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Autore: nini superga    26/04/2018    2 recensioni
Durante una nevicata che ha dello straordinario, Ganadlaf giunge ad Isengard con una richiesta per Saruman: vuole che la giovane Annael, apprendista Istari presso la Torre di Orthanc, vada a Minas Tirith con lui. Il Grigio Pellegrino vuole portare la ragazza a Gondor per permetterle di approfondire certe ricerche infruttuose che sta svolgendo negli annali e nelle cronache di Isengard, riguardanti un certo Anello che tutti credono sparito ma che tutti comunque bramano… Cosa dirà Annael, strega incompleta? E chi o cosa troverà a Minas Tirith?
Non scrivo da anni, ma la passione per il mondo di Tolkien non si è affievolita, proprio come per i suoi personaggi!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Denethor, Faramir, Gandalf, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.IV.

 
 
         Il mio alloggio è nell’ala riservata agli ospiti.
Per raggiungerlo, Boromir mi fa rientrare nella sala del trono ormai in ombra e vuota, camminando però nella navata laterale di destra. Verso il fondo, si apre una porta in legno di quercia. Attraversatala, ci ritroviamo in una ampia corte rettangolare, circondata in tutto il suo perimetro da un porticato con volte a vela. Ogni campata è sorretta da graziose colonne nere, sormontate da un capitello scolpito a guisa di albero bianco e, tra una base e l’altra, c’è una panchina in pietra. Nella corte regna già l’ombra, e diversi servi si affrettano ad accendere fiaccole lungo tutto il percorso.
 << Odil! >> Chiama Boromir sporgendosi dal colonnato, facendo rallentare tutti i servi nel cortile. Una ragazza cede la sua fiaccola ad un’altra serva e si avvicina con fare serio e interrogativo. E’ giovane, coi capelli raccolti sotto un velo che ne cela persino l’attaccatura, e porta una veste nera con un grembiule bianco allacciato in vita.
 << Comandi, mio signore >>, dice sommessamente inchinandosi, osservandomi però di sottecchi.
<< Voglio che conduci la nostra ospite all’appartamento che ho fatto approntare per lei. Da oggi in poi, sarai la sua cameriera personale. >>
<< Ma a me non serve una cameriera! >> Esclamo, colta alla sprovvista. Che novità era questa?? Odil mi guarda apertamente ora, gli occhi chiari sgranati dalla sorpresa.
<< Non fraintendermi, ma io me la sono sempre cavata da sola fino ad ora, non ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me … >> Le spiego, temendo di averla ferita.
Lo sguardo di Odil guizza tra me e Boromir, disorientata.
<< Ma per me è un onore servire voi, mia signora! >> Esclama, evidentemente a disagio, << Servire la casa dei Sovrintendenti era il lavoro di mia madre, e di mia nonna ancora prima di lei, quindi per me sarebbe un disonore non adempiere a un comando del mio signore. >>
<< Accettate, mia signora >>, suggerisce Boromir con un sorriso ironico, << O non avrete pace per il vostro soggiorno a Gondor. Odil è una brava ragazza, sono certo non vi farà mancare niente. >>
Sospiro, facendo spallucce. << E sia, allora. >>
Gli occhi di Odil si illuminano e l’attività nel cortile, interrotta dal nostro discorso, sembra riprendere. << Sarò la cosa migliore che vi sia capitata a Gondor, mia signora Annael! >> Dice la giovane, facendo piccoli inchini e sorridendo. In queste vesti, sembra molto giovane, una ragazzina. Mi trovo a sorridere, contagiata dal suo entusiasmo.
<< Va bene, va bene, ora però conduci la tua nuova padrona ai suoi appartamenti. >> Con mia sorpresa, Boromir mi prende una mano e la bacia. Una scarica elettrica si propaga per tutto il mio corpo quando la sua barba sfiora appena la pelle delicata, facendomi annaspare. Ma che mi sta succedendo?!
<< Non vedo l’ora di rivedervi a cena >>, mi sussurra, tenendomi la mano qualche attimo più del dovuto, << Sono contento che siate rimasta qui. >>
Poi mi lascia andare, fa un inchino profondo e mi da le spalle, sparendo di nuovo nella sala del trono.
