Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: PeNnImaN_Mercury92    14/04/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
13. Il dolore è sparito, si allontana
 
I giorni che susseguirono il nostro arrivo al Distretto di Trost furono confusionari e angoscianti: nonostante fossimo stati in grado di realizzare, dopo tanto tempo, un buon punto di appoggio verso Shiganshina, il numero degli uomini caduti in battaglia risultò terribilmente elevato: ben trentuno soldati della Legione Esplorativa non avevano fatto ritorno a casa.
Erwin si decise una volta per tutte a illustrare all’Armata quella strategia a lungo raggio che aveva pensato. Feci in tempo a frequentare alcune lezioni teoriche a riguardo (che a poco mi servirono, dato che il Comandante mi aveva spiegato precedentemente ogni elemento della tattica) prima di essere colpita da una forte e lunga febbre.
Detto così potrebbe apparire al lettore come una cosa da niente; ma per una settimana non fui capace di alzare la testa dal cuscino, vomitando ogni qualvolta ingurgitassi un cibo o addirittura della semplice acqua ed ero incapace addirittura comunicare con l’esterno.
Molti iniziarono a credere che, dati i miei sintomi anomali e le scarse medicine che circolavano nelle Mura per quegli strani casi, non sarei stata in grado di cavarmela. Se quei mali avessero persistito per i giorni seguenti, probabilmente ci sarei rimasta secca. Di sfuggita vedevo entrare e uscire Petra dalla stanza dell’infermeria riservata appositamente per me. Mi controllava la temperatura, mi sistemava meglio i cuscini ed era lei a somministrarmi quei medicinali quasi completamente inutili.
Ricordo di aver spesso ricevuto la visita di qualche ufficiale, estremamente preoccupato per le mie condizioni.
Ricordo i volti preoccupati di coloro che speravano nella mia guarigione.
Ricordo di aver sognato una quantità infinita di incubi.
Sognai di essere ritornata bambina, di star supplicando mia madre a non mettere piede fuori casa perché la pioggia l’avrebbe bagnata e ridotta nelle mie attuali condizioni. Sognai il suo sorriso confortante, la sua voce che mi intimava a non preoccuparsi, perché avrebbe dovuto consegnare il bucato che aveva lavato per la signora Tules, la quale l’avrebbe ricompensata con quei pochi spiccioli che ci avrebbero permesso di comprare degli odiosi prodotti in scatola.
Ahimé, come era difficile la nostra vita, da quando papà era scomparso. Era pietoso vedere mia madre dirigermi dalla signora Tules col cesto di panni immacolati, che venivano nuovamente inzuppati dall’acqua del cielo.
-Fortunatamente, la scema della signora Tules abita qui vicino – giudicò Lex, incaricato di lavare i piatti e riporli asciutti nella credenza.
-Ma mamma si bagnerà. Perché non ha aspettato che spiovesse, prima di uscire? – chiesi innocentemente io.
-Ha detto che era in ritardo con la consegna. Sinceramente non l’ho capita manco io.
Seguii la mamma con lo sguardo fino a un certo punto, dopodiché vidi tre o quattro uomini avvicinarsi verso di lei. Ho cercato in tutti i modi di far sovvenire alla mente una misera caratteristica dai loro volti, coperti dalla nebbia fitta; ciò che ricordo è il sangue scarlatto proveniente dal collo di mia madre, sgozzata da uno di quegli assassini, che aveva macchiato i panni della donna a cui erano destinati.
Rimasi impietrita, domandandomi se ciò che avevo visto fosse in realtà uno scherzo. –Lex, mamma…
Lex si avvicinò alla finestra. Non vi rimase per molto tempo, perché mi prese per mano e corse disperato verso la porta-retro di casa.
-Lex, dove stiamo andando? Perché lasciamo la mamma?
-Claire, adesso sta’ tranquilla. Andiamo dai Ral.
-Lex! Ti prego, spiegami! – urlavo disperata.
-Non lo so nemmeno io, Claire! – gridò affranto.
Liberai la mia mano dalla sua, ma non feci in tempo a muovere un solo passo indietro, perché inciampai e caddi dritta in una pozzanghera.
Sapeste quanto fosse gelida, l’acqua marrone e sudicia che si trovava per terra! Peggio ancora, tuttavia, era stato assistere direttamente alla morte della propria madre.
