Departures and escapes
"Hai sentito il lupo che ulula alla luna blu?"
Sansa
Quella notte Sansa non
riuscì a
prendere sonno. Continuava a rigirarsi nel letto, tentando di
convincersi di
dover solamente trovare la posizione giusta. Non aveva il coraggio di
spegnere
la candela che fievole ardeva ancora sul suo comodino, troppo
spaventata
dall’angoscia che avrebbe potuto assalirla.
Va tutto bene.
Si girò sul fianco destro.
Sono al
sicuro. Scivolò sul fianco sinistro.
Jon tornerà
presto… Si distese sul dorso.
La mattina successiva
tutti si
aspettavano che da vera lady di Grande Inverno Sansa salutasse il Re
del Nord
con distacco e cortesia, evitando scene lacrimose e imbarazzanti. Tutti che
si aspettano qualcosa da me, pensò intenta a fissare il soffitto, ma io non
posso fidarmi di loro.
Sansa non si illudeva:
quei lord
avevano scelto Jon, non lei. Sarebbero stati disposti a morire per il
loro re,
ma non si sarebbero opposti ad una nuova politica matrimoniale che
riguardasse
la loro lady. E se Baelish riesce a
convincerli…
Sansa si tirò a sedere
colta
dall’ira. Io sono la lady di Grande
Inverno, pensò decisa. Nessuno
riuscirà a mettermi da parte. Tutto questo è
mio. Non biasimava affatto Jon per aver accettato il titolo di
re, ma certe
volte si sentiva esclusa da faccende che, ne era sicura, la
interessavano. Jon
voleva proteggerla, certo, ma la trattava ancora troppo spesso come la
ragazzina
che era partita per Approdo del Re con un meta-lupo, una sorella odiosa
e la
testa piena di stupidi sogni.
Sansa ormai aveva smesso
di
credere nel vero amore: le unghie di Ramsay le avevano strappato quel
briciolo
di speranza che ancora le alitava in corpo. Non si sarebbe più
risposata, non
avrebbe più affidato la sua vita nelle mani di qualcun altro.
L’indomani mattina
avrebbe
assunto ufficialmente tutti i poteri che erano stati conferiti a Jon. Potrei
fare tutto quello che voglio, pensava. Decidere, dare ordini, allontanare le
persone che mi infastidiscono. E invece si sarebbe attenuta al
programma,
limitandosi a sorridere ed ad evitare che i lord si scannassero fra
loro. Ai
bruti ci avrebbe pensato Tormund.
Tutto sembrava così
semplice e
Jon l’aveva così a lungo rassicurata, che Sansa aveva quasi creduto che
per una
volta tutto potesse funzionare. Jon avrebbe raggiunto Daenerys, si
sarebbero
alleati e avrebbero conquistato Approdo del Re. I draghi avrebbero
sconfitto
gli Estranei e Jon sarebbe tornato a Nord sano e salvo.
Poi Tormund le aveva
svelato i
numerosi pericoli che Jon si accingeva ad affrontare, le minacce di
Daenerys e
la prigionia di Brienne e Davos, e Sansa si era costretta ad essere
realistica.
Jon poteva rimanere ucciso. Certo, ciò sarebbe potuto accadere anche
durante la
Battaglia dei Bastardi, ma, adesso che Sansa aveva finalmente
riconquistato la
parziale felicità della sua vita, era restia a lasciarla andare. Aveva
paura.
Si alzò tremante dal
letto e,
avvolgendosi in una vestaglia di lana rosa pallido, uscì dalla stanza.
Il
freddo del pavimento a contatto con i suoi piedi nudi la fece
rabbrividire, ma
Sansa non si fermò. Silenziosa come l’ombra di sé stessa, scivolò
attraverso
porte e saloni fino al cortile.
Allora si rese conto di
essere diretta
al Parco degli Déi. All’interno tutto taceva, come in attesa. Sansa si
orientò
facilmente anche al buio tra gli alberi che avevano occupato la sua
infanzia e
puntò verso l’Albero del Cuore. Via via che vi si avvicinava, sentiva
crescere
d’intensità uno strano suono stridente. All’improvviso scorse una luce
che
realizzò essere emanata da una candela ai piedi del secolare
albero-diga.
Jon era seduto sulla
roccia in
riva allo stagno, intento ad affilare Lungo Artiglio con una grossa
pietra
nera. Aveva gli occhi chiusi ed i suoi movimenti erano ponderati ed
esperti.
Con un tuffo al cuore Sansa notò che aveva già indossato l’armatura che
era
stata forgiata per lui, con il simbolo degli Stark a rilievo sul petto.
In quel
momento Sansa rivide suo padre.
Una foglia scricchiolò e
Jon aprì
gli occhi di scatto. “Sansa!” esclamò visibilmente sorpreso “Cosa ci
fai qui a
quest’ora?”
“Potrei farti la stessa
domanda.”
Sansa rabbrividì per il freddo.
“Ma tu stai gelando”
osservò Jon
alzandosi in piedi e togliendosi subito il mantello, “ecco, prendi
questo…”
Sansa accettò l’offerta volentieri e si accoccolò accanto al fratello
sul
muschio umido. Per un po’ nessuno dei due parlò.
“Perché sei qui?” chiese
infine
Sansa scostandosi una ciocca di capelli dal viso. Jon sospirò. “Ogni
giorno
alla Barriera sognavo di poter tornare a Grande Inverno” raccontò
triste,
“ed ora che finalmente sono qui devo partire. Io non so se ne ho la
forza…”
“E allora resta” suggerì
Sansa
speranzosa, “nessuno ti obbliga a fare nulla.”
“Lo sai che non ho
scelta.”
Jon la stava fissando
negli occhi
e Sansa si morse il labbro. Ecco, aveva nuovamente fatto la figura
della
bambina egoista.
“Non aver paura” la
consolò Jon
prendendole le mani gelide, “sarai al sicuro… Tormund ti aiuterà vedrai
e
Spettro…”
“Ma non capisci?!”
sbottò Sansa
frustrata “Io ho paura per te.
Potresti morire e…”
“Sansa, ti prego
ascoltami” la interruppe dolcemente Jon,
“non voglio mentirti: ci troviamo in una situazione pericolosa. Ma io
non ho
alcuna intenzione di morire ancora una volta solo e lontano da casa.”
“Non puoi scegliere,
nessuno
può…”
“Gli déi” sussurrò Jon
indicando
l’Albero del Cuore, “solo loro ci possono aiutare.”
Sansa fece una smorfia.
“Io non
prego più” disse abbassando il capo. “Mentre ero ad Approdo del Re
trascorrevo
le ore pregando gli dei di salvarmi e di aiutare Robb a vincere la
guerra. Io
sono qui e lui è morto…”
“Non devi tormentarti”
la confortò
Jon abbracciandola. Sansa si perse in quel tepore. “Non è stata colpa
tua e
Robb sapeva benissimo a cosa sarebbe potuto andare incontro, lo so che
lo
sapeva.”
Sansa avrebbe tanto
voluto crederci.
Jon
la fissò sconvolto.
“Sono stata io a dire a
Cersei
che nostro padre intendeva rimandare me ed Arya a Grande Inverno” disse
Sansa
in lacrime. “Credevo di amare Joffrey e pensavo che la regina mi
avrebbe potuto
aiutare a restare. E invece…” Sansa esplose in un pianto a dirotto. Per
la
prima volta dopo anni sentiva di poter parlare liberamente.
“Non essere così dura
con te
stessa” cercò di rincuorarla Jon, “non potevi sapere che sarebbe finita
così.
Anch’io ho sbagliato…” Sansa sollevò il viso rigato di lacrime.
“Ho abbandonato Robb al
suo
destino” continuò Jon visibilmente lacerato dal rimorso, “e non ho
cercato Bran
oltre la Barriera.”
“Ma il tuo giuramento…”
“Al diavolo il
giuramento e
l’onore: ci sono cose più importanti. Io l’ho capito troppo tardi…”
Sansa avrebbe voluto
ribattere,
ma Jon si portò una mano all’orecchio. “Senti?” chiese chiudendo gli
occhi “Gli
Antichi Déi ci stanno parlando…” Sansa rabbrividì e tentò di ascoltare
il vento
che faceva muovere pigramente le foglie rosso-sangue degli alberi.