Io resto lì, ferma, a fissare il vuoto dove un attimo prima c’era lui.
<< Mia signora? >> Mi richiama Odil, facendomi riportare l’attenzione su di lei. I suoi occhi non guardano me, ma la pietra alla sommità del mio bastone, che brilla leggermente nell’oscurità del cortile. Mi schiarisco la gola, imbarazzata, accennando alla mia nuova compagna di mostrarmi la via.
Sperando che l’oscurità mi porti consiglio, ci addentriamo nella reggia in silenzio.
 
         Odil si ferma in un corridoio che termina con una bifora priva di vetri che da su un altro cortile del palazzo, un piccolo giardino con alberi da frutto e un pozzo. La mia stanza è proprio lì e Odil mi spalanca la porta in legno scuro.
La camera è piccola, dominata dal grande letto a baldacchino che sta alla sinistra della porta. Dall’altra parte del letto, sotto una finestra decorata con vetri colorati, vi è  uno scrittoio in noce con tutto l’occorrente per scrivere. Entro nella stanza, vedendo che ai piedi del letto c’è un piccolo giaciglio ben fatto. Una cassapanca è addossata alla parete di destra, su di essa ci sono una brocca e un catino. In fondo alla stanza, davanti a un caminetto in marmo, ci sono una coppia di sedie intarsiate e un tavolino basso con un vaso colmo di fiori.
<< Spero che la stanza sia di vostro gradimento, mia signora. >> Chiede Odil, chiudendosi la porta alle spalle.
Mi volto verso di lei, sorridendo. << Mai avuta stanza più bella, grazie. Ma ti devo chiedere un favore. >>
La ragazza si inchina, compita.<< Comandi, mia signora. >>
<< Niente signora per me, chiamami solo Annael. >>
La sorpresa si dipinge negli occhi della ragazza, che sta per iniziare a ribattere.
Le prendo una mano, stringendola un poco.
<< Se vuoi servirmi devi stare alle mie regole, Odil. Mi chiamerai solo Annael, è chiaro? >>
La ragazza si trova in imbarazzo, ma annuisce. << Si, mia … Annael. >>
La lascio andare, annuendo a mia volta. Mi guardo ancora attorno, sedendomi poi su una delle sedie davanti al caminetto. Invito Odil a sedersi davanti a me, e la ragazza si avvicina con aria imbarazzata.
<< Dunque, raccontami un po’ >>, inizio, << Quali sarebbero i tuoi compiti nei miei confronti? >>
Odil si stringe nelle spalle, insicura. << Beh, immagino che dovrei occuparmi di tutto ciò che vi riguarda. >>
<< Per esempio? >>
Odil si imbarazza sempre di più. << Veramente, nemmeno io so di cosa ha bisogno una signora come voi … >>
Mi metto a ridere, divertita. << Iniziamo bene, direi! >> Mi guardo attorno, cercando qualcosa da chiederle. << Quel giaciglio ai piedi del letto, per esempio: è il tuo? >>
<< Si. Ogni buona dama di compagnia deve dormire assieme alla propria signora. E’ la regola. >>
<< E non hai nessuno che ti aspetta a casa? >>
Odil si torce le mani, non sapendo bene cosa dirmi. << Ecco, io… >> inizia, a voce bassa e indecisa.
<< Senza paura, Odil, parla in libertà >>, la rincuoro, invitandola a proseguire.
Odil annuisce e fa un profondo respiro. << Mia madre mi aspetta a casa, sig- Annael. Sapete, prima di me era lei a portare a casa la pagnotta… >>
Dopo questa affermazione, Odil non si ferma più: mi racconta di sua madre, una serva di palazzo come tante altre, con un marito anche lui di servizio a corte e una famiglia umile ma felice; di come suo fratello minore sia paggio del principe Boromir e di come l’altro, il maggiore, sia invece morto in una sortita degli orchi, cinque mesi prima; di come sua madre si sia ammalata dopo questo evento, costringendola ad abbandonare il lavoro di cuoca per restare a casa e passare il suo posto a Odil.
