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Autore: Soul Mancini    25/04/2018    4 recensioni
«John ogni tanto sbirciava in direzione del suo amico e lo trovava con la testa contro lo schienale del divano, oppure che picchiettava con un piede a terra a ritmo di qualche canzone che aveva in testa. In certi momenti gli appariva tremendamente tenero, con le labbra leggermente schiuse e le dita delle mani che si torcevano tra loro, come a voler sottolineare una continua agitazione.»
[La mia prima Jarohn. Perdonatemi, ma questa ship mi sta mandando fuori di testa XD]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ReggaeFamily

Last Night




John, bastardo, ecco dove ti eri cacciato! Come mai qui tutto solo?”

Il batterista, che vegetava su un divano a due posti, sbatté leggermente le palpebre e osservò la figura minuta di Daron, immobile sulla soglia con le mani sui fianchi. Indossava una camicia nera a maniche lunghe, un paio di jeans scuri, delle semplici scarpe da ginnastica e il suo immancabile cappellino nero in testa. Sul viso paffuto era stampato un sorrisetto sornione, come se stesse tramando qualcosa.

Ehi” lo salutò John con uno sbadiglio.

Non hai risposto alla mia domanda” gli fece notare il chitarrista; dopo qualche secondo si scaraventò con malagrazia nel posto vuoto accanto al suo amico e si lasciò sfuggire un pesante sospiro.

Un improvviso scoppio di risa esplose nella quiete del backstage e i due si scambiarono un'occhiata interrogativa. Nel reticolo di stanze attorno a loro stavano sparpagliati i ragazzi della band e dello staff, che festeggiavano tutti insieme. Del resto quella era l'ultima data del tour americano dei SOAD, poi si sarebbero dovuti separare.

Adesso non sono più solo” osservò John, battendo una mano sul ginocchio di Daron.

Dai Dolmayan, è l'ultima serata che passiamo assieme, ci dobbiamo ubriacare! Non hai preso niente da bere? Andiamo a cercare qualcosa” cercò di spronarlo lui, mollandogli una pacca sulla spalla. Sul viso del batterista aleggiava una leggera inquietudine, Daron se ne era reso conto da quando aveva messo piede nella stanza: si chiese se il suo amico stesse male o fosse agitato per qualche motivo e si era ripromesso di indagare, o quantomeno cercare di tirarlo su. In realtà gli pareva piuttosto strano quel suo stato d'animo, gli era parso felice e tranquillo quando erano scesi dal palco.

Forse, proprio come lui, era triste all'idea che il tour fosse ormai volto al termine.

Ho già preso un drink prima, quando eri fuori a fumare. Non sono riuscito a capire di cosa si trattasse, me l'ha offerto Sako tra le risate... era forte, sinceramente nemmeno tanto buono” raccontò John, lasciando che i suoi occhi scorressero per l'ambiente dalle tinte rosse, illuminato da una luce giallognola e troppo forte per i suoi gusti.

Ah, quindi sei già sbronzo” trasse le sue conclusioni Daron.

Pensa per te” si difese l'altro, scompigliandogli affettuosamente i capelli.

In realtà quel giorno nessuno dei due aveva tanta voglia di festeggiare, si erano trovati così bene in viaggio che l'idea di tornare a casa li buttava giù. Avevano bisogno di stare un po' soli, ma la compagnia reciproca non arrecava loro nessun disturbo: avevano sempre condiviso tutto, non si erano separati nemmeno nel periodo di pausa dei System, si conoscevano talmente bene che sapevano quand'era il momento giusto per scherzare e quando per tacere.

E così fecero: restarono in silenzio, ognuno perso tra i suoi pensieri.

John ogni tanto sbirciava in direzione del suo amico e lo trovava con la testa contro lo schienale del divano, oppure che picchiettava con un piede a terra a ritmo di qualche canzone che aveva in testa. In certi momenti gli appariva tremendamente tenero, con le labbra leggermente schiuse e le dita delle mani che si torcevano tra loro, come a voler sottolineare una continua agitazione. Daron era sempre stato come un dolce fratellino da proteggere per lui; gli sarebbe mancato in quel periodo successivo al tour. Mentre si lasciava trasportare da quei pensieri, un genuino moto d'affetto lo colse: accennò un sorriso tra sé e sé e circondò le spalle dell'amico con un braccio, inspirando il leggero odore di marijuana che gli impregnava i vestiti.

Che c'è?” bofonchiò Daron. Quel gesto l'aveva sorpreso e si irrigidì leggermente. Sentiva il lieve e regolare respiro del batterista tra i capelli, che gli solleticava la nuca. Qualche brivido prese a correre lungo la sua schiena e d'improvviso una sensazione di disagio lo assalì. Non era la prima volta che lui e John si mostravano apertamente affetto, tra loro due era sempre andata così e non se n'erano mai vergognati, ma nell'ultimo periodo avvertiva una strana sensazione quando entrava così a stretto contatto con il corpo possente dell'amico.