“Dicono che sarai
un’ottima
regina” concluse Jon sorridendole.
Sansa abbassò lo
sguardo.
“Certo che lo sei” disse
deciso
Jon alzandole il mento, “sei nata per questo.”
“Ma se Baelish…”
“Se Baelish ti
importunerà,
scrivimelo. Se ci saranno problemi, io tornerò immediatamente.”
“Me lo prometti?” chiese
Sansa
guardando il fratello negli occhi.
“Te lo prometto” rispose
Jon con
un sorriso.
Sansa si tranquillizzò.
Jon si alzò in piedi e
le tese
una mano. Sansa si accorse di essersi inzuppata la camicia da notte,
che ora le
si era appiccicata alle gambe. Lasciò che Jon la guidasse fuori dal
Parco. Dal
nulla Spettro iniziò a trotterellarle accanto, il suo pelo candito
splendente
nelle tenebre. Lady sarebbe
diventata così, si ritrovò a pensare Sansa
malinconica. Sarebbe stata lei a
proteggermi. Si lasciò condurre fino davanti
alla porta della sua camera.
Jon appariva provato,
anche se si
sforzava di sorridere. “Adesso è meglio che riposi” le disse
accarezzandole i
capelli. Spettro le leccò una mano. “A domani” sussurrò Sansa già con
la mano
sulla maniglia. Jon fece un cenno del capo nella sua direzione e si
allontanò.
Spettro si accucciò vigile davanti all’entrata e Sansa si sentì
rincuorata.
Quando fu tra le soffici
coperte
del letto, poco prima che fosse vinta dal sonno, innalzò una preghiera
agli
Antichi Déi. “Vi prego” mormorò ad occhi chiusi con la testa sul
cuscino, “vi
prego fate che Jon torni. Vi siete presi tutta la mia famiglia,
lasciatemi
almeno mio fratello. Vi prego…” Poi cadde in un sonno profondo e senza
sogni.
La mattina successiva si
vestì
con gesti automatici, scegliendo un abito largo e lasciando i capelli
sciolti.
Nel castello fervevano i preparativi e si potevano scorgere i cavalli
già
sellati nel cortile. Sansa si recò nella Sala Grande dalla quale
proveniva un
fastidioso rumore.
Jon era in piedi con le
mani
posate sul tavolo circondato dagli altri lord. Stavano discutendo
piuttosto
animatamente.
“E’ inammissibile” stava
sbraitando lord Manderly, “la scorta deve essere formata almeno da
cento
guerrieri esperti, vostra grazia, non uno di meno.”
“Wyman ha ragione”
intervenne
lord Glover, “tuo padre è andato ad Approdo del Re con cinquanta uomini
e non
sono bastati…”
“E mio fratello ne aveva
più di
ventimila, ma è stato ucciso lo stesso” ricordò loro Jon, “venti uomini
basteranno.”
“Ma se verrete
attaccati” osservò
Cley Cerwyn, “non avrete scampo.”
“Questa è una missione
diplomatica”
insistette Jon, “non saremo vittima di attacchi: Daenerys mi garantisce
sicurezza.”
“E ti fidi di una
Targaryen?”
chiese con una punta di disprezzo Robett Glover “Perdona la franchezza,
vostra
grazia, ma non credo sia una mossa saggia. Daenerys è nostra nemica.”
“Gli uomini saranno
necessari
qui” tagliò corto Jon, “presto dovremo affrontare la guerra più
difficile che
si ricordi a memoria d’uomo ed abbiamo bisogno di alleati.”
“Ma se…”
“Basta così! Vi
ringrazio per i
vostri consigli, ma credo sia ora di andare.”
Lentamente la sala si
svuotò.
Sansa incontrò lo sguardo di Jon per un attimo, poi lui si voltò
uscendo dalla
porta secondaria. Dopo qualche secondo Sansa sentì dei passi alle
proprie
spalle.
“Mia signora” disse a
bassa voce
Alys Karstark, “desidero parlarti, se è possibile…”
Sansa sentì la rabbia
ribollirle nelle vene.
Alys le sorrise,
abbassando gli
occhi. “Mi chiedevo se” iniziò impacciata, “ecco se… Beh, se ti fossi
offesa
per l’altra sera… P-per il bacio…” Era arrossita violentemente e il
colorito
rendeva ancora più gradevole il suo viso.
Sansa strinse i pugni e
necessitò di
tutta la forza di volontà che riuscì a racimolare per non mettersi ad
urlare.
Ma cosa ti
importa?! “Non comprendo il tuo turbamento” esclamò Sansa
sforzandosi di apparire a proprio agio, “avevo solo bisogno del bagno.”
“Ohh” disse Alys
portandosi una
mano alla bocca, “ora capisco. Spero tu mi abbia perdonato la curiosità
di poco
fa…”
“Nessun problema”
affermò Sansa
tirando le labbra in un sorriso. Alys sembrava radiosa. “Bene!” esclamò
“Credo
sia meglio andare o ci perderemo la partenza del re.”
Alys si avviò per poi
voltarsi sulla soglia.
Sansa avrebbe voluto
vomitare. Si
mise a camminare in cerchio in preda al nervosismo. Ecco chi mi rimane, pensò
irata. Baelish e signorina
sono-tua-amica… Ma perché non posso andare con Jon?
Ci deve
sempre essere uno Stark a Grande
Inverno, questo le aveva detto suo fratello, ma la verità era che
aveva un disperato
bisogno di qualcuno fidato che governasse in sua vece. Sansa, però, non
si
sentiva all’altezza.
Si avviò nervosa verso
il
cortile, continuando a torcersi le mani. Vedendola arrivare, i lord si
scansarono e Sansa poté raggiungere senza eccessiva difficoltà suo
fratello.
Jon era pallido, con occhiaie bluastre che gli appesantivano gli occhi,
ma alla
vista di Sansa sorrise. Dietro di lui i venti uomini selezionati erano
già in
sella ai propri cavalli. Jon esitava ancora. Sansa capì che voleva fare
un
discorso.
“Miei lord” iniziò
infatti Jon
con voce profonda per sovrastare il brusio, “vi esprimo la mia più
sincera
gratitudine per l’aiuto che mi avete offerto.” Fece una pausa,
interrotto dalle
esclamazioni.
“Durante la mia assenza”
proseguì
Jon, “desidero che riponiate la vostra lealtà in mia sorella Sansa.
Ubbidite ai
suoi ordini come vi siete detti disposti ad eseguire i miei. Le porte
di Grande
Inverno resteranno aperte e qualsiasi lord che lo desideri potrà
restare finché
lo vorrà. La sua collaborazione non sarà dimenticata.” Jon riprese
fiato e
Sansa intuì che la parte più importante del discorso doveva ancora
venire.
“L’inverno è arrivato”
disse Jon
facendo scorrere lo sguardo sulla folla, “e non sappiamo quanto tempo
ci resti
prima che gli Estranei trovino un modo per attaccarci. Vi parlerò in
tutta
franchezza: la Barriera non è indistruttibile. Io ci ho vissuto. L’ho
vista
lacrimare nelle giornate calde, l’ho vista creparsi sotto i colpi
dell’acciaio.” Sansa sentì un brivido pizzicarle la colonna vertebrale
e vide
che alcune dame si erano tappate la bocca con le mani.
“Non crogiolatevi nella
vostra
sicurezza” proseguì Jon, “ma attivatevi per il vostro futuro. E’
fondamentale
che le antiche dispute lascino spazio a nuove alleanze. Il Popolo
Libero, la
gente del Nord, la gente del Sud… siamo tutti uguali. Mi aspetto che
riusciate
a mantenere ottimi rapporti anche con coloro che un tempo vi furono
nemici.”
Jon tacque e per un
secondo
nessuno osò parlare. Poi tutti gridarono la loro approvazione
contemporaneamente e Sansa capì di aver di fronte il vero Nord, il Nord
indomabile e ribelle che non si sarebbe mai più piegato per nessuna
ragione.
