Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    28/04/2018    8 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 5

Departures and escapes                                                                                                                                                        

 

 

                                                                                                                      "Hai sentito il lupo che ulula alla luna blu?"


Sansa

 

Quella notte Sansa non riuscì a prendere sonno. Continuava a rigirarsi nel letto, tentando di convincersi di dover solamente trovare la posizione giusta. Non aveva il coraggio di spegnere la candela che fievole ardeva ancora sul suo comodino, troppo spaventata dall’angoscia che avrebbe potuto assalirla.

Va tutto bene. Si girò sul fianco destro.

Sono al sicuro. Scivolò sul fianco sinistro.

Jon tornerà presto… Si distese sul dorso.

La mattina successiva tutti si aspettavano che da vera lady di Grande Inverno Sansa salutasse il Re del Nord con distacco e cortesia, evitando scene lacrimose e imbarazzanti. Tutti che si aspettano qualcosa da me, pensò intenta a fissare il soffitto, ma io non posso fidarmi di loro.

Sansa non si illudeva: quei lord avevano scelto Jon, non lei. Sarebbero stati disposti a morire per il loro re, ma non si sarebbero opposti ad una nuova politica matrimoniale che riguardasse la loro lady. E se Baelish riesce a convincerli…

Sansa si tirò a sedere colta dall’ira. Io sono la lady di Grande Inverno, pensò decisa. Nessuno riuscirà a mettermi da parte. Tutto questo è mio. Non biasimava affatto Jon per aver accettato il titolo di re, ma certe volte si sentiva esclusa da faccende che, ne era sicura, la interessavano. Jon voleva proteggerla, certo, ma la trattava ancora troppo spesso come la ragazzina che era partita per Approdo del Re con un meta-lupo, una sorella odiosa e la testa piena di stupidi sogni.

Sansa ormai aveva smesso di credere nel vero amore: le unghie di Ramsay le avevano strappato quel briciolo di speranza che ancora le alitava in corpo. Non si sarebbe più risposata, non avrebbe più affidato la sua vita nelle mani di qualcun altro.

L’indomani mattina avrebbe assunto ufficialmente tutti i poteri che erano stati conferiti a Jon. Potrei fare tutto quello che voglio, pensava. Decidere, dare ordini, allontanare le persone che mi infastidiscono. E invece si sarebbe attenuta al programma, limitandosi a sorridere ed ad evitare che i lord si scannassero fra loro. Ai bruti ci avrebbe pensato Tormund.

Tutto sembrava così semplice e Jon l’aveva così a lungo rassicurata, che Sansa aveva quasi creduto che per una volta tutto potesse funzionare. Jon avrebbe raggiunto Daenerys, si sarebbero alleati e avrebbero conquistato Approdo del Re. I draghi avrebbero sconfitto gli Estranei e Jon sarebbe tornato a Nord sano e salvo.

Poi Tormund le aveva svelato i numerosi pericoli che Jon si accingeva ad affrontare, le minacce di Daenerys e la prigionia di Brienne e Davos, e Sansa si era costretta ad essere realistica. Jon poteva rimanere ucciso. Certo, ciò sarebbe potuto accadere anche durante la Battaglia dei Bastardi, ma, adesso che Sansa aveva finalmente riconquistato la parziale felicità della sua vita, era restia a lasciarla andare. Aveva paura.

Si alzò tremante dal letto e, avvolgendosi in una vestaglia di lana rosa pallido, uscì dalla stanza. Il freddo del pavimento a contatto con i suoi piedi nudi la fece rabbrividire, ma Sansa non si fermò. Silenziosa come l’ombra di sé stessa, scivolò attraverso porte e saloni fino al cortile.

Allora si rese conto di essere diretta al Parco degli Déi. All’interno tutto taceva, come in attesa. Sansa si orientò facilmente anche al buio tra gli alberi che avevano occupato la sua infanzia e puntò verso l’Albero del Cuore. Via via che vi si avvicinava, sentiva crescere d’intensità uno strano suono stridente. All’improvviso scorse una luce che realizzò essere emanata da una candela ai piedi del secolare albero-diga.

Jon era seduto sulla roccia in riva allo stagno, intento ad affilare Lungo Artiglio con una grossa pietra nera. Aveva gli occhi chiusi ed i suoi movimenti erano ponderati ed esperti. Con un tuffo al cuore Sansa notò che aveva già indossato l’armatura che era stata forgiata per lui, con il simbolo degli Stark a rilievo sul petto. In quel momento Sansa rivide suo padre.

Una foglia scricchiolò e Jon aprì gli occhi di scatto. “Sansa!” esclamò visibilmente sorpreso “Cosa ci fai qui a quest’ora?”

“Potrei farti la stessa domanda.” Sansa rabbrividì per il freddo.

“Ma tu stai gelando” osservò Jon alzandosi in piedi e togliendosi subito il mantello, “ecco, prendi questo…” Sansa accettò l’offerta volentieri e si accoccolò accanto al fratello sul muschio umido. Per un po’ nessuno dei due parlò.

“Perché sei qui?” chiese infine Sansa scostandosi una ciocca di capelli dal viso. Jon sospirò. “Ogni giorno alla Barriera sognavo di poter tornare a Grande Inverno” raccontò triste, “ed ora che finalmente sono qui devo partire. Io non so se ne ho la forza…”

“E allora resta” suggerì Sansa speranzosa, “nessuno ti obbliga a fare nulla.”

“Lo sai che non ho scelta.”

Jon la stava fissando negli occhi e Sansa si morse il labbro. Ecco, aveva nuovamente fatto la figura della bambina egoista.

“Non aver paura” la consolò Jon prendendole le mani gelide, “sarai al sicuro… Tormund ti aiuterà vedrai e Spettro…”

“Ma non capisci?!” sbottò Sansa frustrata “Io ho paura per te. Potresti morire e…”

“Sansa, ti prego ascoltami” la interruppe dolcemente Jon, “non voglio mentirti: ci troviamo in una situazione pericolosa. Ma io non ho alcuna intenzione di morire ancora una volta solo e lontano da casa.”

“Non puoi scegliere, nessuno può…”

“Gli déi” sussurrò Jon indicando l’Albero del Cuore, “solo loro ci possono aiutare.”

Sansa fece una smorfia. “Io non prego più” disse abbassando il capo. “Mentre ero ad Approdo del Re trascorrevo le ore pregando gli dei di salvarmi e di aiutare Robb a vincere la guerra. Io sono qui e lui è morto…”

“Non devi tormentarti” la confortò Jon abbracciandola. Sansa si perse in quel tepore. “Non è stata colpa tua e Robb sapeva benissimo a cosa sarebbe potuto andare incontro, lo so che lo sapeva.”

Sansa avrebbe tanto voluto crederci. “Jon” sussurrò con un singhiozzo, “devo dirti una cosa.” Prese fiato. “E’ colpa mia se nostro padre è morto.”

Jon la fissò sconvolto. “Sansa, ma cosa stai…?”

“Sono stata io a dire a Cersei che nostro padre intendeva rimandare me ed Arya a Grande Inverno” disse Sansa in lacrime. “Credevo di amare Joffrey e pensavo che la regina mi avrebbe potuto aiutare a restare. E invece…” Sansa esplose in un pianto a dirotto. Per la prima volta dopo anni sentiva di poter parlare liberamente.

“Non essere così dura con te stessa” cercò di rincuorarla Jon, “non potevi sapere che sarebbe finita così. Anch’io ho sbagliato…” Sansa sollevò il viso rigato di lacrime.

“Ho abbandonato Robb al suo destino” continuò Jon visibilmente lacerato dal rimorso, “e non ho cercato Bran oltre la Barriera.”

“Ma il tuo giuramento…”

“Al diavolo il giuramento e l’onore: ci sono cose più importanti. Io l’ho capito troppo tardi…”

Sansa avrebbe voluto ribattere, ma Jon si portò una mano all’orecchio. “Senti?” chiese chiudendo gli occhi “Gli Antichi Déi ci stanno parlando…” Sansa rabbrividì e tentò di ascoltare il vento che faceva muovere pigramente le foglie rosso-sangue degli alberi.

“Dicono che sarai un’ottima regina” concluse Jon sorridendole.

Sansa abbassò lo sguardo. “Jon, non so se sono in grado di…”

“Certo che lo sei” disse deciso Jon alzandole il mento, “sei nata per questo.”

“Ma se Baelish…”

“Se Baelish ti importunerà, scrivimelo. Se ci saranno problemi, io tornerò immediatamente.”

“Me lo prometti?” chiese Sansa guardando il fratello negli occhi.

“Te lo prometto” rispose Jon con un sorriso.

