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Autore: nessie15    03/05/2018    1 recensioni
Renesmee è ormai cresciuta, si è laureata in medicina, si è allontanata da Forks ed è profondamente cambiata nel corpo e nello spirito nei 10 anni lontani dalla sua casa e dalla sua famiglia. Ora è una Cacciatrice: ha il compito di combattere i vampiri che cercano di raggiungere la supremazia nel mondo.
Jacob Black è un’ alpha sempre più forte, ha aspettato per anni che la sua Nessie ritornasse a Forks, continuando con la sua vita senza mai perdere la speranza di rincontrarla.
Però quando questo succederà, troverà la sua Renesmee profondamente cambiata.
Dolore, rabbia, determinazione… in lei sembra non esserci spazio per l’amore o forse si?
Renesmee una volta tornata a casa, si accorge ben presto di non essersi affatto lasciata i problemi alle spalle, perché se si diventa Cacciatrici si è sempre Cacciatrici. Come farà a spiegare tutto questo alla sua famiglia di vampiri e soprattutto senza che i Volturi tentino di sterminare dal primo all’ultimo, tutti coloro che tenteranno di aiutarla? A questo punto per Renesmee ricomincia la lotta contro il male…
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Mi chiamo Renesmee Cullen, per gli amici Nessie. Sono l’eccezione alla regola: un ibrido, infatti, sono stata concepita dall' unione di un vampiro ed un essere umano. Mia madre Bella, dopo il parto, ha rischiato di morire e per questo mio padre l’ha resa immortale. 

La notizia della mia nascita ha scatenato la paura e la curiosità dei Volturi, una sorta di sovrani di tutti i vampiri (pensate che hanno anche un loro corpo di guardie ed alcuni hanno dei poteri pazzeschi!). Dopo aver evitato lo scontro grazie agli amici di tutta la mia famiglia e con l’aiuto dei licantropi, i Volturi hanno lasciato stare: volevano uccidermi, perché pensavano fossi pericolosa. Mi hanno lasciata vivere, ma tutti sappiamo bene che non è finita lì. 

Ormai sono 10 anni che vivo qui a Madrid e sembro a tutti una comune ragazza di 20 anni, sebbene io sia nata solo 13 anni fa. Ho amato ed amo tutta la mia famiglia incondizionatamente, ma proprio per questo è stato giusto così. Quando me ne sono andata sembravo solo una bambina di 8 anni, penso che se mi rivedessero ora neanche mi riconoscerebbero. 

Tre anni dopo l’arrivo dei Volturi, tutti noi Cullen ce ne siamo dovuti andare da Forks, perché ormai l’ immutata giovinezza della mia famiglia iniziava ad insospettire tutti (soprattutto quella di mio nonno Carlisle che all’epoca continuava a lavorare nell’ospedale di Forks). 

Lì ho lasciato una delle persone più importanti della mia infanzia: Jacob Black. E’ grazie a lui se oggi sono ancora qui. Dopo la mia nascita il branco che all’epoca garantiva la sicurezza in quel territorio sosteneva che il patto fosse stato violato, cioè un antico accordo stipulato tra la mia famiglia ed il loro anziano capo tribù. In questo patto, i Cullen promettevano di non entrare nelle loro terre, ma soprattutto di non uccidere e non trasformare umani in vampiri. Il capobranco dei lupi di La-Push, Sam Ulley, pensava che io fossi pericolosa perché non giravano belle storie sui vampiri neonati, non si sapeva bene cosa potessi essere. E soprattutto tutti erano consapevoli che mia madre Bella non sarebbe potuta restare umana, quindi per “sopravvivere” doveva essere trasformata. L’intervento di Jacob è stato provvidenziale. Pensate che il branco addirittura si scisse! Ed oggi ci sono due branchi a La-Push. I dettagli della storia non ve li so spiegare bene… Sembra che Jacob abbia utilizzato il timbro dell’alpha e in questo modo abbia rivendicato di essere nipote di Ephraim Black. E’ riuscito così a zittire tutti anche Sam, ordinando al branco di ritirarsi, perché subito dopo la mia nascita erano già tutti pronti per uccidere me e la mia famiglia. E poi se la storia fosse andata diversamente quando i Volturi sono arrivati a Forks per controllare di presenza cosa fossi e non avessero capito che io in realtà ero innocua e non facevo del male a nessuno, sarei dovuta fuggire con Jacob. La storia però è andata diversamente. 