Con la coda dell’occhio vide Ditocorto in un angolo, livido di rabbia.
Sansa
dovette reprimere un sorriso soddisfatto: evidentemente Petyr Baelish
aveva in
programma di far leva sul malcontento del Nord, ma si era visto
ostacolato dall’entusiasmo
con cui i lord avevano garantito nuovamente la loro fiducia a Jon.
Quest’ultimo
nel frattempo era montato in sella a Ghiaccio e Sansa notò il timore
nei suoi
occhi. Tornerà, pensò con
decisione. Deve tornare…
Jon la fissò con occhi
velati di
tristezza e commozione. “A presto, Sansa” sussurrò imbarazzato lui, “ti
voglio
bene.” Sansa ricacciò indietro le lacrime e, incurante della folla che
la stava
osservando o del suo vestito finemente lavorato, saltò in braccio al
fratello
gettandogli le braccia intorno al collo.
Jon, colto di
sprovvista, sgranò
gli occhi e si affrettò a sorreggerla per evitare che cadesse da
cavallo. Sansa
affondò il viso nella sua spalla, scoprendola con disappunto coperta
dalla
fredda armatura scintillante.
“Anch’io ti voglio bene”
gli
mormorò all’orecchio, “mi raccomando, sii prudente…” Jon la sciolse
dolcemente
dalla stretta, posandola con delicatezza a terra. Le lanciò un ultimo
muto
sorriso, prima di girarsi e guidare la sua scorta verso l’uscita.
Non si voltò e Sansa
gliene fu
grata: se l’avesse ancora una volta guardato in viso, non avrebbe più
potuto
trattenere le lacrime che minacciavano di bagnarle il viso. Lontano
risuonò
l’ululato straziante di Spettro e
Tornerà.
Jaime
La spada gli scivolò
dalla mano e
cadde a terra con un tonfo sordo. Bronn l’aveva disarmato ancora una
volta e
ora gli puntava l’arma smussata alla gola.
“Ti ho battuto, mio
signore”
osservò con un inchino sarcastico, “o forse dovrei chiamarti principe?”
Jaime
tirò le labbra in un ghigno e si rimise in piedi.
Era dolorosamente certo
di non
essere in grado di ripetere le gloriose imprese del passato, quando
aveva
ancora la mano destra, ma ora anche con la sinistra riusciva a
difendersi
degnamente. Non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma Qyburn
aveva fatto
proprio un ottimo lavoro con la mano d’oro: ormai Jaime quasi non ne
sentiva
più il fastidio. Era certo più pesante e rigida di una mano normale, ma
risultava incredibilmente comoda e, perché no, perfino elegante.
Jaime tentò un attacco
basso,
mirando alla cintura, ma Bronn lo anticipò. “Che sono queste mosse poco
onorevoli?” lo prese in giro colpendolo neanche troppo violentemente
sulla
spalla.
Jaime indietreggiò senza
fiato,
studiando la situazione. Provò con un affondo al ventre e al braccio
per poi
rinunciare. “Per oggi basta così” disse raccogliendo le sue cose, “hai
il
pomeriggio libero.”
“Sì e per fare cosa?”
chiese
Bronn guardandosi teatralmente intorno “Tua sorella ha proibito tutto
il
divertimento e non si trova un bordello manco a pagarlo oro…”
“Bene!” esclamò Jaime
voltandosi
verso il mercenario “Allora puoi venire con me ad un interessantissimo
incontro
del Concilio Ristretto…”
Bronn fischiò.
“Tienitelo pure il
tuo fottutissimo Concilio Ristretto” gli disse allontanandosi, “io
saprò
cavarmela.”
“Non ne avevo dubbi”
mormorò Jaime sorridendo.
Iniziò a risalire la
lunga
scalinata che portava al palazzo. Da quando Cersei aveva preso il
potere il
numero delle guardie era triplicato: nel solo cortile dei servi ve ne
erano
almeno sei. I loro sguardi austeri e spietati mettevano stranamente a
disagio
Jaime. Se non fossi il fratello
della regina, pensò, sarei
già finito sul
ceppo.
Aveva assistito ad un
numero
spaventoso di esecuzioni, senza avere mai il coraggio di dire a Cersei
di smetterla. Ha paura, di
questo Jaime ne era certo. E la
vince con la paura altrui.
Arrivato in cima, stava
ansimando. Entrò nella sala del Trono e non si stupì di trovarla
semivuota. La
piccola folla si aprì a ventaglio per lasciarlo passare. Hanno paura anche di
me, si rese conto Jaime, stranamente irritato da ciò.
Qyburn gli venne
incontro.
Jaime lo fissò confuso.
“Ma la riunione non era stasera?” chiese aggrottando le sopracciglia.
Qyburn non
cambiò la sua espressione annoiata. “Sua maestà non ama attendere” gli
ricordò
con un lampo negli occhi.
Jaime annuì e si voltò
per
raggiungere le stanze di Cersei. La trovò seduta e, come succedeva
sempre più
spesso ormai, con un calice di vino in mano.
“Cersei…”
La sorella non alzò
nemmeno lo
sguardo. Sembrava sovrappensiero. Jaime tirò un colpetto di tosse
piuttosto
forzato e Cersei finalmente sollevò il viso per guardarlo.
“Finalmente sei
arrivato…” lo
salutò alzandosi in piedi. Jaime notò che portava una lunga spada
legata alla
cintura.
“Joffrey la chiamava Lamento di Vedova” spiegò lei
indovinando i pensieri del fratello, “io preferisco Dominatrice.”
Cersei fece una smorfia. “Un tempo avevi anche tu una
spada” gli ricordò con voce tagliente e Jaime sperò che cambiasse in
fretta
argomento. Fortunatamente Cersei appariva nuovamente estranea al mondo
terreno
e Jaime colse l’occasione per portare l’attenzione su un’altra
questione.
Cersei portò nuovamente
il calice alle labbra prima di
rispondere.
Jaime
perse tutto d'un tratto la pazienza.
“Hai sempre partecipato
a tutte
le riunioni” disse Cersei con voce pacata, “e ti ho
sempre messo al corrente delle mie decisioni.”
“Ah sì?” chiese con
sarcasmo
Jaime “E che mi dici allora della tua chiacchieratina con Euron
Greyjoy? Non
credi che forse come comandante dell’esercito debba conoscere i nostri
alleati?”
“Non ti ritenevo idoneo
a
sostenere una conversazione con Occhio di Corvo, tutto qui” spiegò la
regina
quasi con indifferenza, “da un po’ di tempo sei diventato… debole.” E questo è
un male? si chiese Jaime incapace di darsi una risposta.
“Euron Greyjoy mi ha
offerto il
suo sostegno” stava continuando Cersei camminando verso la finestra,
“lui
attaccherà mentre noi potremo rimanere ad Approdo del Re.”
Jaime la fissò
sbalordito. “E tu
ti fidi di un matto come Euron?!”
Cersei scoppiò a ridere,
una
risata fredda e senza gioia. “Certo che no” rispose tranquilla, “ed è
per
questo che necessito del tuo aiuto.” Jaime si arrese all’incapacità di
comprendere a pieno sua sorella. “Va bene” disse sedendosi, “esponimi
il
piano…”
“Secondo l’accordo”
iniziò Cersei
camminando avanti ed indietro, “Euron dovrebbe attaccare la Targaryen
ed il
Nord, eventualmente riuscendo a catturare questo nuovo re…”
“E ti aspetti che riesca
a
sconfiggere due avversari allo stesso tempo?” le chiese Jaime scettico.
“No” disse la regina con
decisione, “voglio solo che li rallenti a sufficienza in modo da
mettere in
atto il mio piano…” Jaime la fissò con aria interrogativa. Cos’ha
in mente questa volta?
“Ma non hai paura che
Euron possa
allearsi con Daenerys Targaryen?” le chiese confuso.
Cersei alzò gli occhi al
cielo visibilmente irritata.
“Inoltre Euron non
oserebbe mai
voltarmi le spalle” continuò, “sono miei i soldi con cui paga i
mercenari e ha
bisogno di loro se vuole mantenere la propria posizione.” Jaime annuì,
nonostante ci fosse qualcosa in quella storia che non lo convincesse
appieno.