<< E questo è quanto >>, conclude la ragazza con gli occhi lucidi ma la voce più sicura, << Questa è la mia vita fino al vostro arrivo. >>
Annuisco, facendola alzare in piedi. Le prendo le mani e le indico il suo letto.
<< Prima di tutto, non voglio assolutamente che tu resti a dormire qui, Odil. Domattina, disferai questo giaciglio. >>
<< Ma… >>
<< Niente ma, fanciulla. Farai quello che ti dico. Non ti voglio qui, sapendo che hai una madre malata da accudire a casa, hai capito? Anzi, voglio che lo disfi adesso. >>
Odil si trova costretta a scuotere il capo. << Ma il principe Boromir ha detto… >>
<< Se il principe Boromir avrà qualcosa da dire >>, la interrompo, << Dovrà vedersela con me, va bene? >>
Le lascio andare le mani e vado alla cassapanca.
Verso dell’acqua nel catino per poi rimboccarmi le maniche e fissarla con un sorriso.
<< D’altro canto, sei al mio servizio adesso, giusto? >>
 
 
    Odil mi aiuta a sistemare le mie poche cose.
E’ in silenzio, ora, ma è notevolmente più serena. Credo sia contenta di essere al mio servizio, almeno per ora.
<< Mi hai detto che tuo fratello minore è al servizio del principe Boromir >>, inizio in maniera indifferente, << Mi sai dire che tipo è il principe? >>
Odil inarca un sopracciglio, continuando a disfare il suo piccolo letto.
 << Ho visto come vi guarda, mia… >> Scuote la testa, interrompendosi da sola, << Vi guarda come fa con tutte le donne di Minas Tirith. >>
<< E cioè? >>
Odil mi guarda in faccia ora. << Come un bocconcino nel piatto, ecco come. >>
La metafora mi fa arrossire, facendo ridacchiare Odil.
<< Il Capitano della Torre Bianca ha tutto ciò che una donna può desiderare: è forte, bello e coraggioso >> inizia la ragazza, piegando le coperte. << E’ venerato dai suoi uomini, che farebbero qualsiasi cosa per lui in battaglia. E’ il primo a lanciarsi nella mischia e l’ultimo ad abbandonare il campo. E’ stato lui, a dire a nostra madre che mio fratello era morto … >> I suoi gesti si fanno più lenti, ma è solo un attimo. << Comunque, è ben conscio del suo fascino. >>
<< In che senso? >>
Odil fa una breve risata, un trillo nella stanza chiusa. << Beh, voci dicono che sia stato con tutte le locandiere della città, e vi assicuro che non sono poche, ma che non abbia intenzione di prendere moglie fino alla fine della Guerra. >>
Mi trovo costretta a sorridere a mia volta. << Allora, potrebbe non sposarsi mai, il vostro Capitano. >>
<< Esattamente quello che si vocifera! Ma non ascolta nessuno, nemmeno suo padre, e prosegue con la sua vita fatta di sangue e amoreggiamenti senza futuro … >>
Un bel tipo, mi dico, sciacquandomi il viso.
Proprio in quel momento, suona la campana della cena.
 
 
     Odil ha insistito per intrecciarmi i capelli, infilando alla base della treccia una rosa dal vaso della camera.
Percorriamo a ritroso il corridoio del palazzo, fino alla corte e alla porta in quercia. Odil mi fa strada nella sala del trono buia, conducendomi ad un’altra porta di quercia, parallela all’altra nella navata di fronte. Con un cenno, apre il battente e mi invita ad entrare: un fascio di luce mi investe, mentre varco la soglia di una sontuosa sala decorata in argento e marmo nero. Una tavolata è posta al centro, con cinque posti apparecchiati con così tanti piatti e bicchieri che non so da dove iniziare. Ci sono vassoi con ogni tipo di frutta e verdura, anche mai vista, e caraffe di vino in argento cesellate da mastri orafi.