Fino ad oggi so che è rimasto a La-Push. 

Nei miei primi 3 anni di vita ero molto affezionata a Jake, ormai non lo vedevo da 10 anni (quindi da quando vivo qui a Madrid) e ci sentiamo molto raramente (massimo una volta l'anno per i classici auguri di Natale), però so che sta bene, continua nel suo ruolo di capobranco ed è fidanzato con una ragazza della riserva, Deborah. 

Quando sono partita dimostravo all’incirca 8 anni ed avevo preso una bella cotta per lui e poi ora a distanza di anni mi chiedo anche: cosa sarebbe potuto succedere se fossi rimasta a Forks e Jake in futuro avesse provato qualche cosa per me? E se i Volturi lo fossero venuti a sapere? Un licantropo ed una mezza vampira? Ci sarebbe stata una guerra!

Questo viaggio a Madrid l’ho affrontato con tutta la mia grinta, sono super positiva. Il mio motto è: distruggere mai, costruire sempre!

Dopo 3 anni dalla mia nascita ho preso questa decisione di venire come vi dicevo qui a Madrid senza la mia famiglia, per poter studiare e laurearmi in medicina, seguendo l’esempio di mio nonno Carlisle. Però volevo riuscirci con le mie forze senza l’aiuto di nessuno. Chiaramente fino a quando non ho dimostrato l'aspetto fisico di una diciottenne i miei non si sono staccati da me ed abbiamo vissuto per un periodo tutti insieme qui in Spagna, ma già quando avevo 5 anni anagrafici ne dimostravo 18. Per cui poi ho potuto diplomarmi ed iscriversi all'università, passando con successo ed al primo colpo il test d'ingresso!

La mia famiglia oggi vive in California. 

Per me non è stato facile soprattutto all’inizio ed i miei genitori chiaramente non hanno subito accettato il nostro distacco, ma sembrano essersene fatti una ragione. Qui a Madrid c’ è abbastanza selvaggina, quindi in tema di alimentazione posso continuare tranquillamente con la dieta vegana dei Cullen, anche se in genere caccio 2 volte l’anno. Tutte queste campagne contro l’uccisione degli animali con me hanno funzionato! E poi io a differenza della mia famiglia ho una possibilità di scelta ulteriore: il sangue degli animali o il cibo umano. Oggi non mi pento della mia scelta.

Mi sta ospitando una sorella di nonna Renée (quindi una zia di mia madre Bella), zia Nora e sua figlia Sole, che tra l'altro è anche una delle mie migliori amiche. 

Torniamo alla realtà ora: devo vendere questo caffè a qualcuno! Oggi sono allo stadio di Madrid. E’ praticamente vuoto, ci sono una decina di talenti che si stanno allenando. Mi avvicino ad un uomo in divisa con aria strana -Salve! Vuole un caffè?-

Lui mi guarda malissimo e scuote la testa -Guardi che è buonissimo!- 

-Posso darglielo macchiato, normale con il dolcificante, con lo zucchero, con la cannella. Le faccio assaggiare quello normale è un portento- L’uomo si guarda intorno, mentre io apro il termos che conservo nella mia borsa termica. -Così lo prova e mi dice che ne pensa. Ecco questo è il caffè che prepara Sole. Sa è un’ amica e viene qui ogni giorno. Oggi purtroppo non si sente molto bene. Tenga- gli spiego versandogli il caffè e porgendogli il bicchiere. Lo guarda con sospetto, mentre aggiungo un bel cucchiaio di zucchero. -quindi mi ha chiesto di venire al posto suo. Ecco fatto. Lo provi! Avanti lo beva, lo assaggi!” Lo incoraggio mentre sistemo tutto nella borsa termica. 

-Ma…- inizia a dire lui stranito con il bicchiere in mano.

-Niente male no? Lo finisca! Me lo paga un’altra volta. Arrivederci!- dico allontanandomi verso il gruppetto degli atleti.

-Ragazziii! Caffè, caffè bollente!- dico alzando la voce, mentre scavalco la corda di delimitazione tra il campo e le scalinate. Per poco non ruzzolo in terra! La coordinazione è una caratteristica che ho ereditato dalla parte umana di mia madre.