Cersei posò finalmente
il calice
sul basso tavolino di legno. “Qyburn mi ha suggerito un ottimo piano”
rispose e
Jaime provò una fitta di gelosia. Qyburn,
Qyburn, pensò irritato. Sempre
Qyburn.
“Stamane mi sono
arrivati dei
corvi” stava proseguendo la regina, “da parte di Rendyll Tarly e Orton
Merryweather. Mi hanno offerto il supporto delle loro casate e dicono
che
alcuni alfieri dei Tyrell sono ancora indecisi riguardo a chi fornire i
propri
uomini. Questi uomini hanno solo bisogno di un segnale di forza da
parte mia.”
Cersei fissò il fratello negli occhi, per la prima volta da quando era
entrato
nella stanza.
“Devi portare il mio
esercito
nell’Altopiano ed assediare Alto Giardino.”
Jaime dovette
trattenersi
dall’alzare gli occhi al cielo. “E adesso cosa c’entra Alto Giardino?!”
Cersei lo guardò con
disprezzo,
probabilmente maledicendo gli déi per averle dato un fratello così
stupido.
“Rifletti una buona volta!” lo sgridò aspramente “La maggior parte dei
soldati
dei Tyrell sono con la Targaryen: il castello è praticamente senza
difese. Sarà
uno scherzo espugnarlo. E quando l’avrai fatto, tutti gli altri lord mi
temeranno e passeranno dalla mia parte. Quella ragazzina vedrà
sgretolarsi il
suo esercito anche se Euron dovesse fallire.”
“Sì e magari visto che
ci sono
conquisto anche Lancia del Sole, no?” propose Jaime sarcastico.
Cersei lo
fulminò con lo sguardo.
“Sai chi è rimasta ad
Alto
Giardino?”
Jaime dovette ragionarci
su per una manciata di secondi.
“Alerie Hightower”
lo corresse Cersei, “suo padre è il lord di Vecchia
Città, cosa sarà disposto a fare per riavere la figlia?”
Jaime deglutì sapendo
esattamente dove questo discorso andava a parare.
“Perché no?” gli chiese
lei gelidamente
“Non ne sei in grado?” Jaime non sapeva cosa rispondere. “Non è questo”
provò a
spiegare, “è che preferirei non usare la violenza per…”
“Oh, che gli Estranei
ti portino alla dannazione” imprecò Cersei, “se non te ne fossi reso
conto
siamo in guerra, Jaime, apri gli occhi!”
Jaime decise di
rischiare.
“BASTA COSI’!”
Cersei era furiosa e
Jaime
s’azzittì di colpo. Ecco,
pensò rassegnato, ora mi condanna a
morte.
“Non tollero che mi si
manchi di
rispetto in questo modo” stava continuando la regina, “stavolta
chiuderò un
occhio perché sei tu, Jaime, ma la prossima volta avrò la tua testa su
una
picca.”
Mi ha minacciato di morte, si corresse mentalmente
Jaime scoprendosi
per nulla spaventato dall’idea di morire.
“Nessuno mi dice cosa
devo fare”
diceva intanto Cersei stringendo nuovamente il calice di vino in mano,
“e tu
devi obbedire ai mie ordini. Andrai ad Alto Giardino.”
Jaime fece un ultimo
tentativo disperato.
Avrai
bisogno di me qui.
Cersei non si lasciò
impietosire
né allarmare. “Ormai ho deciso” disse risoluta voltandogli le spalle,
“i Tyrell
devono abbandonare l’esercito di Daenerys Targaryen. Partirai domani
all’alba…
Sei congedato.”
Jaime aveva la mente
vuota.
“VATTENE.”
Jaime chinò la testa ed
uscì. La
discesa fino al cortile gli parve la più lunga della sua vita. Gli
sembrava
impossibile che Cersei potesse essere cambiata così radicalmente. Alle
morti di
Joffrey e Myrcella si era disperata e per Tommen invece non aveva
provato
nulla. E aveva usato l’Altofuoco.
Jaime si prese la testa
fra le
mani. Cosa devo fare? si
chiese disperato Che cosa devo fare?
Decise di
andare a cercare Bronn per comunicargli la notizia del nuovo viaggio in
programma.
Le strade di Approdo del
Re erano
deserte. Jaime ne constatò lo squallore e la sporcizia: era come se le
vedesse
per la prima volta. La gente rimaneva terrorizzata nelle case, i
bambini
portavano in volto i segni della fame. Tutto quel degrado era opera di
Cersei,
di questo Jaime ne era consapevole. E’
una pessima regina, dovette ammettere.
Tuttavia una parte di lui era ancora attratta da lei, dalla sua tenacia
e
determinazione. Dalla sua capacità di vincere quando qualsiasi speranza
pareva
vana. Vincerà anche questa battaglia,
pensò Jaime senza riuscire a reprimere
un moto d’affetto.
Finalmente trovò il
piccolo
locale dove Bronn era solito recarsi, uno dei pochi che Cersei non
aveva ancora
fatto chiudere. Trovò il mercenario impegnato in una gara di rutti con
un
gruppo di brutti ceffi e dovette trascinarlo via di peso.
“Che cosa c’è adesso?”
chiese
Bronn annoiato ed irritato allo stesso tempo. “Meglio se fai le
valigie” lo
avvertì Jaime, “domani si parte.”
“E per dove scusa?”
“Per un assedio ad Alto
Giardino”
rispose con tranquillità Jaime.
Bronn sgranò gli occhi.
Jaime ridacchiò e gli
mise
confidenzialmente un braccio intorno alle spalle. “Dai, su” lo
incoraggiò,
“magari è la volta buona che ti troviamo una giovane fanciulla che sia
degna di
essere moglie di ser Bronn delle Acque Nere.”
“Magari è la volta buona
che
qualcuno si accorga del fatto che combatti da schifo” ribatté Bronn, “e
ti
ficchi una spada su per il culo.” Risero entrambi e per un attimo Jaime
dimenticò
le sue preoccupazioni ed ansie.
Per una volta si
dimenticò di Cersei.
Theon
Non riusciva ancora a
crederci,
le parole di Varys gli erano scivolate addosso come acqua gelida e non
si era
nemmeno accorto di aver lasciato la sala del trono di corsa.
Ramsay era morto.
Quel bastardo figlio di
puttana
che gli aveva fatto invocare la grazia dell’inferno era finalmente
morto.
Ucciso, continuava a ripetersi
Theon incredulo.
Durante la sua
prigionia, a Forte
Terrore prima e a Grande Inverno poi, Ramsay gli era sempre parso un
essere
immune a qualsiasi trucco che gli déi avrebbero potuto ideare per
distruggerlo.
Ogni mattina era lì con il suo sorriso perverso a ricordargli che
nessuno era
ancora riuscito a fregarlo. Sono
immortale, sembravano dire i suoi occhi
spietati. Theon sapeva che in diverse occasioni Ramsay era riuscito a
tirarsi
fuori da situazioni di svantaggio e tutto ciò aveva intensificato suo
malgrado
l’aura di intoccabilità che circondava il suo carnefice.
Anche dopo essere
riuscito a
fuggire, Theon tremava al solo pensiero di doversi scontrare con lui.
“Ci
vendicheremo” gli aveva detto Yara con lo sguardo di chi ne ha passate
tante,
“metteremo su il più grande esercito che riusciremo a trovare e
staneremo quel
verme. Lo uccideremo, Theon, pagherà per quello che ha fatto.”
Nonostante le
parole di sua sorella avrebbero dovuto accendere in lui la dolce
pregustazione
della vendetta, Theon si sentiva più agitato che mai. “Lui lo sa”
avrebbe
voluto dire, “lui sa quello che abbiamo intenzione di fare e non ce ne
darà il
tempo. Lui sa tutto.”
Poi una voce si era
messa a
sussurrargli nella mente. Una volta c’era riuscito a ingannare Ramsay.
Era
saltato giù dalle mura di Grande Inverno mano nella mano con Sansa e
questo
Ramsay non se lo sarebbe mai immaginato. Una volta, pensava Theon lievemente
rincuorato, una volta almeno l’ho
battuto. E adesso era morto.
