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Autore: Ormhaxan    03/05/2018    2 recensioni
Gabrielle Nakovrar ha diciotto anni quando, seguendo le orme di suo padre e sua nonna prima di lei, entra a far parte della Bræthanir, la Fratellanza, gruppo di spietati e famigerati soldati al servizio dei sovrani di Yvjór, il regno della Primavera.
Ben presto, però, si renderà conto che dietro la gloriosa facciata fatta di palazzi maestosi, balli in maschera e sorrisi accondiscendenti si nasconde qualcosa di più profondo, oscuri segreti custoditi da secoli e la volontà di annientare coloro che dovrebbe essere protetti.
Nel regno a Nord di Ynjór, estremo baluardo che ancora resiste al dominio dei sovrani della Primavera, gli ultimi discendenti dei Sýrin, i mutaforma che un tempo popolavano ogni angolo dell'isola di Vøkandar, si stanno riunendo, insieme ad altri ribelli, sotto il comando di una combattente misteriosa che si fa chiamare Narmana.
E sarà proprio Narmana e il suo esercito che Gabrielle, adesso conosciuta con il nome di Nako, dovrà cercare di combattere quando la regina Lorhanna e il suo fratello bastardo, Lucien, ordineranno alla Fratellanza di marciare verso Nord in una missione che sembra essere un suicidio preannunciato.
Il vero nemico avrà realmente le sembianze di un lupo albino?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Fuoco.
Tutto ciò che Gabrielle riusciva a percepire e vedere era fuoco: alte lingue rosse e arancioni si sprigionavano dal bruno terreno e si protraevano minacciose fin quasi a sfiorare il cielo privo di stelle, circondandola da ogni parte. 
Ogni cosa bruciava, non solo gli alberi dai tronchi massicci e dai forti rami, ma anche la dimora che si ergeva maestosa sul paesaggio fatto di colline e fiumiciattoli; il suo stesso corpo sembrava andare in fiamme eppure non c’era segno di ustione sulla sua pelle sempre candida o sul suo viso spaesato e terrorizzato.   
«Padre! Padre!»
La sua voce era rauca, disperata mentre chiamava il genitore perito da otto anni affinché venisse a salvarla: ovunque i suoi occhi si posavano il fuoco la circondava, rendendole impossibile anche solo fare un passo, cercare di salvare se stessa e coloro che probabilmente si trovavano ancora nella dimora di campagna che per diciotto anni era stata il suo nido sicuro, il solo luogo in cui aveva trovato un po’ di pace ed era stata per quanto possibile felice.
«Padre!» chiamò ancora mentre provava senza successo a oltrepassare il cerchio di fiamme senza origine o fine «Padre, vi prego! Nana!»
Nana. Da quanto tempo non pronunciava quel nome? L’ultima volta era stata una bambina di sei anni e aveva avuto un incubo molto simile a quello. Ricordava che la sua casa stava bruciando, che il suo letto era in fiamme e in quell’occasione era stata sua nonna Ariadne a svegliarla, prenderla tra le braccia e sussurrarle amorevolmente che tutto sarebbe andato bene. Il fuoco, le aveva detto mentre le scostava i capelli dalla fronte madida di sudore, era una parte di lei e per questo non doveva averne paura.
Ariadne, la spietata e imbattibile Bræstven a capo della Fratellanza, era morta una settimana dopo e del suo corpo era rimasto solo la cenere.