-Ragazzi nessuno vuole un caffè?- chiedo vicina a tutti quei ragazzi che si allenano con i loro palloni, ma nessuno mi ascolta.

-Si, io!- risponde il loro allenatore.

-Come lo vuole? Macchiato, zuccherato, con la cannella?-

-Normale-

-Subito- dico, iniziando a preparare un nuovo bicchiere -Tenga- dico porgendogli il bicchiere -ma loro non la fanno una pausa?- aggiungo.

-Non adesso, hanno appena iniziato- mi risponde lui cortesemente. Ecco spiegato il motivo.

-Me ne prepara uno anche a me?- mi chiede un signore dalle scalinate.

-Certo!- dico prendendo un bicchiere -Attento che scotta- gli raccomando.

-Me li pagate dopo va bene?-

-Si va bene- 

Mi volto di nuovo verso le scalinate. Non c’ è nessuno, anzi c’ è solo un uomo con le mani sul volto. Non riesco a vedere la sua espressione chiaramente. E’ vestito elegantemente con la giacca e la cravatta. Che ci fa un uomo così sulle scalinate di uno stadio vuoto?

-Signoreee!- lo chiamo, ma non mi risponde, resta immobile. -Signoreee, caffè!- urlo. Mi avvicino a lui. Continua ad ignorarmi. Cavolo! Questo lavoro non fa per me, mi ignorano tutti quando gli offro qualche cosa. 

-Signore?- ripeto piegando leggermente la testa. E’ robusto, sicuramente un fisico da atleta e sembra avere le mani molto curate. -Signore?- Continua a restare sempre immobile, sembra quasi un vampiro per questo immobilismo che riesce a mantenere. 

Gli fischio, sembra muovere appena la testa e mi sembra di intravedere i suoi occhi. Li tiene chiusi e nascosti dietro il palmo le mani. -Caffé o vuole un panino? Vegetariano, misto? Caffè macchiato?- 

Lui finalmente toglie le mani dal viso. I suoi occhi azzurrissimi mi guardano per un secondo disperati. Sembra essere un uomo adulto forse sulla quarantina eppure è così affascinante. Mi guarda annoiato. Ha un odore molto forte di zenzero e cannella. A prima vista anche dal colore della sua pelle sembra essere un vampiro, ma poi sento il suo cuore che batte. Quindi deve essere sicuro un falso allarme -Come lo vuole?-

Mi guarda e non mi risponde. In questo momento sembra quasi meravigliato. Avrò forse qualche cosa di strano tra i capelli? Eppure prima di uscire li ho sistemati. Gli sorrido istintivamente e gli faccio un occhiolino. 

-Quanti anni hai?- mi chiede sospettoso. 

Gli umani sono proprio strani, ma cavolo tra umani, vampiri e licantropi non se ne può più!

-Venti perché?- rispondo cortese -E lei?-

-Sei qui per il caffè. Non per farmi domande- mi risponde leggermente scontroso, muovendosi appena sulla sedia. 

Nervosetto il tipo! Normalmente un uomo che mi risponde così l’avrei mandato al diavolo, ma lui sembra essere diverso. Sembra portare un incredibile peso sulle spalle -aaaaaaah mi scusi, però ha iniziato lei! Mi ha chiesto quanti anni ho! Se ha passato una brutta nottata e non ha dormito bene non è colpa mia- gli rispondo anche io seccata. -Prenda un caffè così si sveglia, avanti!- lo incoraggio. Mi guarda stranito, schifato, sospettoso e chi più ne ha più ne metta. Così sbuffo. E’ veramente un osso duro questo tizio! Mi dispiacerebbe mandarlo al diavolo come in realtà si meriterebbe dopo la risposta scontrosa di qualche istante fa.

-Perché mi guarda in quel modo?- dico incuriosita. Mi continuava a studiare con quei profondissimi occhi azzurri ed il suo cuore sembrava quasi una batteria. -E’ depresso? Non si sente bene?- chiedo preoccupata. Mi sta facendo sentire strana. Per la prima volta nella mia vita fuori da Forks e La-Push qualcuno è riuscito ad incuriosirmi. Un vero miracolo! 