Theon non era più uscito
dalla
sua stanza. Yara veniva minimo quattro volte al giorno a bussare alla
porta. Gli aveva parlato, l’aveva rassicurato, l’aveva
supplicato. Il quarto giorno aveva perso la pazienza.
“O apri questa
fottutissima
porta” gli aveva urlato, “o giuro che ti lascio morire di fame là
dentro!”
Theon non aveva risposto e Yara se n’era andata imprecando.
La vita nella stanza era
monotona, anche perché non c’era molto con cui intrattenersi. Per la
maggior
parte del tempo Theon giaceva supino sul letto, senza riuscire a
imporsi di
smettere di pensare. Le notizie riguardanti le gesta di Sansa e Jon gli
avevano
donato una sensazione di felicità che non ricordava avesse mai provato.
Non
vedeva Jon Snow da quando era partito per la Barriera anni prima e
all’epoca
non erano stati amici. Ero egoista,
doveva ammettere Theon con saggia
autocritica. Pensavo di avere il
mondo ai miei piedi e invece… E invece il
mondo era andato a rotoli.
Non poteva non provare
ammirazione per Jon, che rifletteva come uno specchio tutto ciò che
Theon non
sarebbe mai stato. Era abituato a
non contare nulla, pensava, ma
è proprio
questo scommetto che l’ha portato a proteggere le uniche cose che gli
restavano.
E lui? Lui che aveva
fatto?
Cos’era stato in grado di fare il grande Theon Greyjoy? Tradire le
persone che
più si fidavano di lui.
Theon strinse i denti e
lottò per
ricacciare indietro le lacrime al pensiero di Robb. Ormai aveva smesso
di
chiedersi cosa sarebbe accaduto se non avesse mai preso Grande Inverno
e
pregava tutti gli déi di cui conosceva il nome affinché Robb potesse
perdonarlo, ovunque egli fosse.
In quel momento qualcuno
bussò
alla porta. Il tocco era gentile, così diverso dai colpi insistenti di
Yara.
Theon si sedette sul letto e, toccandosi le guance, scoprì che erano
nuovamente
umide.
“Sono Daenerys…”
Theon balzò in
piedi.
“Tra poco si svolgerà
una
riunione molto importante” stava continuando la Madre dei Draghi, “ed è
necessario che ci sia anche tu. Sei pronto o hai bisogno di tempo?”
Theon
lanciò un’occhiata sconsolata allo specchio e non rispose.
“Theon? Ci sei?”
“Sì, sì” si affrettò a
esclamare
lui, “a-arrivo…” E aprì la porta così come si trovava.
Daenerys era elegante
come al
solito, con i lunghi capelli argentei acconciati in una corona di
trecce e la
veste svolazzante di seta verde pallido. La regina lo squadrò dalla
testa ai
piedi, ma Theon non riuscì a provare vergogna. Ne ho
provata abbastanza per un vita intera.
Si limitò quindi ad
accennare
quello che sperava fosse recepito come un sorriso. Daenerys gli fece
cenno di
seguirla. Theon non si era ancora ambientato abbastanza bene da
riconoscere il
luogo in cui si stavano recando, così rimase in silenzio.
“Ho sentito che non
stavi molto
bene” azzardò Daenerys visibilmente dubbiosa e Theon fu grato a Yara
per aver
inventato quella scusa.
“Ma guarda chi ci ha
concesso
l’onore della sua presenza!” esclamò Yara uscendo dall’ombra. Non
sembrava
troppo arrabbiata per il piccolo malinteso di qualche ora prima. Nella
stanza
c’erano anche Tyrion e Varys, che stavano discutendo gesticolando
animatamente,
le Serpi delle Sabbie con Ellaria Sand, Verme Grigio e Missandei che
chiacchieravano vicino alla finestra in una lingua sconosciuta, la
vecchissima
lady Tyrell e gli altri tre generali dell’esercito di cui Theon non
ricordava
bene i nomi.
“Bene” esclamò Tyrion
sfregandosi
le mani allegramente, “ora che ci siamo tutti direi di cominciare.”
Daenerys
annuì la propria approvazione.
Il colossale guerriero
Dothraki
si fece avanti, la treccia che ondeggiava nella semioscurità. “Tutto in
regola,
Khaleesi” disse con la sua voce profonda, “stanno in loro camera e non
credo
hanno problemi. Hanno chiesto di vedere te però.”
“Digli che dovranno
attendere
che il loro re arrivi sull’isola” rispose Daenerys e Rakandro annuì
solennemente.
Daenerys fece scorrere
lo sguardo sui presenti.
Varys piegò leggermente
la testa in un cenno ossequioso.
“Cos’ha fatto stavolta?”
chiese
Yara a denti stretti. Theon sapeva che loro zio era un uomo pericoloso,
ma
ormai nulla più gli sembrava così terribile. Non dopo Ramsay.
“Ha attaccato le coste
del Nord”
continuò Varys.
“Porto Bianco?” chiese
Tyrion
accarezzandosi pensoso la barba incolta.
Varys scosse la testa.
“No, non
ha osato tanto, ma sappiamo di sue scorrerie a Capo della Vedova,
Ramsgate e
Sisterson… Alcune voci dicono addirittura che si sia spinto fino quasi
a
Karhold…”
“Quindi qual è il
problema?”
chiese schiettamente Obara “Non è sceso più a sud delle Dita: non è una
nostra
minaccia.”
“Potrebbe diventarlo”
intervenne
uno dei due guerrieri di cui Theon non rammentava il nome, “magari sta
solo
attendendo il momento buono per attaccarci ed intanto fa scorte.”
“Benjameen ha ragione”
disse
Daenerys, “è un avversario che non possiamo permetterci di
sottovalutare,
soprattutto perché non sappiamo esattamente su quanti mercenari può
contare.”
Tutti annuirono.
“Quindi?” chiese Ellaria
che
stava in piedi a braccia incrociate “Che facciamo?”
“Dobbiamo difendere
l’isola”
propose convinto Tyrion, ma la regina scosse la testa.
“Non basta” rispose
iniziando a
camminare in cerchio, “dobbiamo sfruttare l’effetto sorpresa.”
“Ma sarebbe pericoloso”
obbiettò
Tyrion. “Mai quanto rimanere qui ad aspettarlo” replicò Daenerys con
decisione,
“no, dobbiamo scoprire le sue mosse.”
“Credo sia difficile,
mia regina”
intervenne Varys, “i miei uccellini non si spostano bene sull’acqua.
Dovremmo
inviare qualcuno…”
“Mi offro volontario” si
intromise Verme Grigio, “noi Immacolati siamo bravi nelle azioni
furtive.”
“No, voi fate parte
della scorta
della regina” gli ricordò Tyrion, “non potete allontanarvi.”
“Ho preso la mia
decisione” disse
Daenerys e tutti tacquero. “Non posso permettermi di perdere uomini
mandandoli
a spiare Euron di nascosto” spiegò con calma, “sarebbe troppo
rischioso. Perciò
farò l’unica cosa possibile: posizionerò una parte dell’esercito tra
lui e la
Roccia del Drago.” Scoppiarono delle esclamazioni di sorpresa e Theon
non seppe
cosa pensare: gli sembrava una mossa troppo avventata.
“Maestà, ripensaci” la
pregò
Tyrion, “sarebbe come dichiarare guerra ed Euron ha una flotta molto
potente:
non potremmo farcela.”
“So quello che faccio”
ribadì la
Madre dei Draghi sedendosi, “piazzerò una guarnigione a Porto Bianco.”
“Eh?” esclamò Tyrion
visibilmente
disorientato “Porto Bianco appartiene al Nord…”
“Certo” replicò
Daenerys, “ma Jon
Snow non ha gli uomini per proteggerla da un eventuale attacco di
Euron, cosa
molto probabile a questo punto.”
“Sì ma a noi cosa
importa?” chiese Tyene
confusa.
