Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    21/04/2018    3 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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15. Due anime smarrite in una boccia per pesci
 
Mi sentii colpevole, perché, nonostante egli avesse deciso di liberarsi dei suoi pesi proprio con me, io non potevo ricambiare in alcuna maniera. Ma d’altronde, cosa potevo mai fare io, una semplice recluta di appena venti anni?
Aiutami, mamma. Tu cosa faresti? Ella più semplicemente non avrebbe mosso un dito, in quelle occasioni, lasciando che il tempo facesse il suo corso senza avere ulteriori preoccupazioni.
E così, decisi, avrei fatto anche io. Levi e io avremmo continuato ad essere semplicemente il caporale maggiore e il suo sottoposto, che di tanto in tanto si trovavano a chiacchierare nel poco tempo libero della propria vita.
Ah, mamma, come vorrei che tu fossi qui, implorai nella mia testa, limitandomi a canticchiare proseguendo sulle corde; d’un tratto, tuttavia, le mie orecchie percepirono il debolissimo suono del ritornello del brano, che tuttavia non proveniva dalla mia chitarra o dalle mie corde vocali.
Che avessi le allucinazioni? Dava tutta l’aria di essere una voce maschile, poco percepibile, quasi del tutto inudibile, proveniente dai pressi del piccolo lago.
Il mio cuore accelerò ai mille battiti al minuto. E se fosse stato proprio lui a cantare?
Si trattava sicuramente della voce del capitano, che, tuttavia, smise di produrre una sola nota non appena si era reso conto che anche le mie dita avevano interrotto la loro danza sulla tastiera dello strumento.
Regnò un sereno, dolce silenzio per qualche attimo, in cui entrambi potemmo ascoltare, seppur a distanze diverse, il frequente cinguettio dei passeri e degli uccellini nelle vicinanze. Era ridicolo, al contempo spaventoso, rendersi conto che quelli in gabbia, quelli che incessantemente cercavamo una via d’uscita come pesci in una boccia eravamo noi, mentre loro erano liberi di volare, di raggiungere qualsiasi lato del mondo con un semplice battito d’ali.
Poi ripresi la melodia, mentre lui proseguì la sua passeggiata; poco dopo mi voltai per capire se si trovasse ancora nei paraggi, e vidi che, ancora una volta, si era seduto sulle sponde del laghetto, pensieroso osservava l’acqua davanti a sé.
Il sole stava per tramontare, per cui decisi di alzarmi, di raggiungerlo alla riva del lago, sul quale pelo dell’acqua scivolava una simpatica anatra.
Aprii il mio blocco, impugnai la matita, studiando bene l’anatomia dell’animale, e, molto velocemente, rappresentai il volatile su un foglio, intento a schiudere le proprie ali. 
-E’ qui da molto? – chiesi, ripiegata sul blocco.
-Intendi me o l’anatra?
Ridacchiai. –Direi tutti e due.
-E’ rilassante, qui. Sono seduto da un po’, a dire il vero. La nostra amica risulta la padrona di questo posto, in realtà.
Intenta a rappresentare le ombre e le rifiniture delle acque del laghetto, intervenni: -Già. Ha proprio ragione, qui si sta molto bene. Magari dovrei portarci anche Petra, qualche volta. Come ha fatto lei con me.
Mi volsi verso di lui. Guardò un po’ sorpreso il mio volto per qualche istante, ma non mi rispose. I miei occhi si focalizzarono nuovamente sul mio umile ritratto, poi ricordai di aver portato con me il messaggio che Petra mi aveva scritto quella mattina. Lo presi da una tasca, rileggendolo, sorrisi a quel semplice pezzo di carta.
-Si nota molto che quella ragazza ti voglia molto bene.
I miei occhi si inumidirono, mentre annuivo. –Penso proprio di sì. Credo che la mia vita non avrebbe più senso, se lei dovesse morire così presto come hanno fatto i nostri compagni l’altro giorno.
Chiusi gli occhi, poi rivolsi la mia attenzione al foglio, che girai, imbattendomi nel disegno che avevo realizzato quella mattina. –Capitano, ho urgenza di farle una domanda.
Gli mostrai il disegno di quel bizzarro campanile, spiegandogli di come, dopo aver rivisto in sogno il ricordo della morte di mia madre, mi fossi improvvisamente imbattuta in quella figura, che non avevo mancato di riprodurre su quel foglio qualche ora prima, dopo il mio risveglio.
-Lei lo ha mai visto? Sicuramente le sarà capitato di fare un giro nei territori interni. Io non ho mai visitato un Distretto del Wall Sina, per cui non saprei dirle nemmeno dove abbia potuto vedere un edificio del genere.