<< Benvenuta! >> Una voce mi fa alzare lo sguardo dalla tavola al camino, enorme, che giace in fondo alla sala. Là, c’è Faramir appoggiato alla mensola in marmo, che mi fa cenno di avvicinarmi.
Sono stata così incantata da suo fratello da non aver ben guardato e considerato questo giovane uomo, taciturno ma espressivo. Faramir ha cambiato l’abito: smesse le vesti di guerriero, indossa tunica e pantaloni neri.
Mi sorride, porgendomi un piatto con all’interno degli acini d’uva.
<< Volete favorire, mia signora? Questa viene dai nostri vigneti sul mare, a Dol Amroth. >>
Ne prendo uno, lasciandomelo sciogliere in bocca. << E’ squisito! >>
<< E assaggerete il vino, quello è anche meglio! >> Faramir appoggia il piatto sulla mensola del camino, scrutandomi ancora. << Niente che proviene dalle benedette lande di Dol Amroth ha mai raggiunto la vostra casa? >>
<< Isengard? >> Quanto mi sembra lontana, la mia casa … << Non credo che Saruman abbia mai avuto niente dai reami del Sud. Non è un uomo che si concede molti piaceri. >>
<< Tranne quello della vostra compagnia, è chiaro >> ribadisce lui, sornione. Noto che mi osserva meglio, ora. << Mia signora, raccontatemi di Isengard: com’è vivere nella più grande fortezza della Terra di Mezzo? >>
Mi stringo nelle spalle, senza sapere bene cosa rispondere. << E’… sicuro? >>
Faramir scoppia a ridere, divertito. << Beh, questo potevo immaginarmelo! No, quello che intendo io è riferito alla quantità di sapere presente in un solo luogo. >>
<< Vi riferite alle biblioteche, suppongo. >>
<< Esattamente, e a tutto quello che il vostro maestro deve avervi insegnato con lunghe chiacchierate …  >> Si sporge in avanti, fissandomi negli occhi. << Come è, condividere il tetto con un simile saggio? >> Distolgo lo sguardo, sentendomi avvampare: perché questi principi hanno questo effetto su di me? Non ho mai provato niente di simile in vita mia! Veramente non hai mai provato niente in vita tua, mi sussurra una vocina nella testa.
<< Saruman è sicuramente l’uomo più erudito della Terra di Mezzo, questo è lampante >>, constato, fissando con attenzione il fregio del caminetto, << E vivere sotto lo stesso tetto con lui è una benedizione. Mi ha insegnato tutto quello che c’è da sapere sulla Terra di Mezzo e su quali siano i miei compiti qui. Quella che mi manca, ora, è l’esperienza sul campo. >>
<< E non c’è campo migliore di Gondor per fare esperienza, mia signora! >>
La voce di Denethor fa girare entrambi verso l’entrata della sala. << Solo in questo benedetto paese si può fare esperienza sia della guerra che della pace, e del meglio o del peggio che esse possono dare. >>
Il Sovrintendente veste ancora di nero, ma le sue vesti sono impreziosite da gioielli in oro bianco. Sembra meno ingobbito rispetto al pomeriggio, e risplende della luce che emana la donna al suo fianco.
Morwiniel è incantevole, lo capisco persino io: il corpo è fasciato da un abito color vinaccia, talmente scollato da mostrare quasi interamente i seni, coperti da un velo nero; i capelli sono sciolti sulle spalle, distesi in onde voluttuose su tutto il corpo; porta pesanti monili d’argento al collo e alle orecchie, e noto che mi lancia occhiate di evidente disprezzo.
<< Oltre alla guerra e alla pace, aggiungerei che a Gondor si può imparare anche un po’ di buon gusto e di buona educazione >>, sostiene la donna avvicinandosi. << Mia cara, non avete portato nemmeno un cambio d’abito per l’occasione? >>
Quindi, penso, è qui che vuole andare a parare!