“Ma certo!” esclamò
trionfante
Tyrion che evidentemente aveva compreso il piano della regina, “in
questo modo
puoi conquistarti la fiducia del tuo futuro alleato, apparire generosa
agli
occhi del popolo e controllare più da vicino le mosse di Euron. Ottimo
piano,
lo devo ammettere.”
“Inoltre” puntualizzò
Daenerys,
“in un attacco a terra il mio esercito sarà in vantaggio, seppur in
minoranza
numerica.” Theon non poté fare a meno di ammirare l’abilità con cui
Daenerys
aveva fatto di una situazione potenzialmente problematica il suo punto
di
forza.
“Chi andrà a Porto
Bianco?”
chiese a quel punto Nymeria.
“La flotta di Yara”
rispose
subito Daenerys, “e quasi tutto l’esercito di Benjameen. I capitani
sono
pregati di seguire le proprie truppe mentre Ellaria, Nym, Tyene, Obara
e Theon,
voi potete scegliere se andare o rimanere.”
“Io resto” decise subito
Nymeria,
“Rakandro mi sta insegnando il dothraki…” Rakandro le sorrise e Nym gli
si
strinse al fianco.
Tyene ridacchiò. “Mah,
io credo
proprio di andare. Qui è così noioso. Tu mamma? Obara?”
“Io vengo” rispose
Ellaria,
“Oberyn avrebbe sempre desiderato portarmi così a Nord, ma…”
“Sì certo certo lo
sappiamo” la interruppe Obara alzando gli occhi al cielo, “io comunque
rimango.”
“E tu, Theon?” chiese
Yara “Ti va
di venire con me?” L’idea di spingersi ancora una volta a Nord gli
faceva
aggrovigliare le budella, ma Theon si costrinse ad essere forte. Ramsay è
morto, continuava a ripetersi.
“Vengo anch’io” rispose
con il
tono più solenne e deciso che riuscì a tirar fuori. Per un attimo fu
convinto
di aver scorto un lampo d’orgoglio negli occhi di Yara.
“Bene” disse Daenerys
visibilmente soddisfatta, “e anche questa è fatta. Se c’è qualcuno che
desidera
aggiungere altro, questo è il momento adatto.”
“Certo che voglio
aggiungere
altro” intervenne Olenna Tyrell con la sua vocetta stridula, “finora
abbiamo
parlato solamente dei vostri problemi.”
“Veramente…” tentò
Tyrion, ma
l’anziana lady lo zittì con un’occhiataccia.
“Non mi contraddire
ragazzino: credo
sia giunto il momento di occuparsi del mio problema. Garth, da bravo,
descrivi
la nostra situazione…”
“Mio padre mi ha scritto
da
Vecchia Città” iniziò a raccontare il comandante dell’esercito Tyrell,
“e mi ha
detto che alcuni degli alfieri della famiglia Tyrell sono passati dalla
parte
di Cersei.”
“I nomi” sbraitò Obara.
“Merryweather e Tarly”
rispose Garth
Hightower, “per ora solo loro, ma mio padre dice che il numero potrebbe
crescere.”
“Cosa li spinge ad
abbandonare la
fazione dei Tyrell?” chiese Varys accarezzandosi le mani. “La paura
probabilmente” rispose Garth, “hanno paura della reazione di Cersei.”
“Ma Cersei non ha il
tempo di
occuparsi di loro” obbiettò Tyrion, “avrà già abbastanza problemi a
tentare di
tenere Daenerys lontana da Approdo del Re.”
“Le mie spie nella
capitale
riferiscono messaggi diversi” disse Olenna in tono grave, “secondo
fonti
attendibili Cersei sta spostando l’esercito di Jaime Lannister verso
l’Altopiano.” Ci
furono dei mormorii concitati.
“M-ma non è possibile”
tentò di
negare Daenerys, “così lascerebbe il Trono di Spade indifeso.”
“Evidentemente ha altri
piani” tagliò corto Tyrion, “ma perché farebbe una simile mossa? Solo
per
incutere paura e sperare che qualche casata minore passi dalla sua
parte?”
“E abbandoni quella di
Daenerys”
osservò Yara e Theon annuì in segno di muto assenso.
Tyrion non sembrava
ancora
convinto. “Ma perché esporsi ad un tale rischio?”
“Non lo sappiamo” sbuffò
Olenna
irritata, “gli déi solo sanno cosa passa nella testa di Cersei, magari
non ha
nemmeno un piano preciso.”
“Ma se Approdo del Re è
sguarnita” ragionò Nymeria, “possiamo conquistarla senza problemi!”
“Taci, idiota” la
rimproverò senza
mezzi termini la Regina di Spine voltandosi verso Daenerys, “la nostra
regina
sa cosa va fatto. Il suo regno è in pericolo e va difeso.”
“Intendi forse” chiese
Tyrion
sgranando gli occhi “affrontare l’esercito Lannister nell’Altopiano?!
Ma è una
follia! Una parte dell’esercito sarà inviata a Porto Bianco, Daenerys
non può
privarsi di altri uomini…”
“Ah, follia un corno!”
sbraitò
Olenna ora seriamente arrabbiata “La regina ha il compito di proteggere
i suoi
sudditi, non può tirarsi indietro. Tutti quei lord le hanno giurato
fedeltà, ma
ci abbandoneranno se non faremo qualcosa.”
“Ma…”
“Non vedrò le mie terre
bruciare,
né la mia gente morire solo perché non accetta di sottomettersi a
quella
strega. Se non siete disposti a sostenere un’azione militare immediata
contro i
Lannister nell’Altopiano, potete eliminare le mie truppe dal conto
degli
alleati.”
Il silenzio calò su
quella
pesante minaccia. Neanche Tyrion aveva più argomenti da proporre. Theon
era
rimasto colpito dall’enorme forza dimostrata da Olenna nel difendere la
sua
terra, lei che aveva già perso tutto.
In quel momento la
regina si alzò.
“Partiranno Rakandro con
la
maggior parte dei Dothraki e Garth con l’esercito Tyrell. Alla Roccia
del Drago
rimarranno solo gli Immacolati e un piccolo schieramento dothraki e
Martell a
protezione dell’isola.” Tyrion sembrava sconvolto, ma Olenna annuì
compiaciuta.
“Se permetti, maestà”
intervenne
eccitata Nymeria, “vorrei partire anch’io con Rakandro… cioè volevo
dire con
l’esercito!”
Daenerys scoppiò a
ridere.
“Permesso accordato” assentì divertita, “ora siete liberi di tornare
alle
vostre stanze ed ai preparativi per la partenza.”
Theon si affrettò a
uscire dalla
stanza: voleva evitare a ogni costo di dover guardare sua sorella negli
occhi.
Corse per le scale e miracolosamente riuscì a non perdere
l’orientamento,
arrivando in tempi record alla propria camera. Entrò, chiuse la porta a
chiave
e si gettò sul letto.
A prima vista nulla era
cambiato
da quando la Madre dei Draghi aveva bussato alla sua porta. Ma il cuore
ora
sembrava volergli balzare fuori dal petto.
Brienne
Il tempo sembrava
peggiorato. Ora
il cielo era nuvoloso ed una perlacea oscurità avvolgeva la stanza. La
finestra
era alta e dava sul porto. Si poteva scorgere il mare che negli ultimi
giorni
si infrangeva sulle rocce con furia crescente.
Brienne sospirò per
l’ennesima
volta. La stanza era grande e confortevole, con letti soffici, un
caminetto
sempre acceso e un tavolo di legno con tre sedie. La piccola porta nel
muro
conduceva nel bagno. Brienne non aveva dubbi sul fatto che quella
dovesse
essere una camera per gli ospiti e non una cella per prigionieri. C’era
addirittura una libreria.
Però la porta era chiusa
a chiave
e Brienne sapeva che fuori c’erano almeno due guardie a controllarla.
Davos
aveva tentato di comunicare con loro, ma sembrava nemmeno capissero la
lingua
dei Sette Regni. Il Cavaliere delle Cipolle però non si dava per vinto
e
continuava a elaborare piani improbabili e fughe al limite dell’umana
comprensione.
“Se solo potessimo
arrivare ad
una barca…” continuava a ripetere quattro volte al giorno, tanto che
Brienne
aveva perso la pazienza.
