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Autore: Ghen    24/04/2018    8 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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10. Mia sorella. O forse no


Non poteva crederci fosse diventato ancora più veloce. Era lui, e lui soltanto, il suo vero avversario quando si parlava di gare di corsa e finalmente poteva mettercela tutta, sudare, stringere i denti, divertirsi come non mai al suo fianco: Barry Allen. Al secondo giro della pista, lui la superò e lo vide sorridere. Kara continuò a correre, a correre, e lo raggiunse dopo una piccola spinta. Erano di nuovo pari, correndo vicino l'una all'altro.
Lena li guardava a bocca aperta, sugli spalti davanti al campo. Se chiudeva per un attimo gli occhi, i due erano quasi già dall'altra parte della pista. «Io… credo di non aver mai visto nessuno correre così veloce», disse, sbalordita.
«Barry è un fulmine», replicò la ragazza al suo fianco, «Kara è l'unica che riesce a stargli dietro! E dire che da bambino era una tale frana», scosse la testa, accennando una risata.
Lei alzò un sopracciglio, sorpresa. «Bambino? Oh, vi conoscete da tanto tempo, allora».
«Andavamo a scuola insieme, sì, poi è venuto ad abitare a casa mia, è stato affidato a mio padre quando eravamo alle medie…».
Lena restò a bocca aperta. «Dunque sei sua sorella! Ero convinta fossi la sua ragazza».
«Ragazza? No», scosse la testa, nascondendo il suo imbarazzo in una risata. «E neanche sorella… Siamo cresciuti insieme, ma siamo solo buoni amici».
Le due guardarono di nuovo verso la pista, alla gara che stava per finire con il raggiungimento del quinto giro. Molti altri erano seduti sugli spalti per seguire la gara e altri si erano fermati mentre camminavano solo per vederli correre. A un lato degli spalti, appoggiato alla struttura, anche Mike guardava assorto quei due che si affrontavano.
«Tu e Kara vi conoscete da molto?».
«Quasi due mesi», rispose, concentrata sulla gara, «Le nostre madri si frequentano».
«Oh», l'altra alzò lo sguardo, sorpresa, «Kara aveva accennato a Barry qualcosa! Quindi siete voi quasi sorelle! Per un attimo avevo frainteso».
Lena arrossì di colpo ma mantenne la sua imperscrutabile calma, arricciando la bocca in un piccolo sorriso. «E cosa pensav-», fu interrotta dall'applauso della ragazza che si alzò in piedi con il finire della gara.
Kara e Barry erano pari per un soffio, lei lo raggiunse all'ultimo, e subito si abbracciarono, ridendo come due bambini. Mike scosse la testa e se ne andò.
«Era davvero da molto tempo che non mi divertivo così», rise lei con eccitazione, avvolgendolo in un altro abbraccio.
Lena e l'altra ragazza li raggiunsero, intanto che intorno a loro gli studenti che si erano fermati stavano ritornando a ciò che stavano facendo prima di notarli, chiacchierando su quanto andassero veloci. Qualcuno si azzardò a fischiare in loro direzione.
«Se non sapessi che ti riprendi in fretta, sarei preoccupata per la partita di questa sera», disse la ragazza a Barry, tendendogli una borraccia d'acqua. Anche Lena aveva tenuto quella di Kara e gliela passò soprappensiero, senza guardarla in faccia, incapace di non pensare a ciò che quella ragazza le stava dicendo poco prima.
Finito di bere, lui sorrise e Kara, con la bocca ancora piena d'acqua, ricambiò. «Credimi, Iris, sarei preoccupato per questa sera se dovessi vedermela contro di lei, in campo», la indicò e lei lo spinse appena, con complicità, continuando a sorridere.
Kara era felicissima dell'arrivo del suo amico Barry a National City. Non era una visita di cortesia: alla Sunrise, quella sera, si sarebbe giocata un'amichevole maschile National City contro Central City, la sua città. Non sarebbe stata Kara ad affrontare Barry in campo, ma il suo ormai ex ragazzo Mike Gand.
La squadra avrebbe raggiunto l'università tra qualche ora, in pullman, ma Barry e la sua amica Iris avevano preso la metro per arrivare prima e stare un po' con Kara Danvers, che da tanto non vedevano. Nel frattempo, il campus si stava preparando ad accoglierli con festoni disposti ovunque, all'interno e all'esterno. Alcuni giocatori stavano approfittando di quei momenti di tranquillità per allenarsi: anche se si trattava di un'amichevole, non avevano intenzione di lasciarli vincere.
Kara invitò Lena a vedere la partita e nonostante gli impegni accettò immediatamente, spostando due appuntamenti con alcune studentesse a cui doveva fare da tutor. Dopo ciò che era successo a cena quella sera, Kara era felice di passare ancora del tempo con lei, ma di non dover stare troppo tempo da sola con lei. Era strano, ma sentiva che qualcosa era cambiato: per la prima volta da quando era successo, aveva parlato della sua famiglia con qualcuno che non fosse un assistente sociale o un poliziotto, e si era sentita bene, forse troppo; era come se sentisse che con lei poteva essere se stessa sempre, e fare o dire qualsiasi cosa, come se la conoscesse da tutta una vita.
La inquadrò con la coda dell'occhio e notò che sembrava distratta. Barry e Iris stavano discutendo della corsa e Lena aveva lo sguardo basso, immobile e lontano. Era seria. Sperò che non le desse fastidio stare in compagnia di suoi due amici.
«Muoio di fame, andiamo a pranzo?», chiese il ragazzo ad Iris, per dopo rivolgersi a loro, «Che ne dite, voi due? Vi unite a noi?».
Kara sorrise e guardò Lena, che sorrise a sua volta, annuendo. Megan era fuori con il signor Jonzz, dunque non doveva nemmeno preoccuparsi di lasciarla sola. «Va bene».
«Dai, fateci compagnia, così ci conosciamo meglio», propose anche Iris.
Lena credeva di non aver mai visto nessuno mangiare quanto mangiasse Kara, ma conoscere Barry Allen le aveva aperto il mondo a nuove prospettive: i due sembravano intenti a fare un'altra gara, quella per cui vinceva chi mangiava di più. Fortunatamente Iris sembrava una persona normale quanto lei e riusciva anche a vedere cosa metteva in bocca prima di ingoiare. Cominciava a pensare che fosse il lacrosse a richiedere ai due tanta energia, ed era anche il loro argomento da quando ordinarono da mangiare.
«Che poi pensavo di mollare».
«Che cosa?», fece Kara sbalordita; per poco non le cadeva un bicchiere d'acqua sul tavolo.
«Non so, forse dovrei concentrarmi sulla corsa, è la cosa per cui sono più portato», aggiunse dopo aver finito di masticare.