Sansa si tranquillizzò. “Promettimi anche che sarai prudente” aggiunse, “e che non correrai rischi inutili.” Jon scoppiò a ridere. “Ehi” esclamò, “ti sembro forse uno che va in cerca di guai?” Sansa rise timidamente. “Un po’” ammise distogliendo lo sguardo.

Jon si alzò in piedi e le tese una mano. Sansa si accorse di essersi inzuppata la camicia da notte, che ora le si era appiccicata alle gambe. Lasciò che Jon la guidasse fuori dal Parco. Dal nulla Spettro iniziò a trotterellarle accanto, il suo pelo candito splendente nelle tenebre. Lady sarebbe diventata così, si ritrovò a pensare Sansa malinconica. Sarebbe stata lei a proteggermi. Si lasciò condurre fino davanti alla porta della sua camera.

Jon appariva provato, anche se si sforzava di sorridere. “Adesso è meglio che riposi” le disse accarezzandole i capelli. Spettro le leccò una mano. “A domani” sussurrò Sansa già con la mano sulla maniglia. Jon fece un cenno del capo nella sua direzione e si allontanò. Spettro si accucciò vigile davanti all’entrata e Sansa si sentì rincuorata.

Quando fu tra le soffici coperte del letto, poco prima che fosse vinta dal sonno, innalzò una preghiera agli Antichi Déi. “Vi prego” mormorò ad occhi chiusi con la testa sul cuscino, “vi prego fate che Jon torni. Vi siete presi tutta la mia famiglia, lasciatemi almeno mio fratello. Vi prego…” Poi cadde in un sonno profondo e senza sogni. 

La mattina successiva si vestì con gesti automatici, scegliendo un abito largo e lasciando i capelli sciolti. Nel castello fervevano i preparativi e si potevano scorgere i cavalli già sellati nel cortile. Sansa si recò nella Sala Grande dalla quale proveniva un fastidioso rumore.

Jon era in piedi con le mani posate sul tavolo circondato dagli altri lord. Stavano discutendo piuttosto animatamente.

“E’ inammissibile” stava sbraitando lord Manderly, “la scorta deve essere formata almeno da cento guerrieri esperti, vostra grazia, non uno di meno.”

“Wyman ha ragione” intervenne lord Glover, “tuo padre è andato ad Approdo del Re con cinquanta uomini e non sono bastati…”

“E mio fratello ne aveva più di ventimila, ma è stato ucciso lo stesso” ricordò loro Jon, “venti uomini basteranno.”

“Ma se verrete attaccati” osservò Cley Cerwyn, “non avrete scampo.”

“Questa è una missione diplomatica” insistette Jon, “non saremo vittima di attacchi: Daenerys mi garantisce sicurezza.”

“E ti fidi di una Targaryen?” chiese con una punta di disprezzo Robett Glover “Perdona la franchezza, vostra grazia, ma non credo sia una mossa saggia. Daenerys è nostra nemica.”

“Gli uomini saranno necessari qui” tagliò corto Jon, “presto dovremo affrontare la guerra più difficile che si ricordi a memoria d’uomo ed abbiamo bisogno di alleati.”

“Ma se…”

“Basta così! Vi ringrazio per i vostri consigli, ma credo sia ora di andare.”

Lentamente la sala si svuotò. Sansa incontrò lo sguardo di Jon per un attimo, poi lui si voltò uscendo dalla porta secondaria. Dopo qualche secondo Sansa sentì dei passi alle proprie spalle.

“Mia signora” disse a bassa voce Alys Karstark, “desidero parlarti, se è possibile…”

Sansa sentì la rabbia ribollirle nelle vene. No, certo che no! “Ma certo!”

Alys le sorrise, abbassando gli occhi. “Mi chiedevo se” iniziò impacciata, “ecco se… Beh, se ti fossi offesa per l’altra sera… P-per il bacio…” Era arrossita violentemente e il colorito rendeva ancora più gradevole il suo viso.

Sansa strinse i pugni e necessitò di tutta la forza di volontà che riuscì a racimolare per non mettersi ad urlare. “Come mai dici così?” chiese con finto stupore “Mio fratello è libero di baciare chi vuole…” Alys roteò gli occhi. “Questo è ovvio” assentì, “ma mi chiedevo cosa significava per te… Sai, ti ho vista correre fuori dalla sala…”

Ma cosa ti importa?! “Non comprendo il tuo turbamento” esclamò Sansa sforzandosi di apparire a proprio agio, “avevo solo bisogno del bagno.”

“Ohh” disse Alys portandosi una mano alla bocca, “ora capisco. Spero tu mi abbia perdonato la curiosità di poco fa…”

“Nessun problema” affermò Sansa tirando le labbra in un sorriso. Alys sembrava radiosa. “Bene!” esclamò “Credo sia meglio andare o ci perderemo la partenza del re.”

Alys si avviò per poi voltarsi sulla soglia. “Ricorda” le disse in tono intimo, “qui hai un’amica.”

Sansa avrebbe voluto vomitare. Si mise a camminare in cerchio in preda al nervosismo. Ecco chi mi rimane, pensò irata. Baelish e signorina sono-tua-amica… Ma perché non posso andare con Jon?

Ci deve sempre essere uno Stark a Grande Inverno, questo le aveva detto suo fratello, ma la verità era che aveva un disperato bisogno di qualcuno fidato che governasse in sua vece. Sansa, però, non si sentiva all’altezza.

Si avviò nervosa verso il cortile, continuando a torcersi le mani. Vedendola arrivare, i lord si scansarono e Sansa poté raggiungere senza eccessiva difficoltà suo fratello. Jon era pallido, con occhiaie bluastre che gli appesantivano gli occhi, ma alla vista di Sansa sorrise. Dietro di lui i venti uomini selezionati erano già in sella ai propri cavalli. Jon esitava ancora. Sansa capì che voleva fare un discorso.

“Miei lord” iniziò infatti Jon con voce profonda per sovrastare il brusio, “vi esprimo la mia più sincera gratitudine per l’aiuto che mi avete offerto.” Fece una pausa, interrotto dalle esclamazioni.

“Durante la mia assenza” proseguì Jon, “desidero che riponiate la vostra lealtà in mia sorella Sansa. Ubbidite ai suoi ordini come vi siete detti disposti ad eseguire i miei. Le porte di Grande Inverno resteranno aperte e qualsiasi lord che lo desideri potrà restare finché lo vorrà. La sua collaborazione non sarà dimenticata.” Jon riprese fiato e Sansa intuì che la parte più importante del discorso doveva ancora venire.

“L’inverno è arrivato” disse Jon facendo scorrere lo sguardo sulla folla, “e non sappiamo quanto tempo ci resti prima che gli Estranei trovino un modo per attaccarci. Vi parlerò in tutta franchezza: la Barriera non è indistruttibile. Io ci ho vissuto. L’ho vista lacrimare nelle giornate calde, l’ho vista creparsi sotto i colpi dell’acciaio.” Sansa sentì un brivido pizzicarle la colonna vertebrale e vide che alcune dame si erano tappate la bocca con le mani.

“Non crogiolatevi nella vostra sicurezza” proseguì Jon, “ma attivatevi per il vostro futuro. E’ fondamentale che le antiche dispute lascino spazio a nuove alleanze. Il Popolo Libero, la gente del Nord, la gente del Sud… siamo tutti uguali. Mi aspetto che riusciate a mantenere ottimi rapporti anche con coloro che un tempo vi furono nemici.”

Jon tacque e per un secondo nessuno osò parlare. Poi tutti gridarono la loro approvazione contemporaneamente e Sansa capì di aver di fronte il vero Nord, il Nord indomabile e ribelle che non si sarebbe mai più piegato per nessuna ragione. Con la coda dell’occhio vide Ditocorto in un angolo, livido di rabbia. Sansa dovette reprimere un sorriso soddisfatto: evidentemente Petyr Baelish aveva in programma di far leva sul malcontento del Nord, ma si era visto ostacolato dall’entusiasmo con cui i lord avevano garantito nuovamente la loro fiducia a Jon. Quest’ultimo nel frattempo era montato in sella a Ghiaccio e Sansa notò il timore nei suoi occhi. Tornerà, pensò con decisione. Deve tornare…

Jon la fissò con occhi velati di tristezza e commozione. “A presto, Sansa” sussurrò imbarazzato lui, “ti voglio bene.” Sansa ricacciò indietro le lacrime e, incurante della folla che la stava osservando o del suo vestito finemente lavorato, saltò in braccio al fratello gettandogli le braccia intorno al collo.

Jon, colto di sprovvista, sgranò gli occhi e si affrettò a sorreggerla per evitare che cadesse da cavallo. Sansa affondò il viso nella sua spalla, scoprendola con disappunto coperta dalla fredda armatura scintillante.

