Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: mononokehime    26/04/2018    1 recensioni
Talvolta ciò che ci rimane più impresso della realtà sono i dettagli che la compongono.
Questo è particolarmente vero per Carter Mason, accanita osservatrice del mondo che la circonda; proprio questa sua ossessione per i particolari la legherà indissolubilmente ad uno sconosciuto sulla metro, che farà di tutto per ritrovare.
DAL TESTO:
In quel momento la metro frenò bruscamente e Carter, non più appoggiata ad un sostegno, perse l'equilibrio sbilanciandosi all'indietro contro il corpo di una persona che la afferrò per il fianco sinistro, colta alla sprovvista.
Ancora frastornata, nel tentativo di recuperare l'equilibrio la ragazza abbassò lo sguardo sulla mano che la stringeva. Era una mano grande, giovane e maschile, le dita affusolate ma non per questo sottili.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Due occhi color ghiaccio scrutavano implacabili la figura di Carter, seduta a gambe incrociate sul proprio letto. Aveva appena finito di raccontare quello che era accaduto sulla metro, e sapeva che con il suo interlocutore non c’era bisogno di insistere troppo su quanto fosse importante per lei ritrovare quel misterioso ragazzo. La conosceva abbastanza per rendersene conto da solo.
«Trovo tutta questa storia molto entusiasmante, love, ma ti rendi conto che non sai nulla su di lui a parte la fermata a cui è sceso e una quantità di inutili dettagli sulla sua cazzo di mano sinistra?»
Carter sbuffò, scompigliandosi il cortissimo caschetto di capelli castani che le sfioravano a stento la mandibola. Sapeva perfettamente che il suo migliore amico aveva ragione a considerarla un’irrimediabile illusa, ma non poteva farci nulla. Erano passate circa due ore da quell’incontro – a patto che si potesse chiamare tale – ma la ragazza aveva ancora ogni singolo particolare accuratamente impresso nella memoria.
Louis la osservò per un altro paio di istanti, prima di abbassare la testa e sospirare in un misto di rassegnazione e divertimento. Lei lo guardò in tralice, pur sapendo di non potersela nemmeno prendere con lui, e tornò alla carica implacabile.
«So anche che è molto alto, spiccava su tutti gli altri passeggeri» tentò di portare acqua al proprio mulino, al che Louis roteò gli occhi. «Aveva i capelli castani, poco più chiari dei miei, molto lunghi e mossi. Gli scendevano sotto le spalle»
Si trattenne dal specificare ad alta voce il modo in cui rimbalzavano morbidamente contro la sua schiena ampia, particolare che aveva inspiegabilmente colto nonostante la semplice occhiata di sfuggita che era riuscita a rubargli.
«Questo sì che restringe il campo» commentò il ragazzo, con il solito sarcasmo pungente che lo contraddistingueva. «Siamo a Londra, love. Come speri di trovare un ragazzo basandoti su questa manciata di informazioni inutili? Sapessi almeno il suo nome…»
«Beh, non lo so il suo nome» sbuffò Carter, spazientita. «Bisognerà farsi bastare quello che abbiamo»
Louis alzò le mani, un sorrisetto provocatorio sulle labbra sottili.
«Non ti scaldare, love. Che avevi in mente?»
«Pensavo che forse, prendendo la metro tutti i giorni alla stessa ora, prima o poi potrei ritrovarlo» ipotizzò Carter, mordendosi l’interno di una guancia. «Magari ci abita, lì a Brent. Potrebbe essere sceso alla fermata di Neasden dopo una giornata di lavoro»
«Se abita dalle parti di Neasden mi dispiace per lui» malignò Louis con una smorfia. «Quella zona è orrenda, non ci vivrei nemmeno da senzatetto»
Carter serrò le labbra, indispettita. Si sentiva irrazionalmente punta nel vivo, toccata dalle parole taglienti di Louis come se fossero dirette a lei e non al suo misterioso sconosciuto.
«Comunque per il momento questa è l’unica strategia che mi è venuta in mente» tagliò corto, passandosi una mano tra i capelli. «Domani faccio gli stessi turni di oggi, quindi prenderò la metro alla stessa ora; spero di trovarlo lì»
Il suo amico sorrise e mosse qualche passo sul letto per poi sedersi accanto a lei, lasciandole un bacio sulla spalla.