Kara non se sembrava entusiasta, notò Lena. «È indubbiamente vero, ma mi dispiace comunque».
«Quest'anno sarà l'ultimo, devo anche impegnarmi seriamente nello studio o dovrò dire addio alla mia carriera di CSI prima di cominciare».
«Come vi siete conosciuti voi due?», chiese Lena di colpo facendosi interessata, vedendo quanto animo ci fosse tra loro. Congiunse le mani e vi ci appoggiò la testa, con i gomiti sul tavolo. Aveva già finito di mangiare.
Kara, che era al suo fianco, rise con vago imbarazzo, nascondendo il viso con una mano, tirandosi in su gli occhiali, senza guardarla negli occhi.
Anche Barry parve arrossire. «In realtà è un po'… imbarazzante», rivelò, «Era la prima volta che la mia squadra si scontrava con quella della Sunrise, a Central City».
«L'anno scorso», aggiunse Kara sorridendo.
«Mi stavo allenando con la squadra, in campo, quando Mike Gand chiede se può unirsi a noi. Lo conosci?». A una sua risposta affermativa, continuò: «E non è un tipo a cui piace perdere, sai, quindi continuava a voler giocare e a voler giocare ed entra in scena Kara, che vuole giocare in coppia con Mike contro due di noi».
«Neanche a me piace perdere», disse lei.
«No», scosse la testa lui, sorridendo, «Neanche a te piace perdere! Lei era venuta a vedere la partita e sapevo che non potevamo giocare sul serio prima ancora di scendere in campo, ma credevo che lei- che lei non sapesse giocare», la indicò, scrollando le spalle, «E quindi accetto, giochiamo… è-è stato umiliante», si nascose il viso tra le mani e Kara e Iris risero.
«Lo hai battuto?», domandò Lena, incuriosita.
«Sì, certo», rise ma la guardò appena, nascondendo anche lei il viso tra le mani.
«E poi gli hai chiesto di uscire», aggiunse Iris e Lena spalancò gli occhi.
«Sì», risposero entrambi, guardandosi e mal nascondendo una risata imbarazzata.
Era chiaro che tra i due doveva esserci una grande sintonia, pensò Lena. «Oh, quindi… quindi voi due siete usciti insieme?».
«Avevo litigato con Mike, quella sera, non voleva che io mi mettessi in mezzo», alzò gli occhi al soffitto, «Così lui era lì, era carino e...».
«Non sono più carino?».
«Sei carinissimo! E siamo usciti, sì, ma ho portato Mike».
«E io Iris».
«È stato un disastro», intervenne Iris, guardando Lena, «Non volevano restare soli, così... Infine sono diventati amici».
La cameriera portò loro il dolce e sia Barry che Kara chiesero il bis prima ancora che le altre due potessero finire, parlando del lacrosse e di come Mike si fosse ingelosito per via del loro rapporto.
«Lui è sempre così geloso…», esclamò Kara, leccando il cucchiaino.
Lena non poté fare a meno di notare come non la guardasse se non perché costretta, temendo fosse per via di come l'aveva invitata a parlare della sua famiglia a cena, quella sera. Era da allora che si era fatta strana e più che mai, ora, le sembrava tesa. O forse doveva a che vedere con Barry. Lo guardò. Lui e lei erano incredibilmente simili e sembravano capirsi alla perfezione, tuttavia gli sguardi di quel ragazzo si imbarazzavano quando si scontravano con quelli di Iris, la sua amica, o quasi sorella che fosse. Era chiaro che tra Kara e Barry doveva esserci solo una forte amicizia e che Mike non l'avesse notato. Parlando di una vecchia partita, i due si schiacciarono il cinque, svuotando la loro coppa di gelato.
«E comunque Mike è molto migliorato, ti converrà stare attento alla partita».
«Per chi farai il tifo?», domandò Iris, mettendo Kara in crisi.
La ragazza si bloccò e la guardò con attenzione, stringendo gli occhi. «No, okay, questo è un colpo basso», rise, annuendo, «Entrambi. Non m'importa se è poco corretto, non posso proprio scegliere».
Lena decise di cogliere quel momento prima che tornassero a parlare e fosse difficile interromperli. Si appoggiò schiena al muro ed estrasse un grande sorriso, scrutando Kara e decidendo di aprire bocca. «Ammetto che non sono mai stata a una partita di lacrosse. Spiegatemi il gioco. Si usano le racchette, vero?». Parlò in plurale ma l'affermazione era rivolta a Kara. Iris continuò il suo gelato e Barry la indicò con un sorriso, a cui l'altra rispose con gesti strani, sorrisi, il risistemarsi gli occhiali, poi togliendosi un ciuffo biondo dal viso, e finalmente la guardò negli occhi. A Lena erano mancati quegli occhi su di lei.
«Sì, è-è una specie di racchetta, viene chiamata stecca. L'obiettivo del gioco è recuperare la palla con la rete nella testa della stecca e segnare in porta. C-Ci sono tre difensori, il portiere, tre attaccanti e tre mediani». Si fermò per raschiare la coppa di gelato e gustarne ancora, sentendo il sapore della vaniglia. Non riusciva a capire perché fosse tanto agitata: Barry e Iris erano in silenzio e Lena la guardava con quel sorriso divertito stampato sul volto, mentre si mordicchiava un labbro. Oh, probabilmente era un altro dei suoi tentativi di scherzare con lei ed era l'unica a non averlo capito. «Ma tu questo già lo sai, vero?», domandò, inarcando le sopracciglia.
Lena sorrise ancora, con vigore ed evidente divertimento.
Barry guardò l'una e poi l'altra, scambiandosi un'occhiata con Iris al suo fianco. «Kara, non mi hai detto alla fine cos'è successo con Mike. Come mai avete rotto? Eravate molto uniti…».
«Oh. Lui… beh, Mike è un bravo ragazzo, ma non credo fossimo adatti per stare insieme», rispose con una nota malinconica nella voce.
Ancora, pensò Lena: aveva di nuovo smesso di rivolgerle lo sguardo.
«Mi è sempre sembrato piuttosto preso da te, ma tu di lui?», incalzò Barry. Guardò Lena per un momento e lei si sentì avvampare, cercando di rimettersi composta sulla sedia.
«Beh… sì. Mi è sempre piaciuto Mike».
«Piacere una persona e esserne innamorati sono due cose diverse, Kara», rispose Lena e guardò di rimando Barry solo un momento e lui tornò indietro con la sedia, guardando a sua volta Iris, di sfuggita, non potendo farne a meno.