“Anch’io ti voglio bene” gli mormorò all’orecchio, “mi raccomando, sii prudente…” Jon la sciolse dolcemente dalla stretta, posandola con delicatezza a terra. Le lanciò un ultimo muto sorriso, prima di girarsi e guidare la sua scorta verso l’uscita.

Non si voltò e Sansa gliene fu grata: se l’avesse ancora una volta guardato in viso, non avrebbe più potuto trattenere le lacrime che minacciavano di bagnarle il viso. Lontano risuonò l’ululato straziante di Spettro e Sansa sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene: non lo aveva mai sentito emettere un verso. I meta-lupi sanno, si ritrovò a pensare d’un tratto troppo angosciata anche solo per ricordarsi di respirare. Per un attimo si lasciò vincere dallo sconforto, poi si riscosse. Osservò con sguardo vacuo l’orizzonte che sfumava nell’aria rarefatta del mattino, lo stesso pensiero che le rimbombava nella mente.

Tornerà.

 

Jaime

 

La spada gli scivolò dalla mano e cadde a terra con un tonfo sordo. Bronn l’aveva disarmato ancora una volta e ora gli puntava l’arma smussata alla gola.

“Ti ho battuto, mio signore” osservò con un inchino sarcastico, “o forse dovrei chiamarti principe?”

Jaime tirò le labbra in un ghigno e si rimise in piedi. “Al diavolo” borbottò prima di ripartire all’attacco. Bronn riusciva ancora a parare tutti i suoi fendenti, ma Jaime si era reso conto che ciò gli risultava più difficile nell’ultimo periodo. Sto migliorando.

Era dolorosamente certo di non essere in grado di ripetere le gloriose imprese del passato, quando aveva ancora la mano destra, ma ora anche con la sinistra riusciva a difendersi degnamente. Non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma Qyburn aveva fatto proprio un ottimo lavoro con la mano d’oro: ormai Jaime quasi non ne sentiva più il fastidio. Era certo più pesante e rigida di una mano normale, ma risultava incredibilmente comoda e, perché no, perfino elegante.

Jaime tentò un attacco basso, mirando alla cintura, ma Bronn lo anticipò. “Che sono queste mosse poco onorevoli?” lo prese in giro colpendolo neanche troppo violentemente sulla spalla.

Jaime indietreggiò senza fiato, studiando la situazione. Provò con un affondo al ventre e al braccio per poi rinunciare. “Per oggi basta così” disse raccogliendo le sue cose, “hai il pomeriggio libero.”

“Sì e per fare cosa?” chiese Bronn guardandosi teatralmente intorno “Tua sorella ha proibito tutto il divertimento e non si trova un bordello manco a pagarlo oro…”

“Bene!” esclamò Jaime voltandosi verso il mercenario “Allora puoi venire con me ad un interessantissimo incontro del Concilio Ristretto…”

Bronn fischiò. “Tienitelo pure il tuo fottutissimo Concilio Ristretto” gli disse allontanandosi, “io saprò cavarmela.”

“Non ne avevo dubbi” mormorò Jaime sorridendo.

Iniziò a risalire la lunga scalinata che portava al palazzo. Da quando Cersei aveva preso il potere il numero delle guardie era triplicato: nel solo cortile dei servi ve ne erano almeno sei. I loro sguardi austeri e spietati mettevano stranamente a disagio Jaime. Se non fossi il fratello della regina, pensò, sarei già finito sul ceppo.

Aveva assistito ad un numero spaventoso di esecuzioni, senza avere mai il coraggio di dire a Cersei di smetterla. Ha paura, di questo Jaime ne era certo. E la vince con la paura altrui.

Arrivato in cima, stava ansimando. Entrò nella sala del Trono e non si stupì di trovarla semivuota. La piccola folla si aprì a ventaglio per lasciarlo passare. Hanno paura anche di me, si rese conto Jaime, stranamente irritato da ciò.

Qyburn gli venne incontro. “Ser Jaime, la regina gradirebbe la tua presenza nelle sue stanze…”

Jaime lo fissò confuso. “Ma la riunione non era stasera?” chiese aggrottando le sopracciglia. Qyburn non cambiò la sua espressione annoiata. “Sua maestà non ama attendere” gli ricordò con un lampo negli occhi.

Jaime annuì e si voltò per raggiungere le stanze di Cersei. La trovò seduta e, come succedeva sempre più spesso ormai, con un calice di vino in mano.

“Cersei…”

La sorella non alzò nemmeno lo sguardo. Sembrava sovrappensiero. Jaime tirò un colpetto di tosse piuttosto forzato e Cersei finalmente sollevò il viso per guardarlo.

“Finalmente sei arrivato…” lo salutò alzandosi in piedi. Jaime notò che portava una lunga spada legata alla cintura.

“Joffrey la chiamava Lamento di Vedova” spiegò lei indovinando i pensieri del fratello, “io preferisco Dominatrice.” Cersei fece una smorfia. “Un tempo avevi anche tu una spada” gli ricordò con voce tagliente e Jaime sperò che cambiasse in fretta argomento. Fortunatamente Cersei appariva nuovamente estranea al mondo terreno e Jaime colse l’occasione per portare l’attenzione su un’altra questione. “Perché mi hai chiamato?” chiese avvicinandosi.

Cersei portò nuovamente il calice alle labbra prima di rispondere. “E’ ora che io faccia la mia mossa” disse senza nemmeno guardarlo, “e ho bisogno del tuo aiuto.”

Jaime perse tutto d'un tratto la pazienza. “E allora perché non mi coinvolgi nelle tue faccende? Perché mi allontani?”

“Hai sempre partecipato a tutte le riunioni” disse Cersei con voce pacata, “e ti ho sempre messo al corrente delle mie decisioni.”

“Ah sì?” chiese con sarcasmo Jaime “E che mi dici allora della tua chiacchieratina con Euron Greyjoy? Non credi che forse come comandante dell’esercito debba conoscere i nostri alleati?”

“Non ti ritenevo idoneo a sostenere una conversazione con Occhio di Corvo, tutto qui” spiegò la regina quasi con indifferenza, “da un po’ di tempo sei diventato… debole.” E questo è un male? si chiese Jaime incapace di darsi una risposta.

“Euron Greyjoy mi ha offerto il suo sostegno” stava continuando Cersei camminando verso la finestra, “lui attaccherà mentre noi potremo rimanere ad Approdo del Re.”

Jaime la fissò sbalordito. “E tu ti fidi di un matto come Euron?!”  

Cersei scoppiò a ridere, una risata fredda e senza gioia. “Certo che no” rispose tranquilla, “ed è per questo che necessito del tuo aiuto.” Jaime si arrese all’incapacità di comprendere a pieno sua sorella. “Va bene” disse sedendosi, “esponimi il piano…”

“Secondo l’accordo” iniziò Cersei camminando avanti ed indietro, “Euron dovrebbe attaccare la Targaryen ed il Nord, eventualmente riuscendo a catturare questo nuovo re…”

“E ti aspetti che riesca a sconfiggere due avversari allo stesso tempo?” le chiese Jaime scettico.

“No” disse la regina con decisione, “voglio solo che li rallenti a sufficienza in modo da mettere in atto il mio piano…” Jaime la fissò con aria interrogativa. Cos’ha in mente questa volta?

“Ma non hai paura che Euron possa allearsi con Daenerys Targaryen?” le chiese confuso.

Cersei alzò gli occhi al cielo visibilmente irritata. “Ma devo spiegarti sempre tutto?!” sbraitò, per poi calmarsi “Quel mollusco ci aveva provato” spiegò con voce decisamente più moderata, “ma è arrivato tardi e la grande Madre dei Draghi ora appoggia quei deficienti dei suoi nipoti, Theon e Yara.” Si interruppe per versare altro vino, senza neppure offrirne al fratello. Non che Jaime ne volesse.

“Inoltre Euron non oserebbe mai voltarmi le spalle” continuò, “sono miei i soldi con cui paga i mercenari e ha bisogno di loro se vuole mantenere la propria posizione.” Jaime annuì, nonostante ci fosse qualcosa in quella storia che non lo convincesse appieno. “E allora?” chiese insistente “Cosa hai deciso di fare?”

Cersei posò finalmente il calice sul basso tavolino di legno. “Qyburn mi ha suggerito un ottimo piano” rispose e Jaime provò una fitta di gelosia. Qyburn, Qyburn, pensò irritato. Sempre Qyburn.

“Stamane mi sono arrivati dei corvi” stava proseguendo la regina, “da parte di Rendyll Tarly e Orton Merryweather. Mi hanno offerto il supporto delle loro casate e dicono che alcuni alfieri dei Tyrell sono ancora indecisi riguardo a chi fornire i propri uomini. Questi uomini hanno solo bisogno di un segnale di forza da parte mia.” Cersei fissò il fratello negli occhi, per la prima volta da quando era entrato nella stanza.

