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Autore: eliseCS    10/04/2018    1 recensioni
A quanto pare quello che ho bevuto per il brindisi del compleanno è stato sufficiente per farmi fare questa pazzia, e ovviamente non c'era nessuno che potesse fermarmi...
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Una bambina, gabbie dorate e non e Tortuga.
Oppure
L'Ombra della Doomed Destiny, la nave pirata più famosa dell'epoca, il nuovo capitano Cortès e un vecchio amico dimenticato.
In sintesi assoluta: pirati.
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Dal primo capitolo:
Non sapeva se fosse perché pensavano che fosse stupida, troppo piccola per capire o se semplicemente non gli importasse, ma Isabelle riusciva perfettamente a sentirli.
A quanto pareva stava per essere venduta.
Di nuovo.
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“Con un pezzo da otto posso darti anche da bere se vuoi, ragazzino” propose.
Isabelle si morse un labbro: prima di entrare aveva controllato, addosso non aveva assolutamente nulla di valore, per non parlare di monete o pezzi da otto!
“Io… non ho nulla…”
La donna si ritrasse: “Mi dispiace mocciosetto, ma non do da mangiare gratis, neanche ai bambini. Torna quando avrai qualcosa da darmi in cambio” disse, e si allontanò per servire qualcun altro.
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Buona lettura (spero)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XV - In cui il buon vecchio Wilson arriva a recuperare i due prigionieri e tutto procede troppo bene per essere vero
 
Shade non diede segno di essere stata toccata da quelle parole.
In realtà se le era aspettate da quando la donna aveva fatto la sua comparsa e lei l’aveva riconosciuta.
Tuttavia in quel momento si era ritrovata a corto di idee per rispondere: continuava a ripetere a se stessa che doveva anche pensare a Julian e ad un modo per tirare tutti e due fuori dalla prigione e scampare la condanna.
Dove diavolo era finito Wilson?
Che fosse stato come aveva detto Harry e avesse fatto male a fidarsi?
 
Nel frattempo la donna aveva ricominciato a parlare e lei si era persa la domanda che le era stata fatta.
“Temo di essermi persa un attimo nei miei pensieri, stavate dicendo?” chiede sempre mantenendo la nota di scherno nella sua voce.
“Ho detto che forse a voi non importa ma a me questa conversazione risulterebbe più facile se potessimo parlare faccia a faccia” ripetè pazientemente la donna.
Probabilmente aveva capito che alzare la voce con lei non avrebbe sortito alcun effetto se non quello di farla irritare e renderla ancor più indisponente.
Shade riflettè.
Forse poteva farlo.
Era da quando erano sati presi da Reyes che non si faceva un bagno, i suoi capelli erano così sporchi che al momento nessuno avrebbe potuto dire fossero biondi e sicuramente anche la sua faccia non era nelle migliori condizioni. Probabilmente aveva ancora tracce del suo stesso sangue addosso.
E poi… quindici anni dovevano pur averla cambiata in qualche modo, no?
 
Lentamente, e comunque senza guardare la donna negli occhi, si girò verso di lei.
Quella sembrò soddisfatta e prese elegantemente posto su uno dei divanetti disposti contro al muro della sala facendo segno alla ragazza di riaccomodarsi pure sulla sedia dov’era seduta prima.
“Cosa vuole da me?” chiese, pur avendo già immaginato dove il discorso sarebbe andato a parare.
“Dove avete sentito quel nome?” domandò subito la donna senza girare intorno alla questione.
“Tortuga” rispose Shade cautamente dopo averci pensato un po’ su.
La donna sussultò: “Mia figlia è Tortuga?”
“Non ne ho la più pallida idea” la ragazza non riuscì a trattenere un ghigno.
“Allora come mai il suo nome è arrivato fino a lì?”
“Perché io dovrei saperlo?”
“Perché avete fatto il suo nome allora? Come potevate sapere che Isabelle era stata portata via da Antigua? Fare il suo nome in qualsiasi altra città non avrebbe portato a nulla”
Shade aprì la bocca e la richiuse: a quello non poteva rispondere.
“Allora sapete davvero qualcosa…” sussurrò la donna in seguito al suo silenzio.
Shade decise di prendere in mano la situazione.
“Voglio che il capitano Cortès venga liberato e che gli sia garantito un passaggio sicuro fino a Tortuga dove potrà riprendere i contatti con il suo equipaggio. Esaudite la mia richiesta e forse potrei essere incline a ricordarmi qualcosa riguardo vostra figlia” parò sicura guardando per la prima volta la donna negli occhi, anche se distolse lo sguardo subito dopo.
 