«Credo che Lena abbia ragione», disse quest'ultima, finendo il suo gelato. «Frequentavo un ragazzo al liceo che era la fine del mondo, non so se mi spiego». Kara scorse Barry alzare gli occhi al soffitto e sorrise. «Adoravo stare con lui, mi faceva sentire così bene… Però mancava qualcosa, e non sapevo cosa. Ho capito la differenza quando ho conosciuto Eddie, il mio fidanzato», sorrise entusiasta e Barry affondò lo sguardo sulla coppa vuota di gelato, prendendola ed esaminandola. Kara sorrise di nuovo e Lena lo fissò con interesse, pur mantenendo l'attenzione su Iris che parlava. «Con lui è tutto diverso».
Decisero di tornare all'università e le ragazze si diressero in bagno prima di lasciare il locale. Quando Iris finì decise di tornare fuori e aspettare con Barry, così Kara cercò di sbrigarsi a risciacquarsi le mani, poiché sapere di essere sola con Lena all'improvviso le fece mancare l'aria.
«Barry sembra piuttosto preso da Iris…», disse Lena a un certo punto, disturbata solo dall'acqua del lavandino che scorreva.
«Lo hai notato anche tu, vero?», rise, rivolgendole lo sguardo un attimo appena. «Credo che l'unica a non essersene accorta sia proprio lei! Barry ha una cotta per Iris da sempre, dai tempi delle scuole medie anche se, di fatto, sono cresciuti come fratello e sorella», disse d'un fiato. Si guardarono e si sorrisero, chiudendo l'acqua. A Kara mancò un battito, bloccandosi, capendo tutto solo in quel momento, come un fulmine in ciel sereno: si era sbagliata alla cena; deglutì. Fratello e sorella. Sua sorella. Lena era sua sorella, adesso, ma… Non era probabilmente Lena ad avere un interesse per lei, ma l'esatto opposto. Oh no, non ci voleva. Non ci voleva. Non ci voleva. Quando, com'era successo? Perché?
Il batticuore, il respiro affannato, il non riuscire a guardarla negli occhi, non riuscire a guardarla affatto se non per brevi ma intensi istanti come per paura di qualcosa che… Era proprio ciò che pensava. Come aveva fatto a non accorgersi prima di- Accidenti. Attimo dopo attimo, si erano avvicinate… Tutto aveva un senso. Deglutì ancora, sgranando gli occhi.
«Praticamente è sua sorella», ripeté Lena, incredibilmente vicina a lei. «È proprio vero che i sentimenti non si possono controllare
».
Era davvero troppo vicina, pensò. Era sempre stata così vicina? Quando aveva accorciato le distanze in quel modo?
Kara rise con fare nervoso e si sistemò gli occhiali sul naso, spostandosi e dirigendosi verso la porta. «Meglio-Meglio tardi o si farà andare», esclamò, bloccandosi di colpo, «Vo-Volevo dire che sarà meglio andare, o si farà tardi».
Lena rise. «Lo avevo capito. Senti, posso proporti qualcosa di tremendamente sconveniente?»
Kara spalancò gli occhi e deglutì, sentendo le sue orecchie diventare calde.
«Vorrei che mi facessi compagnia, domani sera. La Luthor Corp sponsorizza una mostra di fotografie qui a National City, ci sarà un sacco di brutta gente con cui non mi va proprio di chiacchierare, così, se avessi te al mio fianco, potrei avere una via di fuga».
Kara sorrise, sentendosi più leggera. «Certo. Va bene». Non sapeva ancora come avrebbe fatto a starle vicino ora che conosceva la verità, perché al solo pensiero sentiva le farfalle nello stomaco e no, cattive farfalle, doveva assolutamente scacciarle, ma avrebbe trovato una soluzione. Lei era Supergirl e non c'era niente che avrebbe potuto spaventarla. «Non ci sarà anche tua madre?».
«Ovviamente», annuì, aprendo la porta, «Non ho accennato alla brutta gente?».
Kara rise, scuotendo la testa, ed entrambe uscirono dal bagno.

Il sole era basso e tutti i giocatori erano nel rispettivo lato del campo, davanti alle panchine, intanto che i coach facevano loro gli ultimi appunti e davano qualche incoraggiamento. Rossi e blu la squadra del Sunrise, rossi con scie gialle quelli di Central City. Il numero dieci, Barry, fece loro la mano per un saluto prima di infilarsi il casco.
Mike parlò con Kara prima di scendere in campo e lei gli augurò buona fortuna con un abbraccio. Il ragazzo l'adocchiava ancora, seduta sugli spalti in mezzo a Iris e Lena, Megan vicino a quest'ultima. Kara non vedeva l'ora di parlarle, ma era arrivata tardi e avevano fatto in tempo a sedersi che ora a dividerle c'era Lena… Doveva assolutamente parlare con Megan. E poi con Alex. No, non poteva parlarne con Alex. Non poteva assolutamente parlarne con Alex, pensò, diventando pallida. Come poteva spiegarle di provare qualcosa che non era amicizia per Lena, la figlia della donna fidanzata con la loro madre? Loro stavano per sposarsi… Gli occhi di Kara si spalancarono e lei iniziò a respirare affannosamente. Barry aveva una cotta per Iris e non si faceva tutti questi problemi nonostante il padre della ragazza fosse anche il suo padre affidatario, ma le cose erano diverse. Le situazioni erano davvero differenti: il vero padre di Barry in prigione non era fidanzato con il padre di Iris. Ma non poteva comunque parlarne con Alex: non aveva fatto altro da giorni e giorni che dirle di come Lena flirtasse con lei. Ma Lena scherzava, naturalmente. E ora vedeva quegli scherzi da un'altra prospettiva.
Ma cosa andava a pensare, non era che lei e Lena si stessero mettendo davvero insieme, dopotutto. Va bene, doveva accettare il fatto che lei avesse una cotta per la ragazza, ma in fondo non era un problema vero, perché le sarebbe passata. E presto.
«Kara. Ricordami che numero è Mike», le bisbigliò all'orecchio la calda voce di Lena, facendole salire la tachicardia. Le si poggiò addosso, tanto che poteva sentire uno dei suoi seni contro il suo braccio sinistro.
«Dodi- No, volevo dire tredici. Aspetta, no, no, è proprio il dodici», annuì, cercando di restare il più calma possibile, senza spostare un muscolo, sentendo il seno che continuava a premerle contro il braccio. Sentiva il suo viso avvampare ed era felice che stesse scendendo il buio o temeva si sarebbe visto.
«Non lo ricordavi?».
«No, pff, è solo che ho avuto, sì, emh, un attimo», rise con forse troppa forza perché sia Iris che Megan si girarono verso di loro. Avrebbe voluto il superpotere di scomparire. Era talmente presa dai suoi pensieri, poi, che non si era nemmeno resa conto che la partita era già iniziata e che erano pari di quattro punti.