“Devi portare il mio esercito nell’Altopiano ed assediare Alto Giardino.”

Jaime dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. “E adesso cosa c’entra Alto Giardino?!”

Cersei lo guardò con disprezzo, probabilmente maledicendo gli déi per averle dato un fratello così stupido. “Rifletti una buona volta!” lo sgridò aspramente “La maggior parte dei soldati dei Tyrell sono con la Targaryen: il castello è praticamente senza difese. Sarà uno scherzo espugnarlo. E quando l’avrai fatto, tutti gli altri lord mi temeranno e passeranno dalla mia parte. Quella ragazzina vedrà sgretolarsi il suo esercito anche se Euron dovesse fallire.”

“Sì e magari visto che ci sono conquisto anche Lancia del Sole, no?” propose Jaime sarcastico.

Cersei lo fulminò con lo sguardo. “Non fare l’idiota” sibilò, “Dorne è troppo lontana e non potresti più contare sull’effetto sorpresa.” Si fermò per riprendere fiato: stava ansimando.

“Sai chi è rimasta ad Alto Giardino?”

Jaime dovette ragionarci su per una manciata di secondi. “La moglie di Mace: Alerie Tyrell…”

“Alerie Hightower” lo corresse Cersei, “suo padre è il lord di Vecchia Città, cosa sarà disposto a fare per riavere la figlia?”

Jaime deglutì sapendo esattamente dove questo discorso andava a parare. “Cersei” tentò, “dovrei prendere prigioniera una donna ancora sicuramente scossa dalla perdita dei figli?” Aveva puntato sul lato umano di Cersei che si manifestava quando di trattava di figli, ma la sorella rimase impassibile.

“Perché no?” gli chiese lei gelidamente “Non ne sei in grado?” Jaime non sapeva cosa rispondere. “Non è questo” provò a spiegare, “è che preferirei non usare la violenza per…”

“Oh, che gli Estranei ti portino alla dannazione” imprecò Cersei, “se non te ne fossi reso conto siamo in guerra, Jaime, apri gli occhi!”

Jaime decise di rischiare. “Sei tu che devi aprirli!” esclamò con voce carica di rancore “Io voglio solo aiutarti, per me sei sempre stata la cosa più importante. Ma da quando sei diventata regina sei cambiata, Cersei, non ti riconosco più. Non hai versato una lacrima per la morte di nostro figlio, hai paura di tutti, hai fatto giustiziare quelle persone innocenti… Io voglio rimanere al tuo fianco, ma mi risulta sempre più difficile. E’ vero, ci ritroviamo in una situazione difficile, ma non per questo dobbiamo perdere la testa. Ti prego, ascoltami, cerca di essere più…”

“BASTA COSI’!”

Cersei era furiosa e Jaime s’azzittì di colpo. Ecco, pensò rassegnato, ora mi condanna a morte.

“Non tollero che mi si manchi di rispetto in questo modo” stava continuando la regina, “stavolta chiuderò un occhio perché sei tu, Jaime, ma la prossima volta avrò la tua testa su una picca.”

Mi ha minacciato di morte, si corresse mentalmente Jaime scoprendosi per nulla spaventato dall’idea di morire.

“Nessuno mi dice cosa devo fare” diceva intanto Cersei stringendo nuovamente il calice di vino in mano, “e tu devi obbedire ai mie ordini. Andrai ad Alto Giardino.”

Jaime fece un ultimo tentativo disperato. “Cersei, ti prego” la supplicò, “avrai bisogno del mio esercito qui.”

Avrai bisogno di me qui.

Cersei non si lasciò impietosire né allarmare. “Ormai ho deciso” disse risoluta voltandogli le spalle, “i Tyrell devono abbandonare l’esercito di Daenerys Targaryen. Partirai domani all’alba… Sei congedato.”

Jaime aveva la mente vuota. “Cersei…”

“VATTENE.”

Jaime chinò la testa ed uscì. La discesa fino al cortile gli parve la più lunga della sua vita. Gli sembrava impossibile che Cersei potesse essere cambiata così radicalmente. Alle morti di Joffrey e Myrcella si era disperata e per Tommen invece non aveva provato nulla. E aveva usato l’Altofuoco.

Jaime si prese la testa fra le mani. Cosa devo fare? si chiese disperato Che cosa devo fare? Decise di andare a cercare Bronn per comunicargli la notizia del nuovo viaggio in programma.

Le strade di Approdo del Re erano deserte. Jaime ne constatò lo squallore e la sporcizia: era come se le vedesse per la prima volta. La gente rimaneva terrorizzata nelle case, i bambini portavano in volto i segni della fame. Tutto quel degrado era opera di Cersei, di questo Jaime ne era consapevole. E’ una pessima regina, dovette ammettere. Tuttavia una parte di lui era ancora attratta da lei, dalla sua tenacia e determinazione. Dalla sua capacità di vincere quando qualsiasi speranza pareva vana. Vincerà anche questa battaglia, pensò Jaime senza riuscire a reprimere un moto d’affetto.

Finalmente trovò il piccolo locale dove Bronn era solito recarsi, uno dei pochi che Cersei non aveva ancora fatto chiudere. Trovò il mercenario impegnato in una gara di rutti con un gruppo di brutti ceffi e dovette trascinarlo via di peso.

“Che cosa c’è adesso?” chiese Bronn annoiato ed irritato allo stesso tempo. “Meglio se fai le valigie” lo avvertì Jaime, “domani si parte.”

“E per dove scusa?”

“Per un assedio ad Alto Giardino” rispose con tranquillità Jaime.

Bronn sgranò gli occhi. “Merda.”

Jaime ridacchiò e gli mise confidenzialmente un braccio intorno alle spalle. “Dai, su” lo incoraggiò, “magari è la volta buona che ti troviamo una giovane fanciulla che sia degna di essere moglie di ser Bronn delle Acque Nere.”

“Magari è la volta buona che qualcuno si accorga del fatto che combatti da schifo” ribatté Bronn, “e ti ficchi una spada su per il culo.” Risero entrambi e per un attimo Jaime dimenticò le sue preoccupazioni ed ansie.

Per una volta si dimenticò di Cersei.

 

Theon

 

Non riusciva ancora a crederci, le parole di Varys gli erano scivolate addosso come acqua gelida e non si era nemmeno accorto di aver lasciato la sala del trono di corsa.

Ramsay era morto.

Quel bastardo figlio di puttana che gli aveva fatto invocare la grazia dell’inferno era finalmente morto.

Ucciso, continuava a ripetersi Theon incredulo.

Durante la sua prigionia, a Forte Terrore prima e a Grande Inverno poi, Ramsay gli era sempre parso un essere immune a qualsiasi trucco che gli déi avrebbero potuto ideare per distruggerlo. Ogni mattina era lì con il suo sorriso perverso a ricordargli che nessuno era ancora riuscito a fregarlo. Sono immortale, sembravano dire i suoi occhi spietati. Theon sapeva che in diverse occasioni Ramsay era riuscito a tirarsi fuori da situazioni di svantaggio e tutto ciò aveva intensificato suo malgrado l’aura di intoccabilità che circondava il suo carnefice.

Anche dopo essere riuscito a fuggire, Theon tremava al solo pensiero di doversi scontrare con lui. “Ci vendicheremo” gli aveva detto Yara con lo sguardo di chi ne ha passate tante, “metteremo su il più grande esercito che riusciremo a trovare e staneremo quel verme. Lo uccideremo, Theon, pagherà per quello che ha fatto.” Nonostante le parole di sua sorella avrebbero dovuto accendere in lui la dolce pregustazione della vendetta, Theon si sentiva più agitato che mai. “Lui lo sa” avrebbe voluto dire, “lui sa quello che abbiamo intenzione di fare e non ce ne darà il tempo. Lui sa tutto.”

Poi una voce si era messa a sussurrargli nella mente. Una volta c’era riuscito a ingannare Ramsay. Era saltato giù dalle mura di Grande Inverno mano nella mano con Sansa e questo Ramsay non se lo sarebbe mai immaginato. Una volta, pensava Theon lievemente rincuorato, una volta almeno l’ho battuto. E adesso era morto.

Theon non era più uscito dalla sua stanza. Yara veniva minimo quattro volte al giorno a bussare alla porta. Gli aveva parlato, l’aveva rassicurato, l’aveva supplicato. Il quarto giorno aveva perso la pazienza.

“O apri questa fottutissima porta” gli aveva urlato, “o giuro che ti lascio morire di fame là dentro!” Theon non aveva risposto e Yara se n’era andata imprecando.