Levi prese il foglio dalle mie mani, studiando con cura il disegno. –Mi spiace, non credo di aver mai visto un campanile del genere – spiegò lui, mentre ero intenta a fare mente locale in cerca di qualche illustrazione di un libro che precedentemente era entrato in mio possesso. –E non credo tantomeno che esista.
Lo guardai confusa. Cosa intendeva? –Vuol dire che me lo sono inventato? È poco probabile, non sempre ammonto di fantasia.
-Sei convinta di non averlo mai visto in un dipinto, in un libro?
Scossi il capo, un po’ delusa, convinta che una persona di fama come lui avrebbe potuto aiutarmi. –Chiederò a qualcun altro, prima di arrendermi. È un’immagine enigmatica – constatai.
-Non farci molto caso. Quando si sta poco bene, si sognano le cose più strane.
-E’ così – constatai. –Capitano, prometto che questa sarà l’ultima domanda della giornata che le rivolgerò…
-Stento a crederti. Chissà poi perché?
Scoppiai a ridere. –Ha ragione, sono un disastro. Però, lei mi ha promesso, qualche giorno fa, che, nel caso in cui ci saremmo rivisti assieme a questa mia compagna di vita, - indicai la chitarra, -lei avrebbe cantato per me.
Ero tutta rossa in volto, ma appurai che entrambi non avevamo il coraggio di guardarci, chi per un motivo, chi per un altro.
-Giusto, cantare… - ripensò lui, a braccia conserte. –Sarei un vigliacco se ti dicessi che non sono più disposto a fare niente.
-Un gran vigliacco – aggiunsi io. –Ma non è un problema se rifiuta. Capisco perfettamente.
-No – rispose lui. –Le promesse si mantengono, e intendo farlo anche questa volta.
Il cuore riprese a battermi, mentre afferrai nuovamente il mio strumento.
-Certo, il problema è che non ho impresse le parole della tua canzone. E la melodia mi è ancora poco chiara – continuava lui, con una voce che suonò alle mie orecchie, per la primissima volta, assai titubante.
-Nessun problema. Ho foglio e matita, posso scriverle tutto qui sopra. Poi, non si preoccupi. Nel caso non sappia come continuare, la aiuterò io – gli rivolsi un sorriso confortevole. Egli mi osservò un po’ confuso, eppure ebbi l’impressione che le sue guance fossero meno pallide del solito. Che fosse arrossito a causa mia?
Non ci pensai, mi misi subito a trascrivere le parole del testo su un foglio, che strappai dal mio blocco. Una manciata di minuti più tardi, gli porsi il testo.
Levi guardò un po’ preoccupato le parole che avevo scritto. Non sembrava affatto sicuro di sottostare a quanto lui stesso aveva detto sul tetto della Base, ma lo comprendevo benissimo.
-Capitano, le assicuro che non è obbligato. Certamente, sarei più che lieta di sentirla finalmente cantare.
-Non ti aspettare di sentire il canto di un usignolo – rispose acido. –Non l’ho mai fatto.
-Per questo non la giudicherò neanche lontanamente – suonai il primo accordo della canzone. –E’ pronto?
Era nuovamente sbiancato, le sue guance ancora pallide mettevano in risalto quelle sgradevoli occhiaie che gli coronavano gli occhi, in contrasto con i suoi particolari tratti del viso asciutto.
–Se le metto tanta soggezione, allora non la guarderò – mi posizionai alle sue spalle, ridendo spensierata per la sua reazione. –Ora va meglio?
-Un po’ – notò lui, sistemandosi meglio. Ero intimorita che quel contatto schiena contro schiena potesse metterlo un po’ a disagio, perciò mi feci più avanti.
-Attaccheremo insieme, d’accordo? – lo rassicurai. Per questo motivo, eccitata, iniziai a suonare per l’ennesima volta l’introduzione al brano, fermandomi di colpo per far sì che la mia e la sua voce facessero il proprio ingresso.
Il tempo di intonare la prima sillaba, la voce di Levi partì spedita.
Rimasi di sasso a partire dalla prima nota. Che sia chiaro, mai e poi mai, nemmeno nei miei pensieri più profondi, mi sarei permessa di criticare il suo modo di cantare, perché per la prima volta qualcuno si era degnato di approvare la mia richiesta, avvicinandosi per mezzo di me a quell’arte onorata dalla mia famiglia come una dea. Mi avrebbe reso la persona più felice delle mura anche nel caso in cui avesse sfoggiato una voce più terrificante di quella di un titano; eppure, dovei ricredermi completamente: il caporale maggiore Levi, pur non avendo mai utilizzato le corde vocali se non per impartire ordini, aveva una voce incredibilmente stupenda. Era alta e passionale: non avevo idea di come facesse a interpretare in maniera così egregia ogni singola parola del brano, nonostante lui stesso avesse detto che mai aveva provato. Che mi avesse mentito?