No, cinque punti per la squadra di Barry, lui aveva appena segnato e Iris si era alzata per applaudire insieme a pochi altri, mentre in tanti si lamentavano. Barry era davvero veloce e aveva schivato le cariche dei ragazzi della Sunrise che tentavano di fermarlo, segnando ancora. Kara scorse Mike scuotere la testa, sotto al casco. Lo conosceva abbastanza per sapere che la cosa doveva particolarmente irritarlo e sperava solo che non perdesse la calma.
«Barry è davvero bravo», disse Lena rivolta ad Iris, sempre troppo vicina a Kara.
Si era spostata, eppure aveva ricominciato a premerle contro un seno. Che lo facesse apposta? Si domandò. Aveva ricominciato a stuzzicarla? Passavano i baci indiretti, chiamarla vaniglia, anche spedirle tanti fiori, ma mai si era spinta a tanto, a quel contatto tremendamente diretto. E poi perché stuzzicarla? La divertiva ancora?
Barry segnò di nuovo, e di nuovo. Mike non sembrava giocare come al solito, come distratto: la squadra gli andava incontro e gli sparlava, forse cercando di tirargli su il morale. L'arbitro segnò la fine del primo quarto di gioco con dieci a sei per la squadra venuta da Central City. Il pubblico non ne era entusiasta e si lamentava di quanto male stessero giocando i rossi e blu.
Barry le inquadrò e le salutò subito, togliendosi il casco per respirare un po' d'aria durante la pausa, e così sia Iris che Kara ricambiarono con gesti di incoraggiamento. Kara cercò Mike, avrebbe voluto sostenere anche lui come poteva, ma quando lo trovò, notò che era seduto in panchina attaccato alla borraccia e non la vedeva. Non la cercò neppure e la cosa non era da lui.
«Mike è arrabbiato», esclamò Megan.
Kara non poté che essere d'accordo, scrollando le spalle.
Si era fatto buio e i fari illuminavano il campo mentre le squadre ritornavano in posizione. I capitani di ambe le squadre, Barry Allen e Mike Gand, erano di fronte l'uno all'altro, chini con la stecca sull'erba, davanti alla palla, pronti per sentire l'arbitro fischiare.
«Ehi, va tutto bene?», domandò Barry, scorgendo dalle sbarre del casco il viso di Mike che sembrava rigido.
«So cosa sta succedendo», rispose lui, «Non fare il carino con me».
«Di cosa stai parlando?».
Il fischio dell'arbitro non si fece attendere e i due si scontrarono per la possessione della palla. Mike ebbe la meglio buttandolo a terra e trascinò la palla nella rete della stecca per tutto il campo, schivando gli avversari, scaraventando giù la difesa, e infine lanciando la palla contro la porta, segnando. Nonostante non l'avesse passata agli altri membri della squadra liberi, loro erano felici del punto assegnato, andando a congratularsi. Mike lanciò un'occhiataccia a Barry che intanto si era tolto di nuovo il casco, fissandolo.
Non comprendeva cosa gli fosse preso all'improvviso e guardò verso gli spalti per trovare gli sguardi perplessi delle ragazze. Perplessi almeno quanto lui.
Il gioco riprese in fretta. La palla passava da una stecca all'altra per la squadra di Barry, mentre la Sunrise tentava di bloccarli. Veloce, Barry superò ogni difesa e aspettò l'arrivo della palla. Gliela passarono, si stava girando per tirare in porta quando Mike gli si buttò addosso con quanta più forza poteva e sbalzò entrambi a terra in modo violento. L'arbitro fischiò subito, correndo a vedere la situazione; non ci mise molto a dichiarare il fallo.
Sia Kara che Iris si alzarono, cercando di capire cosa fosse successo. «Barry si è fatto male», disse subito la prima, preoccupata. Entrambe decisero di correre da loro, seguite da Lena e Megan.
«Che cosa ti è saltato in mente?». Kara gli si fiondò addosso e Mike, seduto in panchina, dovette ripararsi con un braccio per paura che lo picchiasse.
«Smettila, mi sono fatto male anch'io», dichiarò, facendole notare che un paramedico si stava chinando su di lui per controllargli la gamba sinistra.
Megan prese Lena per un braccio ed entrambe seguirono Iris dall'altra parte, che era corsa per soccorrere Barry. Ben due paramedici controllavano le condizioni del ragazzo, seduto in panchina. Uno gli stava fasciando un braccio e l'altro gli controllava un ginocchio. Barry sorrise quando le vide.
«Barry! Oddio, come ti senti?». Iris si accostò, chinandosi verso di lui, lasciando lo spazio ai paramedici di intervenire.
«Sto bene», annuì lui, sudato. «Giusto qualche graffio. E una contusione, probabilmente», abbozzò una risata. Adocchiò Kara che si stava avvicinando, facendole un gesto con la testa. Lei sembrava piuttosto arrabbiata. «Lui? Come sta?».
«Bene. Fin troppo», brontolò, avvicinandosi.
«Si può sapere cosa gli è preso? Non era per bloccarlo, gli è andato addosso con l'intento di fargli male», disse Iris, guardando Mike con la coda dell'occhio, dall'altra parte, intanto che in campo il gioco riprendeva senza di loro.
«Non ha nulla di diverso da sempre», rispose Megan per prima, scrollando le spalle a uno sguardo di Kara, mentre Lena le accennava un sorriso.
«Mike pensava che mi vedessi con Barry», chiuse gli occhi e prese un grosso respiro, pensando a quanto si sbagliasse.
«Io e te?», rise lui, fermandosi perché gli facevano male le costole. «Che coppia, eh?».
Lei sorrise, scuotendo la testa.

La squadra di Barry vinse la partita anche senza Barry, ma la cosa non diede fastidio a Mike quanto più sapere che Kara non si vedeva con lui, ma che ora era così arrabbiata che probabilmente non gli avrebbe ridato un'altra occasione mai più ed era già tanto sperare che gli rivolgesse di nuovo la parola, una volta che si fosse calmata. Barry e Iris decisero di tornare a Central City con il pullman della squadra. Il ragazzo si stava riprendendo in fretta come sempre e sapeva che presto avrebbe potuto correre di nuovo.
Iris abbracciò Kara e poi Lena, felice di averla conosciuta, mentre Barry strinse Kara un po' più a lungo. Si guardò un po' intorno e, scorgendo Iris e Lena impegnate a parlare, l'avvicinò ancora per dirle un'ultima cosa prima di salire sul bus.
«Credo anch'io che tu e Mike non siate adatti per stare insieme», le sorrise, «Ma forse hai una nuova opportunità, più vicina di quanto pensi».
«Oh, tu non hai idea di cosa io pensi in questo momento», gonfiò gli occhi.
Li richiamarono dal bus e se ne andarono, mentre Kara ripensava alle sue parole, non capendo proprio cosa volesse dirle. Li salutarono e l'autobus diventò sempre più piccolo, svanendo poco a poco. Lena la scorse con la coda dell'occhio e sorrise, iniziando a camminare al suo fianco per rientrare al cancello del campus.