Dopo aver ricordato questa scena, la mia mente riprodusse infine l’immagine di uno strano campanile dall’intonaco marroncino di forma parallelepipeda, che mi sembrò essere straordinariamente innovativo per essere costruito in quei pochi ettari che delimitavano i possedimenti dell’umanità. Forse, nemmeno i distretti del Wall Sina potevano permettersi di costruire un edificio così bello e moderno.
                                                   

Poi mi svegliai. Era l’alba del quinto giorno trascorso nell’infermeria. O meglio, mi sembrava l’alba.
Piangevo per aver ricordato un momento tanto triste della mia vita, ma poco dopo mi ero accorta di essere riuscita, dopo tanto tempo, a rimettermi in posizione eretta.
La testa non mi faceva più male come prima, e avevo preso stranamente coscienza degli ambienti e degli oggetti che mi circondavano.
Mi asciugai le lacrime e mi guardai intorno. Riconobbi un biglietto lasciato sul comodino posizionato accanto al mio letto.
Siamo andati in città con i Caposquadra. Spero che tu riesca a leggere questo messaggio, rimettiti presto.
Petra
Sì, ci sono riuscita, pensai. Sorrisi, prima di provare una grande nostalgia: quanto avrei desiderato l’abbraccio della mia migliore amica, dopo aver passato le pene infernali di quei giorni!
Dietro al biglietto, c’erano dell’acqua e dei biscotti un po’ stantii. Qualcuno doveva averli lasciati lì sopra già da diverso tempo. In ogni caso, li afferrai, sorseggiando lentamente l’acqua e ingoiando piccoli frammenti dei biscotti secchi.
Non mi capacitavo di come fossi riuscita a rimettermi così all’improvviso. Ora, tuttavia, mi turbava l’immagine di quello strano campanile, che, ne ero certa, non avevo mai visto. Cercai disperatamente il mio blocco da disegni, che non fui in grado di trovare. Perciò, mi servii di una matita lasciata sul comodino e del foglietto su cui Petra aveva scritto per realizzare un bozzetto di quel bizzarro edificio.
Mi alzai dal letto, aprendo una finestra. Alcuni soldati si stavano dirigendo in qualche distretto. Ne erano parecchi.
Osservandoli, decisi che avrei chiesto a chiunque informazioni su quel campanile. Sarebbe divenuta la mia ossessione finché non fossi riuscita a capire in quale luogo all’interno delle mura si trovasse. E se non fosse nemmeno all’interno delle mura, ma nei pressi del Maria o addirittura fuori?
Qualcuno bussò alla porta, aprendola poco dopo. Mi aspettavo fosse il medico della Legione incaricato a occuparsi delle mie condizioni, invece era il caporale maggiore Levi.
-Capitano! – mi misi sull’attenti, benché non disponessi nemmeno della divisa.
-Hares, ti sei rimessa?! – domandò stupito lui.
-Mi sono svegliata poco fa – ammisi, accorgendomi di un oggetto familiare tenuto nella mano sinistra del corvino. –Capitano, che ci fa con la mia chitarra?
Egli entrò nella stanza, rendendomi l’oggetto. –Te la sei dimenticata la sera prima della spedizione. L’ho conservata nella mia stanza tutto il tempo, ma dovresti imparare a prestare più attenzione alle tue cose, se non vuoi che si perdano.
Gli sorrisi, accettando l’oggetto. –Grazie per essersene occupato lei, capitano – gli dissi sincera. –E’ stato molto gentile.
Mi osservò per qualche attimo, poi la sua attenzione si concentrò sul modo pietoso in cui era ridotta la stanza, in cui mancava totalmente aria.
-Ora che stai meglio, che ne dici se mettiamo un po’ in ordine qui dentro? – propose lui, dirigendosi ad aprire tutte le imposte, oltre la finestra che già io avevo aperto.
Ridacchiai. –Ha proprio ragione, capitano, ma forse non dovrei farmi dare una controllata dalla signorina Martha? Se non sbaglio, si è occupata lei del mio malessere, fino ad oggi.
-Giusto – rispose lui. –Va’ da lei, allora. Io nel frattempo cerco quello che serve per dare una sistemata a questo posto.
Feci come aveva detto. Mentre io mi ero diretta dal medico del Corpo di Ricerca, la quale, dopo essersi accertata del mio improvviso miglioramento, mi aveva rivelato che era stata sempre e solo Petra, da qualche giorno, a essersi occupata di me, Levi era tornato dalla sua camera con saponi e spolverini di ogni tipo. Aveva posato la giacca beige su una sedia e riposto un fazzoletto davanti alla bocca e uno sui capelli, che lo fecero sembrare ai miei occhi molto buffo e ridicolo.