Ridacchio, pensando a quanto sia stupido un simile commento. << Mia signora, io sono una studiosa, e vi assicuro che a Isengard ci sono ben poche occasioni mondane in cui sfoggiare abiti così. >> Le lancio lo sguardo più eloquente che mi riesce, per poi sorriderle. << Ma dato che la mia esperienza inizia adesso, credo che mi munirò presto di un abito decoroso per ogni occasione. >>
<< Allora domattina manderò Odil al mercato, a prendere le stoffe più preziose per voi. >> La voce calda di Boromir squilla nella camera, concentrando l’attenzione su di lui, che è appena entrato. Smessa l’armatura, veste di nero come il fratello. Ha ancora i capelli umidi, e il suo profumo di pulito mi solletica le narici.
<< Preziose non mi servono, basta che siano di buona fattura e pratiche >>, ribadisco con un sorriso impacciato.
Boromir si avvicina al gruppo, inchinandosi davanti al padre che annuisce e ci invita a sederci a tavola.
Denethor si siede a capotavola e mi viene indicato di sedermi alla sua sinistra, un posto d’onore, mentre alla sua destra con mia sorpresa siede Morwiniel. Boromir intercetta il mio sguardo stupito, facendomi capire quanto non gli piaccia quella situazione: quel posto appartiene a lui, e a lui soltanto.
Faramir è dello stesso avviso e tamburella nervosamente le dita sul tavolo, interrompendo il silenzio che è venuto a crearsi nella sala.
Mentre un servo versa del vino, Morwiniel inizia a parlare. << Se ho ben capito, mia signora Annael, voi venite da Isengard. Dico bene? >>
Annuisco, sorseggiando il nettare di uva.
<< L’eco della saggezza che proviene da questo luogo è giunto fino al mio popolo, dove una leggenda narra che proprio a Isengard vi sia una fonte del sapere a cui tutti possono attingere come acqua. E’ vero? >>
<< Credo che la fonte sia una metafora per indicare il mio maestro, Saruman il Bianco, ma credetemi: apprendere il Sapere non è alla portata di tutti. Ci vogliono anni di dedizione, diventa quasi una missione che pochi riescono a iniziare, per non parlare di concludere: non si può mai smettere di studiare. >>
<< Quindi, voi vi sentite un’eletta, immagino. Al di sopra di tutti noi. >> Afferma la donna, mentre ci viene servita della carne arrosto.
<< No, sono solo di una razza diversa da voi, tutto qua, nata per studiare e portare consiglio. >>
<< Una razza diversa, ma comunque molto simile a noi >> ribadisce Boromir, guardandomi bene in faccia, << Se vi guardo adesso, vedo il bel viso di una qualsiasi fanciulla della mia città, non quello di qualcosa di diverso da me. >>
Peccato che questa fanciulla abbia sessant’anni, penso tra me e me, assaggiando la carne.
 << Non è tanto la forma, ma il contenuto ad essere diverso >>, conclude Faramir con aria filosofica, per poi farmi l’occhiolino. << Non ho forse ragione? >>
<< Non avrei saputo esprimere meglio il concetto, mio signore. >>
 
Cala di nuovo il silenzio, interrotto solo dal tintinnio delle posate.
<< Vi piace la vostra stanza? >> Chiede Morwiniel cambiando argomento.
<< Mai avuta una più bella. >>
<< Immagino apprezziate la vicinanza alla biblioteca, dato che siete una studiosa. >>
Inarco un sopracciglio, stupita da quell’enfasi. << Ovviamente l’apprezzo, certo. >>
<< Ed esattamente, cosa cercate nelle pieghe del tempo di Gondor? >>
Attenzione, mi dico, pondera bene le risposte.
Sospiro, affranta. << Devo essere sincera, con voi tutti. Io non so esattamente cosa cercare. >>
Denethor alza un sopracciglio, stupito. << Quindi, tu sei venuta fin qui da Isengard per muoverti alla cieca nella mia biblioteca? >>
<< Non esattamente… >> Mi stringo nelle spalle, sorseggiando altro vino, << Ho una traccia da seguire. Flebile, fredda, insicura, ma pur sempre una traccia. >>
Morwiniel si sporge in avanti, fissandomi con occhi magnetici. << E di più non si può sapere? >> Sembra quasi che con quegli occhi voglia ipnotizzarmi.