 
La riportarono alla cella e quando furono di nuovo soli Julian non perse tempo a chiederle dove l’avessero portata.
“Mia madre voleva sapere che fine avessi fatto” spiegò brevemente Shade lasciando il pirata a bocca aperta.
“Non credo che mi abbia riconosciuta comunque: sono passati quindici anni e poi mi hai vista? Non mi faccio il bagno da un mese, non mi riconosco neanche io…” lo tranquillizzò.
“Le ho detto che se ti avessero lasciato andare le avrei raccontato quello che sapevo” concluse poi abbassando appena la voce.
“Che cosa?” si animò Julian. “Dubito che esaudiranno la tua richiesta e se per un miracolo lo facessero tu cosa diresti poi?”
Shade scrollò le spalle: “Non dubitare della forza di volontà di una madre che vuole riavere la figlia perduta” lo prese scherzosamente in giro.
“Non hai risposto alla domanda…”
“Non lo so, ok? Mi inventerò qualcosa. Ormai ha capito che so di cosa sto parlando…”
“Eravamo d’accordo che ce ne saremo andati via da qui insieme”
“Troverei il modo di raggiungerti. Sono l’Ombra della Doomed Destiny, no? Passare inosservata è quello che so fare meglio. Tornerei sempre da te se dovessimo dividerci”
“Non ti lascerò comunque indietro e la questione è chiusa”
 
 
 
Entrambi avevano fatto fatica ad addormentarsi a causa dei pensieri che gli giravano per la mente e nessuno dei due risultò particolarmente entusiasta di essere svegliato nel bel mezzo della notte da quella che era sembrata un’esplosione.
Almeno finchè non capirono da cosa poteva essere stata provocata…
Nei pochi attimi che impiegarono per svegliarsi del tutto il rumore di altre quattro bordate attraversò l’aria e i due pirati finirono con il guardarsi a vicenda con il sorriso sulle labbra.
“Pensi che…?”
“Spero proprio di sì…”
La piccola finestrella con le sbarre della cella era troppo in altro per potersi affacciare e vedere cosa stava accadendo all’esterno, ma dopo poco i rumori di uno scontro arrivarono ben chiari anche a loro.
 
“Capitano? Shade?”
Si sentirono chiamare da una voce e poco dopo nel corridoio era comparso Matt: una spada nella mano destra e un mazzo di chiavi nella sinistra, il sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
“Di qua, li ho trovati!” urlò alle sue spalle, e mentre lui si adoperava ad aprire la cella altri cinque uomini fecero la loro comparsa dietro di lui.
Shade avrebbe potuto piangere dalla gioia: avevano la sua spada, i due pugnali e gli stiletti che di solito teneva nascosti negli stivali.
“Wilson?” domandò Cortès mentre si rimetteva la bandoliera con la fontina della flintlock dopo aver già riallacciato la cintura con la spada.
“È rimasto a bordo, signore. Ha dato carta bianca alla ciurma e incaricato noi di venire a cercarvi” rispose Matt efficiente.
Cortès sembrava soddisfatto.
“Come mai ci avete messo tanto?” chiese invece Shade che nel frattempo aveva recuperato anche una delle sue fasce per legarsi i capelli in modo che non le dessero fastidio.
“A bordo c’era una spia di Reyes” spiegò il ragazzo, gli occhi del capitano brillarono di rabbia.
“L’abbiamo individuata e ce ne siamo occupati, ma aveva comunque fatto in tempo a mettere fuori uso il timone… ci ha fatto perdere tre giorni. E poi all’inizio la ciurma non era molto entusiasta, ma Wilson è riuscito a convincerla dicendo che si sarebbero potuti prendere la sua parte del prossimo bottino”
Adesso Julian sembrava piacevolmente sorpreso.
“Ok, ti ricorderò di aumentargli la quota, adesso però andiamo, sono stufa di stare qua dentro” lo riscosse Shade mettendosi in testa al gruppo.
“E invece com’è che voi siete ancora vivi? Avevamo paura di trovarvi appesi come monito fuori dalla baia…” chiese Matt mentre procedevano, le spade sguainate davanti a loro.
“Diciamo che Shade in questa città ha conoscenze importanti di cui si è ricordata giusto in tempo per evitarci la forca” rispose Cortès sibillino.
 
