Threats
Daenerys
Tyene
si precipitò con tanta foga nella stanza da far cadere il delicato vaso
di fiori in bilico sul tavolino. Borbottò una scusa, tentando al tempo
stesso di riprendere fiato.
Daenerys,
che in quel momento stava ascoltando seduta su soffici cuscini il punto
della situazione di Missandei, si alzò in piedi sorpresa. Dopo la zuffa
del pomeriggio prima tra due guerrieri Dothraki, cos’altro poteva
essere successo?
“Mia
regina” ansimò Tyene eccitata, “hanno catturato due spie che tentavano
di introdursi a palazzo.”
Daenerys
sgranò gli occhi. “Ne sei sicura?” chiese quasi correndo verso la
porta. Tyene annuì e Dany sorrise. Si rivolse a Missandei.
“Certo,
mia regina.”
Daenerys
guardò Missandei allontanarsi, poi si girò verso Tyene.
Dany
sorrise. “Vorrà dire che la troveremo già là” concluse uscendo dalla
stanza. Percorsero insieme il labirinto di stanze del palazzo fino a
giungere nella sala del trono, che si trattava in realtà una modesta
sedia ricoperta da scaglie di draghi.
Yara
le venne incontro. “E’ vero quello che ho sentito?” chiese alzando un
sopracciglio “Hanno catturato delle spie? Magari sono di nostro zio…”
“Non
lo so” ammise la regina, “ma lo scopriremo presto.” Si guardò intorno
curiosa.
“Dov’è
tuo fratello?” chiese cercandolo inutilmente con lo sguardo. Yara fece
una smorfia. “Theon non sta molto bene in questi giorni” rispose
vagamente, “i miei ragazzi mi chiamano, ci vediamo dopo.” Daenerys la
seguì con lo sguardo.
“Meraviglioso,
vero?”
Daenerys
sobbalzò prima di riconoscere Tyrion.
“E’
naturale” osservò pacato lui, “sono un nano.”
Daenerys
decise di cambiare discorso.
In
quel momento sopraggiunse Verme Grigio che stringeva tra le mani
qualcosa. Daenerys si accorse che si trattava di una splendida spada
dall’elsa tempestata di rubini.
“Vostra
grazia” esordì l’Immacolato, “questa è stata ritrovata in possesso di
uno dei due prigionieri.”
“La
riconosco!” esclamò Tyrion “E’ la spada di mio fratello Jaime, cosa ci
fa qui?”
“E’
meglio che lo chiediamo agli interessati” osservò Dany. Poi si voltò
verso Verme Grigio. “Ottimo lavoro come sempre” lo lodò. “Dà ordine che
gli Immacolati pattuglino il castello e poi ritorna in sala: ti voglio
al mio fianco.” Verme Grigio annuì, per poi sparire tra la folla.
Daenerys
si diresse verso il trono, scambiando occasionalmente saluti con
Ellaria e Olenna intente a discutere di chissà quale argomento. Si
sedette, trovando lo scranno anche piuttosto scomodo, e fece cenno di
aprire le pesanti porte di ottone. Tyrion rimase in piedi.
Fecero
il loro ingresso alcuni Dothraki guidati da Rakandro che scortavano i
due prigionieri. Daenerys sentì Tyrion agitarsi e dovette reprimere un
sussulto quando si accorse che una delle due spie era una donna.
Enorme, piuttosto brutta e vestita con un’armatura, ma pur sempre
donna. I Dothraki si aprirono a ventaglio ed i due furono sospinti ai
piedi della regina.
“Noi
trovati vicino al mare” spiegò Rakandro chinando appena il capo.
“Ragazza ci ha aiutato.” Nymeria sbucò dalla folla con le mani sui
fianchi. Sembrava radiosa. “Hanno una nave” spiegò sorridendo, “li ho
visti arrivare da Capo Vento.”
Daenerys
fece un cenno di ringraziamento per poi riportare l’attenzione sulle
due figure davanti a lei. “Chi siete?” chiese, tentando di non apparire
aggressiva.
“Lei
è Brienne di Tarth” intervenne a sorpresa Tyrion. “L’ho vista al
matrimonio di mio nipote; era amica di mio fratello. E lui è…”
“Ser
Davos Seaworth” concluse per lui Varys comparso a sinistra della
regina, “Primo Cavaliere di Stannis Baratheon.” Fece una pausa. “Ti
credevamo morto, sinceramente” disse aggrottando le sopracciglia.
“Lo
credevo anch’io” rispose quello che Daenerys aveva capito essere ser
Davos.
“Quindi
siete alleati dei miei nemici” osservò la regina pacata, “perché siete
qui?”
“Non
siamo nemici” intervenne Brienne. “Siete stati trovati in possesso
della spada di un Lannister” fece notare freddamente Obara.
“Mia
regina” continuò Brienne fissando negli occhi Daenerys, “io ho
riportato Jaime Lannister ad Approdo del Re e lui me l’ha donata per
assolvere una missione segreta nel Nord. Ma non siamo alleati dei
Lannister.”
“E
allora cosa siete?” sbottò Yara “Sono Yara Greyjoy, ditemi: state con
mio zio Euron?”
Brienne
fece una smorfia che esprimeva tutto il suo sconcerto.
“DA
CHE PARTE STATE?” Era stata Ellaria ad urlare stringendo i pugni.
“La
nave aveva un vessillo” intervenne lady Nym sforzandosi di ricordare,
“un cuore rosso con dentro un cervo.”
“Stannis”
disse Tyrion convinto, “ma non era morto?”
“Fidatevi”
si intromise Davos, “lo è.” Poi si voltò verso la folla. “Non siamo
nemici” urlò, “siamo venuti in pace credendo di trovare un’isola
disabitata, ma a quanto pare ci sbagliavamo. E’ vero, io servivo
Stannis Baratheon e Brienne aveva la fiducia di Jaime Lannister, ma ora
tutto è cambiato.” Fissava Daenerys dritta negli occhi e la Madre dei
Draghi si sentì trapassata da quello sguardo penetrante. Si agitò,
stranamente a disagio.
“Cos’è
cambiato esattamente?” chiese Tyrion protendendosi in avanti. Brienne e
Davos si scambiarono un’occhiata e lui annuì.
“Ora
sono al servizio di Sansa Stark” dichiarò fieramente Brienne. “Io e
Davos siamo stati incaricati da Jon Snow di…”
“Quindi
siete fedeli al Re del Nord!” esclamò Tyene furiosa “Come osate dire di
non essere nostri nemici?”
“Tyene,
calmati” intervenne Dany alzandosi con grazia, “almeno abbiamo appurato
che non sono al servizio dei Lannister.” Sorrise radiosa. “E tutti i
nemici dei nostri nemici sono nostri amici.” Davos sembrò rabbuiarsi.
“Il
vostro re non ha risposto al mio invito” continuò la regina camminando
avanti e indietro. “Avevo proposto un’alleanza, ma con il suo silenzio
ha rifiutato... E adesso manda voi a spiare le mie mosse? Non molto
onorevole per il figlio di Ned Stark.”
“Non
sappiamo nulla di questo invito” spiegò Davos, “siamo partiti prima che
fosse recapitato evidentemente, ma posso dirti, vostra grazia, che la
nostra missione non ha mai previsto la raccolta di informazioni sul tuo
conto.”
“E
allora cosa riguardava?” chiese con voce di velluto Daenerys.
“Preferirei non esprimermi” rispose Davos abbassando il capo, “non
ancora almeno.”
Dany
annuì. “Naturalmente” disse freddamente, “e ti aspetti che io creda
alla tua storiella, non è così? A che gioco sta giocando il vostro re?
Perché non è venuto di persona?”