-Ti consiglio di fare lo stesso – mi intimò lui. Gli diedi ascolto per metà, perché mi occupai di sistemare solo una bandana attorno alla bocca, prima di iniziare i lavori. Essendo ancora abbastanza debole, mi occupai dei compiti più semplici, che fui costretta a ripetere più volte a causa dell’insoddisfazione del caporale. Eppure, dopo un’ora, avevamo sorprendentemente già terminato. Mi aveva scioccato la velocità con la quale Levi aveva risistemato la camera, facendola addirittura splendere.
-Grazie per avermi dato una mano, capitano – gli sorrisi alla fine, poggiandomi affannata sul bordo del letto.
-Non ti avrei mai lasciato fare tutto da sola – rispose premuroso. –Sei una totale incompetente, hai molto da imparare.
Ero così stanca che nemmeno feci caso al suo pseudo insulso, ma domandai il motivo di quel silenzio che regnava il Quartier Generale.
-Sono tutti andati in città, non è rimasto quasi nessuno – spiegò lui, sistemandosi nuovamente la giacca.
-Lei non è andato?
-Mi sembrava inutile. Poi c’eri anche tu che, fino a qualche ora fa, eri una moribonda. E la tua amica Petra è stata forzata a occuparsi della Quattr’occhi. Sono andati a Karanes.
Rimasi un po’ delusa e preoccupata; Petra avrebbe rivelato a Lex del mio malessere, mentre io, nel frattempo, mi ero già alzata dal letto, addirittura aiutando il capitano a pulire l’infermeria da cima a fondo.
-Saranno qui per stasera – spiegò il caporale. -Ovviamente nemmeno ti propongo di prendere parte ad un addestramento, visto che sei ancora così debole.
Scossi il capo. Non ero intenzionata a perdere un ulteriore giorno di allenamento, benché non avessi riacquisito tutte le forze necessarie. –Oggi potrei limitarmi a iniziare a familiarizzare in maniera pratica la formazione a lungo raggio. Sono ferma alle lezioni teoriche.
Egli ci pensò, poi annuì. –Mi va bene. Io e i tuoi quattro amici abbiamo iniziato l’addestramento giusto qualche giorno fa, è bene che anche tu cominci.
-Però ho bisogno di tempo per darmi una sistemata, signore – lo avvertii. -Ho bisogno anche di un po’ di tempo per lavarmi i capelli.
-Sarebbe la cosa migliore – notò lui, con tono disgustato. –Ti aspetto al campo di addestramento. Vedi di non metterci troppo.
Mi preparai in fretta e furia nel bagno dell’infermeria, utilizzando una vecchia bacinella per lavarmi i capelli sporchi con del sapone alle arance. Dopo essermeli asciugati, li legai in una treccia nonostante fossero ancora umidi; infine indossai la divisa, infilandomi, per formalità, anche l’imbracatura del dispositivo che non avrei utilizzato.
Dopodiché, raggiunsi il caporale ai confini del campo di addestramento; era nella scuderia per prelevare il suo cavallo. Dopo aver dato da bere a Edmund, anche io condussi il mio al di fuori, aspettando che il corvino acconsentisse a iniziare l’allenamento.
Notai che il campo era stato accuratamente sistemato con una particolare segnaletica, e vi erano dei fantocci che popolavano diverse aree. –Allora? Sei pronta?
-Signorsì, - risposi con sicurezza, aspettando che lui mi desse indicazioni su come muovermi.
-Proseguiremo insieme fino a un certo punto. Attendi il mio segnale, dopodiché ci separeremo e cavalcheremo a distanze diverse fino ai confini del bosco. Alcuni ragazzi lanceranno dei fumogeni, di tanto in tanto, perciò sii sempre preparata, e tu farai lo stesso nel caso di un avvistamento con i fantocci. Il nostro obiettivo, da adesso, sarà sempre deviarli, perciò sarebbe inutile se ti dicessi di sguainare le spade, anche perché nemmeno porti il resto dell’armatura.
Spiegai che avevo compreso, per questo egli non attese ulteriormente, dando il via all’esercitazione.
