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Autore: HikariRin    30/04/2018    1 recensioni
The Realm Between è una storia che indaga le motivazioni per le quali Isa e Lea si sono separati; copre l'arco narrativo della saga da Birth by Sleep al finale di Dream Drop Distance. Il legame tra i due protagonisti, tra i ricordi e il presente, è come un reame di mezzo: qualcosa che non è più possibile trovare nella stessa forma in cui è scomparso, cui farà da sfondo una delicata riflessione sui sentimenti e sull'esistenza.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Isa, Lea, Roxas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH Birth by Sleep, KH 358/2 Days
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- Questa storia fa parte della serie 'The Realm Between'
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The Realm Between ~ 12

Finale

 


Alle volte mi capitava di sognare quella stanza, di rimembrare il vuoto e la sofferenza di quel luogo.
 

“Lo sai, ho sentito che il vecchietto là fuori vuole aprire una gelateria.”

Lea riposava con le braccia piegate dietro la testa, sdraiato sul pavimento scomodo e freddo.
Si volse verso di me, che nel mentre sedevo con la schiena poggiata alla parete, abbracciando le ginocchia.

“Chi te lo ha detto?”

“Ho sentito Ienzo che ne parlava con Even.”

Quando eravamo ancora liberi di trascorrere le nostre esistenze come tutti gli altri ragazzi della nostra età, avevamo conosciuto un simpatico vecchietto che vendeva ghiaccioli dal gusto strano. A Lea piacevano molto, ed aveva preso l’abitudine di comprarne uno ogni sera. Era entusiasta mentre mi parlava del fatto che quando ci saremo liberati avrebbe avuto un posto in cui recarsi per andare a comprarli, e non volli spezzare il suo entusiasmo, perché nell’oscurità era l’unica cosa che gli consentiva di mantenere la luce.

“Era scappato apposta per poterne comprare uno, ma l’aveva trovata ancora chiusa.”

Anche quel ragazzo, Ienzo, era un tipo particolarmente strano. Sembrava rispettare molto le persone più grandi, ma allo stesso tempo non condividere pienamente ciò che si svolgeva internamente al castello.

“Quando usciremo di qui, li assaggeremo di nuovo.”

“Intendi se usciremo di qui. Vero?”

Si alzò e si diresse verso le sbarre della nostra prigione, prendendole tra le mani e perdendosi con lo sguardo nel vuoto.

“Voglio tornare a casa.”

Abbassai lo sguardo. Era troppo per me, non potevo fare niente per lui.
Ricordo che la sofferenza che provai fu tanta, perché sapevo che a casa non saremmo tornati.

I suoi occhi perdevano gioia e colore, il suo sorriso stava divenendo triste. Ogni sera lo vedevo star male e gli prendevo le mani, nel tentativo di infondergli un po’ del mio calore. Dentro di me covavo una rabbia senza fine, perché lo stavano rovinando e non potevo tollerare che gli stessero facendo una cosa simile.

Si rannicchiò in se stesso, nascondendo il viso nell’incavo delle braccia. Tremava.

“Non ce la faccio più. Scusa.”

 

 

 

Qualche giorno dopo ci presentammo di fronte ad Even.

Aveva in mano dei fogli, forse gli ultimi dati degli esperimenti.
Alzò i suoi occhi sprezzanti su di noi, mentre li ordinava sul tavolo.
Lea abbassò gli occhi. Solo io gli resi manifesto tutto il mio odio.

“Non bene. Non vi siete ancora rassegnati?

“Tu pensi di poter avanzare sui nostri cuori dei diritti che non hai.”

“E tu sei convinto di poter sfuggire al potere dell’oscurità? Suvvia.
   L’unica ragione per cui il tuo cuore rimane con te è questo ragazzo, vero.
   Sarebbe un peccato perderlo.”

Lea ebbe un sussulto, e tutto ciò che io ricordi fu che provai una grande collera.

“Maledetto, non oserai.”

“Non preoccuparti. Entrambi siete ancora utili al nostro scopo.”