La vita nella stanza era monotona, anche perché non c’era molto con cui intrattenersi. Per la maggior parte del tempo Theon giaceva supino sul letto, senza riuscire a imporsi di smettere di pensare. Le notizie riguardanti le gesta di Sansa e Jon gli avevano donato una sensazione di felicità che non ricordava avesse mai provato. Non vedeva Jon Snow da quando era partito per la Barriera anni prima e all’epoca non erano stati amici. Ero egoista, doveva ammettere Theon con saggia autocritica. Pensavo di avere il mondo ai miei piedi e invece… E invece il mondo era andato a rotoli.

Non poteva non provare ammirazione per Jon, che rifletteva come uno specchio tutto ciò che Theon non sarebbe mai stato. Era abituato a non contare nulla, pensava, ma è proprio questo scommetto che l’ha portato a proteggere le uniche cose che gli restavano.

E lui? Lui che aveva fatto? Cos’era stato in grado di fare il grande Theon Greyjoy? Tradire le persone che più si fidavano di lui.

Theon strinse i denti e lottò per ricacciare indietro le lacrime al pensiero di Robb. Ormai aveva smesso di chiedersi cosa sarebbe accaduto se non avesse mai preso Grande Inverno e pregava tutti gli déi di cui conosceva il nome affinché Robb potesse perdonarlo, ovunque egli fosse.

In quel momento qualcuno bussò alla porta. Il tocco era gentile, così diverso dai colpi insistenti di Yara. Theon si sedette sul letto e, toccandosi le guance, scoprì che erano nuovamente umide. “Chi è?” chiese cauto.

“Sono Daenerys…”

Theon balzò in piedi. Diamine, la regina! Tentò disperatamente di rendersi presentabile.

“Tra poco si svolgerà una riunione molto importante” stava continuando la Madre dei Draghi, “ed è necessario che ci sia anche tu. Sei pronto o hai bisogno di tempo?” Theon lanciò un’occhiata sconsolata allo specchio e non rispose.

“Theon? Ci sei?”

“Sì, sì” si affrettò a esclamare lui, “a-arrivo…” E aprì la porta così come si trovava.

Daenerys era elegante come al solito, con i lunghi capelli argentei acconciati in una corona di trecce e la veste svolazzante di seta verde pallido. La regina lo squadrò dalla testa ai piedi, ma Theon non riuscì a provare vergogna. Ne ho provata abbastanza per un vita intera.

Si limitò quindi ad accennare quello che sperava fosse recepito come un sorriso. Daenerys gli fece cenno di seguirla. Theon non si era ancora ambientato abbastanza bene da riconoscere il luogo in cui si stavano recando, così rimase in silenzio.

“Ho sentito che non stavi molto bene” azzardò Daenerys visibilmente dubbiosa e Theon fu grato a Yara per aver inventato quella scusa. “Ehm, sì…credo sia stato il viaggio…” Daenerys non sembrava convinta e Theon dovette ammettere che un Uomo di Ferro che soffre il mal di mare non era molto credibile. Per fortuna erano giunti a destinazione. Entrarono in una stanza sorprendentemente piccola il cui unico mobile degno di nota era un basso tavolino su cui erano sparse delle carte.

“Ma guarda chi ci ha concesso l’onore della sua presenza!” esclamò Yara uscendo dall’ombra. Non sembrava troppo arrabbiata per il piccolo malinteso di qualche ora prima. Nella stanza c’erano anche Tyrion e Varys, che stavano discutendo gesticolando animatamente, le Serpi delle Sabbie con Ellaria Sand, Verme Grigio e Missandei che chiacchieravano vicino alla finestra in una lingua sconosciuta, la vecchissima lady Tyrell e gli altri tre generali dell’esercito di cui Theon non ricordava bene i nomi.

“Bene” esclamò Tyrion sfregandosi le mani allegramente, “ora che ci siamo tutti direi di cominciare.”

Daenerys annuì la propria approvazione. “Questa è arrivata stamattina” disse la regina estraendo una lettera su cui Theon riconobbe immediatamente il sigillo degli Stark, “da parte di Jon Snow. Dice di essere in viaggio per la Roccia del Drago con pochi uomini di scorta e di avere quindi intenzioni diplomatiche. Ci invita inoltre a trattare con tutti i riguardi ser Davos e lady Brienne. A tal proposito, qual è la situazione, Rakandro?”

Il colossale guerriero Dothraki si fece avanti, la treccia che ondeggiava nella semioscurità. “Tutto in regola, Khaleesi” disse con la sua voce profonda, “stanno in loro camera e non credo hanno problemi. Hanno chiesto di vedere te però.”

“Digli che dovranno attendere che il loro re arrivi sull’isola” rispose Daenerys e Rakandro annuì solennemente.

Daenerys fece scorrere lo sguardo sui presenti. “Ci sono alcune novità di cui desidero parlare con voi” annunciò dopo un attimo di silenzio. Theon ebbe come l’impressione di una catastrofe imminente. “La nostra situazione è precaria” stava spiegando la regina, “Varys, per cortesia illustra il nostro principale problema.”

Varys piegò leggermente la testa in un cenno ossequioso. “Euron Greyjoy” disse solamente e nella stanza si alzò un fastidioso brusio.

“Cos’ha fatto stavolta?” chiese Yara a denti stretti. Theon sapeva che loro zio era un uomo pericoloso, ma ormai nulla più gli sembrava così terribile. Non dopo Ramsay.

“Ha attaccato le coste del Nord” continuò Varys.

“Porto Bianco?” chiese Tyrion accarezzandosi pensoso la barba incolta.

Varys scosse la testa. “No, non ha osato tanto, ma sappiamo di sue scorrerie a Capo della Vedova, Ramsgate e Sisterson… Alcune voci dicono addirittura che si sia spinto fino quasi a Karhold…” 

“Quindi qual è il problema?” chiese schiettamente Obara “Non è sceso più a sud delle Dita: non è una nostra minaccia.”

“Potrebbe diventarlo” intervenne uno dei due guerrieri di cui Theon non rammentava il nome, “magari sta solo attendendo il momento buono per attaccarci ed intanto fa scorte.”

“Benjameen ha ragione” disse Daenerys, “è un avversario che non possiamo permetterci di sottovalutare, soprattutto perché non sappiamo esattamente su quanti mercenari può contare.” Tutti annuirono.

“Quindi?” chiese Ellaria che stava in piedi a braccia incrociate “Che facciamo?”

“Dobbiamo difendere l’isola” propose convinto Tyrion, ma la regina scosse la testa.

“Non basta” rispose iniziando a camminare in cerchio, “dobbiamo sfruttare l’effetto sorpresa.”

“Ma sarebbe pericoloso” obbiettò Tyrion. “Mai quanto rimanere qui ad aspettarlo” replicò Daenerys con decisione, “no, dobbiamo scoprire le sue mosse.”

“Credo sia difficile, mia regina” intervenne Varys, “i miei uccellini non si spostano bene sull’acqua. Dovremmo inviare qualcuno…”

“Mi offro volontario” si intromise Verme Grigio, “noi Immacolati siamo bravi nelle azioni furtive.”

“No, voi fate parte della scorta della regina” gli ricordò Tyrion, “non potete allontanarvi.”

“Ho preso la mia decisione” disse Daenerys e tutti tacquero. “Non posso permettermi di perdere uomini mandandoli a spiare Euron di nascosto” spiegò con calma, “sarebbe troppo rischioso. Perciò farò l’unica cosa possibile: posizionerò una parte dell’esercito tra lui e la Roccia del Drago.” Scoppiarono delle esclamazioni di sorpresa e Theon non seppe cosa pensare: gli sembrava una mossa troppo avventata.

“Maestà, ripensaci” la pregò Tyrion, “sarebbe come dichiarare guerra ed Euron ha una flotta molto potente: non potremmo farcela.”

“So quello che faccio” ribadì la Madre dei Draghi sedendosi, “piazzerò una guarnigione a Porto Bianco.”

“Eh?” esclamò Tyrion visibilmente disorientato “Porto Bianco appartiene al Nord…”

“Certo” replicò Daenerys, “ma Jon Snow non ha gli uomini per proteggerla da un eventuale attacco di Euron, cosa molto probabile a questo punto.”

“Sì ma a noi cosa importa?” chiese Tyene confusa.

“Ma certo!” esclamò trionfante Tyrion che evidentemente aveva compreso il piano della regina, “in questo modo puoi conquistarti la fiducia del tuo futuro alleato, apparire generosa agli occhi del popolo e controllare più da vicino le mosse di Euron. Ottimo piano, lo devo ammettere.”

“Inoltre” puntualizzò Daenerys, “in un attacco a terra il mio esercito sarà in vantaggio, seppur in minoranza numerica.” Theon non poté fare a meno di ammirare l’abilità con cui Daenerys aveva fatto di una situazione potenzialmente problematica il suo punto di forza.

