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Autore: Madame_Padfoot93    24/04/2018    7 recensioni
«Albus… Io dovevo vederti, ho bisogno di te».
Gellert distolse lo sguardo mentre borbottava quelle parole, quasi gli costasse fatica dirle, fuggente come sempre.
«Non osare, Gellert: non sei tu ad aver perso tutto! Io avevo bisogno di te, e tu… »
Gli voltò le spalle, il cuore traditore gli artigliava furioso il petto: non si sarebbe mostrato debole, non a lui.
«L'ho trovata. Ho la Bacchetta!»
***
La storia ha partecipato al contest Flashiamo! - Mary Special Edition, indetto da Mary Black sul forum di EFP
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Contesto generale/vago
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Nickname sul forum: Madame_Padfoot
Nickname su EFP: Madame_Padfoot93
Titolo della storia: Un sogno azzurro
Coppia scelta: Gellert Grindewald/Albus Silente
Rating: Verde
Contesto: Dai Fondatori alla Prima Guerra - Contesto generale/vago
Genere: Angst, Drammatico
Note/avvertimenti: Nessuno
Note dell'Autore: La storia ha partecipato al contest Flashiamo! - Mary Special Edition di Mary Black sul forum di EFP
Si, lo so: quello che sto commettendo è un vero suicidio, un gioco al massacro. Tanto valeva che mettessi un bersaglio sulla schiena e "Baaam!". Ma sono masochista, quindi…

La storia si ispira, in parte, a uno dei pacchetti proposti per il contest "Il contest dei momenti perduti" della stessa Mary Black: in questo si chiedeva di descrivere la coppia Gellert/Albus come unita e a capo di un nuovo ordine mondiale. Ma sarebbe stata una "What If?", quindi ho dovuto modificarla in qualche modo e, ovviamente, renderla coerente per questo contest.  
La visione che ho di questa coppia è sempre stata piuttosto complicata: non lo vedo come un amore unidirezionale e credo che Gellert, a un certo punto, abbia provato qualcosa di vero per Albus… ma che lo abbia espresso a modo suo. Ho quindi cercato di creare questo "missing moment", che si colloca qualche tempo dopo la morte di Ariana e molto prima dell'ascesa di Gellert come Mago Oscuro. Vedo in quest'ultimo una sorta di freddezza nella sfera emotiva, tuttavia ciò non significa che non provi sentimenti e che non li provi per Albus: ognuno di noi mette in campo i propri pensieri e le proprie emozioni in modo differente, in fondo. Eppure Gellert è, allo stesso tempo, vittima delle sue emozioni più forti, come la rabbia e l'orgoglio, quindi lo vedo come un personaggio che non accetta rifiuti o critiche. In una parola: è un fuoidde…
L'allontanamento di Albus è dato da molteplici fattori, ma tra questi non vi è un suo ravvedimento su quelli che erano i loro progetti, in quanto lo vedo come un percorso che ha bisogno di tempo e di maturazione: Silente non vuole più stare accanto a Grindewald perché ha paura sia che i sentimenti di questi non siano sinceri, quanto piuttosto dettati dal bisogno, sia perché lui è la personificazione della morte di Ariana, il monito vivente, che cammina, parla, respira, di quanto potrebbe aver fatto.
Passando alle note vere e proprie nel testo, ho considerato Gellert come "impetuoso vento dall' est" rifacendomi un po' alla considerazione generale per la quale questo sia il vento del cambiamento, della novità, di ciò che, nel bene o nel male, ci cambierà (e sì, anche perché "Mary Poppins" è stato, è, e sempre sarà uno dei miei film preferiti). Gellert è il cambiamento, la novità nella vita di Albus, stravolgendola in tantissimi modi e aspetti. Ovviamente ho voluto e dovuto dare un bad ending a questa storia, non solo ai fini del contest ma anche perché mi sembra che sia la scelta più "sensata" per questa coppia e per il personaggio di Albus, che sicuramente non potrebbe avere la stessa evoluzione e che quindi non sarebbe lo stesso Silente della saga.
Ho cercato, poi, di fare riferimenti al Silente della saga e a I Doni della Morte, per quanto mi fosse possibile. 