Lea rimaneva immobile, quando non molto tempo prima avrebbe sbottato e mi avrebbe difeso.

“Eppure vedo diverse reticenze, fra voi. Non so quale legame vi abbia spinti a varcare insieme i nostri cancelli, ma i vostri cuori non comunicano adeguatamente. Invidia, odio, sentimenti di indegnità o di colpa nutrono un cuore prigioniero delle tenebre, fino a quando questo si stacca dal corpo e diviene un Heartless. Quella parte che resta del corpo è senza legami e priva di sentimenti. Eppure fra voi c’è chi definirebbe quella una condizione migliore, e che tace diverse cose.”

Allora Lea mi guardò. Non gli avevo mai visto un’espressione simile. Pareva accusarmi di qualcosa ed essere atterrito persino da me. Perdere la sua fiducia sarebbe stato per me oltremodo peggiore del perdere il cuore, e una vita priva di sentimenti sarebbe stata forse migliore di quella nella quale sarei rimasto inerme a vederlo scivolare via. E il mio cuore sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa, qualunque cosa. Ma continuò a tacere. Even sollevò nuovamente i fogli che Ienzo gli aveva consegnato, sorridendo malvagiamente.

“Comunque, noialtri non abbiamo niente da temere. Siete entrambi sulla buona strada.”

Quella stessa sera, Lea mi guardava con sfiducia mentre entravo nuovamente in stanza con lui.

“Mi nascondi qualcosa, Isa?”

“Credi a quella storia?”

“Lo so benissimo anch’io che non so tutto di te. O che ci sono cose che non mi dici.
  Ho sempre pensato che fossero cose che non pregiudicavano la nostra amicizia.”

“Non lo sono.”

“Certo, non lo sono, ma tu stai perdendo il tuo cuore e io lo sto perdendo con te.”

“Questo non rientra nella norma? Non ho mai visto amicizie nelle quali si conosca tutto dell’altro.”

Il suo sguardo trapassò le mie difese e il mio cuore cedette. Capii di essere stato responsabile quanto gli altri del crollo di Lea, e dovetti reprimere ogni emozione per non cominciare a sentirmi enormemente in colpa.

“Mi stai dicendo di aver sbagliato? Io ti ho sempre confessato ogni cosa.”

Proiettò la debolezza del suo cuore su di me, e ormai già spento non potei fare altro che rimanere in silenzio.

Non lo avevo mai visto piangere.

“Allora, forse io sono già una creatura delle tenebre.”

“Smettila di essere negativo, e guardati intorno! Ti eri già arreso ancora prima di cominciare!
  Sapevo tutto anche io, che non avremmo avuto altre possibilità, ma tu continuavi a mentirmi!”

Sollevai lo sguardo, e incontrai il suo sdegno profondo.
Forse le prime volte mi aveva creduto. Forse no, ma mi era comunque rimasto accanto.

“Ma se non avessimo un cuore, allora sarebbe tutto diverso.”

Mi sentivo tremendamente in colpa solo a pronunciare quelle parole di fronte a lui.
Gli stavo dicendo che avrei voluto dimenticare tutto quello che ci aveva legati.

In fondo la nostra amicizia era già cambiata da allora,
e lui era troppo arrabbiato perché tutto potesse tornare come prima.

“Se non avessimo un cuore io non sarei più io, e tu non saresti più tu.”

Strinse i pugni, abbandonandoli ai lati del corpo. Nei suoi occhi c’era un colore indistinto, che si mischiava alla foschia di quel luogo e che non sapevo riconoscere.

“È questo che vuoi?”

Lasciai passare qualche secondo, poi risposi sommessamente.

“Non abbiamo scelta.”

Il silenzio tra noi era rotto solo dai rumori del temporale che s’infrangevano sulle mura nei piani più alti, il cui rimbombo giungeva fino ai sotterranei e ci inglobava nel suo fragore.

“Tu menti, menti e menti al tuo cuore.”

Lea sarebbe sempre stato irraggiungibile, per me; importante, immenso. In un luogo lontano.