“Non
lo so, vostra grazia” ammise Davos, “ma mi fido del suo giudizio, non
mi metto a contestare i suoi ordini.”
“Ti
fidi di un disertore dei Guardiani della Notte?” chiese Obara
disgustata.
Davos
la fissò con muto disprezzo.
“Basta
così!” intervenne Daenerys “Il Giuramento è a vita, ciò fa di Jon Snow
un disertore per quanto validi possano essere i suoi motivi. D’altra
parte, il Nord non si è schierato apertamente contro di me, quindi
potrei essere incline al perdono se potrò avere una prova della sua
lealtà. Riscriverò un’altra lettera per il vostro re dicendo che siete
sotto la mia protezione…”
“Come
ostaggi” la interruppe Brienne con voce tagliente.
“Come ospiti”
la corresse mellifluamente Daenerys. “Potrà venire lui stesso a
sincerarsi delle vostre condizioni.”
“Vostra
grazia” intervenne Tyrion incerto, “non ti sembra un’azione un po’
minacciosa?” Dany si voltò a fissarlo. “Non eri tu a dire che avevamo
bisogno del Nord come alleato?” chiese inarcando un sopracciglio “Forse
ha solo bisogno di una spinta.” I suoi occhi si soffermarono nuovamente
su Davos e Brienne.
Davos
strinse le labbra davanti a quella neanche tanto velata minaccia.
“E
poi?” chiese Daenerys ironica “Che ne è stato di quest’uomo?”
“E’
morto, sbranato dai suoi stessi cani.”
Daenerys
non riuscì ad impedire che il suo corpo fosse attraversato da un
brivido gelido.
“Io
sono diversa” spiegò con un sorriso, “e vi posso assicurare che i miei
draghi resteranno fedeli...” attese un secondo. “A me.”
Poi
si rivolse a Rakandro. “Fai vedere ai nostri ospiti le loro camere”
ordinò quasi bruscamente, “e che queste siano sorvegliate da quattro
dei tuoi uomini migliori. Le loro armi resteranno qui. L’udienza è
conclusa, potete andare. Tyrion e Varys, rimanete per favore.”
Davos
e Brienne furono condotti via e lentamente la sala si svuotò. Tyrion
fissava la regina con uno sguardo a metà tra il sorpreso e il
preoccupato.
“So
bene di cosa abbiamo bisogno, ma il Nord non si muoverà mai se non,
come dire, sollecitato.”
Tyrion
sembrava esterrefatto.
“Con
tutto il rispetto, vostra grazia” si intromise Varys, “un sovrano non
dovrebbe fare minacce che non è poi pronto ad eseguire.”
Daenerys
sbuffò seccata: iniziava a innervosirsi.
“E
allora perché ci hai fatto rimanere?” chiese Tyrion con malcelata
insolenza “Se non vuoi ascoltare i nostri consigli…”
“Certo
che voglio i vostri consigli!” ribatté Dany irata "Ma riguardo alla
seconda lettera che devo scrivere a questo Re del Nord.” Il nano parve
sorpreso.
“E
se non volesse allearsi?” chiese Tyrion “Il silenzio in seguito alla
tua prima lettera sembra suggerire questo…”
“Gli
offrirò tutto quello che desidera” spiegò Daenerys convinta, “oro,
onori, potere…”
“Ammirevole”
la interruppe sarcastico Tyrion, “tutte cose che gli Stark hanno sempre
rifiutato e per le quali sono morti.”
“Ma
Snow non è uno Stark, potrebbe ragionare in modo diverso.”
“Io
l’ho conosciuto” ribatté il nano, “e ti posso assicurare che è molto
più Stark di quanto lo fosse suo fratello Robb.”
A
Daenerys questo Jon Snow appariva sempre più interessante. Si ritrovò a
desiderare di incontrarlo. “Gli offrirò protezione allora” disse
allargando le braccia, “dai nostri nemici.”
“Potrebbe
funzionare” ragionò Varys, “secondo i miei informatori gli Uomini di
Ferro di Euron hanno ricominciato le loro scorrerie lungo le coste del
Nord. Jon Snow potrebbe sentirsi minacciato.”
Daenerys
annuì compiaciuta.
“Credo
sarà difficile” la interruppe Tyrion roteando gli occhi e contando
sulle dita. “Tuo padre ha ucciso suo zio e suo nonno, mentre tuo
fratello è colpevole della morte di sua zia.”
“E suo padre”
ribatté gelida Daenerys, “ha appoggiato l’Usurpatore, contribuendo allo
sterminio della mia famiglia.”
“Ned
Stark era contrario a…”
“Non
importa!” sbraitò Dany “A me sembra che abbiamo entrambi ragioni per
odiarci, ma ciò non porterebbe a nulla.” La regina stava ansimando.
Aveva ottenuto tutti i suoi alleati facilmente, perché con questo era
così difficile? Il silenzio regnò per qualche secondo.
“E
se si ostinasse a non collaborare?” chiese infine Tyrion.
“Allora
marceremo a Nord” decretò fieramente la regina, “e lo costringeremo con
la forza.”
“Non
credo sia possibile, vostra grazia” la contestò gentilmente Varys,
“l’inverno è arrivato.”
Daenerys
non capiva. “E con questo?”
“Le
temperature sono troppo rigide” spiegò pazientemente l’eunuco, “non
sarebbe possibile per i tuoi uomini abituati al caldo intraprendere una
simile impresa.” Daenerys si morse il labbro: c'erano troppe
complicazioni che non aveva previsto.
“Perfetto”
fu costretta ad ammettere suo malgrado, “ma Snow non deve sapere di
questo nostro problema. Scriverò alludendo vagamente alla possibilità
di un’azione militare contro il Nord se non saranno disposti a
collaborare.” Fece una pausa. “Azione che in ogni caso non intendo
intraprendere.”
Tyrion
sembrò rilassarsi. “Un’ultima cosa” disse battendo le mani, “non credi
che il Nord chiederà l’indipendenza? Sei disposta a concederla?”
Daenerys
dovette ragionarci su. “E’ metà del regno…” osservò perplessa “Non
posso…”
“Forse
non ce n’è bisogno” intervenne Varys con una strana luce negli occhi
infossati, “forse esiste un’alternativa…” Il suo tono era meditabondo.
“Tyrion?”
chiese rivolgendosi di scatto al nano, che sobbalzò “Quanti anni
dovrebbe avere questo Re del Nord?”
“N-non
saprei” balbettò Tyrion preso alla sprovvista, “poco più di vent’anni
credo.” Dany ne fu sorpresa: si sarebbe aspettata un uomo più anziano
ed invece era solamente un ragazzino. Come me, pensò,
realizzando improvvisamente l’idea che Varys stava maturando.
“Si
può fare, si può fare” bisbigliò il Ragno Tessitore assorto. “Ma
cosa?!” chiese Tyrion che evidentemente non aveva afferrato il piano
che ronzava nella testa dell’eunuco. Varys lo fissò, poi si voltò verso
la regina.
“Matrimonio.”
Tyrion
si portò le mani alla bocca, ma Daenerys non batté ciglio: era
preparata a una simile evenienza. E’ per questo che ho allontanato Daario
Naharis, si disse convinta. E' un’ottima soluzione, speriamo solo che
questo Jon Snow sia all’altezza delle voci che circolano su di lui.
Stranamente
l’idea di un matrimonio imminente non la spaventava affatto, anzi, non
ne era neanche turbata. Così annuì con tutta la dignità che riuscì a
racimolare.
“Sono
d’accordo” disse convinta, “il Nord ed il Sud saranno nuovamente uniti.”
Ad
ogni costo.
Jon
A
furia di stringerla fra le mani la lettera si era stropicciata. Jon
continuava a fissare quelle poche righe, rileggendo le stesse parole e
sperando di scoprirle diverse.