«Vedi di fargli una foto, se lo trovi» le sussurrò all’orecchio, facendola ridere. «Sono maledettamente curioso di vedere questa bomba sexy che ti ha fatta sbarellare»
«Non esiste» protestò Carter, dandogli una leggera spallata. «Se fosse davvero una “bomba sexy” tu me lo ruberesti da sotto il naso senza pensarci nemmeno un secondo»
«Ma è ovvio, love» replicò lui con semplicità disarmante, alzando le spalle. «Sappiamo entrambi che ho sempre avuto più successo di te con i ragazzi»
La ragazza gli rifilò una cuscinata in pieno viso, ridacchiando, consapevole dentro di sé che il suo amico aveva perfettamente ragione. Louis aveva carisma e fascino, una simpatia elettrica ed accattivante ed una schiettezza innata; tutto questo, sommato ad un aspetto fisico decisamente notevole e per giunta sempre molto curato, gli aveva permesso di far girare la testa a parecchi ragazzi. Una volta era addirittura riuscito a sedurre un ragazzo eterosessuale, cosa di cui aveva continuato a vantarsi per mesi e mesi – e che ogni tanto saltava ancora fuori nei suoi discorsi con Carter.
«Ora che abbiamo organizzato per bene questa pagliacciata possiamo passare alle cose importanti» dichiarò Louis, afferrando il portatile dell’amica che gli lanciò un’occhiata esasperata. «A che episodio di Sense8 eravamo arrivati? Mi manca guardare il culo di marmo di Lito Rodriguez»
 
***
 
La sera successiva, una volta finito il suo turno di lavoro, Carter era insolitamente impaziente di salire sulla metro. Il Beatles Coffee Shop si trovava esattamente alla fermata di St. Johns Wood, perciò fu svelta ad arrivare alla banchina sotterranea e salire sulla metropolitana che arrivò pochi interminabili minuti dopo.
Iniziò subito a camminare lungo i vagoni del treno, guardandosi intorno per individuare il ragazzo misterioso, un labbro stretto tra i denti nel tentativo di scaricare almeno parte della tensione che le attanagliava lo stomaco.
Erano ormai ventiquattr’ore che fantasticava sull’aspetto dello sconosciuto, assemblando i dettagli che ricordava a particolari creati dalla propria fantasia in modo che vi si accostassero al meglio.
Immaginava un viso affascinante e spigoloso, con profondi occhi scuri ed una barba ben curata che valorizzasse i capelli lunghi. Doveva senz’altro essere una persona particolare e sofisticata ma senza essere snob, probabilmente gli piaceva il cinema di scuola hitchockiana e – Carter non aveva dubbi – era un gentiluomo d’altri tempi.
Questi erano i pensieri che vorticavano nella testa della ragazza mentre percorreva i vagoni della metro uno dopo l’altro, lanciando occhiate qua e là nel tentativo di ritrovare in qualche passeggero i tratti che ormai erano marchiati indelebilmente dentro di lei.
Era quasi arrivata Neasden, e del misterioso sconosciuto ancora non c’era traccia. Carter era sopraffatta da un senso di impellente delusione, ma il suo spirito ostinato le impediva di darsi per vinta. Man mano che la metro si avvicinava alla fermata il suo cuore martellava sempre più forte contro le costole, rimbombandole nelle orecchie coperte dalle cuffie silenziose.
Già, perché Carter era talmente concentrata nella sua ricerca che si era perfino dimenticata di avviare la musica. E probabilmente anche se l’avesse fatto non avrebbe sentito nemmeno una nota, tanto era preda dal vortice confuso dei propri pensieri.
La voce registrata annunciò l’arrivo alla fermata di Neasden, e la ragazza si sentì sudare freddo. Cercare il suo sconosciuto tra quella folla di passeggeri, per di più non conoscendone i tratti del viso, era un’impresa a dir poco disperata. Non sapeva nemmeno dove fosse salito, tantoché poteva essere entrato nella metro dopo di lei e magari in un vagone che aveva già perlustrato.