“Anche tu stai soffrendo. Io voglio che scordiamo tutto questo insieme.”

“Isa, non c’è niente di sbagliato nel provare dei sentimenti.”

Trovai abbagliante il fatto che anche in una situazione simile era stato capace di darmi una lezione di vita.
Tornò alle sbarre e le strinse con entrambe le mani. Non si volse, ma comprendevo bene il suo stato d’animo.

“È tutto così anonimo qui sotto. Mi piacerebbe rivedere la luce del sole.”

Poi si voltò ancora, e mi rivolse un sorriso inaridito, privo di ogni affetto.

“Potresti avere ragione. Se perdendo il cuore potessimo andarcene di qui, forse sarebbe meglio dimenticare; non voglio più vederti triste o sentirti dire certe cose.”

Avrei voluto chiedere scusa, ma non uscì niente di più che una lacrima dai miei occhi.
Lea tornò da me e mi prese le mani, sollevandole all’altezza del suo cuore.

“Non fare così. Ho promesso che ti seguirò. Siamo sulla buona strada, no?”

 

Quel sorriso di circostanza non fece che accrescere il mio senso di colpa. Lea cominciò a farsi più freddo nei miei confronti. Fece amicizia con Ienzo, per riempire il vuoto che io stesso avevo lasciato; teneva il suo sorriso più vero lontano da me, e solo in rari momenti quando non poteva avvedersene tornava ad essere quello di sempre. Una volta mi porse un gelato che Ienzo aveva comprato dal vecchio, fuori dalle mura.
Mi chiamò entusiasta e sorrideva. Dopo, imparammo a spostarci usando i corridoi oscuri.

Dovemmo indossare la tunica per non essere divorati. Perdemmo perfino il nostro nome. Entrai in un reame di mezzo fatto di sensazioni e ricordi, ottenni ciò che volevo e fui liberato. Axel, invece, rimase a metà tra il vuoto e il preponderante ricordo di ciò che era. Quando faceva appello al vuoto, diveniva un essere indolente e vuoto. Più spesso, però, continuava ad avere bisogno di subissare il vuoto dell’anima.

“Come dovrei comportarmi adesso, con te?”

Mi chiese una volta, mentre sulla terrazza della nostra fortezza fermava il suo sguardo sul buio del cielo.

“In che senso?”

“Possiamo continuare ad essere amici? Sei un mio superiore, ora.”

“Non credo cambi qualcosa fra noi.”

Si incastrò nei miei occhi, e non vi era alcuna espressione apparente nei suoi.

“È ovvio che cambia qualcosa.
  Una volta avevo ammirazione per te e nutrivo un grande affetto nei tuoi confronti.”

Si perse con lo sguardo nel vuoto, e solo dopo riprese il filo del suo discorso.

“Adesso, invece, di tutto quello che avevo non è rimasto niente.
  Come dovrei comportarmi, per non sbagliare ancora?”

“Non c’è mai stato niente di sbagliato.”

Mi guardò, incrociando le braccia al petto. Aveva l’espressione di chi pareva non capire.

Non ti faceva soffrire?”

“A cosa ti riferisci?”

“Al mio comportamento.”

Mi portò a pensare ancora una volta a quei tempi lontani. Decisi di accogliere quella richiesta.

“Quello che provavo allora non veniva in alcun modo da te.”

Dissi, e pensai che quella era stata forse dopo molto tempo la sola dimostrazione del mio modo di intendere la mia amicizia con lui, consolarlo sul fatto che se lo avevo sempre tenuto lontano non era mai stato per colpa sua. Emise un mugugno che mi fece intendere che aveva capito, si sollevò e si allontanò per rientrare nel salone, senza dire una parola. Mi resi conto che non saremmo potuti tornare indietro senza un cuore.

In fondo anche Roxas era lontano dalla persona che io conobbi. Lea era estroverso, sereno, impulsivo.