Arrivati fuori la scena che gli si presentò davanti sembrava la stessa di quando erano passati la prima volta per prendere le mappe: il caos più totale.
Se Shade e gli uomini non ci pensarono due volte prima di rivolgersi verso il porto Cortès puntò nella direzione opposta.
“Dove pensi di andare?” lo bloccò la ragazza trattenendolo per la giacca che aveva finalmente indossato di nuovo dopo tanto tempo.
Stando nelle celle avevano tolto loro tutti gli effetti personali, giacche e cappelli compresi.
“Reyes è ospite del primo consigliere del Governatore. Ho intenzione di mettere fine a questa storia una volta per tutte”
Shade alzò gli occhi al cielo: “Vengo con te, allora” decise. “Voi potete fare quello che volete, tornare alla nave o divertirvi ancora un po’ in giro, il vostro lavoro l’avete fatto” congedò Matt e gli altri uomini che con un luccichio negli occhi non ci pensarono due volte prima di buttarsi nella mischia.
 
 
Come l’ultima volta le ville erano state prese d’assalto dai membri della ciurma che depredavano tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani.
“Reyes è mio” sottolineò un’ultima volta Cortès dopo averlo visto combattere in lontananza fuori dalla porta d’ingresso dell’abitazione di cui era ospite.
“Se riesco a toglierlo di mezzo la sua nave è tua” le promise poi lasciando Shade abbastanza sorpresa prima di dirigersi verso il suo obiettivo.
La ragazza lo lasciò andare, sapeva che se la sarebbe cavata.
 
Sgattaiolò inosservata fino ad una delle porta di servizio utilizzate dalla servitù ed entrò nella villa.
Aveva pensato di fare un giro per lo studio del consigliere per vedere se fosse riuscita a trovare qualcosa di utile o di valore.
La servitù – e sperava anche un certo abitante della casa di dieci anni - era probabilmente tutta scappata a nascondersi e le uniche persone che incrociò furono uomini della ciurma che dopo averla riconosciuta la salutarono rispettosamente al suo passaggio.
Aveva appena finito di forzare la porta della stanza in questione – ancora non capiva come mai si ostinassero a chiuderla a chiave – quando un urlo le fece girare la testa di scatto.
Permise a se stessa di pensarci una manciata di secondi, ma quando un secondo grido le arrivò alle orecchie non potè fare altro che sbattere violentemente il pugno sulla porta – che si aprì cigolando appena – fare dietro front e cercare di raggiungere il posto da cui veniva il suono.
Era un’anticamera.
Evidentemente la donna e il bambino non avevano fatto in tempo a trovare un nascondiglio migliore dell’armadio e alla fine erano stati scoperti.
Dorian era in piedi davanti alla madre e Shade non potè che essere orgogliosa del fatto che stava impugnando quell’attizzatoio in modo impeccabile, con la presa che lei stessa gli aveva suggerito solo il giorno prima.
Persino sulla postura non aveva nulla da ridire, e il bambino sembrava sicuro di sé nonostante il terrore ben visibile nei suoi occhi.
Maria alle sue spalle era accasciata sul pavimento con la schiena appoggiata all’armadio sopracitato, un rivolo di sangue le scendeva sulla guancia dall’attaccatura dei capelli biondi doveva aveva battuto la testa.
Shade non ebbe problemi a riconoscere l’uomo che li stava minacciando anche se era girato di spalle.
Individui del genere non le piacevano neanche un po’, fortunatamente a bordo ce n’erano giusto una manciata anche se Julian le ripeteva ogni volta che in certe occasioni fa comodo avere uomini davvero senza scrupoli.
“Fatti da parte ragazzino” lo sentì dire mentre era ancora nascosta nell’ombra.
Dorian non si mosse scuotendo la testa.
L’uomo ghignò e alzò la spada.
“Ruben!” lo richiamò Shade prima che potesse abbatterla sul bambino.
Quello si bloccò appena in tempo, girandosi poi stupefatto a fronteggiarla.
“Mi occupo io di loro se non ti dispiace”
Ruben fece per ribattere ma all’ultimo ci ripensò capendo che forse non era il caso di contestare l’Ombra della Doomed.
“Ai vostri ordini Shade” ripose la spada chinando la testa con rispetto, seppure il tono che aveva usato non le piacque per niente, mentre usciva dalla stanza.
“Ho visto delle guardie al primo piano” lo richiamò la ragazza, almeno non avrebbe cercato di insidiare altre donne e avrebbe combattuto contro qualcuno che avrebbe saputo come difendersi.
L’uomo rispose con un sorriso poco rassicurante prima di andarsene definitivamente.
 