La metro iniziò a rallentare inesorabilmente, mentre le spoglie banchine della stazione le sfilavano davanti agli occhi. Carter non riusciva nemmeno più a muovere un passo; stringeva l’orlo del suo giubbotto nella mano destra, senza neppure sapere dove posare lo sguardo, con il fischio soffocato dei freni nelle orecchie.
Pochi secondi dopo la metro si fermò, aprendo le porte rosse e permettendo all’aria autunnale di farsi strada tra i corpi dei passeggeri fino ad entrare nelle narici della ragazza.
E poi, un attimo dopo, Carter era sulla banchina.
Il treno si rimise in moto, dopo aver accolto altre persone dentro di sé, e riprese la sua corsa sui binari perdendosi nella spoglia notte londinese, ma Carter non perse tempo a seguirlo con lo sguardo. I suoi occhi studiavano i pochi passeggeri scesi insieme a lei, fino a quando non si posarono su una figura allampanata che si stava avviando a passo svelto verso il sottopassaggio.
Era lui.
Avrebbe riconosciuto ovunque quelle spalle larghe, avvolte dal lungo cappotto nero che gli arrivava fino alle ginocchia, e quei capelli castani che vi rimbalzavano al ritmo dei suoi passi. Per alcuni secondi lo guardò allontanarsi, come cibandosi avidamente di ogni particolare che riusciva a distinguere nel buio spezzato solo dalle fioche luci dei lampioni, quindi si riscosse e lo seguì quasi correndo per non perderlo di vista.
Non riusciva neppure a sentirsi in colpa per il fatto di star pedinando un estraneo ignaro; era completamente assorbita nello studiare il ritmo della sua falcata, la linea degli stretti jeans neri, il suono che i suoi stivaletti bassi producevano sull’asfalto – si era anche tolta le cuffie per poterlo sentire meglio.
Il ragazzo procedeva spedito, e le sue gambe lunghe costringevano Carter a doversi muovere al doppio della propria velocità abituale per riuscire a stare al passo; eppure si sentiva emozionata come una bambina, mentre trotterellava furtivamente ad una decina di metri dal suo sconosciuto, il timore di essere scoperta che rendeva il tutto ancora più elettrizzante.
Dopo poco più di dieci minuti di cammino Carter si ritrovò nell’enorme parcheggio di un superstore Tesco Extra, e senza farsi troppe domande seguì il ragazzo che si diresse sicuro verso l’ingresso principale. Nonostante l’orario improbabile c’erano ancora diverse persone che andavano e venivano; il superstore era aperto anche di notte, il che spiegava quel discreto affollamento anche alle nove di sera – probabilmente si trattava di ritardatari che si fermavano a comprare qualcosa per la cena dopo essere tornati da lavoro.
Che anche il ragazzo sconosciuto dovesse fare acquisti?
Carter rischiò quasi di perderlo di vista, ma poi lo vide salire delle scale di servizio ed infilarsi dietro ad una porta bianca. Lei rimase un po’ stranita, in piedi poco oltre l’ingresso, senza ben sapere cosa fare; dopo un primo momento di indecisione si diresse verso la corsia più vicina fingendo di esaminare con interesse delle confezioni di cereali al cioccolato.
Passarono alcuni minuti, durante i quali Carter tentò di non dare nell’occhio pur gettando di tanto in tanto uno sguardo alla porta bianca; poi finalmente questa si aprì, e la ragazza poté vedere il viso del suo sconosciuto per la prima volta.
Era completamente diverso da come l’aveva immaginato; non aveva neppure un accenno di barba, e questo metteva in risalto la forma definita e tagliente della mandibola. Le labbra sottili avevano una forma così invitante che Carter si sentì le gambe vergognosamente molli mentre ne marchiava a fuoco l’immagine nella propria memoria. Il naso dritto accompagnava lo sguardo verso gli occhi affilati, resi più affascinanti dal taglio obliquo delle sopracciglia.