Quando
quella grigia mattinata aveva slegato il messaggio dalla zampa del
corvo, pensava di trovare qualche notizia dalla Barriera o magari dalle
Terre dei Fiumi. E invece aveva trovato un’epistola di Daenerys
Targaryen.
Terminata
la lettura, Jon si era accorto di essere bianco come un panno. E’ tutta colpa mia, si
tormentò mordendosi il labbro. Avevano bisogno di una scorta…
Era
immediatamente corso da Tormund, l’unico con cui potesse parlare
liberamente senza sentire risposte ossequiose e inutili. “E’ un
disastro” aveva esordito senza fiato e, poiché il bruto continuava a
fissarlo ebete e a lanciare occhiate imbarazzate alla lettera che
evidentemente non era in grado di leggere, Jon recitò il testo ad alta
voce.
Al
Re del Nord, Jon Snow
Sono
Daenerys Nata dalla Tempesta Targaryen, Madre dei Draghi, La
Non-bruciata, Distruttrice di Catene, Khaleesi del Grande Mare d’Erba,
Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini e Protettrice del
Reame. Non hai risposto alla mia prima lettera in cui chiedevo
l’alleanza del Nord, molti lo considererebbero atto di tradimento, ma
io ho deciso di darti una seconda possibilità. Ho scoperto i tuoi
inviati alla Roccia del Drago. Ser Davos Seaworth e Brienne di Tarth
sono miei graditi ospiti e ti interesserà sapere che non è stato fatto
loro alcun male e non gliene sarà arrecato finché il Nord si dimostrerà
collaborativo. Abbiamo dei nemici comuni, Jon Snow, non ha senso
combattere fra di noi alimentando l’odio tra le nostre famiglie. Ti
invito nuovamente a raggiungermi alla Roccia del Drago per poter
discutere i termini dell’alleanza. Se lo farai, prometto di non
prendere alcun provvedimento circa il tuo abbandono dei Guardiani della
Notte, ma se nuovamente ti rifiuterai, marcerò a Nord e mi prenderò i
tuoi uomini con fuoco e sangue. A te la scelta.
Jon sollevò lo sguardo dalla lettera, incontrando lo sguardo confuso di
Tormund.
“Il
Nord non deve inginocchiarsi, così direbbero i
tuoi alfieri.”
“E’
per questo che lo vengo a chiedere a te” osservò Jon fissando il bruto
negli occhi. “Davos e Brienne sono in pericolo solo a causa della mia
stupidità e l’intero Nord rischia di essere distrutto da questa Madre
dei Draghi.” Jon si passò una mano sul viso. Avrei dovuto immaginarlo, si
maledisse, che
Daenerys avrebbe scelto come base la Roccia del Drago.
“Volevi
recuperare il Vetro di Drago” lo confortò Tormund, “non devi
biasimarti.”
Jon
sembrava stravolto. “Non sono fatto per fare il re” mormorò crollando
seduto, “Robb lo era, io… io…”
“Non
dire sciocchezze! Si tratta solo di una scelta un po’ difficile.”
“Un
po’ difficile?!” chiese ironico Jon “Qualunque decisione io prenda i
miei uomini rischieranno la vita per una causa che non è la nostra.”
“Anche
Mance ha dovuto fare scelte difficili” ricordò Tormund con un sorriso.
"Ha preferito affrontare voi uomini del Sud piuttosto che gli Estranei,
ma anche così molti di noi sono morti. Preoccupati per il tuo popolo,
Jon Snow.”
“Non
so se ne ho il coraggio” mormorò Jon afflitto: in quel momento avrebbe
dato qualsiasi cosa pur di liberarsi dal peso di quella responsabilità.
“Hai
ucciso un Estraneo, cazzo!” gli rammentò con veemenza il bruto “Sei
sopravvissuto a numerose battaglie, hai difeso la Barriera, sei tornato
dalla morte! Se questo non è coraggio…”
“Se
decidessi di appoggiare Daenerys Targaryen l’intero Nord mi odierebbe”
gli fece notare Jon, “mi considererebbero un codardo traditore e non
voglio essere un altro Re-in-ginocchio.” Gli Stark odiavano i
Targaryen, questo Jon lo aveva appreso fin dalla più tenera età. Il
Nord odia i Targaryen.
“Ma
se non lo fai” gli disse Tormund, “tutto questo sarà ridotto in
polvere.” Aprì le braccia, alludendo a Grande Inverno. “Grazie” ribatté
ironico Jon, “questo mi fa sentire molto meglio.”
“Cos’è
più importante?” gli chiese allora Tormund. Jon non era certo di
saperlo. “Il tuo onore o la vita di coloro per cui hai combattuto?”
“Non
è la nostra guerra” insistette Jon, “questo Gioco del Trono… non è la
nostra battaglia. Gli Estranei stanno arrivando e non possiamo sapere
se la Barriera arresterà la loro avanzata. Abbiamo bisogno di uomini a
Nord.”
“Allora
vallo a dire a questa Distruttrice di Catene, dimostrale che il vero
problema è qui e magari lei ti ascolterà, magari ci aiuterà nella nostra battaglia.”
Jon
annuì pensieroso e tornò a fissare la lettera.
“Il
corvo si sarà perso in chissà quale tormenta” rispose in fretta
Tormund. “Allora, cosa farai?” Jon inspirò profondamente tentando di
convincersi di stare facendo la cosa giusta. Mio padre avrebbe fatto lo stesso, pensò. E anche Robb…
“Oggi
pomeriggio metterò gli altri lord al corrente della mia decisione,”
disse Jon cercando di apparire sicuro di sé “e domani stesso partirò
con una scorta di massimo venti soldati.”
Tormund
annuì. “Chi lascerai a governare?” chiese curioso “Basta che non sia
io!”
Jon
scoppiò a ridere. “No, non ne saresti in grado!” lo provocò “Sarà Sansa
a comandare in mia vece.” Sentì una stretta al cuore: Sansa non gli
parlava dalla sera della festa e Jon era certo che lo stesse ignorando
di proposito. Tuttavia non ne comprendeva la ragione. Ho detto qualcosa di sbagliato? continuava
a chiedersi. Aveva provato più volte ad avvicinarla, ma lei era corsa
via stringendosi le mani al petto.
Scrollò
la testa per tornare con i piedi per terra. “Mi aspetto che tu
garantisca la pace tra il Popolo Libero e quello del Nord” continuò
rivolto a Tormund. “E che aiuti mia sorella in caso di necessità.”
“Conta
pure su di me, Jon” lo rassicurò il bruto assestandogli una pacca sulla
schiena così forte da sbilanciare l’equilibrio del Re del Nord. Jon
provò un moto di gratitudine nei confronti dell’amico e sorrise
riconoscente.
“Bene”
disse imbarazzato, “allora vado a cercare Sansa per riferirle le
novità. A dopo…” Tormund fece un cenno con la testa e Jon si allontanò.
La sua mente traboccava di domande e preoccupazioni.
“Vostra
grazia” lo chiamò una voce alle sue spalle. Jon si voltò, trovandosi di
fronte all’anziano cantore Malak. Un brivido gli pizzicò la spina
dorsale.
“Malak”
lo salutò a disagio, “spero il banchetto sia stato di tuo gradimento…”
Malak sorrise mostrando i pochi denti che ancora popolavano la sua
bocca. “Era squisito” disse cortesemente, “anche se molti cibi non sono
molto comuni al Sud.”
“Come
mai sei venuto al Nord?” chiese Jon curioso.
Il
vecchio sospirò profondamente.
“Stai
parlando di Robert Baratheon?”
Malak
scoppiò a ridere.