Quando divenne un Nessuno fu lui stesso a decidere di essere diverso, anche se io continuavo a conoscerlo molto bene. In seguito al fallimento della sua ultima missione, quando abbandonò il castello, il suo comportamento divenne assurdamente prevedibile. Tentò di rapire Kairi per irretire Sora, alimentare la sua rabbia e il suo odio, far sì che si tramutasse in un essere oscuro ancora una volta e che perdesse il cuore, allo stesso modo di come in principio avevano fatto con lui; non riuscì ad emulare il comportamento dei nostri precettori, perché lo aveva odiato con tutto se stesso. Di fronte alla luce di Sora si era dovuto arrendere a considerare troncato anche quel legame. E allora aveva cominciato a vagare solitario tra i mondi.

 

Lo incontrai in un passaggio che lo avrebbe portato alla Fortezza Oscura.

Non avevamo del tempo per sentire nostalgia di casa. Cercava Sora, inseguiva Roxas.

Xemnas mi aveva mandato ad instillare il dubbio nel cuore di Sora. Il disegno del completamento del Kingdom Hearts giungeva a compimento, ma questo non gli bastava. Per assicurarsi che non tramassi ancora alle sue spalle volle testare la mia indolenza e mi mandò ad eliminare il traditore.
 

“Ho saputo che hai ordinato che il nostro sicario fosse curato.”

Si rivolse a me, pur avendo lo sguardo rivolto in altra direzione. Solo la luna, il suo Kingdom Hearts,
esaminava le nostre parole e intenzioni, e distribuiva a ciascuno.

“L’ho fatto. Credevo che assicurarmi che l’Organizzazione non perdesse i suoi membri a causa di futili motivazioni rientrasse tra le mie responsabilità.”

“Vi rientra, quando sono io a stabilirlo. Axel doveva avere occasione di riflettere.”

I suoi occhi avrebbero ammutolito chiunque.

Sfiorò le mie labbra con un dito per intimarmi di tacere,
e lasciò che quel lembo di pelle fosse l’unica cosa a dividerci.
I suoi capelli argentei mi sfioravano il viso.

Se anche avessi voluto, non avrei trovato parole per giustificare la mia iniziativa.

“Qualunque cosa vi abbia legati prima dell’Organizzazione, per me è futilità.
Axel ha scelto di abbandonarci. Ci ha traditi. Conosci bene quale sarà la sua condanna.”

“La cancellazione.”

Sorrise, lasciò cadere quell’unico divisore e si appressò a me, ancora.

“E userò te, Saïx, come emissario. Perché tra noi sei quello che sa fargli più male.”

Mentre si allontanava nella direzione opposta mi trovai diviso tra i miei ricordi e il mio cuore.

“Non deludermi.”

 



Mi appressai ad Axel avendolo scorto in lontananza, e quando l’impugnatura della mia arma sfiorò il mio palmo avido della sua sofferenza qualcosa dentro di me scelse una direzione, ma qualche altra cosa scelse quella opposta, e non fui davvero convinto di volerle entrambe.

“Avevi detto di non avere motivo di lasciare l’Organizzazione. Ci avevo creduto.”

I miei occhi lo scrutavano senza alcun sentimento, sebbene invasi da un rimpianto che pareva tale.

“Non ho mai avuto intenzione di andarmene. Volevo tornare.”

Strinsi la mia arma con vigore, perché la stessa cosa che mi aveva costretto ad aggredire Roxas si stava impossessando di ogni mio desiderio di vendetta.

“Peccato che ormai Xemnas ti annoveri tra i traditori.”

Si trovò incatenato dal mio tono furente, e sospirò stogliendo lo sguardo.

“Xemnas vi ha mentito. Non arriverete mai ad essere completi in quel modo. Kingdom Hearts è solo un recipiente, se anche vi donasse la sua forza continuereste ad essere creature appartenenti all’oscurità.”

“Taci!”

Un attacco diretto della mia claymore incontrò la sua traiettoria, e fino all’ultimo non volle imbracciare le armi. Non finché non gli urlai di difendersi. Mi ritrovai a poca distanza da lui, mentre le sue lame ardenti premevano contro la mia. Se avessi avuto un cuore lo avrei odiato, tanto ero sopraffatto dalla collera.