E perché mai avrebbe dovuto? Anche lui aveva trascorso una triste esistenza, soprattutto prima di arruolarsi. No, per la prima volta, il capitano Levi aveva mostrato tutta la sua nobiltà d’animo e la sua umanità in quegli istanti, assecondando la mia richiesta intonando e con passione quella canzone, la mia canzone.
Mi domandai se egli stesso fosse capace di rendersi conto di quel suo inaspettato talento; le mie mani si muovevano da sole sulla tastiera, venni meno al patto e lo osservai.
-Mi avevi promesso che non ti saresti voltata - mi rimproverò lui, col suo solito tono sgarbato.
Arrossii, scusandomi e girandomi in direzione del lago. Egli tornò a cantare non appena ebbi ripreso la strofa, riempiendomi il cuore di gioia.
Era da tanto che qualcuno non cantava per me. Ricordai le sere passate con i miei genitori e con Lex a improvvisare un amatoriale quartetto. Ricordai la dolce voce di mia madre, la sua risata cristallina e i teneri sorrisi che rivolgeva a suo marito.
E piansi. Piansi perché qualcuno era stato in grado di farmi provare le stesse emozioni. Piansi perché finalmente qualcuno stava cantando per me, e perché ricordavo tutti coloro che tristemente avevamo abbandonato alle nostre spalle qualche giorno prima. Piansi perché, in una maniera o nell’altra, per un istante avevo dimenticato quanto accaduto negli ultimi anni ed ero ritornata in quella piccola casetta di Trost a riscaldarmi assieme a Lex davanti a un camino nell’inverno più gelido mentre papà e mamma cantavano alle mie spalle.
Ma era chiaro che, allo stesso modo, quella canzone avesse un significato profondo anche per Levi; non sapevo se stesse pensando a sua madre, in ogni caso mi ero accorta quanto egli fosse un’anima smarrita, come egli stesso cantava. Forse quella era la prima volta che, dopo tanto tempo, provava un sentimento forte, che gli era impossibile sentire non appena era costretto a impugnare le spade.
Ma in quel momento, né io né lui, due soldati incaricati di salvare l’umanità dal nemico titanico, pensavamo alle atrocità di quel mondo. Ricordavamo i nostri cari. E amavamo.
Seppur con voce strozzata, accompagnai a bassa voce il canto del caporale come meglio potessi; senza aggiungere altro, pizzicai lentamente le corde per terminare l’esecuzione, dopodiché, lo cercai.
Asciugandomi il volto con la manica della camicia, gli rivolsi il sorriso più caloroso. -Caporale maggiore Levi, ma dico, si rende conto?
Egli mi osservò intimorito. -Di cosa?
-Di quanto sia bravo a cantare! Lei lo sapeva, dica la verità! - supplicai impaziente.
-Io?! Che vuoi che sapessi? - rispose, sempre più scosso. Le guance gli si fecero molto più rosee.
-Capitano, lei potrà mai capire le emozioni che mi ha fatto provare in tre minuti di esecuzione? – ancora una volta mi venne da piangere, ma stavolta non mi trattenni: in un lampo, mi risulta difficile spiegare come, mi ero buttata a capofitto su di lui, stringendolo dolcemente. -Capitano, la ringrazio.
Il lettore sarà rimasto del tutto stupito dal mio gesto, ma, mi creda, Levi aveva reagito alla stessa maniera. Io poco facevo caso a ciò che potesse pensare, intenta a immedesimarmi nei ricordi più belli che avevo vissuto con la mia famiglia fino a sette anni prima. Lui, nel frattempo, si era di colpo irrigidito, senza tuttavia aggiungere parola alcuna.
Avrebbe potuto benissimo gettarmi nel lago, magari ne ero consapevole anche in quel momento. Eppure non lo fece.
-Capitano Levi, la ringrazio... - ripetei. -Per avermi fatto rivivere i ricordi più belli della mia vita.
Strinsi il suo petto verso il mio, con la testa poggiata sulla sua spalla, noncurante di come, da un momento all’altro, mi avrebbe scaraventato via picchiandomi a sangue.
Ma lui non si mosse, fino a che non emise uno strano mormorio, posandomi una rigidissima mano sulla schiena.