«Iris mi ha confidato una cosa», disse a un certo punto mentre Kara guardava rigida davanti a lei, ricordandosi solo in quel momento che erano sole e che avrebbe preferito la compagnia di Megan, che invece se l'era svignata per andare di nuovo dal signor Jonzz. «Ha detto che pensava che tra noi ci fosse qualcosa».
Kara avvampò, voltandosi di scatto. Il suo cuore si fece agitato. «Cosa? Qualcosa, tipo cosa? In effetti tra noi ci sono un sacco di cose, tipo la distanza dal campus alla Luthor Corp, o-o tra casa di Eliza e Lillian, dove abiti… o altre tipo di- sì, distanze, insomma, tra noi», rise cercando di non impappinarsi, intanto che i suoi occhi balzavano da un punto all'altro, in preda al panico. Senza guardare dove andava, inciampò e Lena la prese per un braccio, sorridendole. Kara si staccò da lei come se le avesse dato la scossa. Erano davanti al cancello e Lena le si avvicinò, si avvicinò decisamente troppo e lei fu costretta a retrocedere.
«Intendeva in modo romantico, Kara», strinse i denti, annuendo, «È assurdo, lo so. È ciò che le ho detto».
«I-Infatti», sbuffò, senza riuscire a guardarla negli occhi troppo a lungo, «Tu ci scherzi, ma-».
«Ci scherzo?», inarcò un sopracciglio.
Kara la scrutò prima di rispondere, incerta su cosa dire. «T-Tu… voglio dire, tu non hai una cotta per me o una cosa del genere».
«Una cosa del genere».
Kara rise alzando la voce, guardando verso il cancello. «Quello! Tu non- E io non- E poi le nostre madri…».
«Sì, loro stanno insieme. Tu sei praticamente mia sorella», infine, Lena ansimò, allontanandosi da lei di colpo, proseguendo verso il cancello.
Il cuore di Kara saltò un battito. «O forse no», bisbigliò, seguendola.

«Megan! Meno male che ci sei». Le corse incontro appena lei aprì la porta della loro camera.
«Va bene», la guardò, «Cosa succede?».
Avrebbe voluto lasciarle il tempo di cambiarsi da sola e in pace, di andare in bagno, di mangiare qualcosa indisturbata, se voleva, ma non resisté alla tentazione di starle vicino come una zecca qualunque cosa facesse, portando con sé uno sguardo avvilito. E non che Megan non avesse insistito per farsi raccontare cosa avesse, perché era ovvio che morisse dalla voglia di farlo, ma ogni volta che tentava di aprire bocca Kara annaspava, si sistemava gli occhiali, si grattava e si guardava intorno, non necessariamente in quest'ordine. Infine, Megan decise di passare alle maniere forti: le prese i polsi e l'accompagnò sul letto a sedersi, mettendosi poi al suo fianco, senza lasciarla andare prima che gesticolasse ancora.
«Allora, cosa turba Supergirl questa notte?».
Kara deglutì, diventando rossa. «Beh, mi sono accorta…».
«Che hai una cotta per Lena Luthor».
«Cosa?».
«Cosa?», strinse i denti, «Tu non-? Oh, fai finta che non abbia detto nulla, era tipo uno spoiler».
Lei tirò indietro la testa, simulando un lamento. «Ho una cotta per Lena Luthor! Tu lo sapevi! Per questo mi hai consigliato l'abito per quella cena…».
«Kara». La lasciò andare, sospirando. «Lo stavi nascondendo bene, ma alcuni comportamenti ti tradiscono. Lo stavi, perché oggi sembravi più tesa del normale e penso che la cosa ti sia sfuggendo di mano, ragazza».
«Ma-Ma io me ne sono accorta oggi».
«Ah».
«È una cosa… sbagliata», sussurrò con paura nello sguardo, fissando attentamente l'amica. «Non so cosa fare, come comportarmi. Non dovrebbe essere così».
«E come dovrebbe essere?».
«Dovrebbe essere mia sorella. O quasi. E giuro che sto davvero odiando quella parola», digrignò i denti, nervosa, ricordando il viso di Lena che sottolineava il loro status. «Ma è quello che tutti si aspettano, di certo Eliza e Lillian».
«E io non dovevo innamorarmi di un uomo più grande. Il mio coach, poi», le disse e Kara aggrottò le sopracciglia, ascoltando. «È sbagliato sotto tutti i punti di vista, ma... è successo. Non puoi fartene una colpa, ci sono cose che non si scelgono e i sentimenti sono tra quelle cose. Succede e basta. Puoi portare pazienza e sperare che la cosa passi via da sola o…», la guardò con un sorriso, «O buttarti, bella. Per quanto mi riguarda, d'altronde, poi è stato bello, perché cercando un modo per farmi notare da lui, ho scoperto che anche lui provava le stesse cose».
Kara arrossì. «Lena non- Lei ci scherza, lo so, e lo ha praticamente ammesso, ma non-», si fermò per sorridere, guardando altrove. «Mi fa strano anche solo pensarlo, Megan! Lei flirtava e sono sicura di questo», la intimò con lo sguardo di non contraddirla, «ma non prova per me ciò che io provo per lei».
«E tu cosa provi per lei?».
«… tutto».

Lena si sdraiò sul letto, coprendosi. Non aveva voglia di dormire e si mise a pancia in su, perdendosi nei suoi pensieri. Quella giornata era stata così lunga e l'indomani c'era la mostra di fotografia sulle barriere architettoniche sponsorizzata dalla Luthor Corp, e sapeva sarebbe stata lunga altrettanto. Ma fortunatamente Kara era con lei e si sarebbe annoiata un po' meno. Ringraziava che avesse accettato; non aveva mai avuto nessuno, se non Lex prima che si trasferisse, che stesse al suo fianco in momenti come quelli. Non qualcuno che lei voleva ardentemente al suo fianco, se non altro.
Si stava arrendendo all'idea che la cotta di lei le stesse passando. Lo pensava spesso, ma ogni volta che lei si fermava a guardarla allora tutto tornava a galla come prima. E il fatto che stesse pensando a una cosa del genere, era la prova stessa che non era vero. E quell'oggi, la discussione con lei… Kara le era sembrata strana, più agitata, diversa. Come se, deglutì, ricambiasse. Come se fosse agitata per lei. E il fatto che avesse scartato a priori, parlandole di qualcosa tra loro, la cosa più ovvia… Si stava inventando delle cose per sviare l'argomento. Lena arrossì involontariamente, sorridendo.
Ammetteva di essersi un po' strusciata contro di lei di proposito, per esaminare la sua reazione, e credeva di poter affermare che avesse superato l'esame. Ma quella possibilità cambiava qualcosa nella loro prospettiva? Kara poteva davvero innamorarsi di lei? Sussultò e si tirò in su la coperta fino al collo, iniziando ad avere i brividi. Se davvero Kara… pensò, poteva rischiare? Poteva rischiare di mettere in pericolo i rapporti familiari se significava baciarla davvero?