Così prese ad agitarsi, tentando di divincolarsi discretamente dalla stretta. Si sentiva troppo bene stretto al corpo di John, sentiva che la situazione stava degenerando. Come mai, poi, il batterista stava divenendo così affettuoso con lui?

Mi fai caldo” inventò, rannicchiandosi su se stesso, come a difendersi da una possibile minaccia.

Non riusciva ad ammetterlo, ma quella sensazione di disagio e pericolo scaturiva proprio dalla sua mente.

Okay, scusa” si arrese l'altro. Forse aveva un po' esagerato e non se n'era reso conto, forse Daron voleva davvero essere lasciato in pace.

Trascorsero alcuni minuti in cui non si sfiorarono e non aprirono bocca, poi John prese a giocherellare distrattamente con una ciocca dei capelli di Daron. Quel giorno non riusciva a controllarsi: magari era colpa del drink, ma più probabilmente era la consapevolezza di non poter più rivedere il chitarrista per un lungo periodo; aveva voglia di coccolarlo, di sentirlo vicino, di inspirare il suo profumo. Ma che gli stava succedendo?

Il destinatario delle sue attenzioni, quando sentì le dita di John a pochi centimetri dalla pelle del suo collo, venne scosso da un profondo brivido. E si sentì nuovamente avvampare e mancare il fiato.

Uff, mi irrita che...”

Mi irrita che non riesco a starti vicino ed essere a mio agio come sempre.

Cosa, Daron?”

Niente, dicevo... mi dà fastidio quando giochi con i miei capelli” tentò di rimediare, utilizzando il tono più distaccato e piatto possibile.

John cominciò a preoccuparsi. Daron era davvero strano: in genere si gettava tra le sue braccia e lo tormentava, lui si fingeva infastidito ma in realtà ricambiava quei gesti. Proprio quel giorno, l'ultima sera del tour, le cose stavano andando in senso contrario.

E John ci rimaneva male, più di quanto avrebbe dovuto.

Daron sollevò improvvisamente lo sguardo, che aveva tenuto rivolto verso il pavimento, e incrociò quello dell'altro ragazzo. Vi lesse ancora quella malinconia, la stessa di quando era appena giunto nella stanza, mista a una dolcezza quasi paterna che poche volte aveva trovato in lui. Quell'espressione lo fece letteralmente sciogliere: si fiondò nuovamente tra le sue forti braccia, ridacchiando.

Ma non avevi caldo?” domandò John sorpreso. Tuttavia non esitò un attimo e ricambiò la stretta, affondando nuovamente le mani tra i capelli di Daron. Tutto ciò lo rendeva inspiegabilmente euforico, si sentiva a casa.

Mi mancherà il tour” ammise Daron in un sospiro, stringendosi ancora di più contro il petto ampio del batterista. Era percorso da una continua scarica elettrica lungo tutto il corpo, ma smise di porsi mille dubbi e domande: non riusciva più a staccarsi da lui, non voleva farlo, si sentiva protetto e incredibilmente amato.

Anche a me Daron, anche a me.” Gli accarezzò la schiena, quasi lo cullava. Dovette trattenersi dallo stampargli un bacio tra i capelli.

All'improvviso si bloccò, si irrigidì, lasciò cadere le mani sul tessuto leggero del divano. La situazione stava davvero degenerando, quelli non erano dei pensieri normali da rivolgere a un amico.

Daron si allarmò e si sollevò, raddrizzando la schiena. “Cos'è successo?” Istintivamente lanciò uno sguardo alla porta spalancata, timoroso di poter trovare qualcuno dei loro amici che vi faceva capolino. Ma il corridoio sul quale si affacciava era silenzioso, nessuno passava da quelle parti. Posò nuovamente i suoi grandi occhi scuri sul volto di John, scosso da una leggera agitazione. Un po' si vergognava a sostenere il suo sguardo, così profondo e intenso.

Niente, pensavo... forse... devo andare in bagno” farfugliò il batterista in difficoltà. Ma non accennò a muoversi: Daron era ancora addossato a lui, gli premeva le mani sulle gambe, faceva leva su di esse per poter tenere la testa alta e guardarlo in volto.

Oh” si limitò a proferire l'altro.

Poi tutto accadde d'improvviso. Daron chinò leggermente il capo e fece sì che le loro labbra si scontrassero.

Un calore sconosciuto si impossessò di John e lo portò a ricambiare automaticamente il gesto, come se fosse qualcosa di scontato e prevedibile. Tuttavia non osò intensificare il contatto, lasciò aderire le sue labbra a quelle di Daron con dolcezza. Voleva trasmettergli tutto l'affetto e la stima che provava per lui tramite quel bacio.