Scuoto la testa, reggendo il suo sguardo. << Meglio non parlare di qualcosa che non so nemmeno se esiste. >>
Mi sporgo a mia volta, passando il dito sul filo del calice.
<< Cambiando argomento, mia signora: parlatemi un po’ della vostra gente. >>
Morwiniel sbatte le palpebre, evidentemente confusa. << La mia gente? >>
<< Certo, i Kurai. Oggi mi avete detto che con letizia mi avreste dato informazioni sul vostro popolo e credevo che questo momento di convivio potrebbe essere perfetto, per iniziare. Non credete? >>
 
     Cala di nuovo il silenzio in sala, mentre i servi sparecchiano per poi portare il dolce, quella che sembra una deliziosa crostata al limone.
Prima ancora di prendere la forchetta in mano, Denethor si alza in piedi con aria ispirata.
<< Mie signore, figli miei >>, inizia con aria seria, prendendo il calice per lo stelo. << Da molto tempo la mia mensa non sentiva voci femminili, e le mie orecchie si sono beate del suono delle vostre voci nonostante la gravità degli argomenti trattati. Nonostante la tempesta incomba, nonostante la paura sia tanta, voi donne riuscite sempre a portare la luce nelle vite degli uomini. >>
Si rivolge a Morwiniel, invitandola ad alzarsi in piedi.
 << E tu, mia signora, sei colei che per la prima volta dopo lungo tempo ha rischiarato le tenebre della mia anima, portando un nuovo sole e facendo sbocciare il seme della speranza in me. >> 
Le prende la mano, sorridendole con calore. Anche lei sorride, felice, e stringe la presa con sicurezza. << Troppo a lungo ho aspettato questo momento, ma la felicità è tornata anche per me, e porta il tuo nome, Morwiniel. >>
Sento l’aria caricarsi di tensione, mentre Denethor ci guarda tutti e tre con occhi raggianti. << Io prenderò in sposa Morwiniel del regno Kurai, per sancire l’alleanza fra i nostri due popoli. >>
 
Faramir si alza di scatto, facendo cadere la sedia indietro per la foga.
Non si volta nemmeno quando suo padre lo richiama, ed esce dalla stanza a passo sostenuto e sbattendo la porta.
Io sono impietrita, mentre guardo il calice che si è rovesciato sulla tovaglia, con il vino rosso che impregna la tovaglia bianca come sangue.
<< Faramir! Torna subito qui! >> Urla Denethor, mentre la porta di quercia sbatte contro lo stipite.
Denethor sbatte il pugno sulla tavola, infuriato.
<< Vado a parlarci io >>, mormora Morwiniel, iniziando ad andare verso la porta.
Un altro rumore mi fa trasalire, trovandomi impreparata: è Boromir, che ha conficcato il coltello da carne nel tavolo di legno. Un gesto barbaro, ma efficace per attirare l’attenzione.
<< Non andrai da nessuna parte, finché non avrò delle spiegazioni da entrambi. >>
Lo osservo, spaventata: pallido, ha la mascella contratta e gli occhi infuocati.
Fissa suo padre, alzandosi lentamente in piedi. << Da quando vi è venuto in mente di risposarvi, padre? >>
Denethor lo squadra, senza farsi impressionare. << Da quando tu hai deciso di non farlo, mi sembra chiaro. >>
<< Non vi è alcun motivo per sposarsi, mio signore, lo sapete … >> Estrae il coltello dalla tavola, inferocito, << … Ma avrei gradito comunque saperlo per tempo, non ora, non così! >>
<< Temi forse di essere soppiantato nel cuore di tuo padre? >> Domanda Morwiniel a brucia pelo, << O è per la tua successione in caso di un erede? >>
Una vena pulsa sulla tempia di Boromir. Vedo che vorrebbe lanciarsi su quella donna e farla a pezzi, ma abbandona il coltello sul tavolo e, compostamente, si avvia all’uscita della stanza.