“Chi andrà a Porto Bianco?” chiese a quel punto Nymeria.

“La flotta di Yara” rispose subito Daenerys, “e quasi tutto l’esercito di Benjameen. I capitani sono pregati di seguire le proprie truppe mentre Ellaria, Nym, Tyene, Obara e Theon, voi potete scegliere se andare o rimanere.”

“Io resto” decise subito Nymeria, “Rakandro mi sta insegnando il dothraki…” Rakandro le sorrise e Nym gli si strinse al fianco.

Tyene ridacchiò. “Mah, io credo proprio di andare. Qui è così noioso. Tu mamma? Obara?”

“Io vengo” rispose Ellaria, “Oberyn avrebbe sempre desiderato portarmi così a Nord, ma…”

“Sì certo certo lo sappiamo” la interruppe Obara alzando gli occhi al cielo, “io comunque rimango.”

“E tu, Theon?” chiese Yara “Ti va di venire con me?” L’idea di spingersi ancora una volta a Nord gli faceva aggrovigliare le budella, ma Theon si costrinse ad essere forte. Ramsay è morto, continuava a ripetersi.

“Vengo anch’io” rispose con il tono più solenne e deciso che riuscì a tirar fuori. Per un attimo fu convinto di aver scorto un lampo d’orgoglio negli occhi di Yara.

“Bene” disse Daenerys visibilmente soddisfatta, “e anche questa è fatta. Se c’è qualcuno che desidera aggiungere altro, questo è il momento adatto.”

“Certo che voglio aggiungere altro” intervenne Olenna Tyrell con la sua vocetta stridula, “finora abbiamo parlato solamente dei vostri problemi.”

“Veramente…” tentò Tyrion, ma l’anziana lady lo zittì con un’occhiataccia.

“Non mi contraddire ragazzino: credo sia giunto il momento di occuparsi del mio problema. Garth, da bravo, descrivi la nostra situazione…”

“Mio padre mi ha scritto da Vecchia Città” iniziò a raccontare il comandante dell’esercito Tyrell, “e mi ha detto che alcuni degli alfieri della famiglia Tyrell sono passati dalla parte di Cersei.”

“I nomi” sbraitò Obara.

“Merryweather e Tarly” rispose Garth Hightower, “per ora solo loro, ma mio padre dice che il numero potrebbe crescere.”

“Cosa li spinge ad abbandonare la fazione dei Tyrell?” chiese Varys accarezzandosi le mani. “La paura probabilmente” rispose Garth, “hanno paura della reazione di Cersei.”

“Ma Cersei non ha il tempo di occuparsi di loro” obbiettò Tyrion, “avrà già abbastanza problemi a tentare di tenere Daenerys lontana da Approdo del Re.”

“Le mie spie nella capitale riferiscono messaggi diversi” disse Olenna in tono grave, “secondo fonti attendibili Cersei sta spostando l’esercito di Jaime Lannister verso l’Altopiano.” Ci furono dei mormorii concitati.

“M-ma non è possibile” tentò di negare Daenerys, “così lascerebbe il Trono di Spade indifeso.”

“Evidentemente ha altri piani” tagliò corto Tyrion, “ma perché farebbe una simile mossa? Solo per incutere paura e sperare che qualche casata minore passi dalla sua parte?”

“E abbandoni quella di Daenerys” osservò Yara e Theon annuì in segno di muto assenso.

Tyrion non sembrava ancora convinto. “Ma perché esporsi ad un tale rischio?”

“Non lo sappiamo” sbuffò Olenna irritata, “gli déi solo sanno cosa passa nella testa di Cersei, magari non ha nemmeno un piano preciso.”

“Ma se Approdo del Re è sguarnita” ragionò Nymeria, “possiamo conquistarla senza problemi!”

“Taci, idiota” la rimproverò senza mezzi termini la Regina di Spine voltandosi verso Daenerys, “la nostra regina sa cosa va fatto. Il suo regno è in pericolo e va difeso.”

“Intendi forse” chiese Tyrion sgranando gli occhi “affrontare l’esercito Lannister nell’Altopiano?! Ma è una follia! Una parte dell’esercito sarà inviata a Porto Bianco, Daenerys non può privarsi di altri uomini…”

“Ah, follia un corno!” sbraitò Olenna ora seriamente arrabbiata “La regina ha il compito di proteggere i suoi sudditi, non può tirarsi indietro. Tutti quei lord le hanno giurato fedeltà, ma ci abbandoneranno se non faremo qualcosa.”

“Ma…”

“Non vedrò le mie terre bruciare, né la mia gente morire solo perché non accetta di sottomettersi a quella strega. Se non siete disposti a sostenere un’azione militare immediata contro i Lannister nell’Altopiano, potete eliminare le mie truppe dal conto degli alleati.”

Il silenzio calò su quella pesante minaccia. Neanche Tyrion aveva più argomenti da proporre. Theon era rimasto colpito dall’enorme forza dimostrata da Olenna nel difendere la sua terra, lei che aveva già perso tutto.

In quel momento la regina si alzò. “Non è necessario arrivare a rompere l’alleanza” disse in tono pacato, “e Olenna ha ragione: non posso sperare di regnare su Westeros se non sono disposta a correre dei rischi per proteggere il mio popolo. La conquista di Approdo del Re è rimandata. Domani, oltre alla guarnigione che sarà insediata a Porto Bianco, partirà un contingente per l’Altopiano.” Daenerys fece una pausa per elaborare la situazione.

“Partiranno Rakandro con la maggior parte dei Dothraki e Garth con l’esercito Tyrell. Alla Roccia del Drago rimarranno solo gli Immacolati e un piccolo schieramento dothraki e Martell a protezione dell’isola.” Tyrion sembrava sconvolto, ma Olenna annuì compiaciuta. “Bene” disse sorridendo, “tutto sommato abbiamo scelto una regina saggia. Io andrò con il mio esercito.”

“Se permetti, maestà” intervenne eccitata Nymeria, “vorrei partire anch’io con Rakandro… cioè volevo dire con l’esercito!”

Daenerys scoppiò a ridere. “Permesso accordato” assentì divertita, “ora siete liberi di tornare alle vostre stanze ed ai preparativi per la partenza.”

Theon si affrettò a uscire dalla stanza: voleva evitare a ogni costo di dover guardare sua sorella negli occhi. Corse per le scale e miracolosamente riuscì a non perdere l’orientamento, arrivando in tempi record alla propria camera. Entrò, chiuse la porta a chiave e si gettò sul letto.

A prima vista nulla era cambiato da quando la Madre dei Draghi aveva bussato alla sua porta. Ma il cuore ora sembrava volergli balzare fuori dal petto.

 

Brienne

 

Il tempo sembrava peggiorato. Ora il cielo era nuvoloso ed una perlacea oscurità avvolgeva la stanza. La finestra era alta e dava sul porto. Si poteva scorgere il mare che negli ultimi giorni si infrangeva sulle rocce con furia crescente.

Brienne sospirò per l’ennesima volta. La stanza era grande e confortevole, con letti soffici, un caminetto sempre acceso e un tavolo di legno con tre sedie. La piccola porta nel muro conduceva nel bagno. Brienne non aveva dubbi sul fatto che quella dovesse essere una camera per gli ospiti e non una cella per prigionieri. C’era addirittura una libreria.

Però la porta era chiusa a chiave e Brienne sapeva che fuori c’erano almeno due guardie a controllarla. Davos aveva tentato di comunicare con loro, ma sembrava nemmeno capissero la lingua dei Sette Regni. Il Cavaliere delle Cipolle però non si dava per vinto e continuava a elaborare piani improbabili e fughe al limite dell’umana comprensione.

“Se solo potessimo arrivare ad una barca…” continuava a ripetere quattro volte al giorno, tanto che Brienne aveva perso la pazienza. “E’ tutto inutile” era sbottata, “non possiamo uscire, vorresti cortesemente far pace con questa idea?”

Ma Davos non si era arreso. Trascorreva le giornate a camminare in cerchio, borbottando parole a mezza voce. Brienne non si sforzava nemmeno di interpretare quelle frasi incoerenti. Passava il suo tempo per lo più seduta sul letto con il mento sulla mano a ragionare. Pensava alla sua missione, ormai irrimediabilmente compromessa, e a Sansa.

Tutte le volte che il pensiero le cadeva sulla giovane lady, Brienne sentiva un fremito di apprensione e rabbia attraversarle il corpo. Sansa non aveva voluto salutarla e Brienne temeva che dietro ci fosse l’ombra di Ditocorto. Ma come poteva Sansa fidarsi ancora dell’uomo che l’aveva venduta a Ramsay? Come poteva essere così cieca?

