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Autore: eliseCS    23/04/2018    3 recensioni
[Questa ff resta fedele alla serie tv fino alla prima stagione, già sul finale ci sono cambiamenti]
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Eleven vince contro il Demogorgon e viene successivamente trovata da Hopper ma i due sono poi costretti a lasciare Hawkins.
Nessuno sa che lei è ancora viva e per undici anni la vita di tutti va avanti normalmente finchè dopo un brusco risveglio l'incubo sembra cominciare di nuovo.
Perchè a quanto pare anche l'Upside Down stava solo dormendo, recuperando le sue forze per l'attacco successivo.
E poi... beh, per sapere cosa succede dopo dovrete leggere, no?
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[Primo tentativo di scrittura in questo fandom - nel quale non mi sarei mai immaginata di scirvere.
I capitoli saranno pubblicati ogni due settimane, probabilmente il lunedì.
Auguro buona lettura sperando che a qualcuno possa piacere questa "cosa".
E.]
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Hopper, Mike Wheeler, Un po' tutti, Undici/Jane, Will Byers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 13
 
 
 
Mike si precipitò sulla radio prendendola tra le mani schiacciando spasmodicamente il tasto per la comunicazione.
“Eleven? Eleven, mi senti?” domandò senza riuscire a cancellare quella traccia di speranza dalla voce.
Si sarebbe aspettato di tutto, ma non quello.
 
“Mike?”
La voce della ragazza chiamò di nuovo tremando come se stesse cercando di trattenersi dal piangere, ma sembrava... diversa.
Si sentirono dei rumori, come se si stesse muovendo con difficoltà.
“Miiike!”
L’urlo era stato disperato e i presenti trattennero il respiro.
Non ci volle loro molto per capire a cosa stavano assistendo: la voce suonava diversa perché aveva un’impronta molto più giovane, e Mike se la ricordava bene...
Nessuno sapeva come fosse possibile, ma in qualche modo stavano ascoltando un eco di quello che era successo quando Eleven era rimasta nell’Upside Down undici anni prima dopo aver sconfitto il Demogorgon.
Joyce stava trattenendo i singhiozzi con Hopper che cercava di consolarla seppur apparisse sconvolto a sua volta: Jane gli aveva raccontato quello che era successo, ma sentirlo in quel modo aveva turbato profondamente anche lui.
I ragazzi erano a dir poco pietrificati, le espressioni sofferenti.
Mike continuava a guardare la radio come ipnotizzato mentre lacrime gli rigavano le guance.
Non voleva crederci, non poteva essere vero. Non di nuovo come l’ultima volta.
Ma era davvero uguale? Avrebbe davvero sperato che Eleven fosse in qualche modo sopravvissuta anche quella volta?
E quando gli anni avrebbero cominciato a passare avrebbe semplicemente dimenticato?
 
Era stato uno stupido: l’unica sera che avevano passato insieme, dopo che la vera identità di Jane era stata rivelata, l’aveva trascorsa con il broncio chiuso in camera. Senza contare le cose orribili che le aveva detto prima.
Certo, quando ai laboratori le aveva parlato e l’aveva baciata per liberarla era stato sincero, ma poteva essere sicuro che El fosse riuscita ad ascoltare?
Se ripensava a quel bacio gli veniva voglia si sbattere la testa contro il muro: era così che avrebbe voluto trascorrere la serata con lei. Se fosse stato meno orgoglioso e più ragionevole forse la ragazza non avrebbe ritenuto necessario andare ad affrontare il Burattinaio da sola e magari le cose sarebbero potute andare diversamente.
Nella sua testa tutti quei pensieri vorticavano inquieti traducendosi alla fine in sole quattro parole: è tutta colpa mia.
 
Quando finalmente la radio si spense a tutti ci vollero diversi minuti per riprendersi.
“Forse è meglio se andiamo” esordì quasi timidamente Joyce tirandosi dietro Hopper che aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto riportandolo al presente.
Will guardò i suoi amici: “Vi dispiace se...”
“Vai tranquillo” lo rassicurò Lucas. “Ci pensiamo noi qui...”
Il moro appoggiò una mano sulla spalla del migliore amico abbozzando un sorriso, debolmente ricambiato, prima di seguire la madre.
“Andate anche voi ragazzi. Sono sicuro che Max e Louise saranno preoccupate, io posso cavarmela da solo” aggiunse Mike sorprendendoli.
I due lo guardarono non senza una certa preoccupazione.
“Ne sei sicuro?” domandò Dustin incerto. Non sapeva se lasciarlo senza sorveglianza fosse una cosa furba da fare.
“Certo” rispose l’altro deciso. “E vorrei stare un po’ da solo in ogni caso, quindi...”
Seppur non del tutto convinti lo salutarono abbracciandolo a turno.
“Se dovessi cambiare idea non esitare a chiamare: sai dove trovarci, ok?” si assicurò Lucas poco prima di uscire.
Mike annuì e finalmente rimase solo.
Raggiunse la sua camera buttandosi di peso sul letto, chiudendo gli occhi quasi sperando di non svegliarsi più.
 
