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Autore: Myra11    22/04/2018    1 recensioni
Nyx Ulric.
Amico, Generale, Marito, Padre.
Immortale.
500 anni dopo la fine della sua famiglia, Nyx Ulric ritorna ad aiutare la città che ha promesso di proteggere.
Ma non tutti sono coloro che sembrano, e non tutti devono essere protetti.
E Nyx deve ricordare che la luce più intensa genera le ombre più profonde.
[Sequel di Dancing With Your Ghost, ambientata subito dopo la fine.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bahamut, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 17

Doveva andarsene da lì, allontanarsi da quella stanza.
Il guerriero in lui lo pensava perché la gabbia era come acido per lui, ed era un’arma aggiuntiva per il suo avversario.
L’uomo dal cuore in briciole, invece, non ne sopportava la vicinanza.
Si trovò con le spalle premute contro le sbarre, le ali che iniziavano a fumare contro il metallo, la spada di Ardyn ad un soffio dal viso.
E fu invaso dall’odore del sangue, di quel comunissimo e terrificante sangue umano il cui odore gli stritolò la gola.
Fu una reazione istintiva, e il fulmine gli attraversò il corpo in una scossa improvvisa e lacerante, sbalzando Ardyn lontano da lui, semi bruciacchiato dalla potenza della magia.
Nyx fu costretto a puntare una gamba contro la base della gabbia per reggersi in piedi, ma la presa sui kukri restò salda mentre si slanciava in avanti con un colpo delle ali ferite, e si avventava contro il suo avversario.
Ma lui e Ardyn erano come due lati di una stessa medaglia, e lui lo sapeva, ma se ne ricordò solo quando lui usò il suo slancio per ferirlo, e la lama si aprì la strada tra la carne della spalla, recidendo tendini e muscoli.
Fece un male del diavolo, ma qualcosa in lui accolse quel dolore con gioia.
In quel modo, il dolore al cuore passava in secondo piano.
«Tu sai da dove vengono le voci.» Ringhiò Ardyn, colpendolo violentemente alla tempia con il gomito e rotolando via per liberarsi. Nyx osservò il sangue che si stava allargando sul pavimento e si concesse un sorriso beffardo: sangue nero e sangue argentato avevano creato un macabro cielo stellato.
«Si, lo so. Le senti perché avresti dovuto essere morto, e avresti dovuto essere in pace, ma sei stato strappato a quella pace. E sei confuso, perché non dovresti essere qui.» Gli spiegò, pazientemente.
Conosceva Ardyn, il vero Ardyn.
L’Ardyn che gli aveva sorriso con quell’aria malinconica mentre lui incideva il suo nome nel cimitero, l’uomo che aveva accolto la sua seconda, definitiva morte con gioia quasi.
L’uomo che lo capiva meglio di chiunque altro.
«Ardyn. Guarda.» Gli indicò la gabbia senza voltarsi, sentendo un magone in gola rischiare di strozzarlo. «Lei ci ha riportati qui, entrambi. E ora è…» Non riusciva a dirlo.
Ci provò, ma fu come aver perso la voce.
Quella sensazione di frammenti di vetro gli tagliò la gola, e lui annaspò in cerca d’aria.
«Ti ha riportato qui con un motivo, di sicuro.»
Mentre parlava, Ardyn era rimasto in silenzio, ad osservarlo, il viso piegato come se stesse ascoltando qualcosa, e lui intuì cosa fosse; le voci, i ricordi, i flash.
In quel momento, si accigliò. «Non mi importa. Anche se ero in pace, ora non lo sono più, e so che è colpa tua. È sempre stata colpa tua, se tu fossi morto quando dovevi, io avrei il mio trono.»
La sua voce sembrava quasi un ringhio, ora. «Se lei non si fosse intromessa…»
Il secondo dopo, stavano cadendo nel vuoto.
Nyx non si era nemmeno accorto di essersi mosso.
Nell’attimo in cui Ardyn aveva accusato Bahamut, gli si era scaraventato contro.
Una parte di lui aveva registrato i tagli della finestra distrutta sulle ali.
All’altra, non importava.
Aprì le ali, frenando la caduta di entrambi, e poi agì d’impulso.
Si voltò a mezz’aria e, sfruttando il vantaggio di essere l’unico a volare, rafforzò la presa su Ardyn e la sfruttò per scagliarlo oltre una finestra socchiusa.
Lo sentì rotolare sul pavimento tra gemiti e imprecazioni, e la cosa, non poté negarlo, gli fece piacere.
Perché quello era l’Ardyn di prima, era vendicativo e rabbioso, amareggiata da una vita troppo lunga.
Forse, in quel momento avevano più cose in comune di prima addirittura.
Fu costretto ad atterrare sul davanzale della finestra macchiata di sangue quando la fatica gli stritolò un’ala.
Si prese un istante di respiro, e in quel momento si rese conto del perché quella lotta non fosse ancora finita; era come secoli prima, quando aveva pensato che lei fosse morta, e il suo corpo si muoveva, ma la sua mente e il suo cuore erano lontani.
Solo che lei non era morta, allora.
Bahamut si.
Accettarlo fu come aprirsi le vene da soli, un dolore cocente e pungente che lo costrinse a piegarsi in due.
«Nyx.»
La voce arrivò come una brezza estiva attraverso una finestra, così leggera che pensò di essersela immaginata, ma poi alzò lo sguardo, e lui era lì.
Era come quando l’aveva conosciuto, nel cortile della base, non l’anziano uomo che aveva visto tutto, ma l’algido comandante supremo dell’esercito imperiale.