Sussultai a quel tocco, facendomi ancora più rossa. Levi aveva deciso di contribuire, a modo suo, a quell’abbraccio?
Ma ciò che accadde poco dopo fu ancora più sorprendente: alzai la testa e, per la prima volta, osservai il sorriso del capitano Levi. Teoricamente non avrei potuto definirlo tale, eppure i tratti del suo viso si erano molto addolciti, avrei potuto descriverlo benissimo nel modo in cui lui, qualche sera prima, mi aveva riportato il ritratto di sua madre.
Gli occhi non erano più scavati come al solito, il suo bizzarro sorriso era sorprendentemente confortante, addirittura tenero.
-Grazie a te - persino il suo solito tono di voce si era fatto più lieto e spensierato.
Ero pietrificata, quasi mi intimoriva la maniera in cui era spaventosamente cambiato.
-P... per cosa? - domandai attonita.
-Per avermi fatto imparare una canzone così bella, è tutto merito tuo.
Il mio cuore fece mille capovolte, mille farfalle stavano svolazzando nel mio stomaco. Che reazione strana, ragazzi! Ma che cos’era?
Che si trattasse proprio dell’amore, quello che la mia migliore amica mi aveva così tante volte descritto? Quello che provavano due persone che si volevano bene? Ma allora, perché lo provavo, tra tutti, proprio per lui?
Perché mi sono innamorata del capitano Levi, rispose prontamente il mio subconscio.
-Che guaio - commentai ad alta voce, osservando il suo fazzoletto, posto proprio sotto ai miei occhi.
-Cosa?
-Penso di essermi innamorata di lei, signore - risposi senza pensarci un istante, tremando come una foglia.
Adesso sarebbe arrivato senz’altro il momento da me tanto temuto: finalmente mi avrebbe dato un calcio negli stinchi, prima di ordinarmi di fare ritorno al Quartier Generale. Non si mosse neanche quella volta.
Sospirò. -Hai ragione. È un bel guaio - si limitò a commentare, facendomi arrossire un’altra volta.
Alzai lo sguardo verso di lui. I suoi occhi osservarono i miei per un tempo che a me parve interminabile, bello, eppure angosciante allo stesso tempo.
Nemmeno mi ero accorta di essere ancora sulle sue gambe, lui nemmeno, probabilmente, ci stava facendo molto caso. Oppure lo trovava piacevole, non saprei.
Continuavamo a guardarci, senza proferire parola. Forse fu questo il motivo per cui non fui capace di sopprimere i miei forti quanto improvvisi sentimenti nei suoi confronti, e feci gentilmente combaciare la mia bocca con la sua.
Le sue labbra erano incredibilmente sottili... e morbide!
Che fosse anche il suo primo bacio, ancora non lo sapevo, io stessa non avevo mai avuto modo di sperimentare un’emozione così forte, che mi aveva pervaso così tanto da farmi dimenticare che Levi avrebbe potuto benissimo spingermi via.
Potevo percepire il suo stupore, ormai avevamo instaurato un vero e proprio contatto fisico, ma nemmeno lui sembrava intenzionato a terminare quel lungo e casto bacio.
Quanto lo amo!, pensavo in cuor mio, riferendomi a quella persona a cui avevo così tanto parlato di me, con il quale avevo condiviso i miei sentimenti più profondi e tormentati. Quanto sembrava avermi capito, e quanto io avevo compreso l’amarezza che aveva caratterizzato tanto il suo passato.
Rendendomi conto di non avere più fiato, mi allontanai lentamente da lui, abbassando timidamente il volto e mordendomi un labbro.
Lo tenni per un braccio per un po’ senza aggiungere altro, rimanendo in quella posizione per qualche altro minuto. Ad un tratto, egli disse: -Sarebbe il caso di tornare.
Annuii, alzandomi scombussolata prima di raccattare le mie cose.
Sulla strada di ritorno, non ci dicemmo altro, addirittura camminammo a distanza; una volta raggiunta nuovamente la Base, corsi verso la scuderia, dove i soldati rientrati avevano da poco fatto ritorno.
-Claire?! Claire, stai bene! - esclamò Petra, assalendomi davanti al caposquadra Ness.
-La signorina Ral è stata in pensiero tutta la giornata, Claire. Finalmente hai fatto ritorno dall’aldilà – ridacchiò l’ufficiale.
Coccolai Petra, stringendola forte; era infatti scoppiata in un pianto disperato preoccupandosi poco del fatto che addirittura il capitano fosse nei paraggi.
-Oh, Petra! – esclamai commossa a divertita di come si fosse allarmata. –Riuscirai a credermi, se ti dico che sto una favola?