Edmund, a differenza mia, si era subito ripreso dopo la spedizione. Inizialmente me la stavo cavando egregiamente dapprima a tenere il passo a Levi, poi a separarmi da lui e a deviare i fantocci sparando i fumogeni giusti, pur non allontanandomi di troppo dal mio capogruppo. Tuttavia, essendo ancora poco lucida, a tratti rischiavo di addossarmi troppo a un fasullo titano, il che non andava bene, dato che avrei dovuto limitarmi a segnalare il mio avvistamento al resto della spedizione.
Sperimentai poi la velocità del mio cavallo, seguendo comunque gli ordini del capitano. Una volta raggiunto l’obiettivo finale, procedemmo alla stessa maniera anche per far ritorno all’uscita del campo.
Mi diressi velocemente a una fontana, facendo a gara con Edmund su chi avesse la precedenza per bere.
-Ma tu guarda che insolente! – esclamai, ridendo come una matta. –Stupido cavallo, mi hai bagnata tutta!
L’animale faceva di tutto per schizzarmi in faccia, in maniera alquanto impertinente. Ad un certo punto mi arresi, lasciando l’acqua della fontana a Edmund per dirigermi dal mio istruttore, rimasto a carezzare copiosamente il suo destriero.
-Spero tu abbia finito di giocare col tuo cavallo – osservò Levi.
-Mi scusi tanto, signore – ridacchiai. –Mi perdoni, vorrei sapere come è andata l’esercitazione. Ho visto che non ha distolto lo sguardo da me per neanche un secondo – chiesi scherzosa.
Egli sembrò strabuzzare gli occhi, preoccupandosi del suo cavallo. –Era ovvio che non dovessi toglierti gli occhi di dosso. Ti sto facendo da baby sitter, e la colpa sarebbe ricaduta su di me se ti fossi sentita male nel bel mezzo dell’addestramento – io feci spallucce, aspettando comunque l’esito dell’esercitazione. –Devi migliorare i riflessi. Mi sembravi distratta, per certi versi, ma forse è perché fino ad oggi sei rimasta ferma nel letto con la febbre a quaranta.
Non mi aspettavo di ricevere da lui alcun complimento. Forse sarebbe stato più soddisfacente rimanere nella squadra di Mike, dove qualcuno avrebbe sicuramente apprezzato il mio lavoro. –Sì, è così, capitano. Le dispiacerebbe riprendere l’allenamento? Ovviamente non subito, ma vorrei prendere ulteriore dimestichezza con la tattica elaborata dal Comandante, e non dispongo nemmeno dell’attrezzatura tridimensionale per esercitarmi con qualcos’altro.
Egli acconsentì. Più tardi avremmo ripreso l’esercitazione, terminando nel primo pomeriggio, quando avevo esaurito ogni forza acquisita da quei pochi biscotti stantii che avevo mangiato la mattina precedente.
-Basta, Hares, ritiriamoci – sembrò essere d’accordo il corvino, una volta essere ritornati al campo. –Conoscendoti, anche tu devi avere una fame da lupi.
Dopo aver sistemato i cavalli nella stalla, ci dirigemmo nella mensa del Quartier Generale, a quell’ora sgombera di quei pochi soldati rimasti alla Base, i quali avevano consumato il loro pasto qualche ora prima.
Io e il capitano consumammo un panino con qualche affettato, preparato dal cuoco della Legione. Ero intimorita all’idea di dover mangiare in presenza di un ufficiale, addirittura del caporale in persona, perciò mi trattenni dal divorare come ero solita fare assieme ai miei più fidati amici.
-Mangi poco, o sbaglio? – mi domandò improvvisamente lui.
-Assolutamente no. Quest’addestramento è stato abbastanza faticoso. Ho una fame che non ci vedo.
-Allora perché non ingoi quel panino in un boccone solo, come fai sempre?
Mi feci subito rossa. Che mi avesse guardata mangiare durante le nostre cene?
-Ora che ho scoperto che mi fissa mangiare, consumerò i miei pasti altrove – enunciai.
-Io… io non ti fisso – incespicò il capitano. –Molto spesso mi capita di osservare voi reclute che discutete animatamente di qualcosa. Pensi che al tavolo dei superiori ci siano argomenti interessanti di cui si parla? Mi dispiace deluderti, ma ti sbagli.
-Mi piacerebbe saperlo! – ribattei interessata. –Deve essere grandioso ascoltare i discorsi degli uomini più forti del mondo. Noi non ci dilunghiamo in lunghe e animate conversazioni, glielo posso assicurare.
-Ad esempio? – domandò tranquillamente, sorseggiando il suo caffè.
-L’unghia incarnita che si era procurato Oruo durante il secondo anno dell’addestramento mi sembra un ottimo esempio.