«Oddio, ma è meraviglioso», Eliza si lasciò andare a tutto il suo stupore, entrando nella prima sala dedicata alla mostra. Un salone ordinato, diviso per corridoi da pareti di plastica bianca su cui sopra erano affisse gigantografie in bianco e nero incorniciate, sotto moquette colorata, un colore tenue diverso per ogni corridoio, installata per l'occasione per sottolineare le diverse realtà trattate. C'erano archi che portavano ad altri saloni, scivoli invece di scale, due ascensori per il piano superiore. Eliza si era lasciata incantare, guardando intorno a lei com'era diventato quel posto: lo aveva visto qualche mese prima quando la Luthor Corp lo aveva comprato; un rudere che i vecchi proprietari, se nessuno lo avesse acquistato, volevano abbattere. Lillian le aveva detto che lei e Lena avevano in mente dei progetti, ma non si aspettava un uso così onorevole della struttura, oltre alla ristrutturazione che aveva risaltato la natura antica, lasciando colonne e affreschi originali, invece di eliminarli per passare a uno stile più moderno.
Per ogni salone c'erano più artisti che parlavano delle loro fotografie al pubblico, cosa avevano voluto dimostrare; alcuni di loro in carrozzella, in stampelle. Vicino a uno degli ascensori e un arco che apriva a un altro salone, c'era un banco con bibite, stuzzichini e dei dépliant. C'era già il pienone e avevano aperto da pochi minuti.
Lei e Lillian salutarono dei conoscenti con la loro famiglia, un giornalista che fece loro delle foto, e passarono oltre, la seconda con un braccio intorno alla schiena della prima, entrambe con indosso dei vestiti eleganti e scarpe alte. Un altro giornalista chiese loro una foto e le due si fermarono, sorridendo, in posa.
«Cosa ne pensi?», le domandò Lillian, per poi salutare un'altra coppia di amici e qualcun altro, da lontano.
«Loro non sono venuti anche alla nostra festa di fidanzamento? È da allora che non li vedevo».
«Oh, sì. Loro non si perderebbero mai un evento, anche se non si interessano di fotografia né tantomeno dell'abbattimento delle barriere architettoniche». Sorrise raggiante quando la coppia interessata le notò e le salutò con un gesto. «Sono terribilmente snob», biascicò a denti stretti, «Seguimi. Allontaniamoci prima che venga loro in mente di raggiungerci». Le circondò la vita con un braccio, scortandola presso uno dei corridoi.
Ferdinand parcheggiò nella piazzetta davanti alla mostra e uscì per aprire loro gli sportelli posteriori. Kara era felice che fosse finalmente arrivato il momento di scendere dalla macchina e per poco non sbatté la portiera in faccia all'autista, correndo di fuori. Le era mancata l'aria, accidenti. Per tutto il tempo.
Lena le sorrideva e lei si sentiva svenire. Lena le si avvicinava e si sentiva implodere. Lena le parlava e lei faticava a capire cosa dicesse perché glielo diceva con quelle labbra, quelle labbra che oh, erano diventate così sensuali che si intratteneva a guardarle, così sentiva che diventava calda e doveva girarsi e farle ripetere tutto. Era diventato tutto così imbarazzante, all'improvviso. Riusciva persino a sentire il suo odore prima che si avvicinasse troppo, e quello del suo respiro che le faceva provare i brividi sulla pelle. Sapeva di dover concentrarsi: il segreto stava tutto lì. Tutto lì.
«Kara? Ti senti bene?».
«Certo», le sorrise, cercando di riprendersi di colpo. La guardava con quell'aria preoccupata che la rendeva così bella. No, era bella sempre. Ma in quel momento era bella per lei; quello sguardo era solo suo. «Maledette farfalle», sospirò.
«Farfalle?».
«Sì. Mh», agitò una mano per aria, ridendo convulsamente, «So-Sono dappertutto. Andiamo?». Entrò così di fretta che Lena non riuscì a starle dietro; un uomo la fermò all'ingresso e Kara sparì dalla sua vista.
Si guardò attorno con incanto come sua madre prima di lei, talmente distratta nel vedere le magnifiche pareti di pietra e gli archi che inciampò sul vestito di una donna, tirandoglielo. Lei la guardò male mentre si allontanava. Si scontrò con qualcun altro ma non ci diedero peso poiché c'era davvero troppa gente e Kara passò il suo tempo a scusarsi. Poi si fermò, accorgendosi di aver perso Lena. Oh, ora si sentiva in colpa: voleva la sua compagnia e lei, per lo stupido imbarazzo, l'aveva lasciata sola. Cercò di intravedere qualcosa in mezzo alla calca dell'ingresso nel primo salone, quando si sentì picchiettare su una spalla e si voltò, estraendo un grosso sorriso. «Winn».
Si abbracciarono e il ragazzo sorrise a sua volta. «Ti stavo chiamando, ma siccome non rispondevi mi sono avvicinato. Sei qui da sola? Ho visto tua madre con la signora Luthor, poco fa».
«Credo di essermi persa Lena», brontolò, continuando a cercarla alzando lo sguardo oltre le teste delle persone, mettendosi in punta di piedi.
Lui, vestito in modo impeccabilmente elegante con completo blu scuro e cravatta, la scrutò con titubanza, arrossendo: indossava un vestito stretto in vita, celeste, che andava ad allargarsi con la gonnellina che le arrivava poco sotto le ginocchia. Sbracciata, si notava che faceva sport. I capelli erano legati in alto, ben stretti. Le ammirò il collo nudo e, come se fosse stato sorpreso a guardarla troppo a lungo, si voltò di scatto, prendendo un grosso respiro. Pensò che quella sarebbe stata la sua occasione. «Oh, beh, sarà impegnatissima, se vuoi puoi stare con me», disse estraendo il suo sorriso migliore. «Sono un ottimo intrattenitore. In realtà, sono venuto qui solo per dare un'occhiata, ma la signora Luthor mi ha dato questi», mostrò il mazzetto di dépliant che aveva tra le mani, anche se lei in realtà continuava a cercare Lena, voltandosi appena con aria distratta e prendendone uno, «vuole che li distribuisca. Non penso che sappia come mi chiamo, ma doveva ricordarsi che lavoro per sua figlia e doveva aver notato in me una persona», sorrise, guardando Kara, «molto fidata per-per chiedermi di aiutarla. Che ne dici-».
«Ah, eccola», sorrise, voltandosi per abbracciarlo di nuovo, «Grazie per la compagnia, sei un vero amico».