Brienne sapeva di non dover nutrire rancore nei confronti della sua signora, ma non poteva fare a meno di notare la stranezza delle azioni di Sansa. E se Baelish la stesse ricattando? Brienne non riusciva a sopportarne l’idea. Fino al giorno prima poi aveva almeno avuto la rassicurante certezza di non aver lasciato Sansa da sola: Jon era rimasto.

Ma la mattina precedente, insieme alle servette che solitamente portavano i pasti, era entrato anche l’immenso Dothraki che ormai sapevano chiamarsi Rakandro.

“Esserci novità” aveva detto con aria soddisfatta, “Khaleesi mi ha permesso di dirvelo. Vostro re viene sull’isola.” Prima che uno dei due avesse anche solo il tempo di aprire bocca, Rakandro era uscito e la chiave era nuovamente girata nella toppa.

Per qualche secondo Brienne e Davos si erano limitati a fissarsi confusi. Poi Davos aveva urlato.

Brienne non l’aveva mai visto in quelle condizioni. Aveva iniziato ad imprecare, maledicendo déi che non erano nemmeno i suoi.

“Non è possibile!” era sbottato in preda allo sconforto “E’ una catastrofe, Jon non può… Lo costringeranno a…”

“Davos, calmati” aveva tentato Brienne mettendogli le mani sulle spalle, “magari questa è una novità positiva. Magari Jon convincerà la regina a stringere un’alleanza…” Davos si era calmato, ma l’aveva guardata con il dolore negli occhi. “Ma non capisci?” le aveva detto con voce tranquilla ma distrutta “L’alleanza, la necessità di unire le forze, la battaglia fianco a fianco sono tutte balle. Daenerys non vuole alleati, vuole sudditi, l’ho letto nei suoi occhi fin dal primo momento che l’ho vista. Conosco bene Jon, non avrebbe mai lasciato Grande Inverno se non per una ragione: teme per la sua gente.”

Davos si era interrotto e Brienne l’aveva osservato. Forse lo vedeva per la prima volta: la sua fedeltà a Jon Snow era pura. “Daenerys avrà minacciato di ridurre il Nord in cenere” aveva continuato Davos e Brienne era rabbrividita suo malgrado, “ma ora la situazione è peggiorata. Daenerys costringerà Jon in ginocchio e ammasserà pretese sul Nord fino a proclamarsene regina. E allora Jon non avrà scelta: dovrà portare l’intero esercito in guerra e non avrà modo di difendere la sua gente quando arriveranno gli Estranei.”

“Ma la Barriera…” 

Davos aveva scosso la testa. “La Barriera protegge il Nord dai morti solo se c’è qualcuno a proteggere la Barriera” aveva spiegato, “e i Guardiani della Notte senza adeguati supporti non ne saranno più in grado. Jon sapeva che Grande Inverno era l’unico posto sicuro, perché l’ha abbandonato? L’esercito di Daenerys non avrebbe mai potuto spingersi così a nord durante l’Inverno…”

“Forse l’ha fatto perché Daenerys aveva minacciato di ucciderci” aveva suggerito Brienne e Davos era trasalito, come se non avesse affatto considerato quella possibilità. “Non avrebbe mai fatto una cosa così stupida…” aveva mormorato nonostante la voce manifestasse il suo dubbio.

“Ma davvero hai così poca fiducia nelle sue capacità?” l’aveva rimproverato duramente Brienne “Non pensi che Jon avrà un piano e che di sicuro non ha alcuna intenzione di lasciare il Nord nelle mani di quella pseudo-regina? Fidati di lui…”

Davos aveva taciuto per qualche istante, probabilmente colpito dalle quelle parole. “Io mi fido di lui” aveva detto poi con decisione, “ma non sa in che gioco è andato a cacciarsi. Questo è il Gioco del Trono e non puoi sperare che esista pietà per gli sconfitti. Io l’ho vissuto, ho visto i re uccidersi tra loro e li hai visti anche tu. Chi perde paga con la vita. Come ha fatto Stannis.”

A distanza di un giorno quelle parole le incutevano ancora timore. Brienne sapeva che Davos aveva ragione. Robert, Renly, Robb, Joffrey, Stannis e ora anche il povero Tommen erano morti per far posto al loro successore. La loro stella aveva brillato più splendente delle altre, ma si era spenta più rapidamente. Ricordò Catelyn e Robb Stark ed il pensiero le diede forza.

No, si disse con decisione, gli Stark sono stati sufficientemente colpiti dalle disgrazie, stavolta sarà tutto diverso. Ma al destino non si comanda e di questo Brienne ne era dolorosamente certa.

Quella mattina Davos era rimasto tutto il tempo seduto al tavolo, immerso nella lettura di un gigantesco libro. Per non disturbarlo, Brienne ne aveva approfittato per farsi il bagno nella tinozza. L’acqua era addirittura calda. Quando ebbe finito, si strofinò forte con un panno e si rivestì. Trovò Davos in piedi dietro al tavolo con la mano destra sul libro chiuso e un strana luce negli occhi.

“Leggere questo libro mi ha fatto venire un’idea meravigliosa” disse lottando per trattenere l’emozione, “adesso so come uscire di qui.” Brienne dovette esimersi dall’alzare gli occhi al cielo.

Ci risiamo…

Ma stavolta Davos sembrava sicuro di sé. Aprì il libro e indicò una figura. Brienne si dovette avvicinare per riuscire a scorgerla. Sembrava una piccola ninfea. “E’ una ninfea?” chiese annoiata.

“ESATTO!” esclamò Davos con tanta foga da farla sobbalzare “E guarda là, non ti sembra uguale?” Brienne seguì l’indice puntato e scorse un simbolo molto simile sulle tende. “Sì” rispose leggermente sorpresa, “ma questo cosa comporta?”

“Quello è il simbolo di Naerys Targaryen, moglie di re Aegon IV” spiegò Davos eccitato, “questa era la sua stanza.”

“Bene, e allora?”

“Non conosci le leggende che girano su Naerys?” le chiese Davos “Veniva alla Roccia del Drago per incontrare il suo amante: Aemon Cavaliere del Drago. Ma non sempre gli incontri andavano a buon fine e se stavano per essere scoperti Naerys faceva fuggire Aemon attraverso un passaggio segreto che porta alla spiaggia.” Davos stava guardando Brienne come si guarda una ragazzina a cui si devono spiegare le cose cento volte. “E’ ancora qui!” esclamò “Sotto al caminetto.” Davos si precipitò a gettare acqua sul fuoco acceso e, quando il fumo si fu dissipato, poterono valutare la situazione. Brienne vedeva solo un misto di cenere e legna semibruciata, ma Davos tirò una leva nascosta dai mattoni.

Inizialmente non successe nulla e Brienne stava per voltarsi, quando all’improvviso si sentì un tonfo sordo e nel camino si aprì un’apertura. Era grande a sufficienza per far passare un uomo. Davos sembrava soddisfatto.

“Coraggio, vai” la incitò, “il corridoio porta alla spiaggia e da lì potrai prendere una nave e raggiungere il Continente.”

Brienne lo fissò sconvolta. “E tu?” gli chiese “Tu non vieni?”

Davos scosse la testa. “Non posso” rispose, “devo aspettare Jon e spiegargli la situazione.”

“Ma ti uccideranno se scopriranno che mi hai fatto fuggire!”

“Non lo faranno” la rassicurò Davos, “gli servo vivo se sperano di poter ottenere qualcosa da Jon. Tu devi tornare a Grande Inverno, raccontare quello che è successo e mettere in guardia Sansa dalla Regina dei Draghi. Dovete proteggere la Barriera.”

Brienne non si sentiva all’altezza di un simile compito. “Ma il Vetro di Drago?” chiese “Cosa potremo contro gli Estranei senza Vetro di Drago?”

Davos si morse il labbro. “Se sarete fortunati io e Jon faremo ritorno con l’Ossidiana prima che questa sia necessaria” rispose Davos, “ma ora va’, ogni minuto è prezioso.”

Brienne non sapeva cosa dire: al sollievo per il prossimo ritorno a Grande Inverno si sovrapponeva l’angoscia per la loro situazione. Avrebbe voluto trovare un’alternativa, un modo per non lasciare Davos, e si sorprese ad essere così preoccupata per lui. Il Nord ha bisogno di me, si costrinse a pensare. Sansa ha bisogno di me.

Annuì e si calò con cautela attraverso l’apertura polverosa. Prima di scomparire, ebbe modo di vedere Davos per quella che sperava non sarebbe stata l’ultima volta. “Grazie” sussurrò imbarazzata e lui sorrise. Poi iniziò a scendere. Il buio la inghiottì e Brienne quasi ruzzolò a terra quando i suoi piedi finalmente toccarono terra.