Come da prassi, lui non rise, ma il suo sguardo si addolcì. –Questa era simpatica, non lo nascondo – giudicò lui.
-Non era una battuta – risi. –Se non mi crede, provi a chiederlo a lui. Comunque, questo è per farle capire che tantomeno i nostri discorsi possono risultarle interessanti.
In silenzio, terminai il mio panino, cercando di contenermi quanto più possibile.
-Mi reputi davvero ripugnante? – chiese ad un certo punto lui.
Mi chiesi il motivo di quella domanda un po’ decontestualizzata. -A che proposito?
-In generale. Hares, credi davvero che sia un insignificante apatico? Mi trovi altamente detestabile?
Ci pensai qualche secondo. –Molti lo pensano. E io ne avrei i diritti.
-Davvero?
-Capitano, io la stimo, e provo molta fiducia nei suoi confronti soprattutto da quando mi ha salvato dalle grinfie di un titano durante la mia prima spedizione, eppure non capisco la ragione per cui sono l’unica recluta rimasta a cui lei si riferisce per cognome – mi vergognavo a rivolgergli la parola in quella maniera, ma si trattava sempre di un momento più intimo, simile a quello avvenuto sul tetto dell’edificio. Ed erano attimi in cui, credetemi, valeva la pena approfittare della sua loquacità e della sua bizzarra gentilezza. -Questo mi fa credere che sia lei a detestare me.
Egli mi guardò fisso negli occhi. Petra aveva ragione, riguardo il loro colore blu grigiastro. Ironicamente, i miei erano grigi, ma tendenti all’azzurro, un perfetto misto di quelli neri di mia madre e quelli azzurri di mio padre. -Talvolta sei davvero insopportabile, e combini anche un sacco di casini – osservò il corvino. –Ma hai anche molto talento. Per quanto mi riguarda, potresti essere la migliore recluta che abbiamo raccolto quest’anno, per quanto tu non fossi stata valutata migliore cadetta del corso d’addestramento. Ti dirò, non mi aspettavo che una mocciosa come te arruolatasi da poco potesse cavarsela così bene durante la sua prima spedizione.
Arrossii un’altra volta, stringendo la tazza in latta colma di caffè caldo col cuore che mi batteva forte nel petto. –Penso che, fuori dalle mura, mi sento libera di poter essere finalmente quello che sono. Non sento la pressione di nessuno, d’altronde il mio obiettivo rimane quello di non morire nel bel mezzo di uno scontro, per cui devo lottare con tutte le mie capacità per far sì che ciò non succeda. Avrò anche un potenziale elevato, che non riesco ad esprimere con gli altri esseri umani; a quanto ho capito, lo faccio solo quando ho a che fare con gli esseri giganteschi oltre le mura.
Mi guardò intensamente negli occhi. -In ogni caso, se è proprio tutto ciò che desideri, ti chiamerò per nome. Claire, giusto?
Non trattenni un sorriso. Come era capitato il primo giorno, quando Hanji si era rivolta a me per la prima volta, il mio nome risultò particolarmente rispettabile e insolito se pronunciato da un superiore.
-Sì, capitano. La ringrazio per aver esaudito la mia richiesta – risposi felice, guardando distrattamente il tavolo. –E anche per star credendo in me.
I suoi occhi ancora mi fissavano, ma iniziai a non farci più caso. Quasi stavo apprezzando quello strano silenzio che ci aveva pervaso. Era vero, alla fine avevo iniziato a tenere anche a quel piccolo e burbero soldato, soprattutto dopo aver riconosciuto che, senza di lui, non sarei più tornata dentro le mura.
Era una persona di cui ci si poteva veramente fidare, lo stimavo anche perché paresse incentivare il gruppo di miei amici a mettere in atto le nostre abilità, come era successo all’interno del bosco. Il caporale maggiore Levi, malgrado la sua scontrosità, era una persona di tutto rispetto, forse anche amabile.
 
 
Spazio autore: come al solito, buon sabato!
Sono felice di essere riuscita a pubblicare anche stavolta, malgrado gli impegni porto avanti la storia in maniera più o meno costante .
Eh sì, ancora una volta, Claire deve avere a che fare col caporale, magari sta anche apprezzando, a poco a poco, la sua compagnia. Vedremo nel prossimo capitolo come proseguirà la loro giornata, dopo la merenda nella mensa della Ricognizione XD.
Alla prossima!
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: PeNnImaN_Mercury92