Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: LeanhaunSidhe    28/04/2018    16 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Attraversarono le dodici case in fretta. Ritrovarono presto Mu alla tredicesima, che li attendeva all'ingresso dello studio privato della dea, leggermente teso. Probabilmente furono i cosmi più rilassati degli altri due a tranquillizzarlo. Il sorriso che aleggiava sul viso di Mu divenne più aperto ed autentico, privo dell'apparenza di cortesia che riservava agli estranei o usava nei momenti di imbarazzo.

Fu la voce di Saori ad introdurli all'interno come un saluto materno. Gli anni trascorsi sembravano quasi non aver intaccato in nulla il viso umano della dea Atena.

Erano state già predisposte tre sedie dinnanzi alla imponente scrivania di legno intarsiato. Saori fu felice di vedere tutti e tre ma si soffermò principalmente su Kiki. Palesemente, era per il suo ritorno la sua gioia. Traspariva dai gesti controllati ma di affetto che riservò al ragazzo, mentre lo invitava a sedere ed a lui si rivolgeva per prima.

"Stavolta sei tornato al Grande Tempio di tua volontà e te ne sei andato per un po' solo perchè qualcuno ti ha portato via."

Kiki arrossì ma non nascose il suo sguardo. La voce era calma, il tono sicuro.

"Sono tornato per restare, se voi lo permetterete, mia signora."

Mu sbattè appena le palpebre nel rendersi conto di quanto quella risposta suonasse sia come un'ammissione di colpa sia una implicita richiesta di redenzione. Kiki poteva aver imparato da lui la calma ma l'efficacia di quelle poche parole tradivano il carisma di un segno di fuoco. Suo fratello aveva le potenzialità non solo per combattere ma anche per trascinare, perchè non riportava parole sacre imparate da maestri ma fatti reali. Le sue colpe erano state sotto gli occhi di tutti, così come lo sarebbe stato il suo ritorno tra le schiere della dea. Fu orgoglioso del rendersi conto di quanto, per molti versi, gli fosse diventato superiore. Sarebbero bastate le sacre vestigia dell'ariete a contenere uno spirito come quello? Mu taceva ma aveva tante cose da esprimere. Per una cosa sola, sembrava, il suo passato allievo ormai non lo aveva definitivamente surclassato: l'intuito non lo portava a leggere lontano, non gli permetteva di rendersi conto del proprio valore. Nonostante tutto era insicuro. A Kiki non bastava il perdono della dea.

Non appena Athena, infatti, gli concesse di restare, fu a Mu che chiese un ulteriore permesso. Gli fu concesso con sorpresa e trasporto. Forse non sarebbe stato nominato presto un nuovo cavaliere ma due fratelli iniziavano a ritrovarsi.

Cristal non ebbe piacere di darlo a vedere ma si commosse e, senza dubbio, quando avrebbero raccontato quella storia avrebbe preteso che parte del merito di aver fatto riappacificare quei due sarebbe stato suo, grazie ad un certo discorsetto.

 

Seleina si accasciò nella neve, in cerca di refrigerio. Haldir l'aveva fatta correre dalle prime luci dell'alba per tutta la notte e le gambe non la reggevano più. Non avrebbe mai creduto di poter sentire tanto caldo un un posto freddo come Asgard. Si rotolò per portare la schiena a contatto con la neve e riceverne maggior refrigerio. Aveva chiuso gli occhi per contrastare la leggera nausea che le stava salendo, quando l'ombra di Haldir la sovrastò. Si rese conto della presenza del maestro dal suo odore prima ancora che dal cambio di temperatura. Il gigante bianco, con la sua mole, le aveva sottratto l'unico raggio di sole che filtrava in quelle foreste e che le scaldava il viso e la scrutava ombroso. La ragazza si sbrigò a rimettersi in piedi. Di tutto c'era bisogno, fuorchè Haldir si arrabbiasse con lei dopo neppure due giorni di addestramento. Deglutì e ricominciò a correre. Doveva fare fiato per poter reggere il passo del branco al più presto, dal momento che nei primi tempi gli apprendisti non cacciavano mai da soli. Il lato positivo era che non l'avevano gettata subito in un'arena per farla massacrare. Solo, iniziava a chiedersi se era meglio correre ininterrottamente o farsi riempire di botte durante il giorno per poi dormire la notte. Almeno, impegnata sull'esercizio fisico, non aveva tempo per pensare ai problemi causati dai perduti che si andavano svegliando. Kiki faceva più o meno lo stesso per impedirsi di pensare al fratello, negli anni trascorsi, giusto? Solo, lei che possibilità aveva di reggere il passo di un cavaliere d'oro?