Il cunicolo era piuttosto basso e dovette chinare la testa per non rischiare di sbatterla contro le rocce che pendevano dal soffitto. Avanzò alla cieca, orientandosi tastando le pareti di pietra. Dopo qualche minuto il terreno divenne scivoloso e l’aria umida e Brienne capì di essere vicina all’uscita. Finalmente vide filtrare della luce attraverso la parete che le si stagliava di fronte. Si accertò di non udire voci e cominciò a rimuovere le pietre per aprirsi un varco. Fu un lavoro duro, ma alla fine Brienne riuscì a uscire.

Si ritrovò davanti ad un sentiero appena visibile, che evidentemente conduceva alla spiaggia. Non posso tornare alla nostra barca, ragionò incamminandosi prudente lungo la stradina. Potrebbero averla messa sotto sorveglianza. Devo trovare un’imbarcazione nuova. Brienne comprese di essere in svantaggio rispetto a Davos, che almeno conosceva l’isola, e sperò di non incontrare nessuno.

Si sono pure presi Giuramento.

Brienne strinse le labbra con rabbia: quella spada le era stata donata da Jaime Lannister affinché proteggesse Sansa, ma ora lei non sarebbe stata in grado neppure di difendere sé stessa. Oltre un filare di alberi dalle fronde giallastre si allungava la spiaggia battuta dal vento. Verso il promontorio a nord, nella grande insenatura riparata su cui si stagliava il castello, si intravedeva il porto. Troverò sicuramente una barchetta, pensò Brienne sentendosi tuttavia a disagio per la necessità di commettere un furto.

Sfortunatamente il porto era gremito di gente: sembrava che più di una nave fosse in partenza. Venivano caricate le armi e su alcune addirittura i cavalli. Brienne, nascosta dietro un tronco secco, osservò la folla tentando di riconoscere qualcuno. Vide Rakandro impartire ordini a destra e a manca ed Olenna salire su una delle navi più vicine. Poi un soldato urlò: “La regina!”

Brienne si voltò di scatto e vide Daenerys, accompagnata da Tyrion e Varys, uscire dal palazzo. Sembrava vogliosa di fare uno dei suoi discorsi interminabili.

“Miei alleati” iniziò infatti Daenerys, “oggi le nostre strade si dividono. Sapete quali sono i vostri compiti e sapete quanto il vostro contributo sia necessario. Mi aspetto molto da voi. Se ci saranno problemi di qualunque tipo inviate corvi, ma sappiate che potrebbero essere intercettati. Evitate quindi di scrivere informazioni fondamentali.”

Mentre Daenerys parlava, Brienne si avvicinò ad un’imbarcazione su cui sventolava lo stemma della rosa Tyrell. Saranno diretti sicuramente in qualche cittadina vicino Approdo del Re, si disse sicura Brienne. Se mi nascondo nella stiva potrò tornare nel Continente senza essere vista. Il viaggio durerà poco…

“La guerra è alle porte” stava continuando la Madre dei Draghi, “e possiamo solo fidarci gli uni degli altri.” Brienne per una volta desiderò che quel discorso soporifero potesse continuare il più a lungo possibile. Si arrampicò senza troppe difficoltà aiutandosi con gli ormeggi e fu piacevolmente sorpresa nel trovare la barca ancora vuota. Evidentemente si erano tutti riuniti per ascoltare le parole della regina. Brienne sgattaiolò dentro e si diresse sottocoperta.

Vi erano poche cabine, tutte arredate con mobili poveri, e si mise perciò a cercare un nascondiglio. Da fuori giunse un boato di esultanza e Brienne capì che il discorso era terminato. Aveva poco tempo. Adocchiò quello che sembrava un ripostiglio e si affrettò a chiudersi dentro. Sfortunatamente non c’erano chiavi con cui bloccare la porta e Brienne poteva solamente sperare che a nessuno venisse la baldanzosa idea di frugare in un inutile sgabuzzino.

Qualcosa però non tornava, ma ormai non aveva modo di scendere dalla nave: alcuni passeggeri erano già a bordo. Facendo attenzione a non fare rumore, Brienne accostò l’orecchio alla vecchia porta malmessa. Delle persone stavano attraversando il corridoio.

“Benvenuta a bordo, lady Olenna” stava dicendo una voce piuttosto vicina. “La tua cabina è in fondo al corridoio, mia signora, lascia che ti accompagni…”

“So camminare da sola, grazie” sbottò quella che doveva essere Olenna Tyrell, “dimmi piuttosto, sono saliti tutti? Quella ragazzina non la finiva più di parlare, pensavo che sarei morta prima della fine di quel suo discorso.”

“Sono tutti sulla nave, mia signora” rispose la prima voce, “attendiamo solo il tuo ordine per partire.”

“Bene” ribatté Olenna ora più vicina, “che cosa aspetti ancora?!” Si sentirono passi frenetici che si perdevano nel corridoio.

“Quanto credi durerà il viaggio?” chiese una voce femminile.

“Non lo so, Nymeria” ammise Olenna, “ma non meno di una settimana…”

Brienne trasalì. Una settimana? Per Approdo del Re? Ci doveva essere un errore… Premette l’orecchio sulla porta per non perdersi nemmeno una parola.

“Secondo te ci sarà una guerra?” stava chiedendo Nymeria.

“E’ molto probabile” replicò Olenna sempre più vicina alla porta, “non lascerò che distruggano la mia terra.” Brienne si accorse di star sudando freddo. Chi stava distruggendo che cosa?

“Ma dove attraccheremo esattamente?” chiese ancora Nymeria “Nessuno mi ha saputo dare indicazioni precise…”

“Vecchia Città” rispose con semplicità Olenna e quelle parole furono come una pugnalata per Brienne. Aveva commesso un imperdonabile errore: quella nave non era diretta in qualche paese vicino alla capitale.

L’Altopiano… Come ho fatto a non pensarci prima?

Fu animata da un impellente bisogno di scendere, ma ormai era troppo tardi. La tromba squillò e la nave lentamente abbandonò il porto.


                                                                                                             "Lo temi, lo eviti, il destino arriva comunque."




N.D.A.


Eccomi di nuovo! Queste due settimane mi sono sembrate ancora più lunghe del solito ^_^ Considero questo capitolo come un regalo di compleanno a me stessa anticipato XD, dato che tra pochi giorni compio gli anni, quindi sono particolarmente emozionata e spero davvero vi sia piaciuto...
Diciamo che da qui tutto ha veramente inizio e la storia si distacca definitivamente da quello che poteva rimanere della settima stagione e che avevate ritrovato (mio malgrado) negli scorsi capitoli. Tutti i personaggi si accingono a viaggiare, verso l'ignoto, tornando a casa, in una fuga carica di speranza o d'incertezze. Certo, ora diventa tutto più complicato...
Jon abbandona il Nord con il cuore pesante e lascia alle sue spalle Sansa ancora poco pronta al ruolo che l'attende. Jaime ha davanti a sé una difficile missione ad Alto Giardino, una missione che non sa bene come trattare. Daenerys ha fatto la sua scelta: Uomini di Ferro e dorniani a Porto Bianco contro Euron e Dothraki e Tyrell ad Alto Giardino a combattere i Lannister. Faranno in tempo tutti questi personaggi ad arrivare dove devono arrivare?
E poi ovviamente il dramma di Brienne, costretta ad abbandonare Davos e ritrovatasi per errore in viaggio per Vecchia Città. Quanto influirà questo dettaglio sulla storia di Westeros? Ve lo dico io: tanto...

Dal prossimo capitolo le cose si fanno serie, ma per ora mi basta conoscere i vostri pensieri che da settimane mi accompagnano nella revisione di questi primi capitoli. Come al solito, ringrazio in ordine: __Starlight__, giona, Spettro94, leila91, Nightlion, l'instancabile Azaliv87 che è riuscita a rimettersi in paro con la storia e Red_Heart96... Grazie di cuore a tutti!
Un ringraziamento speciale anche a Nirvana_04 che ha recensito il capitolo 2 e a tutti quelli che hanno intanto inserito la storia tra le seguite e le preferite...

Posso solo augurarvi buon ponte (se lo avete) di primo maggio e spero di risentirvi presto!


PS: stavolta doppia citazione cinematografica :-)... La prima viene dalla canzone "i colori del vento" di Pochaontas e si riferisce interamente al lugubre primo ululato di Spettro, di solito sempre silente e letale. La seconda invece non potevo non metterla ed è da Avengers: Infinity War: può riferirsi in fondo a ogni personaggio in questo capitolo così decisivo per la piega della storia e la dedico a Nightlion e leila91...


   
 
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