“Quanti
anni credi che io abbia?” chiese Malak divertito “Tu sei giovane, ma io
ho visto succedersi molti re durante la mia vita. Durante il regno di
Aerys ero tenuto in gran considerazione a corte.” Malak lanciò
un’occhiata allo sguardo esterrefatto di Jon.
“Il
Re Folle amava la musica?” chiese Jon sbalordito "Sapevo che in
giovane età adorasse le feste, ma..."
“Non
lui: suo figlio Rhaegar.”
Jon
si morse il labbro a disagio. “Cosa sai tu di Rhaegar Targaryen,
ragazzo?” gli chiese gentilmente il vecchio. “Che era matto almeno
quanto il padre” rispose Jon con voce cupa, “e che celava istinti
animaleschi.”
Malak
scosse la testa sconsolato. “Le storie che si raccontano qui a Nord
sono false” gli spiegò con calma, “Rhaegar era adorato dal suo popolo
ed aveva un animo gentile e sensibile.”
“Ha
rapito mia zia Lyanna” osservò con disprezzo Jon, “l’ha stuprata e
uccisa…”
“C’è
sempre stato qualcosa di poco chiaro in quella storia” disse Malak con
sguardo vacuo, “non credo sia andata esattamente come viene narrata.”
Jon
decise di cambiare discorso. “Lo conoscevi bene?” chiese “Il principe
Rhaegar intendo…”
Il
volto grinzoso di Malak si illuminò.
Jon
si accorse di stare sudando: la descrizione dello strumento musicale di
Rhaegar coincideva forse un po’ troppo con l’immagine della lira del
sogno. Tutto questo
non ha senso, si disse temendo di impazzire. Come mai dovrei sognare la lira di Rhaegar
Targaryen? Per qualche secondo nessuno parlò.
“E’
stato Rhaegar ad insegnarmi la Canzone del Ghiaccio e del Fuoco” disse
infine Malak. Jon rimase a bocca aperta.
“Avrebbe
voluto che la cantassi il giorno della nascita del figlio Aegon”
proseguì Malak, “ma per qualche ragione alla fine me l’ha impedito. Ci
sarà un’altra occasione, mi ha detto. Dopo tutti
questi anni ho voluto condividere questa splendida canzone con le
uniche persone che mi sembrano degne di ascoltarla. Ammiro molto voi
uomini del Nord.”
Jon
glissò sul complimento, la mente che lavorava frenetica. “Sei sicuro
che questa sia la prima volta che intoni questa canzone davanti ad un
pubblico?” chiese dubbioso. “Assolutamente” rispose con decisione Malak.
“Non
è possibile che il principe l’abbia insegnata anche a qualcun altro?”
insistette Jon. Malak si fece sospettoso. “Sono certo di essere stato
l’unico a cui Rhaegar abbia mai concesso la conoscenza di questa
canzone” rispose in tono piatto, “ma perché tutte queste domande, se
posso chiedere?”
Jon
sospirò. “E’ difficile da spiegare” ammise. “Qualche giorno fa ho fatto
un sogno e ho udito questa canzone.” Malak lo fissò strabiliato. “Ed
io… era come se già la conoscessi, come se potessi cantarla senza
averla mai udita prima. Quando al banchetto l’ho ascoltata di nuovo, ho
provato questa sensazione ancora una volta. Non so spiegarlo, magari mi
sono immaginato tutto.”
Malak
sembrava come fulminato. “Anche Rhaegar mi disse che aveva sentito
quella canzone in sogno” balbettò esterrefatto, “e che credeva di
averla sempre conosciuta.”
Jon
sentì la testa.
“Ehi”
lo salutò cingendogli il collo con le braccia, “come mai da queste
parti?” Il meta-lupo non emise alcun suono, si limitò a fissare Jon con
i suoi occhi fiammeggianti.
“Tra
poco dovrò partire” gli sussurrò Jon all’orecchio accarezzando il suo
pelo soffice, “ma non posso portarti con me.” Spettro sembrò
intristirsi e spinse il muso contro il petto di Jon.
“Proteggi
Sansa” si raccomandò lui sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi,
“nessuno deve farle del male. Io tornerò…” Fece una pausa stringendo il
meta-lupo più forte che poteva e per un attimo i loro cuori batterono
come uno solo.
“Te
lo prometto.”
Poi,
silenzioso come era arrivato, Spettro scomparve. Jon si tirò a fatica
in piedi, la vista offuscata dalle lacrime represse. Adesso lo
attendeva la sfida più difficile.
Trovò
Ditocorto appostato davanti alla stanza di Sansa. “Mio re” lo salutò
Baelish chinando appena il capo. “Dov’è Sansa?” chiese Jon deciso a
saltare i convenevoli.
Lord
Baelish accennò uno dei suoi sorrisetti. “Lady Stark desidera non
essere disturbata” spiegò inarcando appena le sopracciglia. “Magari
potrei…”
Jon
perse la pazienza.
Sansa
era seduta sul letto intenta a cucire un abito celeste-cielo. Quando
Jon le si avvicinò, Sansa non alzò neppure gli occhi dal lavoro.
“Sansa…”
iniziò impacciato lui “Io dovevo… cioè volevo, ecco io…”
“Cosa
vuoi, Jon?” gli chiese lei così freddamente che Jon arretrò come se
l’avessero schiaffeggiato.
“Io
devo parlarti” le disse tentando di apparire sicuro di sé, “ci sono
delle novità e volevo discuterne con te.”
“E
perché mai?” chiese lei sarcastica continuando a cucire “Hai i tuoi
consiglieri, giusto? Non ti serve certo il parere di una stupida
ragazzina…”
“Tu
sei mia sorella!”
“Sorellastra” lo
corresse sibilando Sansa. Jon rimase senza fiato. Per un po’ non seppe
cosa dire.
“Perché
sei arrabbiata con me?” le chiese infine il più gentilmente possibile.
Sansa
scagliò il vestito a terra e scattò in piedi. Era rossa in viso e Jon
vide sconcertato che stava piangendo. “E me lo vieni anche a
chiedere?!” gli urlò infuriata “Sto mandando avanti questa casa per te
e tu non mi tieni mai in considerazione quando devi prendere delle
decisioni. Credi sia ancora una bambina che ha bisogno che qualcuno la
venga a salvare?”
“Io
non ho mai detto questo!” gridò Jon ferito nell’orgoglio “Sansa, mi
dispiace se ti ho trascurata, ma credimi non avrei voluto…”
“Cosa
non avresti voluto? Lasciarmi da parte per quella… quella…” Sansa si
interruppe con una smorfia disgustata.
Jon
finalmente aveva capito. “Non l’ho baciata io” le disse adesso calmo
tentando di circondarle le spalle con un braccio, “sei scappata dalla
sala prima che potessi vedermi respingerla.” Sansa si voltò a fissarlo:
pareva essersi tranquillizzata.
“Tu
non l’hai…?”
Jon
scosse la testa.
Sansa
si sciolse in un pianto sommesso.
“Paura
di cosa?” gli chiese Jon d’un tratto allarmato “Ti hanno minacciata? Ti
hanno forse fatto del male?”
Sansa
scosse energicamente la testa.
Jon
le permise di piangere sulla sua spalla accarezzandole i capelli. “Non
devi mai più neppure pensarle queste cose” le disse prendendole il viso
e guardandola negli occhi, “io non potrei mai lasciarti, nemmeno se un
giorno fossi costretto a sposarmi per il bene del Nord. Voglio che tu
lo ricordi: non sei e non sarai mai più sola.”
Sansa
si rilassò nella sua stretta, il corpo scosso dagli ultimi singhiozzi.
Alla fine si separò da Jon con un pallido sorriso.
“Allora?”
chiese poi Sansa “Che cosa mi dovevi dire quando sei entrato?”
