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Autore: PrincessintheNorth    30/04/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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KATHERINE
 
 
Da quando gli avevo urlato in faccia, due giorni prima, Murtagh aveva immediatamente cambiato registro.
Adesso, perlomeno, tendeva a coinvolgermi di più in tutto ciò che riguardava le spedizioni contro Grasvard e le discussioni su come tenere a bada i villaggi rivoltosi, ed era bello non venire più considerata come una bambola di porcellana da tenere sotto una campana di vetro, al sicuro da persone e informazioni.
Dopo mezz’ora, gettai letteralmente la spugna, stufa.
Per tutta la mattina c’era stato un bellissimo sole, ragion per cui avevamo pensato di andare, nel pomeriggio, nell’unico villaggio che non fosse in aperta rivolta.
Ovviamente, non appena eravamo arrivati ai cancelli, il cielo era diventato nero e plumbeo nel giro di dieci secondi e, in men che non si dica, ci eravamo ritrovati completamente fradici.
Era da mezz’ora, quindi, che cercavo di asciugarmi i capelli: già era un’operazione non semplice quando non ero incinta, ma con il pancione, la signorina lì dentro che scalciava tutta contenta e il telo che continuava a scivolarmi di dosso, era una vera impresa eroica.
Ragion per cui, dopo mezz’ora passata a tamponarli e nella quale non si erano minimamente asciugati, buttai per terra il telo di spugna che stavo usando.
-     Ti viene la febbre se stai con i capelli bagnati, scema. – fu il commento, simpaticissimo, di Murtagh, che con i suoi stupidissimi e corti capelli asciutti si era già buttato sul letto, ed ora era intento a leggere.
-     Allora correrò il rischio, preferisco la febbre piuttosto al diventare pazza a furia di star dietro a questi stupidissimi capelli! Anzi, sai che faccio? Li taglio!
Quello gli fece alzare gli occhi dal libro, sconvolto.
-     Questa cosa non si sente tutti i giorni. – fece, a metà tra lo sconvolto e il divertito. – Ma stai bene, così …
-     Ma sono scomodi! Basta. Lo faccio adesso, qui e ora!
Chiesi a Beryl, la mia domestica, di andare a chiamare una parrucchiera.
Solo che, non appena uscì dalla porta, l’ansia iniziò a strisciarmi nello stomaco.
-     Perché sembra che tu abbia appena visto un fantasma? – ridacchiò, raggiungendomi e abbracciandomi.
-     E se poi non mi piaccio? E se divento brutta?
-     Sei Katherine Shepherd, è scientificamente impossibile che tu possa diventare brutta. – disse, divertito. – Al massimo, se poi proprio non ti ci vedi, li puoi far ricrescere con la magia.
-     No … sto per fare una stupidaggine …
-     Tranquilla. – ridacchiò. – Non stai per morire.
Ciononostante, io continuai a preoccuparmi, e lui a cercare di rassicurarmi, finché non sentimmo Beryl bussare alla porta, per poi entrare.
Dietro di lei, la parrucchiera.
-     È il momento della verità. – mi prese in giro Murtagh. – Tranquilla, ti farà pelata.
-     IDIOTA!  
Provai a mollargli un bello schiaffone, ma evitò magistralmente la mia mano e arrivò a baciarmi.
-     Io faccio un salto nella torre da Castigo. – rise. – Se ti sentirò urlare, saprò di dover correre, magari portandomi una discreta quantità di fazzoletti per evitare che allaghi tutto il castello con le tue lacrime.
-     Murtagh, se dici un’altra stron …
Uscì prima che potessi finire, il simpatico.
E io dovetti assumermi le responsabilità della mia scelta.
Mi sedetti davanti alla toeletta, salutando la parrucchiera, che con fare professionale prese in mano tutta la considerevole lunghezza dei miei capelli e gli diede una ventina di vigorosi colpi di spazzola.
-     Hai le punte rovinatissime. – osservò, e fu bellissimo sentire che mi aveva appena dato del tu. – Dovremo tagliare un bel po’, almeno una spanna e mezza, forse anche due. Sei sicura?
Ricordai le parole di Murtagh. Al massimo, li puoi far ricrescere con la magia.
Perciò, annuii in fretta.
Come sempre, il primo taglio fu il peggiore.
 