-Avanti si beva un buon caffè! Così le passa tutto! Guardi posso offrirglielo macchiato, con zucchero, senza zucchero- 

Lui volta la testa, socchiude gli occhi e sbuffa per poi sussurrare -Cosa ho fatto di male? Ci mancavi solo tu in questo momento-

Ma che….

-Come?- provo a chiedere. Non potevo certo confidargli che con il super udito ereditato da un vampiro sentivo ogni singolo rumore, sussurro e bisbiglio! -Mi scusi signore, ma parla a voce bassa e non ho capito niente!- rispondo stizzita.

Lui sembra ricomporsi velocemente. -Lasciamo perdere va bene?-

-Allora lo vuole si o no?- gli chiedo. Non so perché sto continuando a perdere il mio tempo con uno così scontroso. -Posso scegliere?- chiede girandosi leggermente dalla parte opposta.

-Certo scelga!- chiedo spazientita. 

-Non voglio niente! Chiaro? Niente- Mi risponde scontroso. Mi ammutolisco all’istante. Ma cosa…? Non ho intenzione di muovermi di un millimetro da qui e lui continua a guardare fisso altrove.

-La vedo così male che le offro un caffè gratis!- dico decisa. Lui poggia nuovamente gli occhi su di me. Non so perché, ma mi piace sentire i suoi occhi su di me. -E spero che poi diventerà un buon cliente!- dico decisa, prendendo un bicchiere  versandogli il caffè prima che possa replicare alla mia decisione. -Ecco, tenga!- dico porgendoglielo. Lui mi scosta la mano gentilmente. Però non mi aspettavo questo contatto, mi trema la mano ed il caffè con tanto di bicchiere cadono inevitabilmente. Qualche goccia arriva perfino sulle sue mani e sulla sua fronte increspata. Per la prima volta sembra quasi accennare un sorriso

-Ma che vuoi? Ma ti ho chiamata io?- mi domanda scontroso, mentre si pulisce la fronte. Cavolo! Che figuraccia! -No, niente affatto!- rispondo stizzita, chiudendo il termos velocemente. Sono un disastro, non ne combino una giusta!

-Non c’erano altri a cui vendere il tuo caffè?- domanda guardandosi le mani.

-Il problema è che qui la gente non mi lascia camminare. Non vede che folla? Tutti ne voglio uno!- dico aprendo le braccia ironicamente. Lui prende un fazzoletto di cotone grigio, intonato con il suo completo e si pulisce le mani ed il viso. 

-Avanti non sia cattivo! Guardi non c’ è nessuno in questo stadio. E’ vuoto, deserto!- dico triste. Pensavo di vendere tanto caffè oggi in modo da non far andare persa la giornata lavorativa di Sole, ma penso che il mio risultato è stato molto misero. -Sicuramente sono tutti andati in spiaggia! Lì è tutto diverso!- mi giustifico. -Le piace la spiaggia?- gli chiedo incuriosita.

-Nah per niente- mi risponde stizzito.

-E perché? Chissà perché le persone detestano la spiaggia!!!- esclamo. Nei primi anni di vita non facevo altro che stare alla spiaggia di La-Push. Adoravo stare in quel posto con Jacob. E poi i falò in spiaggia. I colossi…

Quell’uomo un può somigliava a loro… Forse per la postura… Sebbene fosse un uomo adulto e maturo, ha un fisico pazzesco. Forse anche la tartaruga! -E’ vero dicono che il sole fa male! Fa venire il cancro. Fa venire le macchie. Mia madre…- 

Lui lentamente si volta verso di me imbronciato. -Che ne sai tu del cancro?-

-Beh sa io sono un dottore. Mi sono laureata poco tempo fa in medicina!- gli rispondo. Mi ha visto come un ignorante fantastico.

-quindi hai studiato?-

-Si ed ho finito gli studi. Allora lo vuole il caffè?- gli ridomando spazientita. -Guardi che oggi è gratis. Offre la casa! Ma solo per oggi!- sottolineo. 

-E perché oggi?- chiede incuriosito.

Io riapro velocemente il termos. Sta volta non devo combinare un altro disastro. 

-Beh perché si… senta facciamo une bella cosa. Tenga questo- dico porgendogli il bicchiere vuoto. Lui mi guarda preoccupato. -Prenda il bicchiere. Per favore!- lo incoraggio. Lui lentamente lo afferra. 

