l'anziana, agitandosi sul sedile. «Aveva sedici anni, dai!» aggiunge.

«Io so che ne aveva diciotto» si lascia sfuggire mia sorella, aggrottando la fronte con fare contrariato.

«No, sedici!» la contraddice la signora.

Io neanche apro bocca, perché tanto ho capito che qui le cose sono veramente gravi.

La piaga continua a blaterare cose che solo lei capisce e io la ignoro finché finalmente non arriviamo a destinazione. Sono libera, spero veramente che le cose vadano meglio d'ora in avanti.

È veramente vomitevole il fatto che è un fatto tanto triste e doloroso diventi soltanto un pettegolezzo da dare in pasto a una manica di idioti senza cervello.



Autobus extraurbano, tardo pomeriggio


Il pullman ospita diversi passeggeri stavolta. In genere è quasi completamente vuoto. Ci sono varie persone di diverse età, sparse sui sedili intorno a me.

Dopo due fermate sale una ragazza sui trentacinque anni che si accomoda sul primo sedile accanto all'autista e comincia subito a parlare con il guidatore come se lo conoscesse. Probabilmente si incontrano spesso sui mezzi o abitano nello stesso paese.

Non ci faccio troppo caso, anche perché inizialmente si limitano a scambiarsi convenevoli e a chiacchierare del più e del meno.

Tutto sembra andare bene, anche se la tizia in questione parla a un volume di voce un po' troppo alto per i miei gusti.

Finché, a un certo punto, la sento gridare: «Hai sentito di quel ragazzo che si è buttato sotto il treno? Oddio, che brutta storia!».

Oh no, di nuovo? Io pensavo di essermela scampata! Francamente mi è bastato avere a che fare con quell'altra ignorante che ho incontrato durante il viaggio d'andata.

«Sì, ho sentito. Ma di dov'era?» chiede l'autista, rivelandosi più pettegolo di lei.

Lei allora comincia a sproloquiare nomi di paesi del circondario, ma ovviamente subito mi rendo conto che le sue informazioni sono sbagliate, quindi ancora una volta frutto di pettegolezzi infondati.

Sbuffo e do di gomito a mia sorella, la quale alza gli occhi al cielo e sospira.

«Ah, e quanti anni aveva?» continua l'uomo, mostrandosi interessatissimo alla cosa.

«Diciannove, aveva anche finito il liceo!» afferma la tizia, continuando a gridare. Ho paura che sul pullman ci sia qualcuno che conosceva il giovane in questione. Non so se sperarci o meno: se da un lato vorrei ci fosse un conoscente del ragazzino in modo che insulti chiunque stia spargendo infamie sulla sua dipartita, dall'altro spero che nessuno dei presenti gli fosse tanto vicino; potrebbe rimanerci molto male e soffrire per colpa di due dementi che gridano e sparlano sulle disgrazie altrui.

Ma che problemi hanno? Non hanno un minimo di delicatezza, di tatto, di buon senso. E dovrebbero essere adulti. Mi fanno schifo.

«Si è buttato sotto il treno, ma secondo me qualcuno l'ha spinto. So che giocava a un gioco online, capito? Che tristezza, era così giovane...»

«Io sapevo che ne aveva diciassette, di anni» replica il guidatore.

«No, diciannove. Poveretto. Quei giochi sono pericolosi, mi hanno detto che era in contatto con gente strana e che l'hanno spinto in mezzo ai binari, doveva farlo come punizione per qualcosa che non è riuscito a fare nel videogioco... non ho capito bene, ma ti rendi conto?»

Che abbia problemi di comprendonio non lo metto in dubbio, ma a questo punto mi sembra che stiano davvero esagerando. È un incubo stare qui a sentire certe stronzate.

Ma che ne sanno loro?

«Certo, certo... di questi tempi le cose vanno sempre peggio...»

E i due si lanciano in una serie di frasi fatte e luoghi comuni sui giovani e la tecnologia, ma logicamente sono i primi a non potersi separare neanche un attimo dagli smartphone che non sanno neanche usare.

Quando finalmente scendo dal mezzo, mi sento veramente destabilizzata e faccio di tutto per scacciare quei brutti ricordi dalla mia mente.

Non voglio credere che esista gente tanto cattiva e indelicata.

«Avrei voluto vedere se fosse successo a qualcuno dei loro parenti. Stronzi» bofonchia mia sorella.

«Glielo auguro» sibilo.

Ed è vero. Certa gente si merita il peggio, tanto finché non prova certe cose sulla propria pelle, non capisce quanto sia orribile il proprio comportamento.

Ah no, questi esseri immondi non capirebbero in ogni caso, in quanto completamente privi di cervello.



- - - -


Carissimi lettori!

So che questa è una raccolta che generalmente tende a essere sul genere comico e più leggero, ma la vita a volte ci mette di fronte anche a situazioni come questa. Mi è successo davvero e proprio sui mezzi pubblici, quindi l'ho inserito. Voglio che vi rendiate conto di cosa devo subire quando salgo su quei maledetti trabiccoli! -.-

Ma ora voi ditemi: vi sembra normale che la gente si comporti così? Poi mica stavano parlando di fatti di cronaca accaduti chissà dove, no; si sono messi a spettegolare su qualcosa che poteva riguardare anche qualcuno dei passeggeri presenti sull'autobus. Ci sarebbe potuto essere un famigliare del ragazzo, un suo caro amico, qualcuno che lo conosceva bene e sapeva cos'è effettivamente successo.

Ma, come già detto, chi è privo di cervello non si cura di certe sottigliezze, figuriamoci...

Come sempre attendo i vostri commenti e le vostre esperienze, se avete qualcosa di simile da raccontarmi ^^

Grazie a tutti per il sostegno e per il supporto che mi date ogni volta, anche quando aggiorno con mostruoso ritardo! *-*

Alla prossima ♥

  
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