Era bello da togliere il fiato, e la ragazza si sentiva completamente disarmata dalla mole di dettagli che aveva colto e dagli innumerevoli altri che avrebbe voluto cogliere. L’avrebbe volentieri pregato di restare fermo davanti a lei mentre si prendeva il tempo per studiarlo, osservarlo, assorbirlo in ogni suo più insignificante particolare.
Lo sconosciuto, che aveva indossato una t-shirt blu come il resto dei dipendenti di Tesco, si legò i lunghi capelli in uno chignon approssimativo con un gesto noncurante e fluido che seccò impietosamente la bocca di Carter. La ragazza deglutì a vuoto e si rese conto di essere impalata fuori dalla corsia, con gli occhi inchiodati a lui e le mani che tormentavano l’orlo del giubbotto, e mentre lui scendeva le scale finse di nuovo di esaminare qualche articolo esposto accanto lì vicino.
Quando le passò accanto Carter chiuse istintivamente gli occhi, dilatando le narici per cogliere il suo profumo; era fresco, leggero ma presente, pulito ed irrimediabilmente accattivante. Dopo che l’ebbe oltrepassata lei sospirò in un misto di frustrazione e di vago rimpianto, quindi ripudiò i pochi frammenti di dignità che le erano rimasti e lo seguì senza farsi notare.
Nel frattempo lui aveva recuperato un alto carrello per merci carico di scatoloni ed aveva iniziato di buona lena a sistemare gli articoli che vi erano contenuti sugli scaffali. Carter lo guardava affascinata; le maniche corte della t-shirt che il ragazzo indossava le avevano permesso di notare la moltitudine di tatuaggi che gli decoravano il braccio sinistro. La distanza che era obbligata a mantenere da lui non le permetteva di osservarli come avrebbe voluto, ma si accontentava di soffermarsi sui muscoli delle sue braccia che si flettevano ed estendevano ogni volta che afferrava un articolo per poi appoggiarlo sullo scaffale.
Dovevano essere passati alcuni minuti, in cui Carter non si era nemmeno preoccupata di fingersi cliente; era talmente assorbita dal proprio limbo di osservazione che, quando i suoi occhi incontrarono quelli di lei, la ragazza se ne accorse solo dopo un paio di secondi.
Dio, erano così verdi.
«Ciao, posso aiutarti?»
Carter sbatté più volte le palpebre e deglutì a vuoto, completamente colta alla sprovvista. Non si aspettava certo che lui accorgesse di lei – ma d’altronde come avrebbe potuto non farlo, considerata la sua momentanea incapacità di passare inosservata? – e tantomeno che le rivolgesse la parola.
La sua voce era bassa e leggermente ruvida, il tono amichevole. Sulle labbra era disegnato un bel sorriso che bastò da solo a rimescolare lo stomaco di Carter, che in un primo momento non ebbe la minima idea di cosa rispondere.
«No, ecco, io… veramente…» balbettò, indicando con il pollice un punto a casaccio alle proprie spalle. Il ragazzo aggrottò appena le sopracciglia, senza però perdere il sorriso; sembrava quasi divertito dall’imbarazzo di Carter.
D’improvviso lei si sentì un disastro; divenne di colpo consapevole dei propri capelli più scompigliati del solito, del proprio giubbotto vecchio e scolorito, del viso struccato e dell’aria da idiota che doveva sicuramente avere stampata in faccia. Non arrossiva spesso, ma in quel momento si sentiva le guance andare a fuoco e desiderò solo che il pavimento del superstore la inghiottisse.
«Scusa, io non… lascia perdere» sbuffò Carter, imbarazzata fino al midollo, mentre il sorriso del ragazzo si allargava. Sulla sua guancia sinistra si era scavata una lunga fossetta che lo rendeva ancora più affascinante, se possibile.
Inviperita con se stessa per la pessima figura che aveva fatto, voltò le spalle e si incamminò quasi di corsa tra le corsie verso l’uscita di Tesco senza neppure guardare il suo sconosciuto un’ultima volta.
Le porte automatiche si aprirono e una ventata di aria fredda le sbatté impietosa in faccia, come a rimproverarla per essersene andata così, ma Carter non riusciva a scrollarsi di dosso la vergogna di aver rovinato in quel modo la propria ricerca. Si era fatta beccare come una stupida proprio da lui mentre lo fissava senza il minimo ritegno, e più ci pensava più avrebbe avuto voglia di mettersi ad urlare per la frustrazione.