Il
sollievo che aveva provato in seguito al calo di tensione si dissolse
completamente e Jon deglutì a fatica, cercando le parole adatte.
Arya
Il
lupo era affamato. Arya lo percepiva, sentiva lo stomaco contrarsi e le
mascelle scattare per stringere il nulla. Aveva voglia di cacciare, di
uccidere.
“Hai
fame, vero?” le chiese accarezzandole le orecchie. Il meta-lupo uggiolò.
Diverse
volte mentre era a Braavos le era capitato di sognare Nymeria, di essere Nymeria,
ed il sogno corrispondeva sempre alla verità. Arya aveva presto smesso
di chiedersi le ragioni di ciò, felice di quell’unico ponte che ancora
la collegava al passato.
Ma
ora sto tornando a casa.
Sollevò
lo sguardo scrutando il cielo. Si stava lentamente tingendo di rosso e
Arya intuì che l’alba non doveva essere lontana. Si alzò in piedi.
“Su,
Nymeria” sussurrò al meta-lupo, “svegliali: dobbiamo rimetterci in
marcia.”
Nymeria
la osservò per qualche istante prima di emettere un lungo ululato.
Tutti i lupi drizzarono le orecchie ed iniziarono a stiracchiarsi. Arya
attese paziente. Viaggiare con un branco di lupi pronto a proteggerti
poteva risultare comodo, ma anche piuttosto noioso. Sempre meglio che da sola, aveva
dovuto riconoscere Arya.
Iniziarono
la marcia quando il sole era ormai sorto completamente. Arya e Nymeria
procedevano in testa, seguite da tutti gli altri lupi. C'erano pochi
indizi per orientarsi, solo i fiumi o i villaggi che incontravano.
Da
piccoli erano sempre lei e Bran a pretendere storie macabre ed oscure,
mentre Sansa piangeva urlando di voler ascoltare racconti di principi e
principesse. Alla fine la Vecchia Nan aveva raccontato così tante
leggende che Arya non poteva rammentarle tutte.
I
boschi della Terra delle Tombe non erano fitti come sul Tridente, ma
abbastanza riparati da celare un’orda di lupi famelici. Le prede poi
non mancavano mai e Arya aveva ucciso moltissimi scoiattoli con Ago.
Nymeria ed il suo branco invece miravano a prede più ambiziose, come
volpi, cervi ed addirittura leoni di montagna.
Quella
mattina il tempo era stranamente buono, nonostante le rigide
temperature. Questo era abbastanza curioso, perché Arya sapeva bene che
l’inverno fosse finalmente arrivato, avendo ascoltato le chiacchiere
dei soldati di Delta delle Acque.
Si
era ormai convinta che il suo piano di fuga avesse funzionato alla
perfezione, perché nessuno l’aveva seguita. Aveva intenzione di
arrivare a Grande Inverno senza farsi notare e sperava che suo zio
Edmure non avesse inviato messaggeri a Jon.
Voglio vederli senza che loro mi vedano, continuava
a ripetersi. Voglio
osservarli, seguirli, giudicarli senza che sappiano chi sono.
Non
vedeva i suoi fratelli da anni ormai ed era ansiosa di poter constatare
quanto fossero cambiati. Se erano
cambiati. Le risultava difficile credere che Sansa avesse finalmente
abbandonato i suoi stupidi sogni. “Però mi manca” aveva dovuto
ammettere.
Nel
primo pomeriggio un lupo si ferì alla zampa accasciandosi a terra ed il
branco fu costretto a fermarsi. Arya voleva rendersi utile mentre il
lupo si leccava la ferita, ma Nymeria la tenne lontana.
Offesa,
Arya si inoltrò nel bosco per distrarsi. Stupido lupo, borbottò
tra sé e sé. Guarda
quanto tempo ci fai perdere. Mentre stava
esaminando un grosso bastone frondoso per il fuoco, le sembrò di udire
delle voci. Credendo di essersele immaginate, continuò a scavare in
terra, ma il suono si ripeté, stavolta più nitido.
D’istinto,
Arya sguainò Ago, appostandosi dietro a un grande albero nodoso. Le
voci erano ora vicinissime e Arya poteva comprendere cosa dicevano.
“M-ma
è pazzesco!” Arya aggrottò le sopracciglia sentendo quel tono
stranamente familiare. “Mi stai dicendo che è proprio come Beric?”
stava chiedendo ancora la voce ed Arya strinse l’impugnatura della
spada fino a far sbiancare le nocche. La Fratellanza senza Vessilli, sibilò
socchiudendo gli occhi.
All’improvviso
le tornarono in mente nomi della sua lista, nomi dimenticati e poco
importanti. Beric
Dondarrion, pensò mulinando Ago, Thoros di Myr.
“Sì
ci sono riuscita” si era intromessa una voce femminile. Suonava
abbattuta e stanca. “Dopo la morte di Stannis avevo perso la fiducia
nel Signore della Luce, ma questo ha cambiato tutto.”
Arya
strinse le labbra confusa: di cosa stavano parlando? Desiderosa di
capire di più, si avvicinò guardinga con passo felpato. Leggera
come una piuma, scattante come un gatto.
“Thoros”
stava continuando la donna ora vicinissima: doveva essere dietro
l’enorme albero, “ascoltami… E’ lui Azor Ahai, ne sono convinta.”
“Ne
eri convinta anche quando parlavi di Stannis” osservò una terza voce
che doveva essere di Beric, “come puoi esserne veramente certa questa
volta?”
“Perché
ogni volta che chiedevo alla fiamme di mostrarmi Azor Ahai” spiegò la
donna ora più decisa, “vedevo solo neve. E
poi il Signore non l’avrebbe riportato indietro senza ragioni.”
“Speriamo
sia davvero lui questa volta” disse infatti lui da un punto ora più
lontano, “ma Azor Ahai reincarnato non doveva avere sangue di drago,
Thoros?”
“Si
pensa” precisò il prete che Arya ancora non riusciva a vedere, “si
pensa debba discendere dai Targaryen, ma i testi non sono chiari.”
“E’
lui” ripeté la donna convinta, “ve ne accorgerete appena lo vedrete.”
Vincendo
la paura, Arya uscì dal proprio nascondiglio, riuscendo finalmente a
vedere la donna. La rabbia l’accecò non appena riconobbe i suoi lunghi
capelli rosso-fuoco. La Strega Rossa.
Improvvisamente fu presa da un impellente bisogno di uccidere.
“Cosa
gli hai fatto?!” urlò fuori di sé “Dimmelo o ti taglio la gola!”
La
Donna Rossa sembrava sul punto di svenire.
Un
lampo di comprensione attraverso l’unico occhio di Beric Dondarrion.
“Vedo
che di me invece vi ricordate benissimo” osservò freddamente Arya senza
allentare la presa sui capelli di Melisandre.
“Arya,
calmati, non è come sembra…” tentò Beric, ma Arya scoppiò a ridere.
“Invece è esattamente come sembra” disse spietata, “e per questo
morirete tutti. Ma adesso dimmi: che ne è stato di Gendry Waters?”
“E’
fuggito!” rantolò la Donna Rossa pallida come il latte “Ha lasciato la
Roccia del Drago, non ho idea di dove sia andato… Per favore…!”
“Silenzio!”
Arya era comunque sollevata dal sapere che Gendry era riuscito a
scappare da quella donna. “Cosa volevi fargli?” chiese ancora più
minacciosa.
“D-doveva…”
farfugliò la Strega Rossa che si reggeva a stento in piedi "doveva
essere bruciato sul rogo, perché…”
“Non
mi interessano i tuoi motivi!” intervenne Arya disgustata “Avresti
condannato a morte un innocente e per questo meriti la mia punizione.”
