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Autore: M D Marcus    03/05/2018    1 recensioni
M. è un uomo solitario ed indifferente che, annoiato, decide di fare una passeggiata per la sua città, quando incorre in un misterioso vicolo scuro, bivio che sarà indeciso ad intraprendere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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M. quella sera passeggiava per le vie della sua città, quando notò un vicolo che gli era nuovo. All'inizio era un po' riluttante all'idea di attraversare un strano e stretto vicolo oscuro pieno di pozzanghere, ma poi, la sua voglia di conoscere mista a noia, lo spinsero a proseguire in quell'antro buio. Lui riusciva a distinguere, nonostante la poca illuminazione, le grandi lastre di pietra rettangolari che fungevano da pavimentazione, ma oltre a quello nient'altro. Non riusciva a capire di cosa fossero fatti i muri, se erano case oppure semplici blocchi di pietra giganteschi. L'atmosfera, scandita dall'eco dei suoi passi, era surreale e più volte M. pensò di ritornare indietro, ma alla fine continuò per la sua via. Dopo qualche minuto di camminata M. vide la strada aprirsi ed illuminarsi: conduceva ad una strana piazza piena di gente che festeggiava la vita con musica, vino, canti. M., indifferente a quel brusio quasi snervante, proseguì ancora per pochi metri guidato dall'incertezza; capito che quel posto non faceva per lui, fece per ritornare indietro quando un uomo che guidava il coro in mezzo alla piazza si accorse di lui e lo fece portare al centro. In quel momento la folla, accortasi della presenza di M., lasciò la strada libera per farlo passare.

M. cerca di dimenarsi ma il conduttore lo calma, lo fa presentare e gli domanda: 

-"Ciao, come ti chiami?"

-"Mi chiamo M."

-"M., come mai sei l'unico che non balla, non beve, non si diverte e non ride?"

-"Sono indifferente a queste cose che voi amate tanto."

-"E allora, in cosa credi?"

-"Beh, insomma, credo che la vita sia piena di sofferenze e di dolore; il divertimento è solo per chi vuole vivere nei sogni. Ma i sogni prima o poi finiscono e, quando succede, è troppo dura da affrontare e si cade in disgrazia. Io non ho bisogno di sfogare così i miei bisogni ed emozioni."

-"Ma allora, che senso ha affrontare il dolore e la sofferenza, come dici tu, tutta la vita e non lasciarli in fondo per poi farne i conti alla fine? Secondo noi, e mi sembra di parlare a voce di tutti, è meglio divertirsi e godersi la vita, e poi, alla fine, in vecchiaia, dove l'esperienza è maggiore, affrontare il dolore e la sofferenza preparandosi per la morte. Vivere come vivi tu è come avere un cappio al collo, sì che sei nella parte più alta della città e puoi vedere tutto, ma sei sempre frenato e terrorizzato dal fatto che, da un momento all'altro, tu possa cadere e spezzarti il collo."

-"Si, hai pienamente ragione, è veramente molto dura; solo in pochi al mondo possono permettersi ciò. Però io ho bisogno di vedere le cose nitidamente, anche se ciò significa vivere con il timore di rompersi il collo. Ma in fondo, non siamo noi tutti con il cappio al collo con la costante paura di cadere nel vuoto? L'unica differenza tra voi ed io, sta nell'avere in testa un sacco dalla nascita e nel poter vedere liberamente. L'unica certezza è che io abbia una condanna maggiore della vostra, soltanto per possedere il privilegio di vedere e comprendere meglio ciò che mi circonda. Questa vita che io conduco, per mia libera scelta o per una mia indole particolare, è un inferno luminoso, ove si riesce a comprende ogni cosa, al contrario del vostro buio e caotico paradiso."

E con queste fredde parole si allontanò: la gente gli fece spazio, lasciandolo passare in mezzo, con gli occhi fissi su di lui. L'uomo lo vide imboccare il vicolo da cui era venuto, non più solo con la sua indifferenza, ma con la morte da un lato e la solitudine dall'altro.

   
 
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