E ovviamente Daron colse tutto ciò, venne travolto da quella tenerezza che quasi lo portò alle lacrime. Aveva baciato tante ragazze, ma nessuna era riuscita a raccontargli tanta dedizione e tanto trasporto.

Fu proprio il chitarrista, di natura passionale e impetuoso, ad approfondire il bacio. Si abbandonò contro il corpo di John e ne assaporò il calore, l'odore, la dolcezza.

Lui di rimando lo strinse tra le sue braccia. Gli pareva di toccare il cielo con un dito, tutto ciò era troppo perfetto per essere vero. Solo allora si rendeva conto di quanto avesse desiderato quel bacio; tutti i pezzi del puzzle cominciavano ad andare al loro posto, ora capiva quella mancanza che provava quando Daron non era con lui.

Ora si spiegava anche l'esagerata tristezza per l'imminente ritorno a casa.

Durò qualche secondo, poi Daron si staccò di botto. Saltò in piedi e si guardò attorno con fare circospetto, poi rivolse a John un'occhiata carica di disapprovazione e rabbia. “Vaffanculo” sibilò.

Ehi” protestò debolmente John, ancora stordito da quanto era appena successo. Si sistemò meglio sul divano, mentre si accorgeva del vuoto che era stato lasciato da Daron accanto a sé. Già era insopportabile, desiderava solo riaverlo tra le braccia e lasciargli teneri baci sul viso.

Che cazzo...” iniziò a dire il chitarrista, muovendo qualche passo avanti e indietro per la stanza. Era paonazzo e nei suoi occhi imperversava la tempesta.

Poi, senza dire una parola, lasciò la stanza a passo di marcia.

John restò solo, in compagnia della sua confusione. Tentava di riordinare logicamente i pensieri, ma non ci riusciva.

Solo in quel momento si rese conto di cosa era effettivamente successo, dell'enorme errore che entrambi avevano commesso. Come avevano potuto oltrepassare il confine che aveva sempre delimitato la loro profonda amicizia?

E soprattutto, perché tutto ciò continuava a sembrargli la cosa più giusta e genuina al mondo?

Si prese la testa tra le mani e sospirò, sconsolato. Quel giorno, dopo tanto tempo, si ritrovò a combattere contro le lacrime.


L'indomani, quando arrivò il momento di separarsi, si salutarono appena. Strinsero gli altri in un abbraccio, ma quando si trovarono faccia a faccia non riuscirono a guardarsi negli occhi.

John abbozzò un sorriso, ma si sentiva morire e non proferì parola. Sentiva di aver sbagliato qualcosa, doveva essere per forza colpa sua: aveva cercato la vicinanza di Daron con troppa insistenza, si era mostrato troppo affettuoso con lui, come nessun amico sarebbe.

Daron tacque a sua volta e si mostrò del tutto indifferente e distaccato. Non gli importava se John stesse soffrendo, anzi, sperava di infierire ancor di più con quel suo atteggiamento. In cuor suo sapeva che il batterista non aveva nessuna colpa, era stato lui ad azzerare la distanza tra i loro volti, ma ora gli faceva comodo vederla così.

Ma durante il viaggio di ritorno verso Los Angeles non poté evitare in nessun modo i suoi pensieri.

La verità era che John gli mancava già, che si odiava per essersi comportato da stronzo e averlo lasciato senza nemmeno una parola. Tutto ciò lo spaventava, eppure – inutile negarlo – nulla era avvenuto contro la sua volontà.

La verità era che da troppo tempo, inconsciamente, reprimeva quei sentimenti nei confronti del suo amico. E avrebbe continuato a reprimerli, perché troppo complessi e spaventosi da affrontare.



♣ ♣ ♣



Ciao a tutti ^^

Non so veramente cosa mi sia preso, anzi, lo so perfettamente: da mesi e mesi macinavo questa storia, questa ship... non ci posso fare niente, la Jarohn mi manda fuori di testa, è l'unica coppia che riesco ad amare profondamente in questo fandom!

Lo so, il risultato finale è uno schifo completo, non sono per niente soddisfatta di ciò che ho fatto, ma abbiate pietà: io e le storie romantiche non andiamo d'accordo! Quindi chiedo il vostro aiuto: datemi dei consigli e delle dritte per migliorare in questo genere, voialtri che sarete sicuramente più esperti e bravi di me ^^

Ah... questa è anche la mia prima slash in assoluto, altro motivo per cui la storia è venuta male: è un completo esperimento XD

Grazie mille per essere passati ed essere giunti fin qui, vi adoro :3

Alla prossima!!! ♥


P.s: vi siete accorti che ho aggiornato di mercoledì? Non mi sono affatto dimenticata il WOAD ;)



   
 
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