Melisandre
chinò il capo.
“Di
certo più rapida di quella che avresti riservato a Gendry” sibilò Arya
brandendo Ago. Infilzali con la punta.
“Arya,
fermati!” le urlò Thoros afferrandole il braccio “Non puoi farlo…”
“Certo
che posso!” esclamò Arya “E presto sarà anche il vostro turno!”
“Io
non la ucciderei se fossi in te” intervenne calmissimo Beric.
Arya
lo fissò con sufficienza.
“Perché
ha salvato tuo fratello” rispose gentilmente Beric, “Jon Snow.”
Arya
spalancò la bocca senza emettere suono, mentre Ago e il pugnale le
scivolavano dalle mani e Melisandre si accasciava a terra. Per qualche
istante fu silenzio.
“Come
è successo?” chiese infine Arya stupefatta dall’affermazione. Beric le
si avvicinò. “Forse è meglio che sia lei a spiegarti” suggerì.
Melisandre
si rialzò tremante. “Tuo fratello era Lord Comandante dei Guardiani
della Notte, conto che tu lo sappia” iniziò e Arya annuì. “La sua
politica non è stata molto amata dai suoi confratelli” proseguì
Melisandre, “così l’hanno ucciso.”
Arya
sentì il mondo girarle intorno. Ucciso? pensò
frastornata Come è
possibile, l’hanno appena nominato Re del Nord…
“Ma
il Signore della Luce non era d’accordo” andò avanti la Donna Rossa, “e
mi diede il potere di riportarlo in vita. E’ tornato dalla morte.”
Nonostante
Arya non fosse più stupita da nulla, stavolta rimase senza fiato.
Vedendola ammutolita, Beric sospirò.
Arya
strinse le labbra in preda ad una crisi interiore. Avrebbe ucciso Gendry, si
disse raccogliendo Ago. L’avrebbe bruciato vivo. “Ma
ha salvato Jon” continuava un’altra voce nella sua mente. E
se stessero tutti mentendo?
A
furia di maneggiare la lama si tagliò il palmo. Digrignò i denti quando
sangue caldo le scivolò dentro alla manica fino al gomito.
“Suppongo
tu ti stia recando a Nord” osservò Beric incrociando le braccia,
“perché non ti unisci a noi?” Arya lo fulminò con lo sguardo. “Non ho
intenzione di passare con questa strega un solo istante di più.”
rispose schifata.
“Melisandre
non viene con noi” intervenne Thoros, “tuo fratello l’ha esiliata dal
Nord.”
Arya
non era neanche lontanamente interessata al motivo che aveva spinto Jon
ad una simile azione. “E dove andrai?” chiese sgarbata rivolgendosi
alla Donna Rossa.
“Nelle
Terre dei Fiumi, a Delta delle Acque magari. Dicono che sia tornata in
mano ai Tully…”
“E’
vero” confermò tranquillamente Arya, “sono stata io ad uccidere Walder
Frey.” I tre sgranarono gli occhi, ma non osarono fare domande.
“B-bene” balbettò Thoros, “un problema di meno quindi.”
Un
ringhio fendette l’aria e Nymeria apparve in mezzo alla radura. Arya
sorrise alle espressioni di terrore sui volti di Thoros, Beric e
Melisandre.
“Ah,
ah, ah” rise una voce alle sue spalle, “eccolo dove era finito il tuo
dannato lupo. E dire che quel giorno l’avevamo cercato fino a tarda
notte…”
Arya
si immobilizzò all’istante, il cuore che batteva all’impazzata. Quella
voce. Lentamente, Arya si voltò.
“No
no non è possibile... tu sei morto!”
Sandor
Clegane, vestiti stracciati e barba incolta, le sorrise. “Ci sono
andato vicino” ammise il Mastino con una smorfia, “ma la tua amichetta
non è riuscita ad accopparmi. Credo io ti debba ringraziare per non
avermi dato il colpo di grazia.”
Arya
strinse i pugni affondando le unghie nel palmo. “Io ti odio” sibilò
irata, ma, appena queste parole lasciarono le sue labbra, seppe che era
una menzogna. “Una ragazza mente” avrebbe detto Jaqen H’ghar con quel
suo mezzo sorriso.
Il
Mastino si limitò a ridere ancora più sguaiatamente. “Dopo tutto questo
tempo?” chiese con stucchevole tristezza, “pensavo ti fossi lasciata
due o tre morti alle spalle…” Arya fece per saltargli addosso, ma Beric
la trattenne.
Arya
lo fissò allibita.
“Beh,
lui al contrario tuo sopra i suoi morti la pietra ce l’ha messa”
intervenne il Mastino, “e comunque non faccio parte di questa fottuta
Fratellanza, viaggiamo solo insieme.”
Arya
rise: una risata senza gioia.
“Ci
siamo incontrati per caso” rispose vago Sandor, “anche se devo dire che
non sia stato amore a prima vista. Comunque abbiamo capito di stare
dalla stessa parte…”
“Quale
parte?” chiese dubbiosa Arya. “Dalla parte dei vivi” si intromise con
naturalezza Melisandre, “per essere preparati a ciò che ci aspetta.”
Nymeria
ringhiò e Arya aggrottò le sopracciglia.
“Il
dio che veneri tanto ragazzina” rispose gravemente Beric.
Arya
sentì il sangue gelare nelle vene e rabbrividì suo malgrado. Le voci di
Syrio e Jaqen le si confusero in mente, mentre il vento le sussurrava
all’orecchio una sola parola.
Morte.
Samwell
Vecchia
Città non era esattamente come Sam l’aveva sempre sognata da bambino.
Allora se la immaginava grandiosa e lucente, con le mura possenti e
protettive che si stagliavano contro un cielo perennemente azzurro.
Adesso gli appariva consunta; le mura erano grigie e incrostate di
salsedine e il cielo raramente era sgombro da nuvole. Le strade erano
deserte e non vivacemente attraversate da sapienti immersi in dotte
conversazioni. Vecchia Città sembrava spegnersi ogni giorno che passava.
“E’
la guerra” gli aveva sussurrato un oste dagli occhi stralunati, “le
madri piangono i figli lontani e tutti temono la vendetta della
regina.” Ascoltando i racconti dei passanti, Sam aveva potuto conoscere
la difficile situazione in cui la città si trovava.
Dopo
l’uccisione del lord di Alto Giardino e dei suoi eredi, lord Leyton
Hightower aveva deciso di rimanere fedele ai Tyrell ed aveva inviato i
suoi due figli maggiori, Baelor e Garth, a capo di mille uomini alla
Roccia del Drago per supportare Daenerys Targaryen. Le sue azioni
tuttavia lasciavano Vecchia Città esposta ad eventuali attacchi dal
mare. Il popolo aveva paura.
Ed io? si chiedeva Sam Io ho paura? Si
sorprese scoprendosi piuttosto indifferente al terrore che aveva
congelato la città. Certo, la sua unica preoccupazione era la sicurezza
di Gilly e del suo bambino, ma sentiva di non potersi più definire
codardo. Quando si trattava di proteggere Gilly, Sam si sentiva
pervadere da un coraggio che non aveva mai provato in vita sua.
Grazie
al denaro che Talla aveva infilato di nascosto nel vestito di Gilly,
Sam aveva potuto affittare una casa dignitosa per lei ed il bambino.
Gilly aveva messo il broncio quando si era trovato costretto a
lasciarla per recarsi alla Cittadella, ma Sam non aveva scelta.
“Ma
io voglio venire con te” aveva insistito Gilly, “sono stufa di restare
ad aspettare. Voglio leggere i libri di quella biblioteca.”