 
 
‡‡‡
 
 
 
Usciti dall’appartamento nessuno aveva aggiunto una parola, tutti ancora troppo presi a metabolizzare quello che era successo per dire altro.
Sapevano di stare facendo la figura dei codardi, ma in realtà nessuno sarebbe riuscito a restare con Mike sapendo che, in un modo o nell’altro, lui era quello che aveva perso di più.
In tutto quello Hopper si era sempre mostrato impassibile.
Al momento di separarsi aveva salutato Lucas e Dustin intimandogli di fare comunque attenzione e aveva riaccompagnato Will e Joyce a casa loro con la sua auto.
Quando i due aveva richiuso le portiere lui non aveva dato segno di voler scendere a sua volta dalla vettura.
“Jim...” Joyce aveva fatto il giro della macchina sporgendo una mano attraverso il finestrino aperto.
“Non... ci vediamo domani Joyce. Ho bisogno di stare da solo” ripetè le parole di Mike. “Non sparirò di nuovo, se è questo che ti preoccupa. Ho solo bisogno di un po’ di tempo...”
Guardando la luce dei fanali sparire in lontananza la donna si rese conto di quanto superficiale fosse stata.
Era stata talmente presa dalla preoccupazione per Will da non fermarsi a pensare a quello che alla fine dei conti Eleven era per l’ex sceriffo.
Lei non aveva perso suo figlio, ma non si poteva dire la stessa cosa per Hopper.
 
 
 
La casa in mezzo al bosco era tornata normale, il passaggio della breccia che aveva spazzato via l’Upside Down l’aveva addirittura rimessa a nuovo.
Ciò nonostante Hopper degnò a mala pena di uno sguardo l’ambiente che lo circondava dirigendosi spedito verso la camera che Eleven aveva occupato seppur per pochissimo tempo.
Eleven... Jane. La sua Jane.
 
Se all’inizio per recuperare la ragazzina era stato mosso da senso di dovere – dopotutto li aveva appena salvati tutti da un mostro fuori controllo – non si poteva certo dire che le cose fossero rimaste le stesse con il passare degli anni.
Si era affezionato a quel concentrato di energia dai capelli ricci come pensava non gli sarebbe più potuto succedere.
Il farla passare per sua figlia, che all’inizio era servito solo per evitare che la gente facesse troppe domande, era diventato motivo d’orgoglio per lui.
A chi commentava quanto dovesse essere fiero di Jane, lui non poteva fare altro che dichiararsi d’accordo.
Perché Eleven era diventata sua figlia in tutto e per tutto... e adesso aveva perso anche lei.
 
Spostando le coperte del letto rinvenne un maglione che nella fretta doveva essere sfuggito alla ragazza quando aveva rifatto il borsone immaginando di essere stata scoperta. Lo prese tra le mani e finalmente lasciò andare quelle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.
Non aveva potuto mostrarle prima, era dovuto rimanere forte per gli altri, ma adesso che non c’era più nessuno a vederlo poteva permettersi di crollare.
Non aveva mentito a Joyce: non sarebbe sparito, almeno non subito e non senza avvisare, ma in cuor suo sapeva che se avesse mai voluto provare a rimettere di nuovo insieme i pezzi non sarebbe potuto rimanere a Hawkins – e quella volta dubitava che avrebbe mai fatto ritorno.
 