Digrignò i denti, iniziando a chiedersi se la sua fosse stata una buona idea. Senza che se ne rendesse conto, dalla sua bocca uscì un ringhio. Di certo, in quelle condizioni, tra gli esseri umani non poteva tornare. Si fece forza ed accelerò nuovamente la corsa. Non aveva più altra strada da poter percorrere.

Saori aveva permesso a Kiki di parlare a ruota libera, facendolo soffermare su tutti i particolari che credeva importati. Aveva raccontato della malia che Haldir aveva esercitato su di lui, di come si fosse sentito una nullità di fronte alla palese superiorità bellica di quell'essere, della sensazione che non fosse del tutto malvagio, del rancore che sembrava covare nei confronti degli olimpi.

Athena soggiunse le mani e sospirò. Non si mostrò sorpresa di apprendere del rancore di Haldir. Sicuramente, egli era astioso per il torto mosso al fratello. Imuen, in effetti, aveva ucciso delle persone a Rodorio e ferito dei cavalieri d'oro, nei tempi andati, ma l'aveva fatto per motivi causati dagli uomini.

"Le persone uccise da Imuen furono solo i carnefici della fanciulla che amava."

Ammise tristemente. Atena rivelò della sua amicizia nelle epoche precendenti con Imuen. Era un essere superiore, appassionato di conoscenza e di guerra, affezionato agli esseri umani. Quale migliore alleato avrebbe potuto cercare? Certo, egli non si era mai intromesso nelle guerre sacre ma, di sicuro, agli esseri umani che glielo chiedevano, non avrebbe mai negato il proprio intervento. Soprattutto, egli era convinto del valore degli uomini. Pur nella loro fragilità, mai li aveva ritenuti esseri inferiori o inutili, sulla scia delle divinità olimpiche. Al contrario, donò il proprio cuore, ricambiato, ad una ancella del santuario. Non una delle sacerdotesse più valenti, o una vestale, una semplice ancella, che doveva restare si pura, ma una figura sicuramente non necessaria per la sopravvivenza del santuario. Imuen non aveva mai nascosto la cosa, ne ad Athena, ne a nessuno al santuario, fosse stato semplice cittadino o guerriero. Esubrante, amava in modo palese la ragazza di cui era innamorato, divertendosi alle reazioni di sconcerto della gente del santuario, per nulla abituata alle effusioni di una giovane coppia in pubblico. Giravano delle voci ma tutti si guardavano dal protestare, data la potenza di Imuen e la tranquillità di Atena sull'argomento. Andava bene a tutti, meno che a qualcuno: al padre ed ai fratelli della ragazza. La uccisero quando scoprirono della prossima gravidanza della fanciulla. Non appena il cuore della ragazza smise di battere, l'urlo di Imuen gelò Rodorio. Egli uccise senza pietà i carnefici della sua donna. Ferì anche i primi due cavalieri d'oro che accorsero. Fu in quei momenti di debolezza e confusione che gli olimpici si mostrarono, congiungendo i loro poteri per intrappolare uno solo, perchè, secondo loro, quella era la prova che l'equilibrio non avrebbe mai dovuto essere sovvertito. Imuen, privato della fanciulla che amava, non oppose la minima resistenza. Fu reso schiavo, lui e la sua razza. Haldir, se già prima si appariva raramente, divenne introvabile, con lui i suoi figli. La prigionia di Imuen causò anche una frattura interna fra i Dunedain: se prima i figli dei due domatori delle anime agivano in sinergia, d'improvviso cominciarono a farsi la guerra. Da alleati degli esseri umani, divennero per loro mostri, da segregare nel mito e nella notte. Si isolarono dagli altri esseri viventi ed inasprirono i cuori. Si diedero leggi tremende e assurde quelli di Imuen, iniziarono a diminuire di numero quelli di Haldir. Cominciarono ad essere loro primi la causa della loro fine. Ma Athena non aveva potuto saperne altro.

Kiki aveva ascoltato assorto, preoccupato.

"Ma allora, i perduti cosa sono?"

La dea parve pensierosa.