«S-Se andassimo insieme a distribur- no, certo», si sforzò di sorridere anche lui, vedendo che la ragazza si immergeva di nuovo in mezzo alla folla, «Sono un vero amico. Già».
Lena, avvolta nel suo attillato abito scuro, i capelli che le scendevano lisci sulla schiena, retta su fini scarpe a spillo che le stringevano le caviglie, era così bella. Di nuovo. Sorrideva e parlava agitando una mano, socchiudendo gli occhi chiari, annuendo con un gesto elegante. Di lei tutto era elegante, pensò Kara, chiedendosi come non fosse mai riuscita ad accorgersene prima. Arrossì incantata, sorridendo debolmente, finché qualcuno non le pestò un piede e si costrinse a svegliarsi e ad andare da lei, dopo aver lanciato un'occhiataccia contro ignoti.
«Sono tutti giovanissimi e sono stati selezionati per partecipare. Le opere dei partecipanti che non hanno passato la selezione per la presentazione sono al piano di sopra insieme a degli schemi dei prossimi progetti della Luthor Corp per combattere le barriere architettoniche».
«Oh, sono di sopra?», sorrise la signora e Lena a sua volta, «Fate sempre qualcosa, eh?».
«È il nostro lavoro, oltre che nostro dovere verso voi».
La donna rise ammiccante, sventolando una mano. «Tu e tuo fratello siete degli adulatori».
«Lui lo è, io sono sincera».
«Lena!». Kara alzò la voce e le si piazzò accanto, indicando dietro di lei. «Ti stanno cercando dappertutto, dov'eri finita?».
«Oh, deve andare?», la signora si protese in avanti, dispiaciuta, e Lena guardò Kara e poi lei, corrucciando lo sguardo.
«Mi dispiace, ma troverà ogni risposta a ogni sua domanda nel dépliant».
Kara le mostrò il suo e glielo lasciò con un sorriso, poi entrambe sorpassarono un gruppo di persone e corsero fino al salone a sinistra, nascondendosi dietro uno dei corridoi dove, distante, un ragazzo in carrozzella parlava a un altro gruppo con alle spalle una foto. Lena si appoggiò al muro di pietra e tirò un sospiro di sollievo.
«Non riuscivo a scappare», disse d'un fiato e dopo sorrise, gli occhi chiusi.
Kara rise, vicino a lei. Attirarono l'attenzione del ragazzo sulla sedia e gli ospiti che intratteneva, ma non più di un'occhiata.
«Partecipa a ogni evento organizzato dalla Luthor Corp, una specie di cliente fisso, se così vogliamo chiamarla, e ogni volta parla, parla tantissimo, e non riusciamo ad allontanarci da lei. Grazie per avermi salvato».
Si voltò a lei arrossì, abbassando lo sguardo.
Com'erano iniziate le cose tra loro? Kara ormai ci pensava come se fosse un lontano ricordo. Ah, con un colpo a una valigetta e una spinta, con una guerra di antipatie composta da dispetti infantili e colpi bassi, eppure ora erano lì, vicine, complici come non lo erano state mai. Fecero il giro della sala, salutarono chi Lena conosceva e anche chi non conosceva, scambiarono due parole con una delle artiste e Kara le portò dell'acqua perché non poteva spostarsi troppo dalla sua postazione con la gente che andava e veniva, incrociarono Winn che distribuiva i dépliant e Lena glieli confiscò perché non era lì per lavorare, riportandoli al tavolo, dove Kara si servì di tre stuzzichini al formaggio. Risero, Lena trascinò Kara a fare una foto con lei per un giornale e Kara la trascinò invece a fare un giro dei saloni con lei, seguendo le indicazioni su uno dei dépliant che si era tenuta da quelli requisiti a Winn.
«Non ci credo: Proiettile», esclamò all'improvviso con un sorriso, scrutando all'interno della borsa impellicciata di una signora il piccolo pinscher color caramello.
«E tu come fai a- Oh, lascia perdere».
Il cagnolino tirò fuori la testa che incurvò appena udì il suo nome.
«Il mio piccolino è un coccolone», rise la padrona, lasciando che Kara si piegasse per accarezzarlo.
«Ciao, Proiettile». Allungò la mano ma il cucciolo la morse e Kara tornò indietro di scatto, massaggiandosi il dito ferito, guardando il piccolo cane con affronto.
«Come fa a saperlo? Tutti mi hanno fatto i complimenti: è un nome così inusuale».
«Oh, gliene ho parlato io! Proiettile è adorabile», intervenne Lena.
La donna le lasciò con una camminata soddisfatta e Kara aggrottò le sopracciglia. «Capisco perché lo ha chiamato così». Si voltò quando sentì Lena ridere.
«Fammi vedere».
Le prese la mano nelle sue e guardò il piccolo taglio con attenzione, mentre Kara avvampava. Non poteva strapparle la mano e tentò con ogni mezzo di restare immobile, tanto che sentì il sangue ritirarsi dalla mano al braccio in tensione. Lena tirò fuori dalla borsa un fazzolettino e le pulì un rivolo di sangue. Kara non sentì più nulla se non il suo cuore a ritmi pericolosamente alti e, se faceva abbastanza attenzione, il pavimento sotto ai suoi piedi, il resto era vuoto. Doveva, o si sarebbe ritirata come una tartaruga.
«Oh, un piccolo taglietto, Proiettile cattivo», mugugnò lei facendo una smorfia con le labbra. «Eppur sei viva, Supergirl», la lasciò andare, prendendola in giro.
Kara deglutì, tenendosi la mano con l'altra. «… grazie». Era dubbiosa sul dirglielo perché quella situazione si era fatta strana, ma fortunatamente il sentire la risata di sua madre Eliza fece distrarre entrambe. Si voltarono e videro lei e Lillian parlare davanti a una coppia, così si avvicinarono, riparandosi dietro il muro di plastica di uno dei corridoi. Li riconobbe subito, erano i genitori di Mike: il senatore Gand e consorte. Lui non c'era. Spiarono le due coppie per un po', cercando di udire i loro discorsi sulla mostra. Lillian ne parlava con orgoglio ed Eliza la spalleggiava, ricordando ai Gand quanto fosse decadente quel posto prima che la Luthor Corp lo comprasse.
«In effetti il restauro ha fatto un buon lavoro», concordò Kara, a bassa voce.
«Grazie».
«Come…?».
«Ho coordinato io i lavori in concomitanza con l'università, mesi fa».
«Ah», si zittì, diventando rossa. Eliza rise di nuovo ma Kara non poté fare a meno di notare gli strani sguardi che si lanciavano Rhea Gand e Lillian Luthor, come se avessero un loro linguaggio segreto oltre alle parole e ai gesti che si facevano. «Finalmente tua madre ed io abbiamo una cosa in comune: l'odio di quella donna».