«Abbraccia il fuoco, non combatterlo.» una voce dall’ombra si fece strada, una voce calma e gentile che subito riuscì a calmare il suo animo «Il fuoco è parte di te, scorre nel sangue della nostra famiglia dall’alba dei tempi. Non combatterlo, ma abbraccialo e permettigli di entrare, di trovare spazio nel tuo cuore.»
«Chi sei?» urlò mettendosi una mano sugli occhi per riuscire a vedere oltre tutta quella luce accecante «Mostra il tuo volto!»
Un’ombra oltrepassò il fuoco con passo lento ed elegante, prendendo forma pian piano fino a rivelare lunghi capelli talmente rossi che parevano bruciare e occhi color del sangue circondanti da un viso grazioso e pallido, un viso che Gabrielle conosceva fin troppo bene: il proprio.
«Salve, Ævin. È da tanto ormai che cerco di parlarti, ma sfortunatamente in molti ce lo hanno proibito.»
«Chi sei?» sussurrò assumendo una postura difensiva, pronta ad attaccare in ogni momento «Quale demone si cela dietro la tua maschera?»
La ragazza dagli occhi rossi sorrise e senza scomporsi rispose: «Non sono un demone, ma una parte di te. Noi siamo la stessa persona e allo stesso tempo siamo diverse: tu sei nata per diventare me e io sono nata per diventare una parte di te. Insieme, se riuscirai ad accettare il tuo essere, saremo forti e invincibili.»
«Io… non capisco.»
«Tu sei una Ævin, Gabrielle,» annunciò l’altra come se quella rivelazione fosse del tutto normale e ovvia «Sei una dominatrice del fuoco come i tuoi antenati prima di te. Devi solo decidere se vorrai accettare questo fardello o dimenticare per sempre.»
«È impossibile!» esclamò incredula, scuotendo con forza la testa «La magia è stata sconfitta in queste terre, esiste solo nelle profondità della terra, ma non è concessa a noi mortali.»
«Non sconfitta, mai sconfitta.» la figura che era lei stessa le tese una mano «Prendi la mia mano, diventa colei che sei sempre stata destinata ad essere e ti dimostrerò che c’è un mondo oltre quello che vedono i tuoi occhi da scoprire.»
Osservò la mano, la propria mano, per secondi che parvero ore: tutto quello non aveva senso, se lei era davvero una dominatrice del fuoco questo significava che anche suo padre e sua nonna lo erano stati e se questa era la verità allora…
«Fidati. Tutto avrà un senso a tempo debito, ma ora devi fidarti e accettare la tua vera natura.» il suo riflesso le sorrise «Se non ti fidi di me, di queste mie parole, allora fidati del tuo istinto.»
Il suo istinto: il suo istinto non l’aveva mai ingannata in tutti quegli anni, sin da quando era bambina sua nonna e suo padre le avevano detto di seguirlo se mai in dubbio. Il suo istinto l’aveva fatta diventare una combattente migliore, l’aveva fatta fidare delle persone giuste, diventare più sicura di se stessa e delle proprie capacità. Il suo istinto non aveva mai fallito.
«Mi fido!» esclamò un istante prima di stringere la mano, un istante prima che le fiamme l’avvolgessero completamente, incendiando ogni fibra del suo corpo.

Gabrielle urlò nel silenzio della notte più buia. Le sue grida rimbombarono nella stanza che divideva con altre ragazze divenute sue sorelle non di sangue, risvegliandole dal sonno profondo e facendole accorrere al capezzale del suo letto.
Si portò a sedere, sgranando gli occhi come una donna in preda alla follia mentre la sua pelle bruciava così come le sue viscere, il suo cuore, il suo animo. Nessuna fiamma la avvolgeva, tantomeno raggrinziva la pelle fino a farla sciogliere, ma il dolore che percepiva era lo stesso: mille spine sottili sembravano penetrare ogni poro, persino la cute dei suoi capelli sciolti sulle spalle ricurve, dando vita ad un dolore insopportabile, mai provato prima nei suoi quasi ventuno anni.

«Nako! Nako, cosa succede?»
Una voce che non seppe riconoscere chiamò preoccupata il suo nome. Gabrielle si portò una mano al collo, cercando di respirare profondamente, di sopraffare il dolore che in quel momento la stava sopraffacendo.
Non era la prima volta che faceva quel sogno, spesso nelle settimane passate aveva sognato alte fiamme che divoravano ogni cosa, sussurri appena udibili nell’oscurità della notte illuminata a giorno dalle tinte rosse, gialle e arancioni, ma era la prima volta che l’ombra dalle sue stesse sembianze si palesava, che l’afferrava stringendola come un predatore tra le sua fauci e facendola svegliare in preda al panico: solitamente nel sogno ricorrente chiamava suo padre, cercava disperatamente di entrare nella dimora d’infanzia inghiottita dalle lingue di fuoco per salvare le persone a lei care da un destino che sembrava segnato, fallendo ogni volta e risvegliandosi madida di sudore e con il fiato corto.   
«Non respiro… non…»
Coperte furono scostate bruscamente e a piedi nudi Gabrielle scese di tutta fretta dal letto e si precipitò fuori dalla stanza condivisa, giù verso le scale a chiocciola che percorrevano sinuose come un serpente tutta la torre, fino ad arrivare al cortile interno dove si fermò all’ombra di un antico albero che ne celò la presenza ad occhi indiscreti.
Con occhi lucidi osservò il cielo privo di luna identico a quello del suo sogno e non riuscì a fare a meno di chiedersi quanto quel sogno fosse tale e non un universo parallelo di qualche sorta — non che lei credesse a quelle sciocchezze, ovviamente.
Eppure…
Ævin. Così l’aveva chiamata più volte la giovane donna del sogno, usando quella parola letta solo nei libri polverosi contenuti nella biblioteca della sua dimora di famiglia, nelle storie divenute leggenda che narravano di aitanti condottieri dai capelli del tramonto capaci di dominare il fuoco ed evocarlo con il solo potere della mente.
Il solo potere della mente…