“L-lo
so, lo so” aveva balbettato Sam, “ma le donne non sono ammesse alla
Cittadella. Senti, ti prometto che ti porterò un libro bellissimo, non
come quelli polverosi della Barriera. Di cosa vuoi che parli?” Gli
occhi di Gilly si erano illuminati. “Di leggende” aveva risposto
subito, “delle leggende sulla Barriera e sul Nord.” Sam aveva annuito
sollevato e finalmente era riuscito ad incamminarsi in direzione
dell’Alta Torre.
I
libri dicevano che era addirittura più alta della Barriera, ma solo ora
Sam poteva constatare quanto avessero ragione. La torre, in piedi sulla
piccola isola, era davvero enorme e sembrava essere l’unico elemento di
Vecchia Città ad emanare ancora un alito di vita.
Alla
Cittadella Sam si sentiva a disagio, costretto com’era a subire gli
sguardi inquisitori degli altri apprendisti. Il guardiano che l’aveva
ricevuto al suo arrivo e che Sam aveva scoperto chiamarsi Rathin
continuava a temporeggiare, rimandando l’incontro con l’arcimaestro.
Dopo alcuni tentativi di conversazione Sam si rifugiava in biblioteca.
Quello
era il suo posto preferito, la concretizzazione di un sogno. Sam non
aveva mai visto così tanti libri in vita sua e le mani tremavano mentre
sfogliava le pagine ingiallite di qualche antichissimo manoscritto. Per
i primi tempi si era limitato ad afferrare libri senza alcun criterio e
a fissarli con venerazione senza avere il coraggio di aprirli. Le sale
della biblioteca erano sempre sorvegliate e Sam era terrorizzato
dall’idea di poter rovinare uno di quei libri anche solo sfogliandolo.
In
seguito iniziò a leggerli e rimase affascinato da qualsiasi storia gli
capitasse sotto gli occhi, indipendentemente dall’argomento. Lesse di
cavalieri e principesse, di amori finiti in tragedia, di eroi e guerre
sanguinose, di importanti re. Dopo due sole settimane Sam era
perfettamente in grado di elencare i nomi dei trentacinque amanti di
lady Jessy, di recitare a memoria la dinastia dei re dei draghi e le
date delle battaglie più importanti. Smarrito in quell’invitante
labirinto, Sam quasi dimenticò i motivi che l’avevano condotto così a
Sud.
Rinvenne
solamente dopo aver udito un’animata discussione fra tre maestri. Era
intento a riordinare alcune carte ammucchiate sul tavolo che gli era
stato assegnato, quando udì delle voci avvicinarsi. Tentando di
mantenere un’aria disinvolta, lisciò per la ventesima volta una pagina
stropicciata e rimase in ascolto.
“Sono
tempi pericolosi vi dico” stava dicendo il più alto dei tre. Aveva la
carnagione scura e i lineamenti duri. “A Dorne molti giovani sono
partiti per la guerra seguendo quelle serpi usurpatrici, compresi i
miei discepoli, Mors e Dickon. Lord Manwoody mi ha ordinato di tornare
qui perché ritiene che presto la situazione degenererà.”
“Hai
perfettamente ragione, Ramyll” assentì il maestro enormemente grasso
alla sua destra muovendo nervosamente le mani. “Lord Serry mi ha
inviato come messaggero a Lord Leyton: è troppo preoccupato da un
attacco marittimo e non ha ancora deciso se appoggiare Daenerys
Targaryen.”
“E
perché non dovrebbe?” intervenne Ramyll aggrottando la fronte “Cersei
Lannister ha sterminato i signori dell’Altopiano, è vostro compito
vendicarli.”
“Non
è così facile” ribatté il maestro grasso continuando a tormentarsi le
mani. “Scudo del Sud è la più esposta ad attacchi e se Cersei si è
alleata con Euron Greyjoy…”
“Occhio
di Corvo?” esclamò stupito Ramyll “Allora le voci sono vere. Questo
rende tutto più difficile…” Dal suo angolo Sam cercava di assimilare
tutte quelle informazioni.
“Ho
sentito dire che non tutti gli alfieri dei Tyrell sono andati in
guerra” continuò Ramyll, “è vero, Ghuym?” Il maestro grasso tirò un
teatrale sospiro. “E’ vero” rispose, “da quello che so, Orton
Merryweather e Randyll Tarly si sono schierati con i Lannister.”
Sam
dovette inghiottire un gridolino udendo il nome di suo padre. Era
rimasto piuttosto sorpreso, e sollevato, dal fatto che suo padre non
gli avesse dato la caccia per riprendersi Veleno del Cuore. In quel
momento la spada giaceva al sicuro sotto la culla improvvisata del
piccolo Sam.
“Ci
avrei giurato” stava continuando Ramyll, “Tarly appoggia qualcuno
solamente se è assolutamente certo della sua vittoria e sembra che
Cersei abbia assoldato dei mercenari. Eppure mi sembra strano abbia
scelto di seguire una donna… Che notizie ci sono dal Nord, Vyktor?”
Il
terzo maestro, fino a quel momento rimasto in silenzio, si schiarì la
voce.
“Non
si sa chi l’abbia ucciso” proseguì Vyktor, “ma lord Edmure ha subito
indetto una riunione per discutere le prossime azioni da intraprendere.
Lo so perché sono l’unico a cui lord Blackwood abbia concesso l’onore
di accompagnarlo. E’ durata quasi quattro ore ed è stata la cosa più
noiosa di…”
“Va
bene, va bene” tagliò corto Ramyll, “ma cos’hanno deciso?”
“Di
appoggiare il Re del Nord” rispose Vyktor alquanto irritato per non
aver potuto raccontare l’intera storia.
Sam
scoprì di essere ancora a bocca aperta e si affrettò a richiuderla. Com’è possibile? si
chiese confuso Jon
aveva detto che suo fratello era morto… Che Brandon sia riuscito a
tornare da oltre la Barriera?Frugò nella memoria alla ricerca
dei ricordi riguardanti quel ragazzino storpio e il suo enorme
meta-lupo.
Estate,
si chiamava Estate.
Gli
sembrava dolorosamente impossibile credere che potessero essere
sopravvissuti alla vita oltre la Barriera. Però Jon aveva un altro fratello, ricordò
all’improvviso. Ri…
Rickard, ah no, Rickon… Ma era solo un bambino…
“Sono
vere le voci?” stava chiedendo Ghuym “Si dice che questo Re del Nord
sia un bastardo…”
“Aye”
confermò Vyktor, “il bastardo di Ned Stark, un disertore dei Guardiani
della Notte.”
Sam
non si accorse di aver lanciato un urletto finché non vide gli occhi di
tutti e tre i maestri puntati su di lui.
Si
lasciò cadere a terra con malagrazia. Quindi Jon ha lasciato i Guardiani della
Notte, si disse ancora frastornato. Ma perché? Quando Stannis gli ha offerto
il titolo di lord di Grande Inverno Jon ha rifiutato, perché adesso
avrebbe disertato?
Un
sentimento di delusione si fece strada in lui, nonostante Sam tentasse
di reprimerlo. Jon
sa quale minaccia ci aspetta, pensò lievemente
irritato. Come ha
potuto abbandonarci così?
Poi
si ricordò di tutte le disgrazie che si erano abbattute su casa Stark e
si vergognò. Era normale che Jon avesse voluto riconquistare il suo
castello natio, magari riunendosi ai restanti membri della sua famiglia. Scommetto
che l’hanno aiutato i bruti.
Si
tirò in piedi. Adesso ricordava la sua missione, il motivo per cui
aveva accettato a divenire il nuovo maestro del Castello Nero. Devo trovare informazioni sugli Estranei, si
disse appoggiando le mani sul tavolo. Devo capire come sconfiggerli.