«Ravus. Che ci fai qui?» Gli domandò, combattuto tra il sinceramente curioso e il sofferente.
Perché Ravus assomigliava troppo a lei, perfino in quell’espressione accigliata con cui lo stava scrutando.
«Sono venuto a dirti che devi resistere. E fare quello che sai fare meglio.»
Nyx alzò un sopracciglio in una silenziosa domanda.
Lo spettro davanti a lui sorrise, quel gelidi, feroci sorrisi che aveva visto centinaia di volte.
«Sistemare le cose.»
Non rispose, e il fantasma sembrò perdere la pazienza.
Gli si avvicinò, e lui sentì un’ondata di aria rovente. «Pensa! Pensa al perché lui è tornato, pensa perché lei non si è mai ribellata!» Gli urlò contro mentre camminava, e Nyx inclinò la testa.
C’era qualcosa, dietro quello spettro, qualcosa di scuro e veloce…
Che gli si piantò dritto nel petto in un’esplosione di dolore che cancellò qualsiasi altra cosa.
Abbassò lo sguardo, e vide le tre punte macchiarsi di sangue argentato.
Il Tridente.
Ardyn aveva cercato di ucciderlo con il Tridente dell’Oracolo.
Ne afferrò l’asta, ridendo.
Rise perché faceva un male assurdo, rise perché lo spettro del cognato era venuto a dargli una svegliata, rise perché avrebbe voluto vedere qualcun altro, e rise perché nulla aveva senso.
Con un grugnito, estrasse l’arma dal proprio corpo, e scivolò giù dal davanzale sputando sangue.
Di sicuro, quell’attacco a sorpresa aveva beccato qualche organo.
Alzò lo sguardo, registrando solo parzialmente che gli si stava offuscando la vista, e vide Ardyn avanzare verso di lui.
E dietro, un oceano di luce nera, e un mare di sangue sul pavimento.
Qualcosa dentro di lui si accese.
Quello era il Cristallo, pensò.
Il Cristallo torturato, martoriato, spezzato.
Il riflesso del suo cuore, del suo essere.
Si alzò con uno sforzo titanico e attaccò prima che Ardyn potesse farlo.
Insieme, rotolarono nella grande sala, scivolando sul sangue che la pietra aveva perso.
Anni prima, no secoli prima, il re rinnegato aveva usato la violenza sul Cristallo per indebolirlo.
Si alzò, separandosi da Ardyn, ma l’altro gli fu subito addosso, costringendolo a parare il pesante colpo di martello con un’ala. Lo schiocco dell’osso che si spezzava risuonò nelle pareti, echeggiato da una crepa in più sul fianco del Cristallo.
Perché Bahamut aveva riportato in vita Ardyn?
Fu una battagllia di istinto puro e semplice.
Armi che svanivano, che venivano lanciate, proiezioni, scariche di magie.
Nyx si perse in quella sanguinaria e familiare danza, accorgendosi solo in parte che le armi che lui evocava non erano quelle degli antichi re.
Intravide la spada alata di Regis, la pistola di Prompto, la spada a due mani di Gladio e la lancia di Ignis.
C’erano perfino l’alabarda di Aranea, e la lunga e sottile spada di Ravus.
Perfino nello scorrere eterno del tempo, non era solo.
La sfera di fuoco si schiantò contro lo scudo del suo avversario, spaccandolo e costringendolo in ritirata.
Era lì, davanti a lui, con la schiena appoggiata al Cristallo.
Fu il proverbiale fulmine a ciel sereno.
Capì.
Capì perché lei non si era mai ribellata, perché aveva lasciato che Marcus la torturasse fino a spingere il Cristallo a renderla nuovamente umana.
E capì perché l’avesse messo di fronte al suo fantasma.
Chiuse gli occhi un istante, lasciando svanire ogni arma che non fossero i suoi kukri.
Ogni sensazione scomparve, e rimasero solamente le due impugnature, familiari quanto lo era il suo stesso viso.
Fredde, solide, fedeli.
Fino alla fine.
Riaprì gli occhi mentre Ardyn si alzava, ma non lo guardò.
Era impegnato ad osservare la delicata incisione che era appena comparsa in uno scintillio sulle lame.
Quando il buio stringerà il tuo cuore, io sarò la tua luce.
Sorrise, nonostante fosse ridotto ad uno straccio, nonostante fosse sempre più debole, sempre più esausto.
Sorrise e ringraziò in silenzio le due donne che gli avevano plasmato la vita.
Bahamut gli aveva dato la possibilità di scegliere, Luna gli diede la forza di farlo.
Lanciò entrambi i pugnali e si proiettò.
Come se fossero stati impregnati di una volontà propria, le due lame si piantarono spedite nel petto di Ardyn, che sobbalzò, sorpreso da quell’attacco così rapido.
Strinse la presa sulle armi, inspirò a fondo, e affondò il colpo.
Le lame trapassarono carne, ossa, e la dura pietra dietro.
I loro occhi s’incrociarono, e l’ultimo pezzo di puzzle scivolò al suo posto.
Ardyn ricordava.
Sorrise, e il rivolo di sangue rese quell’espressione macabra, ma Nyx la ricambiò comunque. Vide le fiamme comparire sulle sue braccia, seguendo i segni di quella che avrebbe dovuto essere la sua prima morte.
Sentì il peso delle centinaia di anni in cui si era trascinato nel mondo.
E il peso di tutto ciò che aveva perso gli crollò addosso, e si sentì estremamente stanco.
Non sentiva nemmeno il dolore del suo corpo che si consumava.
«Tre…a uno, fratello.»


  
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