La camminata rapida e nervosa fino alla stazione di Neasden la aiutò a scaricare almeno in parte il nervosismo che le accartocciava lo stomaco, e nella sua mente un po’ meno annebbiata dalla tensione si fece di nuovo strada il viso del suo misterioso sconosciuto.
Carter sospirò al ricordo dei suoi occhi, che l’avevano fissata con una tale spontanea intensità da lasciarla completamente inerme di fronte a lui; sospirò al ricordo delle sue labbra e del modo in cui si erano tese in un sorriso, e sospirò al ricordo della marcata fossetta sulla sua guancia sinistra.
Per quanto tentasse di rassegnarsi all’idea di aver stroncato sul nascere quell’ambiziosa illusione che si era creata da sola, non riusciva a lasciar andare l’immagine di lui. Era impressa indelebilmente sotto le sue palpebre, completa in tutta la sua abbagliante bellezza, e non accennava a voler sbiadire.
La ragazza si scompigliò i capelli sulla nuca mentre la metro le passava davanti sulla banchina e rallentava la propria corsa; quando le porte le si aprirono davanti salì sul vagone e si sedette su un sedile libero, infilandosi le cuffie e lasciando che i pensieri intrusivi si diluissero nella musica.
 
***
 
«Forse non hai proprio mandato tutto a puttane, love» ipotizzò Louis con la sua solita finezza, mentre si sistemava meglio sul letto di Carter. «Hai pur sempre detto che stava sorridendo, no?»
«Mi stava palesemente sfottendo, Lou» mugugnò lei, abbassandosi fino al mento il cappuccio della larga felpa bordeaux. «Anch’io l’avrei fatto, al posto suo. Mi mancava solo la bava alla bocca e poi sarei stata una perfetta stalker disperata»
Il ragazzo ridacchiò gettando la testa all’indietro, e da sotto il cappuccio Carter si morse il labbro inferiore per non scoppiare a ridere a sua volta.
«Voglio dire, non ti ha guardata sconvolto o qualcosa del genere» puntualizzò Louis, una volta smaltita l’ilarità. «Secondo me se gli avessi semplicemente detto che eri quella che gli si è spalmata addosso in metro ed eri lì perché sei ossessionata dalla sua mano sinistra si sarebbe fatto una risata e basta»
Carter strabuzzò gli occhi e si tolse il cappuccio dalla faccia, lanciando al suo migliore amico uno sguardo inorridito.
«Tu sei completamente fuori di testa, Louis William Tomlinson» boccheggiò, portandosi le ginocchia al petto. «Se l’avessi fatto lui avrebbe chiamato la sicurezza e mi avrebbe fatta sbattere fuori. Anzi, prima mi avrebbe chiesto i documenti e si sarebbe fatto fare un ordine restrittivo nei miei confronti»
Louis sogghignò, incrociando le gambe.
«Non so che avrei dato per assistere alla scena» sospirò con aria teatralmente estatica, guadagnandosi un pugno da parte di Carter. «Ouch, questo ha fatto male. Ma ricordati, love: un ragazzo apprezza sempre un’avance»
«Non c’è stata nessunissima avance» gemette lei, lasciando andare la testa all'indietro contro il muro. «Sono a malapena riuscita a farfugliare qualcosa prima di andarmene»
«Sei sempre stata un disastro in queste cose» commentò Louis melodrammatico, con una smorfia. «Se fossi stato al tuo posto ora quello sarebbe già nel mio letto»
«La vuoi finire?» sbottò Carter, a metà tra l’esasperato e il divertito. «Dio, sei impossibile. Da buon amico dovresti consolarmi e dirmi che andrà tutto bene, invece che affossarmi ancora di più»
«Ma io non sono un buon amico, love» puntualizzò lui, assumendo un’espressione strafottente. «Io sono il migliore»
«Ti odio, Tomlinson» sbuffò la ragazza con una risata, scuotendo la testa.