Allungando una mano verso l’alto toccò un ramoscello dell’albero e lo spezzò senza difficoltà; pensierosa, lo osservò attentamente e, chiusi gli occhi, ripensò a quei racconti quasi dimenticati e li riportò alla mente.
Ricordava che i prescelti sussurravano appena quelle parole, spesso le rievocavano solo nella propria mente; sua nonna prima e suo padre dopo le avevano raccontato fino allo sfinimento quelle storie, fatto di tutto affinché le ricordasse e le custodisse gelosamente — dopo tutto quei racconti facevano parte di lei, del suo retaggio, dei suoi antenati.
O, forse, c’era qualcosa di più? Qualcosa di segreto di cui era proibito parlare? Magari…

Da giorni, da quando quegli strani sogni avevano avuto inizio, avvicendandosi notte dopo notte, una singola parola aveva continuato a danzare leggiadra nella sua mente, sulla sue labbra, ma mai Gabrielle aveva osato pronunciarla ad alta voce.
Quella parola, quella lingua magica era proibita in quelle terre da trecento anni, ma dopo quello che era accaduto non poteva più ricacciarla in gola, reprimerla nell’angolo più buio del suo essere.
«Ruthvin!» sussurrò seppur con voce incerta, scettica, tirando quasi un sospiro di sollievo nel constatare che nulla era accaduto. «Stupida sciocca! Questo che stai facendo non ha senso, niente di tutto questo ha senso. Sono solo stupidaggini, vecchie dicerie e…»
Sospirò, continuando ad osservare il ramoscello stretto saldamente nella sua mano sinistra: doveva riprovarci? Doveva lasciar perdere e dimenticare quel sogno? Dopo tutto dimenticare sarebbe stato facile, un gioco da ragazzi, ma lei non era mai stata una di quelle persone a cui piaceva percorrere la strada più facile.
Abbraccia il fuoco, non combatterlo.
Abbracciare il fuoco: quello le era stato detto nel sogno. Abbracciare il fuoco, non combatterlo. Abbracciarlo come un vecchio amico, come un padre, come una nonna.
Brucia, iniziò a ripetersi come un mantra nella sua mente. Brucia. Brucia, brucia, brucia.
«Ruthvin!»  

Un forte calore si sprigionò dalla sua mano, diramandosi tra le sue dita, fino a scoppiettare come una fiammella in un camino e…
Gabrielle riaprì gli occhi e dovette reprimere un urlo sorpreso e allo stesso tempo terrorizzato quando osservò il ramoscello bruciare fino a carbonizzarsi e divenire un mucchietto di cenere nella sua stessa mano.
Tutto era accaduto così velocemente eppure era accaduto. Boccheggiando lasciò cadere lentamente la cenere che si andò a sparpagliare sul terreno polveroso ai suoi piedi e studiando attentamente la propria mano notò che il calore, così come il fuoco, si era dissolto lasciando il palmo liscio e tiepido.
— Sono un mostro? Sono come uno di quegli abbomini che popolano le terre di Ynjór? Se mai si scoprisse, se mai qualcuno dovesse saperlo… —

In quel momento realizzò che non ne avrebbe mai potuto parlare con nessuno. Non con Lucien, che certamente l’avrebbe rinchiusa in una cella delle segrete e chissà che altro, e neanche con Bjorn, il suo migliore amico, la persona a lei più cara con la quale aveva diviso ogni segreto e preoccupazione negli ultimi due anni e mezzo passati insieme.
Dirglielo avrebbe messo in pericolo anche lui, avrebbe cambiato per sempre la loro vita, la loro amicizia e lei non poteva permetterlo.
Inoltre, in due giorni si sarebbe svolto il matrimonio di Lorhanna con suo cugino Nikolas e dopo sarebbero partiti alla volta dei territori ribelli: la sua mente doveva essere lucida, i suoi sensi pronti, il suo animo privo di qualsiasi preoccupazioni.
Gabrielle decise che avrebbe taciuto, che avrebbe tentato di dimenticare, di lasciarsi alle spalle quello che era accaduto quella notte e andare avanti con la sua vita come se niente fosse mai successo.
 



*




Angolo autrice: Buonsalve, gente! Capitolo piuttosto importante questo, in cui l'essere e il futuro di Gabrielle vengono messi alla prova e in pericolo. Si è trovata improvvisamente capace di esercitare un potere leggendario, che credeva estinto, e chissà se riuscirà davvero a tenere il segreto o se qualcosa avverrà prima della missione che la porterà al nord.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, al solito, ringrazio chi legge, segue e recensisce questa mia storia.
Alla prossima,
V.
  
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