<< Dove credi di andare? Non abbiamo ancora finito! >> Gli urla contro suo padre.
<< Credi che io abbia bisogno della tua benedizione per fare ciò che è giusto fare? Se tu non prenderai le tue responsabilità, sarò io a prendermi questo fardello e a sancire un’alleanza con questo popolo tanto forte quanto fedele! >> Boromir è fermo in mezzo alla stanza, lo ascolta a testa alta e in silenzio. <tu dovresti essere a capo, non io! Ma tu niente, continui ad essere sordo a questi richiami! >> Lo guarda con aria sprezzante, ora, quasi di commiserazione. << Credevo di aver di fronte un uomo vero, in grado di compiere scelte anche difficili e amare per il bene del proprio popolo. Invece ho davanti un ragazzo viziato, che vuole fare solo quello che gli piace e nient’altro. >>
Sospira con aria teatrale, per poi tornare a sedersi e impugnare la forchetta.
<< Stare troppo con tuo fratello ti ha rammollito. >>
Conclude così, iniziando a mangiare il dolce, mentre Boromir abbandona la sala.
Dopo questa affermazione, mi alzo e decido di andarmene anche io: le mie orecchie hanno ascoltato a sufficienza.
 
 
Mi ritrovo da sola per i corridoi del palazzo.
Odil non c’è, l’ho congedata prima di cena, e Boromir si è volatilizzato nell’oscurità. Non che bramassi la sua compagnia, non dopo averlo visto così furente: le affermazioni di suo padre sono state pesanti per me, figuriamoci per lui! La situazione ha preso una piega dannatamente inaspettata, con questa storia del matrimonio… cosa ne penserebbe Olorin? Che cosa farebbe?
Sospiro, svoltando a memoria nei corridoi silenziosi, preoccupata e perplessa.
Qual è il mio ruolo in questa faccenda? Come devo comportarmi?
Per l’ennesima volta, rimpiango di non essere rimasto a Isengard, tra i miei monotoni libri, a studiare. Almeno, il passato non cambia.
Scuoto la testa, guardandomi attorno: questa non è la via per la mia camera!
Ci manca anche che mi perdo, mi dico sconfortata, ritornando sui miei passi.
All’improvviso, sento delle voci flebili. Seguo il suono, magari a loro posso chiedere come si raggiunge l’ala degli ospiti, e mi avvio per un altro corridoio, seguendo curve e angoli.
Con mia sorpresa, in fondo ad un corridoio che termina in un porticato, vedo il frutteto col pozzo ammirato dalla mia camera. Non ci sono fiaccole, ma la luna è quasi piena e illumina il cortile così bene da permettermi di distinguere due figure, sedute sul bordo del pozzo.
Mi sto per fare avanti, quando una delle due figura sbotta a mezza voce e mi blocca.
<< E’ una puttana, te lo dico io. >>
Una risata divertita arriva dalla penombra.
<< A chiamarla così, Boromir, offendi tutte le nobildonne di professione. >>
<< Maledizione, Faramir! Non cominciare anche tu! Lo sai cosa intendo! >>
Mi ritiro nell’ombra, sorpresa: non immaginavo di trovarli qui! Ormai ho capito dove mi trovo, non ho più bisogno di chiedere informazioni, ma cosa direbbero se mi facessi avanti adesso?