«Si conoscono da sempre», rispose Lena, «Ma non ho mai inquadrato che tipo di rapporto abbiano».
Li videro separarsi e Kara li tenne d'occhio, sperando di non incontrarli. Stavano percorrendo il corridoio ma, dal verso opposto, furono Lillian ed Eliza a sorprenderle.
«Te l'avevo detto che le avremmo beccate», rise Eliza, abbracciando una e poi l'altra, lo stesso fece poi Lillian, con più il solito distacco. «Sono davvero contenta che siate venute entrambe ed è un peccato che Alex non sia qui per via del lavoro. Almeno voi divertitevi, va bene?». Sorrise a tutte e due, che ricambiarono.
Un fotografo chiese di poter fare una foto e Lillian cercò di mettere tutte più vicine, intanto che l'ansia di Kara cresceva. «È sua figlia, signora Danvers?», domandò e la donna annuì, avvicinando lei e Lena più di quanto già non fossero.
«Sì, Kara. Sono le nostre figlie».
«Va bene, ora una sola per le madri», le divise, «E poi una con le sorelle».
Kara alzò gli occhi al cielo, ma tutte fecero come ordinato. Le due si staccarono appena ne ebbero l'occasione.
«Avevi proprio ragione, Lillian», sussurrò Eliza, vedendole allontanarsi insieme, «Era solo questione di tempo prima che si avvicinassero. Sono proprio contenta di vederle andare d'accordo».
«È vero», rispose lei, pur guardando sua figlia Lena con qualche sospetto: non era da lei lasciarsi avvicinare tanto da qualcuno. «Ricordi quando insistetti che Lena non stesse in una camera da sola? Dopo la morte di suo padre temevo si chiudesse ancora di più in se stessa, speravo quindi che una compagnia, anche se per poco tempo… ma Kara l'ha proprio conquistata». Così la circondò con un braccio e si scambiarono un fugace bacio.


***


«Sorelle», brontolò Kara in un bisbiglio, passeggiando da sola, di fianco a enormi carte protette da vetri che illustravano alcuni progetti della Luthor Corp per abbattere le barriere architettoniche a National City. Una, enorme, era una piantina quasi completa della città e riempiva una parete. «Una con le sorelle», ripeté, fermandosi a guardarla a metri di distanza, seppur presa da altri pensieri. Si guardò intorno, scoprendo che erano ancora davvero poche le persone che salivano al primo piano dell'edificio, concentrandosi al pian terreno. Sbuffò, aspettando Lena che le aveva detto di stare tornando, ricominciando a camminare, girando verso le foto appese, pestando un piede.
«Oh, mi scusi». Erano pochi lassù ed era comunque riuscita a scontrarsi con qualcuno.
Lui accennò una risata e le prese una mano, baciandola all'istante. «Errore mio, signorina Danvers. Così preso dalla magnificenza di questa mostra che non guardavo dove mettevo i piedi».
Kara impallidì davanti allo strano sorriso di Maxwell Lord. «Non sapevo ci fosse anche lei, non l'avevo vista, prima».
«Sì, non sono qui da molto», rispose disponendo le mani dietro la schiena, alzando poi lo sguardo alla sala, adocchiando di sfuggita tutto ciò che riusciva. «Ma non potevo assolutamente perdermi tutto questo». Doveva aver udito anche lui i tacchi di Lena all'ingresso, poiché sorrise e la guardò di nuovo. «Sono felice di averla incontrata, è stato un piacere. Mi saluti sua sorella. Oh», si fermò e Kara roteò gli occhi, «Intendo l'altra: Alex». Le fece l'occhiolino prima di uscire, scambiando un cenno di saluto con Lena che entrava.
«Non ci credo che sia qui», scosse la testa lei, avvicinandosi con due bicchieri di spumante.
«Starà prendendo appunti per il prossimo colpo».
«Non ci sarà un prossimo colpo, dammi retta», ansimò e dopo cambiò completamente espressione, guardandola in viso. «Ecco a te», le mostrò uno dei bicchieri. «Tu non piaci a me e io non piaccio a te, ma siamo costrette a frequentarci per le nostre madri. Così ti vorrei offrire da bere».
«Oooh», scoppiò a ridere, prendendo il bicchiere. «Va bene».
Avvicinarono i bicchieri e li fecero tintinnare, bevendo un sorso.
Kara era rossastra in viso e non certo per lo spumante. Era riuscita a guardare in faccia Lena senza nascondersi, scappare, girare lo sguardo, o muoversi imbarazzata come se avesse addosso le formiche, e il che era un gran passo avanti, se non che sentisse il grande bisogno di baciarla…
«Vorrei baciarti».
«Eh?», Kara spalancò gli occhi e Lena si zittì in fretta, mordendosi un labbro, ascoltando i passi delle persone appena uscite dall'ascensore.
Era rossa, forse più rossa di lei per via della carnagione più chiara, ma Kara non era certa di aver sentito bene. Stava per chiederle di ripetere quando una voce la interruppe:
«Signorina Luthor?».
«Oh, sì». Lena si destò quasi con un balzo, felice che lui le avesse interrotte. Mandò giù il resto del bicchiere e guardò Kara. «È da quando me ne hai parlato alla cena che ci penso: credo di sapere chi è tuo cugino». Si avvicinò a lui e Kara la seguì con lo sguardo, tentando di riconcentrarsi. «Kara, ti voglio presentare Clark Kent, reporter del Daily Planet di Metropolis».
I due si bloccarono, guardandosi come rapiti dagli sguardi reciproci, consci di aver appena ritrovato un pezzo di loro perso da tempo.


































***

Vorrei baciarti” Cosa? Come? Ho sentito bene?
Eh, sì. Lena lo ha proprio detto: Kara non ha sentito male e voi avete letto benissimo.
Se non altro anche Kara ha capito di provare qualcosa per Lena, ed era anche ora ;)
Cosa ne pensate di questo capitolo? Abbiamo un Barry vs Mike in campo, Kara vs Mike, gara da corsa, gara di cibo, gara di sguardi a pranzo, per non parlare della fenomenale arrampicata sugli specchi di Kara al “pensava che tra noi ci fosse qualcosa”, o la mostra, Winn, oppure ciò che Lena aveva preparato, l'incontro tra Kara e Clark Kent.

Il prossimo capitolo è uno dei più lunghi scritti finora, spero non vi faccia rimpiangere di aver votato per i capitoli interi, la scorsa volta XD Si ritorna a casa Danvers-Luthor nel capitolo 11 che si intitola Nel sangue, e sarà pubblicato mercoledì 2 maggio!
Il primo è festa e così nulla, mi prendo un giorno in più anche questa settimana e provo la pubblicazione di mercoledì. A presto :)


   
 
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