Ma Davos non si era
arreso.
Trascorreva le giornate a camminare in cerchio, borbottando parole a
mezza
voce. Brienne non si sforzava nemmeno di interpretare quelle frasi
incoerenti.
Passava il suo tempo per lo più seduta sul letto con il mento sulla
mano a
ragionare. Pensava alla sua missione, ormai irrimediabilmente
compromessa, e a
Sansa.
Tutte le volte che il
pensiero le
cadeva sulla giovane lady, Brienne sentiva un fremito di apprensione e
rabbia
attraversarle il corpo. Sansa non aveva voluto salutarla e Brienne
temeva che
dietro ci fosse l’ombra di Ditocorto. Ma come poteva Sansa fidarsi
ancora dell’uomo
che l’aveva venduta a Ramsay? Come poteva essere così cieca?
Brienne sapeva di non
dover
nutrire rancore nei confronti della sua signora, ma non poteva fare a
meno di
notare la stranezza delle azioni di Sansa. E se Baelish la stesse
ricattando?
Brienne non riusciva a sopportarne l’idea. Fino al giorno prima poi
aveva
almeno avuto la rassicurante certezza di non aver lasciato Sansa da
sola: Jon
era rimasto.
Ma la mattina
precedente, insieme
alle servette che solitamente portavano i pasti, era entrato anche
l’immenso Dothraki
che ormai sapevano chiamarsi Rakandro.
“Esserci novità” aveva
detto con
aria soddisfatta, “Khaleesi mi ha permesso di dirvelo. Vostro re viene
sull’isola.” Prima che uno dei due avesse anche solo il tempo di aprire
bocca,
Rakandro era uscito e la chiave era nuovamente girata nella toppa.
Per qualche secondo
Brienne e
Davos si erano limitati a fissarsi confusi. Poi Davos aveva urlato.
Brienne non l’aveva mai
visto in
quelle condizioni. Aveva iniziato ad imprecare, maledicendo déi che non
erano
nemmeno i suoi.
“Non è possibile!” era
sbottato
in preda allo sconforto “E’ una catastrofe, Jon non può… Lo
costringeranno a…”
“Davos, calmati” aveva
tentato
Brienne mettendogli le mani sulle spalle, “magari questa è una novità
positiva.
Magari Jon convincerà la regina a stringere un’alleanza…” Davos si era
calmato,
ma l’aveva guardata con il dolore negli occhi.
Davos si era interrotto
e Brienne
l’aveva osservato. Forse lo vedeva per la prima volta: la sua fedeltà a
Jon
Snow era pura. “Daenerys avrà minacciato di ridurre il Nord in cenere”
aveva
continuato Davos e Brienne era rabbrividita suo malgrado, “ma ora la
situazione
è peggiorata. Daenerys costringerà Jon in ginocchio e ammasserà pretese
sul
Nord fino a proclamarsene regina. E allora Jon non avrà scelta: dovrà
portare
l’intero esercito in guerra e non avrà modo di difendere la sua gente
quando
arriveranno gli Estranei.”
“Ma la Barriera…”
Davos aveva scosso la
testa. “La
Barriera protegge il Nord dai morti solo se c’è qualcuno a proteggere
la
Barriera” aveva spiegato, “e i Guardiani della Notte senza adeguati
supporti non
ne saranno più in grado. Jon sapeva che Grande Inverno era l’unico
posto
sicuro, perché l’ha abbandonato? L’esercito di Daenerys non avrebbe mai
potuto
spingersi così a nord durante l’Inverno…”
“Forse l’ha fatto perché
Daenerys
aveva minacciato di ucciderci” aveva suggerito Brienne e Davos era
trasalito,
come se non avesse affatto considerato quella possibilità.
“Ma davvero hai così
poca fiducia
nelle sue capacità?” l’aveva rimproverato duramente Brienne “Non pensi
che Jon
avrà un piano e che di sicuro non ha alcuna intenzione di lasciare il
Nord
nelle mani di quella pseudo-regina? Fidati di lui…”
Davos aveva taciuto per
qualche istante, probabilmente colpito dalle quelle parole.
A distanza di un giorno
quelle
parole le incutevano ancora timore. Brienne sapeva che Davos aveva
ragione.
Robert, Renly, Robb, Joffrey, Stannis e ora anche il povero Tommen
erano morti
per far posto al loro successore. La loro stella aveva brillato più
splendente
delle altre, ma si era spenta più rapidamente. Ricordò Catelyn e Robb
Stark ed
il pensiero le diede forza.
No, si disse con decisione, gli
Stark sono stati sufficientemente colpiti dalle disgrazie, stavolta
sarà tutto
diverso. Ma al destino non si comanda e di questo Brienne ne era
dolorosamente
certa.
Quella mattina Davos era
rimasto
tutto il tempo seduto al tavolo, immerso nella lettura di un gigantesco
libro.
Per non disturbarlo, Brienne ne aveva approfittato per farsi il bagno
nella
tinozza. L’acqua era addirittura calda. Quando ebbe finito, si strofinò
forte
con un panno e si rivestì. Trovò Davos in piedi dietro al tavolo con la
mano
destra sul libro chiuso e un strana luce negli occhi.
“Leggere questo libro mi
ha fatto
venire un’idea meravigliosa” disse lottando per trattenere l’emozione,
“adesso
so come uscire di qui.” Brienne dovette esimersi dall’alzare gli occhi
al
cielo.
Ci risiamo…
Ma stavolta Davos
sembrava sicuro
di sé. Aprì il libro e indicò una figura. Brienne si dovette avvicinare
per
riuscire a scorgerla. Sembrava una piccola ninfea.
“ESATTO!” esclamò Davos
con tanta
foga da farla sobbalzare “E guarda là, non ti sembra uguale?” Brienne
seguì l’indice
puntato e scorse un simbolo molto simile sulle tende. “Sì” rispose
leggermente
sorpresa, “ma questo cosa comporta?”
“Quello è il simbolo di
Naerys
Targaryen, moglie di re Aegon IV” spiegò Davos eccitato, “questa era la
sua
stanza.”
“Bene, e allora?”
“Non conosci le leggende
che
girano su Naerys?” le chiese Davos “Veniva alla Roccia del Drago per
incontrare
il suo amante: Aemon Cavaliere del Drago. Ma non sempre gli incontri
andavano a
buon fine e se stavano per essere scoperti Naerys faceva fuggire Aemon
attraverso un passaggio segreto che porta alla spiaggia.” Davos stava
guardando
Brienne come si guarda una ragazzina a cui si devono spiegare le cose
cento
volte.
Inizialmente non
successe nulla e
Brienne stava per voltarsi, quando all’improvviso si sentì un tonfo
sordo e nel
camino si aprì un’apertura. Era grande a sufficienza per far passare un
uomo.
Davos sembrava soddisfatto.
“Coraggio, vai” la
incitò, “il
corridoio porta alla spiaggia e da lì potrai prendere una nave e
raggiungere il
Continente.”
Brienne lo fissò
sconvolta.
Davos scosse la testa.
“Non
posso” rispose, “devo aspettare Jon e spiegargli la situazione.”
“Ma ti uccideranno se
scopriranno
che mi hai fatto fuggire!”
“Non lo faranno” la
rassicurò
Davos, “gli servo vivo se sperano di poter ottenere qualcosa da Jon. Tu
devi
tornare a Grande Inverno, raccontare quello che è successo e mettere in
guardia
Sansa dalla Regina dei Draghi. Dovete proteggere la Barriera.”
Brienne non si
sentiva all’altezza di un simile compito.
Davos si morse il
labbro.
Brienne non sapeva cosa
dire: al
sollievo per il prossimo ritorno a Grande Inverno si sovrapponeva
l’angoscia
per la loro situazione. Avrebbe voluto trovare un’alternativa, un modo
per non
lasciare Davos, e si sorprese ad essere così preoccupata per lui. Il Nord ha
bisogno di me, si costrinse a pensare. Sansa
ha bisogno di me.