"Non appena Imuen venne intrappolato, una parte dei suoi figli si schierò contro gli olimpici e li attaccò. Vennero sconfitti e costretti in una forma tra la vita e la morte. Probabilmente gli dei dell'olimpo avrebbero voluto sigillarli come avevano fatto con voi cavalieri d'oro nella stele ma qualcosa andò storto. Si tramutarono in mostri che distruggono ogni cosa vivente e ne rubano l'energia vitale, come parassiti. Invece degli dei dell'olimpo, fu Haldir a ristabilire l'ordine. Li bloccò con un sigillo che ogni diversi secoli viene sciolto. Da allora sono soggetti ad una sorta di ciclo, come quello della guerra sacra. Di solito Haldir ed i pochi Dunedain che restano se ne occupano nel silenzio delle foreste di Asgard. In quest'epoca deve essersi verificato qualcosa di diverso e per questo Haldir ha messo in moto un piano tanto macchinoso per riportare in vita voi cavalieri d'oro."

Kiki negò.

"Perchè ora e non in un'altra epoca? Cosa può essere accaduto, stavolta, di diverso?"

Atena parve pensarci ma era dubbiosa.

"Forse il numero dei suoi figli che va diminuendo, unito all'ostilità dei figli di Imuen sono tutti fattori che lo stanno indebolendo sempre più. Del resto i Dunedain sono estremamente longevi ma non immortali. Non sono soggetti ad un ciclo di rinascite. Forse le loro forze stanno scemando ed Haldir ha pensato di frenare ogni cosa prima che sia troppo tardi."

Cristal serrò i pugni sopra le gambe piegate ed il solito senso di inadeguatezza ed impotenza si impadronì di lui.

"Sono esseri la cui potenza supera in alcuni casi quella degli dei, eppure per agire hanno bisogno anche dell'aiuto degli uomini."

Saori osservò preoccupata il cavaliere del cigno. Aveva già intuito la parte che aveva avuto Seleina in quella storia.

"Tua figlia ha seguito Haldir, giusto?"

Portò, materna, la propria mano sulla spalla del cavaliere. Tuttavia non riuscì ad essergli di gran conforto. Il silenzio che seguì come risposta affermativa fu grave.

"Per il momento cercheremo di non far uscire questo fatto dalla cerchia dei cavalieri d'oro. Non è necessario che nessun altro lo sappia. Ricordo bene come gli Asgardiani reputano gli esseri umani che seguono i Dunedain. Cercheremo in ogni modo di proteggere Seleina dallo scandalo."

La dea cercava in ogni modo di tutelare il benessere dei suoi sottoposti, per quanto le fosse possibile.

"In ogni caso..."

Sottolineò al cavaliere del Cigno.

"... è grazie alla scarsa considerazione che Seleina ha avuto del suo onore, se tutti noi abbiamo nuovamente tutta la schiera dorata a difesa. In caso di bisogno, il grande Tempio sarà sempre lieto di offrire asilo a tua figlia e le riconoscerà il dovuto merito per il suo sacrificio."

Cristal si concesse di sperare inutilmente che ciò avesse potuto presto realizzarsi e li ringraziò. Di li a poco sarebbe stato indetto un sunagein.

 