Afferrò
la pergamena ancora spiegazzata nonostante la perseverante azione
lisciante e quasi rovesciò l’inchiostro nel tentativo di non farlo. Si
accomodò sulla sedia, che scricchiolò, e si accinse a scrivere. Quando
ebbe finito, rilesse tutto, attendendo che l’inchiostro si asciugasse.
A
Jon Snow, ora Re del Nord
Sono
veramente felice che tu sia riuscito a tornare a casa e ti auguro buona
fortuna per le decisioni difficili che dovrai prendere. Io, Gilly ed il
piccolo Sam siamo arrivati sani e salvi a Vecchia Città. Ho anche
ottenuto un’altra spada di acciaio di Valyria, Veleno del Cuore, che
era di mio padre. Continuerò le mie ricerche riguardo agli Estranei e
ti terrò aggiornato. Spero di trovare un modo per distruggerli
definitivamente. Aspettando il momento in cui ti potrò riabbracciare
Sam
Aveva
deciso di omettere il modo esatto in cui si era procurato Veleno del
Cuore, lasciando la questione sul vago.
Si
diresse così all’uccelliera e liberò uno scorbutico corvo nero
arruffato che portasse il messaggio fino a Grande Inverno. Tornò poi
sui propri passi per raggiungere nuovamente la biblioteca e si scontrò
con un uomo che saliva la stessa rampa di scale. Sam, intento a
guardarsi la punta dei piedi, cadde quasi a terra e l’uomo dovette
sorreggerlo per evitare che incespicasse.
Sam
balbettò una specie di ringraziamento mentre sollevava lo sguardo sullo
sconosciuto. Era molto più giovane di quanto aveva immaginato, con
folti capelli ricci e scuri e barba rada. Sulla guancia destra spiccava
pallida una cicatrice sottile.
L’uomo
gli sorrise.
Sam
annuì nervoso.
“Vieni
dalla Barriera?”
“S-sì”
rispose titubante Sam. L’uomo sorrise nuovamente. “Perdona la mia
curiosità” disse muovendo una mano come per allontanare un insetto, “ma
la Barriera mi ha sempre affascinato. Specialmente cosa c’è oltre… Tu
ne sai qualcosa?”
Adesso
Sam iniziava ad avere paura. “N-no” rispose tentando di apparire
disinvolto nella sua menzogna, “ero solo un attendente.”
L’uomo
fece una smorfia di disappunto.
“Chi
sei?” chiese Sam colto da ardore improvviso. L’uomo si voltò: non
sembrava adirato.
“Mi
chiamano Tristyus” rispose con gentilezza, “sono l’aiutante del
bibliotecario.” Poi, senza aggiungere altro, si allontanò.
Sam
sentì una goccia di sudore scivolargli lungo la schiena. Si costrinse a
continuare la discesa. La biblioteca si era svuotata e Sam si sedette
al suo posto sotto lo sguardo inquisitorio di Rathin che, come al
solito, stava sfogliando quel suo enorme libro d’archivio.
Dopo
pochi minuti Sam si mise a girovagare in mezzo agli scaffali, facendo
scivolare le mani sui libri e leggendone i titoli. Dovette trattenersi
più di una volta dalla voglia di afferrarne uno che non trattasse di
argomenti utili alla causa del Nord. Seguendo le vaghe indicazioni di
etichette scolorite, Sam giunse in fondo ad uno stretto corridoio
formato da due alti scaffali polverosi.
Incassata
nella parete si intravedeva una porta di piccole dimensioni. Era di
legno scheggiato e consumato e priva di etichette. Il pomello era
d’ottone e nascondeva in parte la toppa sottostante. Con naturalezza
Sam provò a spingerla, ma la scoprì chiusa a chiave. Stranamente ciò
non lo stupiva affatto.
Una
mano gli afferrò violentemente la spalla. Sam sobbalzò, voltandosi di
scatto. Rathin lo stava fissando con sguardo assassino, uno sguardo che
poco si sposava con il suo viso annoiato e monotono.
“IMPOSSIBILE!”
La
veemenza di tale esclamazione fece quasi indietreggiare Sam. Rathin
dovette accorgersi di aver esagerato, perché si ricompose.
Sam, piuttosto disorientato, si lasciò prendere il braccio e condurre rapidamente via. Quando stavano per svoltare dietro allo scaffale numero tre tuttavia, si girò affannato, lanciando un ultimo curioso sguardo alla porta, che continuava ad erigersi trionfante nel suo squallore.
A.D.A.
Ciao a tutti e ben tornati! Spero anche questo capitolo vi sia piaciuto e sono curiosa di conoscere la vostra opinione sul personaggio di Sam ^_^... Ci tengo a dire sul suo conto che la porta misteriosa in cui si imbatte è completamente diversa dal "reparto proibito" della biblioteca della serie e contiene segreti differenti ( Spettro94, immagino tu sappia di cosa sto parlando ;-D )...
Per il resto, cosa ne pensate della scelta di Jon? Credete abbia fatto bene o male? Diciamo che di certo non si preannuncia un bel periodo per lui XD... Sansa riuscirà ad assumere il ruolo che le spetta nonostante tutti i suoi tormenti interiori? Cosa succederà a Davos e Brienne? Se volete scrivete pure le vostre teorie: sono tutte ben accette e molto gradite :-)
Vorrei precisare un paio di cose...
Inanzitutto per i non-lettori che probabilmente non avranno capito la battuta di Tormund riguardo al fatto che lui abbia più titoli di Daenerys... Ho voluto inserirla perchè nei libri il bruto ha una lista pazzesca di nomi e non solo "Veleno dei Giganti", come ad esempio "Re della Birra", "Padre di Eserciti", "Soffiatore di Corno" e "Marito di Orse"... Era quindi divertente paragonarlo a Daenerys XD
Per i lettori più fedeli invece, tengo a sottolineare un cambiamento che ho dovuto apportare rispetto ai libri. Infatti il maestro Ghuym dice che Scudo del Sud non ha ancora preso posizion nella guerra, mentre nei libri è una delle prime conquiste di Euron. Non potendo però inserire tale conquista per motivi temporali dettati dalla serie, ho optato per lasciare Scudo del Sud in pace, facendolo solo rimanere "preoccupato" da un possibile attacco di Occhio di Corvo.
Ho dovuto anche completamente cambiare la storyline della Cittadella rispetto a quel poco che ci mostrano i libri, ma questo lo vedrete più avanti :-)
Inoltre spero di non incappare nell'ira funesta di Azaliv87 per il personaggio di Malak che ha legami con Rhaegar Targaryen: tranquilla, il migliore amico del principe resterà sempre Arthur Dayne XD
Come al solito ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno recensito perchè mi date una motivazione in più per andare avanti e cercare di migliorare al massimo questi capitoli che sono stati scritti ormai più di un anno e mezzo fa ^_^'''''... In ordine come sempre ringrazio coloro che hanno recensito il capitolo 3: NightLion, giona, Spettro94 (di cui vi suggerisco "Occhi di Stelle"... è una storia bellissima e piena di molti colpi di scena), leila91, __Starlight__ e Red_Heart96... Ragazzi vi abbraccio tutti ♥
Un ringraziamento speciale all'instancabile Azaliv87 che ha lasciato la sua meravigliosa (e lunghissima) recensione al capitolo 2 e che ringrazio per il costante supporto :-)
Mi raccomando fatemi sapere che cosa ne pensate anche di questo capitolo, le vostre idee sono sempre interessanti e stimolanti...
Spero di sentirvi presto... Alla prossima!
PS: la citazione di questa volta è di Bertolt Brecht, un autore a cui sono particolarmente affezionata perchè portai una sua poesia all'esame di terza media. Come interpretarla rispetto al capitolo spetta solamente a voi!