Il tempo di sentire il clangore dell’attizzatoio che cadeva sul pavimento e l’attimo dopo Shade si ritrovò le braccia di Dorian strette intorno al busto.
“Grazie per averci salvato” disse prendendola completamente in contropiede.
Dopo un istante, sotto lo sguardo raggelato di Maria che osservava il figlio – dopotutto Shade aveva lei stessa una spada in mano – la ragazza sollevò una mano a scompigliare i capelli di Dorian.
“Ti avevo dato la mia parola che non ti avrei fatto del male, no? E poi non potevo lasciare che ti uccidesse adesso che hai finalmente imparato a tenere la spada come di deve” rispose con un mezzo sorriso.
“Forza, sarà meglio che andiate a nascondervi adesso, e vedete di trovarvi un nascondiglio migliore stavolta” rispose staccandosi dall’abbraccio.
“E tieni questo, ti assicuro che funziona meglio dell’attizzatoio” aggiunse poi dando in mano al ragazzino uno dei suoi due pugnali a lama lunga.
Dopo aver guardato l’arma con stupore per un istante Dorian annuì e andò a prendere la madre per mano mentre Shade controllava che nel corridoio non ci fosse nessuno
“Se fate in fretta non dovreste incontrare altri uomini” li avvisò.
“Andate via” Maria la stupì prendendo finalmente la parola.
“Di certo non resteremo qui dopo che gli uomini della Doomed si sono dati tanto da fare per venire a recuperarci, non crede?” ribattè ironica Shade avendo però ben capito cosa aveva spinto la donna a parlare.
“Quindi non ti vedrò più?” domandò a bassa voce Dorian guardandola triste.
“Sono sicura che diventerai bravissimo a combattere con la spada anche senza di me” lo rassicurò la ragazza, il bambino abbassò lo sguardo.
“Andate ora” li esortò un’ultima volta per poi uscire dalla stanza e prendere due direzioni diverse.
 
Osservando madre e figlio correre verso il capo opposto del corridoio non potè ignorare completamente il peso che le era sceso sullo stomaco.
“Maria!” richiamò la donna che si voltò a guardarla interrogativa.
Prese un paio di respiri profondi consapevole che quella fosse una pessima idea e si costrinse a parlare prima di poterci ripensare.
“Isabelle sta bene e vi saluta” disse tutto d’un fiato per poi girare i tacchi il più in fretta possibile, lasciando la donna quasi sotto shock mentre il figlio la tirava per il braccio per andare a nascondersi.













Va bene, potete uccide... no, uccidermi no perchè altrimenti non saprete mai come va a finire la storia, ma credo di essere in grado di sopportare qualche maledizione minore...
Posso immaginare i saldi di gioia per il finale assolutamente conclusivo.... (vi assicuro che il prossimo potrebbe essere addirittura peggio, dopotutto il titolo di questo capitolo dovrà pur significare qualcosa).
In ogni caso... grazie a tutti coloro che hanno continuato a seguire la mia storia nonostante l'assenza di miei commenti a fine capitolo e la mia assenza in generale.
Un grazie in particolare a 
Maria Marea e ​Sguiscettosa che hanno commentato gli scorsi capitoli ❤
Direi che per gli aggiornamenti riprendo con la "regola" che avevo proposto/imposto all'inizio della storia: due settimane di attesa che si riducono a una se qualcuno volesse lasciare un commento.
Quindi appuntamento per martedì 24 aprile, o martedì 17 (decidete voi...).
Ormai siamo davvero agli sgoccioli...
Alla prossima
E.

 
   
 
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