Nonostante la sua mole, Haldir era velocissimo. Riusciva ad eguagliare la velocità della luce senza il minimo sforzo. Sembrava un tuono bianco che scivolava rapidissimo sulla coltre ghiacciata o una tormenta che addensa le nubi prima di scatenare il frastuono della tempesta. Seleina riusciva a riprenderlo solo nei brevissimi istanti in cui, probabilmente per pietà, si arrestava all'improvviso, permettendole di individuare la sua posizione. Presto, però, la distanza che si interpose fra loro divenne troppa e si ritrovò sola, nel bel mezzo delle foreste. Leggermente infreddolita, soprattutto affamata, si trovò d'un tratto a fare i conti con quella natura che aveva sempre amato ma di cui, in realtà, mai aveva fatto fisicamente parte. La cosa strana era che non aveva paura. I rumori degli animali notturni che si svegliavano non la turbavano più di tanto. Era un'esperienza nuova, inconsueta, ma che che stuzzicava la sua curiosità come il musicista che pizzica le corde dell'arpa nel tentativo di comporre una nuova melodia. Alcune note erano stonate e non andavano ripeture. Le altre, invece, stavano disegnando un nuovo ritmo. Annusò l'aria. Nella resina e nel vento profumanto di conifere avverti lontano l'odore di Haldir. Non era molto vicino ma era fermo, segno che si era accampato per la notte, facilmente sul fianco della montagna, all'ombra di qualche anfratto. Lei, invece, aveva preferito seguire lo scrosciare dell'acqua. I suoi sensi, molto più acuiti, l'avevano condotta ad individuare il battito del cuore di una creatura che dormiva nell'acqua e lei aveva fame. Sicura, con una velocità che ancora si stupiva di possedere, con un unico tocco afferrò la sua preda. Il pesce, strappato al sicuro delle rocce, si dibatte per qualche attimo tra le sue dita sicure, prima di essere sbattuto sopra le rocce ed adagiato vicino a qualche foglia e ramo secco. Le squame iridescenti della creatura avevano brillato come una cascata di diamanti tra le stelle e la pallida luna. La ragazza aveva acceso un piccolo fuoco. L'intuito di cui la sua nuova natura le aveva fatto dono la rendeva tranquilla sul fatto che quei territori non fossero battuti dai perduti. Aveva fame ma pesce crudo non ne avrebbe mai mangiato. Il suo pasto fu frugale ed insipido ma ben cotto ed abbastanza sostanzioso. Riuscì a trovare riparo in una piccola grotta naturale che individuò nei pressi. Le mancava la sua famiglia ma ogni giorno che passava in quella forma capiva sempre più cosa significasse essere in salute. Non aveva mai chiesto troppi dettagli a suo padre della sua vita di apprendista. Cristal li dipingeva come un periodo di grandi progressi e conquiste ma a tinte davvero fosche. Lei stessa vedeva a quali esperienze sovrumane erano sottoposti gli allievi del santuario di atena o dei god saints di Asgard. Lei non sapeva se avrebbe mai raggiunto un buon livello di combattimento ma le sembrava di avere la consapevolezza, ora dopo ora, che il suo corpo stesse mutando, il proprio potere crescendo. Non si sentiva affatto come gli allievi del santuario, costretti tra un destino di morte assurdo o un ceco fanatismo. A lei pareva che, d'improvviso, le avessero concesso una vita che davvero le apparteneva. Lei, finalmente, era libera.

 

Disteso nel suo letto, Kiki non riusciva a prendere sonno. Si era rigirato un paio di volte tra le lenzuola e alla fine aveva preferito alzarsi. Si era diretto in cucina per prepararsi una bevanda calda da gustare contemplando le stelle. Era certo di non aver fatto baccano ma suo fratello lo raggiunse dopo qualche minuto. Con un cenno del capo gli indicò il pentolino e lo sentì armeggiare con le tazze.

Mu gli si mise di fronte e sorrideva leggermente, osservandolo.

"Credevo bevessi solo liquori ad alta gradazione."

La risata di Kiki era di cuore. Riempiva la stanza.

"Se ne vuoi, li trovi in credenza. Adesso ho voglia di altro."
Specificò levando la tazza verso di lui come si fa con un calice. Sorbì poi qualche sorso lentamente, ad occhi chiusi.

"Scusa se ti ho svegliato."

Mu negò, sistemandosi su una sedia.

"Sei in pena per la tua amica?"

Kiki scrollò le spalle.

"In realtà non so più che devo pensare. I nuovi equilibri che si stanno creando mi stanno confondendo. Ho l'impressione di non saper più distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è."

Mu annuì.

"Io invece solo ora sto riconoscendo mio fratello."

Espose calmo quelle poche parole con tutto il significato recondito che si portavano appresso. Kiki gli afferrò il braccio e lo strinse con forza.

"Forse perchè solo ora mi rendo conto che tu sia davvero qui e non solo nei miei sogni, fratellone."

Mu rimase senza fiato ma era felice. Sentiva di aver ritrovato il suo posto in quel mondo strano.

"Qualche ora di sonno di certo gioverà anche alle tue facoltà mentali. Va a letto ora. Domani parleremo con gli altri. Sarà più facile, vedrai."

Kiki si trovò costretto a concordare. Puntò solo un'altra volta lo sguardo verso la volta celeste, dove le stelle brillavano incontrastate. Sperò che anche Seleina le stesse osservando, al fianco di qualcuno di cui potersi fidare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: LeanhaunSidhe