-Così posso servirla- dico avvicinandomi con il termos e versandogli il caffè. Mi continua a guarda sospettoso. Forse teme che glielo lanci, dopo quanto successo. Inizio a versare nuovamente il caffè.

-Fa attenzione! Lo stai rovesciando! Lo stai rovesciando!- mi dice bloccandomi e spostando velocemente il bicchiere. Mi blocco all’istante, il caffè stava per uscire di nuovo dal bicchiere. Un altro disastro evitato. 

-Scusi mi dispiace tantissimo. Non posso fare tante cose insieme. Mio padre me lo dice sempre- gli spiego innervosita, prendendo un fazzoletto per pulirgli il bicchiere. Lui si scansa. Ha già in mano il suo fazzoletto -Lascia stare, ho già fatto tranquilla!- mi rassicura.

-Mi scusi ancora- dico e noto che ha bevuto un sorso di caffè. -Allora? E’ buono vero?- gli dico sorridendo. Lui mi guarda e sorride. 

E’ così bello… Ma cosa dico!??

-E adesso perché ride?- domando per calmare i miei pensieri. Il suo sorriso è ancora più pronunciato. Scuote la testa e ride dolcemente.

-Cosa c’ è? Perché si è messo a ridere?- chiedo incuriosita.

-Per te- risponde breve.

-Ah per me- rispondo. Abbasso lo sguardo, intimidita da quegli occhi così belli.

Lo riguardo e scoppiamo a ridere insieme. Mi siedo su una sedia vicino a lui ed inizio a toccarmi i capelli agitata. Lui nel frattempo finisce il suo caffè ed ogni tanto mi guarda. 

-E’ molto buono- risponde sincero.

-Lo so. Gliel’ho detto- dico soddisfatta. Il caffè di Sole ha colpito ancora!

-Prendine uno. Pago io!- dice lui, indicandomi il termos. Sorrido felice. Un può di caffè effettivamente ci voleva proprio. -Va bene. Mi sembra un’ottima idea! Ne avevo proprio bisogno- rispondo sorridente.

-Davvero hai 20 anni?- mi chiede ancora improvvisamente sospettoso.

-Certo! Non li dimostro? Me ne dà di più?- chiedo allegra. Sono sicurissima di dimostrare a tutti gli effetti la mia età, ma per la prima volta qualcuno sembra essere incuriosito da me non per il pensiero fisso dei maschi. Mi sentivo lusingata.

-Di meno- risponde sicuro.

-Di meno? Dica un numero!-

-Io… ti darei 15 anni- dice sempre sorridendo. 

-15 noooo- dico arricciando il naso. Cavolo sono nata 18 anni fa!!!! Almeno 18 anni sono sicura di dimostrarli.

-Sei così giovane…- aggiunge.

Lo guardo. Ha degli occhi veramente bellissimi. -Così fresca.. così vivace… Da quanto tempo vendi caffè?- mi chiede incuriosito.

-Da oggi. In realtà solo per oggi, sto sostituendo un’amica. A me questi lavoretti non sono mai durati per molto tempo. In genere lo lascio oppure mi licenziano. Sempre- spiego. Era vero.

-Non ti piace nulla oltre la medicina?-

-Si al principio si, poi però mi annoio. Ecco. Tutto finisce male- gli chiarisco.

-Che cosa finisce male?- 

-Tutto- Poi mi rendo conto di quello che sto facendo. Ero io che volevo farlo parlare con me, ed invece sta succedendo esattamente il contrario. -Mi scusi. Se mi vedesse mia madre mi ucciderebbe- gli dico imbarazzata. Lui mi sorride.

-Scusi… sapevo che non sarebbe stata una bella idea quella di sostituire la mia amica, però Sole mi ha assicurato che la mia faccia tosta era sufficiente- cerco di giustificarmi. 

-Faccia tosta?- chiede attento e divertito. Forse sono buffa per quest’uomo quando parlo.

-Si sono spigliata, però non pensi male. Mi comporto così, ma nel profondo sono timida- 

Lui mi guarda un po’ incerto.