Faramir sospira, alzandosi in piedi. << Una meretrice è capace di derubarti aprendo le gambe. Morwiniel non è tanto diversa: aprendo le gambe, ci sta derubando di nostro padre. >>
<< E del nostro regno. >> Boromir si alza a sua volta, girandosi proprio nella mia direzione, il bel viso preoccupato. << Non mi piace questa situazione, non mi è mai piaciuta dall’inizio. Questi fanti venuti dall’Est cingono Osgiliath come in assedio, pronti a spiccare il balzo per prenderne possesso. >>
<< Questo l’ha detto anche Mithrandir, oggi. Sembrava molto in ansia per questa faccenda. >>
<< Se fosse stato davvero preoccupato si sarebbe fermato, ecco cosa ne penso io! >> Sbotta Boromir, di malumore. << E forse lui avrebbe saputo portare a più miti consigli nostro padre … e poi, perché mai mi dovrei sposare, dico io? E perché lui si dovrebbe risposare? >>
Rumore di pacca sulle spalle e una risatina senza allegria. << Devi portare avanti la schiatta, fratellone: solo il meglio del meglio, per la stirpe dei Sovrintendenti! E se non lo farai tu, ci penserà lui a mandare avanti la stirpe. >>
<< Si, creando un meticcio con una meretrice, infangando il nostro casato! >> Boromir sbuffa, prendendosi la testa fra le mani. << Non so davvero come muovermi, mi sento intrappolato tra l’amore che provo per nostro padre e la voglia di ucciderlo con le mie mani per questa decisione! >>
<< Risparmia l’istinto omicida per Morwiniel, piuttosto >>, commenta Faramir a mezza voce, serio. << E tieni pronti i tuoi uomini. Domani pomeriggio parto per l’Ithilien, dove avviserò i miei secondi di stare in guardia: nessuno può più dormire sonni tranquilli a Gondor, non finché questi Kurai sono sulla nostra terra. Con quella strega a palazzo, la tua presenza qui è più che necessaria. >>
Finalmente, fanno silenzio, e il vento fruscia nel frutteto. Mi sento così in colpa per avere origliato, ma c’è anche un piacere segreto, una curiosità intensa che mi brucia. Queste passioni, questi sentimenti, sono così umani … non ho mai provato niente di simile in tutta la mia vita.
<< E a proposito di streghe! >> Esclama Faramir ad un tratto, cambiando tono e argomento. << Cosa ne dici della nostra nuova consigliera? >>
Lo stomaco mi si stringe, improvvisamente teso: parlano di me!
Boromir ridacchia, sedendosi di nuovo accanto a suo fratello. << Sembra interessante, con quell’aria da saputella, ma ha troppa fede nella sua conoscenza e nei libri, secondo me. >>
<< Però ti diverti a farla arrossire, vedo! >>
<< Come posso non notare una bella ragazza? Sarebbe come chiedere al sole di non sorgere al mattino! >> Assesta uno scappellotto al fratello, alzandosi e stiracchiandosi rumorosamente. << E’ una ragazza come tante, solo che questa sa leggere e scrivere, mentre le mie locandiere sanno solo fare di conto. >>
Faramir si alza a sua volta, ridacchiando. << Solo quello, sanno fare? Ah, se lo sapesse la bionda della terza cerchia che la pensi così … chissà quanti conti avete fatto assieme, voi due! >>
Boromir assesta un pugno al braccio del fratello, mentre iniziano ad andarsene.
Grazie ai Valar, non vengono dalla mia parte, troppo scioccata anche solo per nascondermi.

Una ragazza come tante.
Quando sono sicura di essere sola, mi avvio verso la mia camera.
Una ragazza come tante, solo che questa sa leggere e scrivere.
Non so nemmeno io se mettermi a ridere o a piangere, per questa descrizione così spietata e riduttiva.
Dunque, è così che mi vede.
Ha detto che sono una bella ragazza, certo, ma che sono come tante…
<< Perché mi importa così tanto del suo giudizio? >> mormoro, chiudendomi la porta alle spalle.
Appoggio il bastone sulla cassapanca, sedendomi poi sul letto, inebetita.
Perché mi brucia così tanto questo commento?
Perché?
Mi addormento chiedendomelo.
 
 
 
 
 
DIF:
Ma Dol Amroth può essere paragonata alla Franciacorta bresciana? Speriamo di si, dai, mi piglio la licenza poetica!
Ciao a tutte, sono tornata! Questo chappi è luuuuuunghissimo, chissà se riuscirete ad arrivare alla fine! Mi ci è voluto un mese per scriverlo, ma alla fine ce l’ho fatta!yuppi!
Spero ci siano abbastanza colpi di scena da far capire il motivo di tanta lungaggine e da soddisfare i vostri palati raffinati, miei cari lettori…
A breve (?) un nuovo chappi!
  
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