-Ho avuto tanta paura – mormorò lei, con le lacrime agli occhi. Mi risultava impossibile capire come facesse ad essere così bella e graziosa anche in quel momento. –Non l’ho detto a mamma e a papà, oggi, ma è così. Anche Lex era molto preoccupato, ma non ho potuto dirgli troppi dettagli. Mi sembrava la cosa migliore da fare.
La sua reazione mi aveva toccato al punto di coinvolgermi in quel pianto gioioso. –Grazie, Petra. Poi, sarebbe stato inutile allarmarlo. In questo momento potrei addirittura abbattere un classe quindici metri!
Le strappai una risata. –Vorrei proprio vederti, stupida che non sei altro!
-Hey, Claire, ti sei ripresa! – ci venne incontro la Caposquadra Hanji, con un grande sorriso stampato in volto. –Sai, i capelli sciolti ti donano molto. Non ti avevo mai vista con questa acconciatura – aggiunse, studiandomi la chioma palpandomela più volte, prima di lasciarmi un pizzicotto sulla guancia.
-Grazie, signore – risposi, incredula di come addirittura lei si fosse interessata al mio stato di salute notevolmente migliorato.
-Credi che riusciremo a convincere la signorina Martha a farti dormire di nuovo nei dormitori? – domandò Petra, accompagnandomi all’interno della Base.
-Penso proprio di sì, pensa che oggi ha addirittura acconsentito a lasciarmi esercitare col caporale con le nuove disposizioni di spostamento del Comandante – spiegai.
Ella sgranò gli occhi. –Cosa? Ti sei allenata mentre io mi trattenevo dal piangere di fronte a tuo fratello?
Dopo aver ottenuto l’approvazione del medico della Legione, finalmente potei riapprodare nel nostro polveroso e scomodo dormitorio; già sentivo la mancanza del letto comodo dell’infermeria, ma era di gran lunga meglio dormire sotto la culla della mia migliore amica.
-Allora, cosa avete fatto a Karanes? – chiesi.
-Le solite cose… è stata meno dura, senza il capitano che va alla ricerca delle botteghe di tè più esclusive e specifiche. Ma non sottovalutare le strambe richieste di Hanji!
Iniziai a non fare più caso a ciò che mi raccontava. Stava via via diventando un mio vizio distrarmi e pensare ad altro mentre mi parlava. Mi era tornato alla mente il tranquillo pomeriggio trascorso con Levi, e mi interrogai circa quello che mi avrebbe aspettato l’indomani, quando avrei dovuto affrontare una sua possibile reazione al mio gesto stupido e ingenuo. Mi toccava solamente sperare che, in una maniera o nell’altra, anche lui provasse una sorta di affetto nei miei confronti.
-Sei stanca, non è così? – osservò Petra, stringendomi ancora una volta.
Come se non bastasse, iniziai a sentirmi in colpa per aver passato tutto quel tempo proprio con la persona per cui la mia migliore amica provava i miei medesimi sentimenti.
-Già. Lasciami andare a dormire – la supplicai.
-Cosa? Tu stanotte dormi vicino a me. Sono piccola, c’è spazio, non fare discussioni, cambiati.
Scoppiammo a ridere entrambe, prima di coricarci l’una accanto all’altra.
La abbracciai, ma ripensavo a lui, al suo bizzarro sorriso e alle sue labbra sulle mie. In ogni caso, anche se avesse deciso di non rivolgermi più la parola, gli sarei stata debitrice a vita. Grazie a lui, avevo dimenticato per un secondo l’oppressione di trovarmi come lui in una gabbia e avevo letteralmente spiccato il volo.
 

Spazio Autore: buon sabato, lettori! Ci siamo! Finalmente è arrivato il momento tanto atteso, ed è stato tutto merito di Claire: siamo realisti, Levi non sarebbe mai e poi mai riuscito a prendere l’iniziativa, qualcosa, dal profondo del cuore di Claire, l’ha spinta a compiere il primo passo XD. Per questo capitolo tanto particolare, non potevo non fare riferimento proprio al brano che Levi si è degnato di intonare. tra l'altro, per la sua voce ho preso spunto dalla canzone dell'ultimo episodio dello spin off Junior High, cantata dal doppiatore giapponese Hiroshi Kamiya. Per chi non la conosca, lascio il link: 

 
https://www.youtube.com/watch?v=Xxrxn01z8xg


Non saprei che altro dire, se non ringraziare ancora una volta quelli che seguono in maniera costante questa storia. Buon weekend, alla prossima settimana!
  
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