-Davvero! Le spiego: Sole è una mia amica, la figlia della sorella di mia nonna Renée. Oggi Sole non poteva venire e così le ho fatto questo favore-

-E tu dove lavori?-

-Nell’ ospedale della città. In questo periodo sono in ferie, ma continuano a chiamarmi per le autopsie, una palla! Sa mi piacerebbe fare un viaggio, anche solo per tornare a Forks dalla mia famiglia…- spiego un po’ malinconica. Lui cambia improvvisamente espressione, sembra stupito dalle mie parole.

-E se tu andassi con un amico?- mi chiede.

Il tipo sembra un po’ troppo intraprendete. Mi deve aver frainteso…

-Credo che sia meglio andarmene- rispondo evasiva.

-Ti ho chiesto se ti andrebbe di ritornare a Forks con un amico- mi domanda deciso, trattenendomi per un braccio.

Ma mi sta prendendo per scema!!!!

-Il caffè l’ ha bevuto? Vado- rispondo scontrosa e mi alzo. Lui sembra voler continuare a trattenermi per il braccio, poi ci ripensa e mi lascia andare all’improvviso. Mi manca quasi il contatto della sua mano sul mio braccio.

-Aspetta non ti ho ancora pagata! Quanto ti devo?- dice prendendo il portafogli dalla tasca della giacca.

-Due soles- rispondo acida, porgendogli la mano aperta. Mi poggia la moneta su palmo della mano. Una volta che ho messo la mano in tasca, lui mi poggia la mano sul braccio. Di nuovo. Sembra improvvisamente attento ad ogni mio minimo momento. -Aspetta! Perché reagisci così?- mi domanda.

-Dovrebbe chiederlo a se stesso!- esclamo. Lui continua a tenere la mia mano. Sembra abbia quasi paura che io possa fuggire da un momento all’altro.

-Come ti chiami?- chiede. 

Bene ho incontrato il maniaco di turno. Fantastico. 

Provo ad andarmene, ma lui mi continua a tenere ben salda per la mano. So benissimo che se volessi potrei andarmene senza problemi, però qualcosa mi trattiene qui.

-Il mio nome è Jonathan. John- mi dice sorridendomi appena. Era un gesto di scuse, lo leggo nei suoi occhi. Gli occhi più affascinanti che avessi mai visto, continuo a ripeterlo ed a pensarlo.

 

POV. JACOB

-Deborah. Mi dispiace! Non posso farlo!- le dico allontanandola da me. Per l’ennesima volta sto cercando di convincermi che la storia non fosse finita. E’ assurdo che un uomo della mia età non riesca ad essere minimamente convincente con una donna, ma con il suo branco si. Ho smesso di crescere da quando avevo sedici anni ed anche se anagraficamente ormai ho 32 anni, fisicamente né dimostro 25. Questo fino a quando continuerò a trasformarmi, un giorno quando deciderò di non trasformarmi più, continuerò ad invecchiare normalmente. Quel giorno però per me è molto lontano. Il branco ha bisogno di me e non voglio permettere né a Sam e neanche ai suoi discendenti di prendere il controllo dei due branchi. Lo faccio per i Cullen, il legame che mi unisce alla mia Nessie non si potrà mai spezzare. Mai.

-Perché? So di piacerti! Non ti sono indifferente!- esclama lei sicure di sé. Ha ragione è una bellissima ragazza. Bionda, occhi azzurri, formosa. L’esatto opposto di LEI. 

-Beh non di certo! Il fatto è che… io ho bisogno di tempo…- rispondo. Come posso spiegare ad un’umana che potranno passare anni e secoli ma l’imprinting è solo uno?!?

-Tempo? Io ne ho aspettato moltissimo… prima di poterti sentire vicino….- dice per poi riavvicinarsi alle mie labbra.