 
Due ore dopo, il risultato mi lasciò esterrefatta.
Non solo sentivo la testa molto meno pesante, ma stavo benissimo.
Non mi ero mai vista bene con i capelli corti, ma mi ero ricreduta immediatamente. Secondo la parrucchiera non erano definibili corti, ma ora mi arrivavano a metà schiena, mentre prima fino al coccige: di sicuro era un bel cambiamento. Per evitare che si gonfiassero, l’acconciatrice li aveva sfoltiti un po’: una volta asciutti aveva usato un largo ferro tondo per creare dei boccoli, e successivamente aveva realizzato un’acconciatura semplice ma d’effetto, con quattro trecce che, partendo dai lati, si univano dietro la testa a creare una complessa e particolare treccia, decorata da un nastro dorato che non solo riprendeva i riflessi naturali dei miei capelli, ma si intonava anche bene al vestito che indossavo.
-     Ti piace? – fece la parrucchiera, leggermente preoccupata.
-     LO ADORO! – gridai, dimenticandomi di ciò che aveva detto Murtagh prima. Ma, complici la gravidanza, l’instabilità d’umore e la felicità per quel taglio di capelli, mi fu impossibile non gridare.
Nemmeno un minuto dopo, Murtagh era sulla soglia della porta, con il fiatone e il volto arrossato dalla fatica.
-     Devo farli ricrescere? – ansimò, reggendosi alla porta.
-     No, no, mi piacciono!
Rimase immobile per un secondo, rendendosi conto di aver fatto tutta quella fatica per nulla.
-     Ma va a cagare, te e i tuoi capelli! – sbuffò poi, ma stava già ridendo. Mi raggiunse, per poi abbracciarmi e darmi un bacio sulla fronte. – Stai benissimo, amore.
-     Grazie …   
-     Allora? C’era davvero bisogno di tutta quella paura?
-     In effetti no.
Rise, e ringraziai la parrucchiera per l’ottimo lavoro: le proposi di restare a cena, ma declinò l’invito, e Beryl la riaccompagnò all’uscita.
Quando Murtagh decise di smettere di prendermi in giro per la paura che avevo avuto prima, mi sedetti sulla poltrona, riprendendo il lavoro a maglia che avevo lasciato interrotto, e che speravo sarebbe venuto abbastanza bene da poter essere la copertina della mia piccola.
Watson me l’aveva detto tre giorni prima, quando l’avevo chiamato per farmi visitare: di norma sarei andata io da lui, ma dovevo evitare Murtagh, perciò avevo dovuto riconsiderare i miei piani.
In ogni caso, il bimbo non scalciava da un po’, e preoccupata che potesse essergli accaduto qualcosa, l’avevo fatto controllare. Watson, dopo pochi minuti di analisi, sia normale che magica, aveva ridacchiato. “Sta benissimo; è solo addormentata. E sì, è una bambina”.
Nel sentire i miei sospetti confermati, il mio cuore si era riempito di gioia, e la mia prima intenzione era stata correre da Murtagh, dimenticando ogni screzio, e dargli la notizia, confermando che tutte le sue teorie erano vere, che davvero avrebbe avuto la sua piccola principessa.
Solo che, subito dopo, mi ero ricordata del suo comportamento, e di come mi fosse parso che non si fidasse sufficientemente di me anche riguardo alla piccola.
Lentamente, poi, un altro sospetto era giunto a preoccuparmi: e se avesse voluto un maschio?
Inizialmente, avevo mandato quell’idea alle ortiche: insomma, erano quattro mesi, da quando gli avevo rivelato della gravidanza, che andava avanti a dire che nel pancione c’era una bimba.
Ma con il passare dei minuti e delle ore quella paura si era sedimentata in me, continuando a provocarmi, ogni tanto, delle situazioni d’ansia tremende.
-     April ha l’appendicite.
-     Cosa?! – feci, allarmata, prima di rendermi conto che mi stava prendendo in giro. – Idiota, ma …
-     È più di cinque minuti che ti chiamo. – ridacchiò.
-     E perché hai così bisogno di me?
-     Perché devo chiederti una cosa. Perché stai facendo una copertina azzurra, se non sappiamo cosa c’è lì dentro?
Penso sia il momento buono, suggerì Castigo, dato che Antares era al Nord. In fondo, è giusto che lo sappia. E poi, figurati se si arrabbia con te per cosa porti in grembo.
-     Parla per te! – ridacchiai allora, cercando di celare la mia preoccupazione.
Per almeno cinque secondi, rimase in silenzio a fissarmi.
-     Tu sai cos’è.
-     Mi sembra di avertelo appena detto …
-     TU SAI COS’E’ IL BAMBINO E NON ME L’HAI DETTO?!
-     È una sorpresa! Dopotutto, dovrebbe nascere più vicino al tuo compleanno che al mio …
-        Katherine. Tu sei nata il dodici settembre, io il tredici, che razza di scusa è?! – rise. ­- Dimmi cos’è.
-        No.
-        Katherine, dimmi cos’hai nell’utero o io …
-        O tu cosa?
-        Non te lo metto più dentro. – mi minacciò.
-        Sopravvivrò.
-        Oh, andiamo … Katie, ho il diritto di saperlo!
-        E lo saprai! Fra tre mesi.
-        È una bambina, vero? – mi chiese a bruciapelo. – Sai quanto voglia una BabyKatherine numero due e non me lo dici per questo. Perché è una bambina.
-        E allora perché sto facendo una coperta azzurra?
-        Per sviarmi.
-        O forse perché è un maschio.
-        È un maschio?!
-        Ti ho già detto che non te lo dico. Anche perché … Murtagh, lo sai che queste cose non sono precise. – sospirai. – Il medico ha detto che probabilmente è …
-        È?
-        Non te lo dico …
Perse l’aria scherzosa e si avvicinò a me, guardandomi negli occhi.
Un sorriso gli rischiarava il viso.
-        Lo so anch’io che c’è una bimba, qui. – sussurrò. – Tu non volevi dirmelo perché avevi paura che non l’avrei voluta. Che avrei voluto un maschio come primogenito. Mi sbaglio?
Non riuscii a negarlo.
Sospirò e mi prese in braccio, mentre cercavo di non piangere.
-        Tesoro, non m’importa se è maschio o femmina. Okay? Sssh, basta adesso … oh, Katie … spiegami u perché dovrei amarla di meno solo perché è una bimba. È nostra figlia, la nostra bimba … e ha una mamma un po’ scema, lasciatelo dire. – ridacchiò.
-        Quindi va bene anche se è una femmina?
Sorrise e mi baciò. – Non dire, “va bene”. È come se fosse di scarto.
Rimanemmo ancora un po’ abbracciati, quando lui mi chiamò.
-        Katie?
-        Mmh?
Appoggiò una mano sul pancione. – Sarà il nostro segreto. – sorrise.
​Avevo sempre odiato che ci tenessimo segreti. 
Ma condividerne uno ... era ben più elettrizzante. 



 
   
 
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