 
 
‡‡‡
 
 
 
Quando si era sentita tirare verso il Burattinaio Eleven non aveva neanche provato ad opporre resistenza: ormai la breccia si era richiusa, non aveva senso continuare a combattere, era tutto finito.
Povera illusa.
Sentì il mostro pronunciare nella sua mente.
Questo è solo l’inizio.
La sua schiena aderì contro il corpo della creatura e lei sgranò gli occhi, pur imponendosi di non emettere un suono: bruciava da morire, le sembrava che il mostro stesse cercando di fondersi con lei in modo diverso da quanto aveva fatto fino a quel momento e non poteva fare nulla per ostacolarlo.
Sentì la sua volontà abbandonarla inesorabilmente e riuscì a percepire chiaramente il mostro sorridere mentre, facendo uso dei suoi poteri, riapriva la breccia che, al contrario delle volte precedenti, non si fermò ai limiti della stanza.
A mala pena cosciente a se stessa Eleven la sentì espandersi fuori dai Laboratori, trasformando in Upside Down qualsiasi cosa incontrasse nel suo cammino.
Il bosco, gli animali, le strade e gli edifici della città, Joyce e i ragazzi... Hopper... Mike...
Urlò.
Con quanto fiato aveva in gola, liberando ogni briciola di potere che le era rimasto, non le importava. Quella storia doveva finire.
Aveva pensato di poter sigillare il Sottosopra e imprigionare il Burattinaio una volta per tutte, ma se ciò non era possibile allora avrebbe smesso di usare mezze misure: li avrebbe distrutti entrambi anche a costo di andarci di mezzo lei stessa.
Ormai era davvero senza forze, riuscì appena a percepire che qualcosa era cambiato nella breccia, qualcosa che doveva essere positivo per lei visto l’improvviso disappunto del Burattinaio, e si lasciò andare facendosi avvolgere dalle tenebre.
 
 
 
Era strano.
Riprese finalmente conoscenza, ma ci mise un po’ a riconoscere dove fosse: era dentro la scuola di Hawkins e... aveva di nuovo undici anni.
Si sentiva esausta. Certo, aveva appena sconfitto il Demogorgon e salvato i ragazzi... Mike!
Non si era neanche accora di stare urlando quel nome a pieni polmoni mentre cercava una via d’uscita da quell’incubo.
Forse oltre quel corridoio... eccola, la breccia che stava cercando.
La attraversò con fatica, trovandosi però ancora più confusa una volta arrivata dall’altra parte.
Quello non era più l’interno dell’edificio scolastico.
Aveva di nuovo ventitrè anni ed era in un bosco.
Gli alberi svettavano alti e minacciosi attorno a lei, i rami scricchiolavano sinistramente e in lontananza poteva sentire il rumore di un temporale che presto si sarebbe rovesciato su di lei.
La testa le girava mentre la vista cominciava ad appannarsi.
Cercò di calmarsi, ma come poteva?
Quei rumori, quei fruscii... li riconosceva: probabilmente era circondata da Demogorgon e creature varie che stavano solo assicurandosi che fosse inoffensiva prima di passare all’attacco.
Non era servito a niente, era ancora nel Sottosopra.
 
Barcollando raggiunse l’albero più vicino sedendosi sulle sue radici appoggiando la schiena contro il tronco. Chiuse gi occhi abbandonando la testa all’indietro.
Era stanca di combattere.
Mentre aspettava l’attacco un solo ultimo pensiero, un’unica parola ripetuta nella sua mente come una preghiera: “Mike!”













Ehm... salve!
No, non avete le allucinazioni, nella descrizione della storia non è apparsa la dicitura "completa" che vi aspettavate.
Come ho detto a qualcuno, la sottoscritta non ha mai avuto un buon rapporto con la matematica e ad un certo punto devo aver sbagliato qualche calcolo... 
Scherzi a parte, l'altro giorno stavo rileggendo il capitolo ed ero tipo "No, cos'è sta schifezza? Non posso mica rifilargli una roba del genere come finale" e una cosa tira l'altra e... l'ho cambiato quasi completamente e voi vi beccate un altro cliffhanger prima dell'epilogo vero e proprio. Stavolta basta errori, il prossimo sarà davvero l'ultimo capitolo della storia.
Tanto per cambiare anche questa settimana i miei turni fanno schifo quindi... vedrò se riesco ad aggiornare un po' prima visto tutto quello che vi ho fatto aspettare, ma non voglio fare promesse (anche perchè in realtà l'epilogo non l'ho ancora finito e quando lavori dodici ore e mezza al giorno trovare il tempo per scrivere è un po' difficile).
Nel peggiore dei casi resta il normale appuntamento per lunedì prossimo, non disperate.
I miei più sentiti ringraziamenti a 
the winter soldierDemaDema e HermioneRiddle che hanno recensito lo scorso capitolo.
Alla prossima!
E.

 
   
 
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