“Non sento ragioni da te. E non tratto con riguardo i traditori.”

Sul suo volto si dipinse un sorriso carico di finta mestizia, mentre faceva ancora più forza sulle armi riuscendo a liberarsi ed a balzare indietro; le abbassò entrambe, abbandonandole ai lati del corpo.

“Non avrei mai pensato di dover usare la forza contro di te.”

“Se non vuoi combattere, puoi semplicemente lasciarti eliminare.”

Lo incalzai nuovamente, e intorno a me si accese un muro di fiamme. Vano tentativo di chiudere il terreno dei giochi. Mi guardai intorno, forte della mia indolenza; poi tornai su di lui, sollevando la mia arma verso la luna che ancora non dominava il cielo di quel mondo, ma che lo avrebbe fatto presto tramite me.

S’incrociarono ancora. Il campo infuocato che aveva creato echeggiava dei nostri fendenti.

Axel non fece altro che difendersi, ma la mia volontà si mostrò più inflessibile della sua e riuscii ad ancorarlo al terreno. Le sue fiamme si dissolsero e lui rimase inerme con una delle mie lame incastonata in un fianco. Il suo respiro veniva rotto dalle grida di risentimento e dolore. Estrassi la mia arma lasciando che la ferita facesse sgorgare la sua vitalità, e lasciai che l’angoscia dei suoi spasimi si levasse al cielo.

“Non posso ancora… Svanire…”

Sollevai la mia arma ancora una volta, ma la mia mano non volle calare quando scoprii i suoi occhi nei miei.

“Ho fatto… Una promessa…”

“Anche io ti feci una promessa, e la sto adempiendo. Finalmente puoi essere libero, Lea.”

Sorrise. Scorsi dell’amarezza del suo volto ed ebbi la sensazione che avesse sempre sentito qualcosa di vero.

“Era questo che inseguivo di Roxas. Lui aveva un cuore. Mi faceva sentire di averne uno… a mia volta.”

“Ti sei allontanato da me per perseguire qualcosa che non avresti potuto raggiungere.
Non siamo più nel reame di sopra.”

“Hai ragione... Ma non mi soddisfa nemmeno questo reame di mezzo.”

“Mi hai lasciato indietro. Tu e la tua promessa meritate di scomparire per sempre. Non mi riguarda più.”


Ovviamente, sapevo di mentire. Ma mentre cercavo di convincermi che era meglio così,
mi tornò alla mente un altro ricordo di una sera ormai lontana.

 

 

“Isa, ricordi ancora quei tramonti meravigliosi?”

Ero sdraiato con lui sul gelido pavimento della nostra prigione, e lo tenevo stretto perché aveva detto di avere freddo; il suo viso coperto da quello spesso cappuccio nero premeva contro il mio petto.

“Sì.”

“Meno male. Finché li ricorderemo entrambi, ci sarà una piccola luce dentro di noi.
  Non dobbiamo rinunciare a quella luce. Dissiperà ogni oscurità.”

Sollevò lo sguardo, e strinse le mani che afferravano la mia tunica.

“È un promemoria per te. Quando ti troverai ad adempiere la tua promessa, dovrai ricordarlo.
  Sarà quella luce a portarci fuori.”


 


Dietro ad Axel cominciò ad aprirsi un corridoio oscuro; mi gettai su di lui per fermarlo, ma non potei.

“Ho tentato di essere come te. Ma non ho potuto.”

Mi fermai, perché se vi fossi entrato con lui non avrei avuto modo di mentire a Xemnas dicendo di aver fatto il possibile per eliminarlo. E mentre scompariva di fronte a me, mi chiesi cos’avesse voluto dire.

“A te l’oblio dei sentimenti è stato sufficiente. Io, invece, ho sempre desiderato di morire.”

Si addentrò ancora nell’oscurità, e istintivamente portai una mano ad afferrarlo; ma era troppo tardi.