«Non ci credi nemmeno tu, Mason» replicò implacabile Louis, con il suo solito sorrisetto sulle labbra. Carter gli rivolse una linguaccia che lui non tardò a ricambiare, al che entrambi iniziarono a stuzzicarsi come due bambini.
La figuraccia di poche ore prima bruciava un po’ meno in lei, grazie all’aiuto di Louis. Quando era tornata a casa aveva subìto le urla preoccupate e nervose dei suoi genitori, a causa dell’ora abbondante di ritardo con cui era rincasata senza alcun avviso; Carter aveva semplicemente incassato a testa bassa, ammettendo placidamente le proprie colpe, e loro non avevano potuto che accettare le sue scuse.
Non capitava spesso che la ragazza si arrendesse senza combattere e difendere la propria posizione, perciò Ben e Frances Mason dovevano aver intuito che quella della loro figlia ormai ventiduenne non fosse una semplice bravata ma che dovesse invece nascondere qualcosa di più significativo per lei. Ecco perché non le avevano impedito di invitare Louis anche quella sera; sapevano bene come quel ragazzo fosse in grado di capirla e di rimetterla in sesto dopo una batosta, quindi avevano deciso di lasciare che anche quella volta fosse lui a rimettere insieme i pezzi della loro Carter.
«Perché non torni a trovarlo da Tesco, love?» domandò di punto in bianco Louis.
Erano distesi al buio sul letto di lei da una mezz’oretta, ormai, a guardare il soffitto in silenzio e a godere semplicemente della presenza confortante l’uno dell’altra.
«Neanche morta» replicò laconica Carter, aggrottando le sopracciglia. «Vuoi sul serio venirmi a trovare in neuropsichiatria? Perché è lì che mi rinchiuderanno se farò una cosa del genere»
«Non capisci proprio un cazzo» sbuffò lui, stropicciandosi gli occhi. «Sono più che sicuro che l’hai incuriosito, e che muore dalla voglia di sapere perché te ne sei andata di punto in bianco»
«Certo, come no» bofonchiò la ragazza, roteando gli occhi. «Lou, sa perfettamente che me ne sono andata perché mi vergognavo da morire per essermi fatta beccare a fissarlo»
Louis la ignorò completamente.
«Secondo te come si chiama?» le chiese con aria sognante, scuotendola per un braccio. «Da come me l’hai descritto mi immagino “Brandon”… oppure “Nathan”!»
Carter arricciò il naso, pensierosa.
«Non saprei, mi danno l’impressione di essere nomi adatti a ragazzi biondi» replicò, mordendosi poi l’interno di una guancia. «“Shane” e “Kevin” mi suonano già meglio»
«Per favore, non ti è ancora passata la fase Jonas Brothers?» la prese in giro Louis, guadagnandosi una gomitata nelle costole che lo fece tossire tra le risate. «Posso concederti “Theodore”, “Geoffrey” o “Ebenezer”»
Carter sghignazzò mentre tentava di associare quei nomi antiquati alla figura del suo sconosciuto e constatava quanto stridessero.
«Tu sei fuori di testa» ripeté, beccandosi una cuscinata in faccia che soffocò sia le parole che stava pronunciando sia le risate che seguirono.



Spazio autrice
Ciaaaao c:
Rileggere questa storia mi fa sempre un certo effetto, perché mi rivedo in Carter per parecchie cose. Ho voluto scrivere in terza persona per tentare di svincolarmi un po' di più da lei, di evitare di creare una mia fotocopia :') può essere un buon espediente, e ha fatto il suo dovere-- almeno per me hahah
Dunque, alla fine Carter ha ritrovato il suo bel ragazzo misterioso e l'ha stalkerato indegnamente... per poi farsi sgamare come una pirla :') Louis trova tutta la situazione piuttosto divertente, e personalmente lo adoro c: che succederà secondo voi? Fatemi sapere, ci si rivede giovedì ^^
Ringrazio immensamente chi ha dato una possibilità a Details aggiungendola tra le storie preferite (
MonicaX1974, Rita993 e _BradfordBadGirl_) e tra le seguite (Always_Hope e ancora
_BradfordBadGirl_) <3

Un abbraccio,
mononokehime

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: mononokehime