Annuì e si calò con
cautela attraverso
l’apertura polverosa. Prima di scomparire, ebbe modo di vedere Davos
per quella
che sperava non sarebbe stata l’ultima volta. “Grazie” sussurrò
imbarazzata e
lui sorrise. Poi iniziò a scendere. Il buio la inghiottì e Brienne
quasi
ruzzolò a terra quando i suoi piedi finalmente toccarono terra.
Il cunicolo era
piuttosto basso e
dovette chinare la testa per non rischiare di sbatterla contro le rocce
che
pendevano dal soffitto. Avanzò alla cieca, orientandosi tastando le
pareti di
pietra. Dopo qualche minuto il terreno divenne scivoloso e l’aria umida
e
Brienne capì di essere vicina all’uscita. Finalmente vide filtrare
della luce
attraverso la parete che le si stagliava di fronte. Si accertò di non
udire
voci e cominciò a rimuovere le pietre per aprirsi un varco. Fu un
lavoro duro,
ma alla fine Brienne riuscì a uscire.
Si ritrovò davanti ad un
sentiero
appena visibile, che evidentemente conduceva alla spiaggia. Non posso tornare
alla nostra barca, ragionò incamminandosi prudente lungo la
stradina. Potrebbero
averla messa sotto sorveglianza. Devo trovare un’imbarcazione
nuova. Brienne
comprese di essere in svantaggio rispetto a Davos, che almeno conosceva
l’isola, e sperò di non incontrare nessuno.
Si sono pure
presi Giuramento.
Brienne strinse le
labbra con
rabbia: quella spada le era stata donata da Jaime Lannister affinché
proteggesse Sansa, ma ora lei non sarebbe stata in grado neppure di
difendere
sé stessa. Oltre un filare di alberi dalle fronde giallastre si
allungava la
spiaggia battuta dal vento. Verso il promontorio a nord, nella grande
insenatura riparata su cui si stagliava il castello, si
intravedeva il porto. Troverò
sicuramente una barchetta, pensò Brienne
sentendosi tuttavia a disagio per la necessità di commettere un furto.
Sfortunatamente il porto
era
gremito di gente: sembrava che più di una nave fosse in partenza.
Venivano
caricate le armi e su alcune addirittura i cavalli. Brienne, nascosta
dietro un
tronco secco, osservò la folla tentando di riconoscere qualcuno. Vide
Rakandro
impartire ordini a destra e a manca ed Olenna salire su una delle navi
più
vicine. Poi un soldato urlò: “La regina!”
Brienne si voltò di
scatto e vide
Daenerys, accompagnata da Tyrion e Varys, uscire dal palazzo. Sembrava
vogliosa
di fare uno dei suoi discorsi interminabili.
“Miei alleati” iniziò
infatti
Daenerys, “oggi le nostre strade si dividono. Sapete quali sono i
vostri
compiti e sapete quanto il vostro contributo sia necessario. Mi aspetto
molto
da voi. Se ci saranno problemi di qualunque tipo inviate corvi, ma
sappiate che
potrebbero essere intercettati. Evitate quindi di scrivere informazioni
fondamentali.”
Mentre Daenerys parlava,
Brienne
si avvicinò ad un’imbarcazione su cui sventolava lo stemma della rosa
Tyrell. Saranno diretti sicuramente
in qualche cittadina vicino Approdo del Re, si disse
sicura Brienne. Se mi nascondo nella
stiva potrò tornare nel Continente senza
essere vista. Il viaggio durerà poco…
“La guerra è alle porte”
stava
continuando la Madre dei Draghi, “e possiamo solo fidarci gli uni degli
altri.”
Brienne per una volta desiderò che quel discorso soporifero potesse
continuare
il più a lungo possibile. Si arrampicò senza troppe difficoltà
aiutandosi con
gli ormeggi e fu piacevolmente sorpresa nel trovare la barca ancora
vuota.
Evidentemente si erano tutti riuniti per ascoltare le parole della
regina.
Brienne sgattaiolò dentro e si diresse sottocoperta.
Vi erano poche cabine,
tutte
arredate con mobili poveri, e si mise perciò a cercare un nascondiglio.
Da
fuori giunse un boato di esultanza e Brienne capì che il discorso era
terminato. Aveva poco tempo. Adocchiò quello che sembrava un
ripostiglio e si
affrettò a chiudersi dentro. Sfortunatamente non c’erano chiavi con cui
bloccare la porta e Brienne poteva solamente sperare che a nessuno
venisse la
baldanzosa idea di frugare in un inutile sgabuzzino.
Qualcosa però non
tornava, ma ormai
non aveva modo di scendere dalla nave: alcuni passeggeri erano già a
bordo.
Facendo attenzione a non fare rumore, Brienne accostò l’orecchio alla
vecchia
porta malmessa. Delle persone stavano attraversando il corridoio.
“Benvenuta a bordo,
lady Olenna”
stava dicendo una voce piuttosto vicina. “La tua cabina è in fondo al
corridoio,
mia signora, lascia che ti accompagni…”
“So camminare da
sola, grazie”
sbottò quella che doveva essere Olenna Tyrell, “dimmi piuttosto, sono
saliti
tutti? Quella ragazzina non la finiva più di parlare, pensavo che sarei
morta
prima della fine di quel suo discorso.”
“Sono tutti sulla nave,
mia signora”
rispose la prima voce, “attendiamo solo il tuo ordine per partire.”
“Bene” ribatté Olenna
ora più
vicina, “che cosa aspetti ancora?!” Si sentirono passi frenetici che si
perdevano nel corridoio.
“Quanto credi durerà il
viaggio?”
chiese una voce femminile.
“Non lo so, Nymeria”
ammise
Olenna, “ma non meno di una settimana…”
Brienne trasalì. Una
settimana?
Per Approdo del Re? Ci doveva essere un errore… Premette l’orecchio
sulla porta
per non perdersi nemmeno una parola.
“Secondo te ci sarà una
guerra?”
stava chiedendo Nymeria.
“E’ molto probabile”
replicò
Olenna sempre più vicina alla porta, “non lascerò che distruggano la
mia
terra.” Brienne si accorse di star sudando freddo. Chi stava
distruggendo che
cosa?
“Ma dove attraccheremo
esattamente?” chiese ancora Nymeria “Nessuno mi ha saputo dare
indicazioni
precise…”
“Vecchia Città” rispose
con
semplicità Olenna e quelle parole furono come una pugnalata per
Brienne. Aveva
commesso un imperdonabile errore: quella nave non era diretta in
qualche paese
vicino alla capitale.
L’Altopiano…
Come ho fatto a non pensarci prima?
Fu animata da un impellente bisogno di scendere, ma ormai era troppo tardi. La tromba squillò e la nave lentamente abbandonò il porto.
"Lo temi, lo eviti, il destino arriva comunque."
N.D.A.
Jon abbandona il Nord con il cuore pesante e lascia alle sue spalle Sansa ancora poco pronta al ruolo che l'attende. Jaime ha davanti a sé una difficile missione ad Alto Giardino, una missione che non sa bene come trattare. Daenerys ha fatto la sua scelta: Uomini di Ferro e dorniani a Porto Bianco contro Euron e Dothraki e Tyrell ad Alto Giardino a combattere i Lannister. Faranno in tempo tutti questi personaggi ad arrivare dove devono arrivare?
E poi ovviamente il dramma di Brienne, costretta ad abbandonare Davos e ritrovatasi per errore in viaggio per Vecchia Città. Quanto influirà questo dettaglio sulla storia di Westeros? Ve lo dico io: tanto...
Un ringraziamento speciale anche a Nirvana_04 che ha recensito il capitolo 2 e a tutti quelli che hanno intanto inserito la storia tra le seguite e le preferite...
Posso solo augurarvi buon ponte (se lo avete) di primo maggio e spero di risentirvi presto!
PS: stavolta doppia citazione cinematografica :-)... La prima viene dalla canzone "i colori del vento" di Pochaontas e si riferisce interamente al lugubre primo ululato di Spettro, di solito sempre silente e letale. La seconda invece non potevo non metterla ed è da Avengers: Infinity War: può riferirsi in fondo a ogni personaggio in questo capitolo così decisivo per la piega della storia e la dedico a Nightlion e leila91...