“Sarebbe finito tutto, non ci sarebbe stato niente che avrei avuto il rimpianto di ricominciare.

Non sei stato il primo ad arrendersi; io non volevo vivere quest’altra vita.

Ti ringrazio di aver capito.”


Furono le ultime parole con le quali mi arrivò la sua voce.
Fu l’ultima volta che lo vidi.

 

Un attimo dopo, proruppi in un grido di profondo dolore.
S’infranse su tutte le rocce all’intorno, e avrei voluto che Axel lo sentisse.

Cosa poteva saperne, lui, del fatto che in ogni momento in cui lo vedevo sorridere ancora a quel modo mentre mi ricordava delle nostre serate avevo desiderato la morte anch’io; del fatto che per me l’oblio dei sentimenti altro non era stato che un sollievo che mi avrebbe permesso di tirare avanti ancora per poco, finché Xemnas non avesse deciso quando avrebbero potuto eliminarmi.

Non vi avevo mai riflettuto sopra, prima.
Le lacrime che Axel aveva dipinte sul volto, sarebbero potute essere il riflesso del suo desiderio.


Non potevo credere che in quel momento, in quello e in quell’altro ancora, lui avesse soltanto voluto morire.

 

“Stupido e debole; non credo ad una sola parola.”

 
 

In seguito Xemnas disse che Axel era scomparso, e nella Stanza Circolare ne discutemmo con i membri rimasti; disse che le sue sciocche azioni avevano toccato il cuore di Sora. Xigbar comparve dietro di me, mentre contemplavo la realtà della sua assenza nella Prova dell’Esistenza, senz’alcuna espressione sul volto.

“Il tuo amichetto non c’è più. E adesso cosa farai?”

“Ha meritato la sua condanna.”

“Equo, come tu hai meritato la tua.”

Si avvicinò alla lastra in vetro che mostrava due Keyblade tra loro intrecciati, con una delle sue armi adagiata sulle spalle; l’altra giaceva abbandonata su un fianco.

“Non sono sicuro che Roxas toccherà a me.”

Sollevò le spalle, come per farmi arrivare una duplice provocazione, prima di allontanarsi. Alzò gli occhi verso il frutto delle nostre fatiche, e sorrise. Come se attendesse indistintamente la sua vittoria o la sua disfatta. Come se non gli importasse di nient’altro che della sua sorte e di quella di Xemnas.

“L’eroe del Keyblade è qui. È stato il tuo amichetto ad aprirgli la strada.”

Lo superai, facendomi largo verso la stanza nella quale lo avrei atteso a lungo.

“Ormai non ci serve più; puoi giocare con lui, se lo desideri.”

Mentre scomparivo lungo il corridoio oscuro, sentii Luxord giungere dietro a noi.
Aveva preparato il suo mazzo di carte, e mi guardò con un lieve sorriso afferrandone una.

“Ormai siamo in ballo. È giusto che giochiamo fino alla fine le nostre partite.”

E poi c’era chi, come Lea, non aveva voluto giocare affatto.

 

Quello che vedo adesso è il luogo più alto che io abbia mai conosciuto.
Sebbene questa finestra mostri solo uno scorcio di ciò che è.


Kingdom Hearts, l’eterno custode dei cuori.
 

L’arma nelle mie mani attende.

Sora mi ossserva come se volesse innalzare un muro invalicabile.

"Solo tu potevi arrivare fin qui tutto intero, Roxas."

 



 

Note dell’autrice:

Salve a tutti, sono HikariRin e quello che avete appena letto era l’ultimo capitolo dalla parte di Saïx.

Conosco una persona secondo la quale, anche dopo essere stato liberato, Isa potrebbe decidere di rifiutarsi di vivere alla luce del sole. Chissà. Io spero che si facciano forza entrambi, invece, lui e Lea. Perché meritano un riscatto che renda loro tutto quello che hanno perduto a causa delle angherie di qualcun altro.

*L'ultima frase presente in questo capitolo è una citazione diretta dal videogioco Kingdom Hearts II.

   
 
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