 







 

Un sogno azzurro



 

Non poteva essere lui.

Quel ragazzo che osservava, con aria pensosa, la lapide sotto la quale riposavano Kendra e Ariana, non poteva essere Gellert.
Era scappato e lui lo sapeva, lo sapeva benissimo: era scappato senza neppure voltarsi, senza guardare il corpo esanime di Ariana, fredda bambola priva di valore; non era stato presente al funerale, non lo aveva visto farsi picchiare da Aberforth. Lo aveva lasciato solo, ad affrontare la morte della sorella ogni singola notte e a rivedere gli occhi azzurri di terrore fuggire, nascondersi dal peccato.
«Albus»
La voce di Gellert lo riportò tra le fredde, grigie pietre e sotto il cielo inaspettatamente terso e azzurro, come le iridi che lo stavano fissando.
 

Non si sarebbe fatto incantare, non stavolta.

 

«Albus… Io dovevo vederti, ho bisogno di te».
Gellert distolse lo sguardo mentre borbottava quelle parole, quasi gli costasse fatica dirle, fuggente come sempre.
«Non osare, Gellert: non sei tu ad aver perso tutto! Io avevo bisogno di te, e tu… »
Gli voltò le spalle, il cuore traditore gli artigliava furioso il petto: non si sarebbe mostrato debole, non a lui.
«L'ho trovata. Ho la Bacchetta
 

La Bacchetta. La loro visione.
 

Non aveva alcuna importanza, non avrebbe più dovuto ascoltarlo e sarebbe diventato sordo alle sue lusinghe, cieco alle sue carezze, insensibile al suo tocco.
«Il nostro sogno, Alb- »
«Il tuo sogno, non il mio! Non mi interessa più nulla dei Doni, di bacchette o… di noi… Nulla! Ariana è morta! Lo capisci questo? Morta!»
Lo stava strattonando, aggrappato al suo cappotto - quando si era avvicinato? - e si fermò, arretrando come scottato, solo quando avvertì la sua mano sulla propria, gli occhi azzurri, troppo azzurri, ancora una volta su di sé, la sua voce a sfiorargli delicatamente l’orecchio.
 

Ho bisogno di te.
 

Ricordava l'angoscia asfissiante che ingrigiva le sue giornate, costretto a una logorante quotidianità priva di qualsiasi emozione, confinato in spazi troppo ristretti per lui, legato a obblighi che non avrebbe mai voluto; Gellert - impetuoso vento dall'est - gli aveva promesso un mondo intero, privo di qualsiasi responsabilità, franco da ogni catena: lui e la sua visione l'avevano infiammato.
E la sua bocca sulla propria - quando si era avvicinato? - sapeva ancora di libertà, di desideri repressi e abbandonati, di gloria tanto agognata: gli stava offrendo tutto quello che bramava da sempre, che lo consumava da troppo tempo, e la possibilità di stargli accanto, meravigliosa chimera.
Ci stava ricascando, sciocco, ed era inutile prendersi in giro: gli era bastato solo vederlo, per farsi travolgere dal quel sogno troppo azzurro.
 

Ma lui... 
 

«No!»
 

… non era quello di Gellert.
 

Riusciva a vedere, finalmente, gli occhi, così spaventosamente azzurri, il sorriso beffardo che gli sfigurava i bei lineamenti e il fascio di luce rossa colpirlo selvaggiamente.
«Oh, abbiamo una coscienza adesso?»
«Ho seppellito la mia coscienza tempo fa. Vattene, ti prego… »  

Mentre cercava di rialzarsi, gli occhi rossi aggrappati ai nomi amati e la mano al fianco leso dall'incantesimo, la voce di Gellert graffiava, ancora, rabbiosamente all'orecchio.
 

Non pensare che in futuro avrò pietà, Albus! Tu sei niente senza me!
Niente.

 
  
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