-No! Deborah, aspetta per favore! Io ho bisogno di dimenticare… ho bisogno di curarmi per poter diventare la persona che ero prima- le spiego allontanandola da me. Sembra sconvolta dalle mie parole. Pensava di potermi legare a sé dopo tutte quelle notti d’amore, ma non è così…

-La partenza dei Cullen.. di Renesmee è troppo vicina..-

-Per favore Jake, per te Renesmee non era poi tanto importante. Ed ha lasciato gli Stati Uniti non da una settimana - dice lei schifata. Odiava Renesmee. So benissimo cosa vuole lasciarmi intendere, Renesmee ed anche i Cullen con lei erano partiti 9 anni fa. Lei all’epoca dimostrava avere 17 o 18 anni.. chissà oggi come sarà… Sicuramente non sarà cambiata di molto, la sua crescita si dovrebbe essere stabilizzata. Non la sento da molto. I primi tempi eravamo sempre incollati alle web, poi solo qualche messaggio ed ora è un miracolo se ci spediamo qualche sms per gli auguri. Deborah mi stava chiaramente facendo intendere che di tempo ne era passato e di acqua sotto i ponti anche. Non riuscivo a dimenticarla. Ci ho provato tante di quelle volte a non pensarla, ma purtroppo l’imprinting non facilita le cose. Ho conosciuto Deborah a casa di Sam, lei è una sua cugina. Conosce le leggende della tribù, ma crede che siano solo tali. La conosco da ben 5 anni, ma non le ho mai voluto raccontare nulla sulla mi aveva natura e sul mondo soprannaturale.

-Cosa come puoi parlare così?- chiedo amareggiato.

-No non fraintendermi. Volevo dire che quella ragazzina è soltanto la figlia della tua migliore amica- risponde sconcertata.

-Questo mi pesa ancora di più!-

-Va bene senti non pensiamo più al passato, perché ciò che conta è il presente… il nostro presente amore mio…- dice riavvicinandosi.

-Deborah. Cerca di capirmi, ti prego. Per me è stato un periodo molto difficile te lo giuro. Vorrei potermi gettare tutto alle spalle, ma…-

-Jacob senza uno sforzo cosciente da parte tua, non riuscirai mai ad uscirne- dice lei accarezzandomi una guancia. Lei non sa chi sono io, chi sono i Cullen. Quello che non può neanche lontanamente immaginare è che io abbia avuto l’imprinting con Renesmee. Un legame più forte di ogni tipo di infatuazione o amore terreno. Però secondo me l’imprinting per lei, non si potrà sciogliere neanche dopo la morte. Il fatto dell’imrpinting veramente non lo sa nessuno, eccetto i due branchi, mio padre ed i Cullen. La stessa Renesmee non lo sa, chissà se l’avesse saputo prima di partire come l’avrebbe affrontato… Forse non mi avrebbe mai abbandonato…. Oppure sarebbe rimasta indifferente a tutto… 

Dopo tutti quegli anni insieme non ha avuto molte difficoltà ad andarsene e dimenticarsi di me. Non era assolutamente innamorata di me. Sono proprio sfortunato in amore… prima sua madre, poi lei… Alcuni dicono che l’imprinting di un lupo possa respingere il suo amore, casi rari ma possibili. Anche in questo io sono l’eccezione.

-Si hai ragione ti chiedo solo di avere un po’ di pazienza. Ancora un può Deborah- le dico deciso, cercando di prendere altro tempo. Lei alza gli occhi al cielo.

Spero tanto di riuscirci. Voglio iniziare a vivere. Dopo che anche i Cullen se ne sono andati è come se fossi morto anche io. Devo rimediare. Ho tutta la vita davanti a me, un branco a cui pensare. Voglio pensare ad una famiglia tutta mia, magari dei figli ed una moglie… Forse Deborah è quella giusta?

 

POV. RENESMEE

Ora sono in una piccola tavola calda con Jonathan. Mi ha invitata ed io non ho voluto dirgli di no. Mi affascina quest’uomo. Parla in un modo così intelligente, a prima vista sembrerebbe l’uomo anche giusto per essere messo a conoscenza del soprannaturale. Ma che cavolo vado a pensare?!? Ed ai Volturi chi ci penserebbe? Ultimamente non si sono fatti sentire, ma non lascio nulla al caso. So che prima o poi mi torneranno a cercare ed io sarò pronta.

-Ti piace la canzone? Sai come si intitola?- mi chiede lui indicando un piccolo stereo vicino la cassa. Sembra volermi ascoltare, tanto che per lui ha addirittura ordinato un semplice caffè. Io addento il mio panino con la senape che straborda, mi cade gran parte sul piatto. Lui mi guarda divertito, sembra pronto a scoppiare a ridere da un momento all’altro. Cavolo! Sono un disastro! Le buone maniere penso proprio di averle lasciate a Forks. Chissà cosa penserebbe di me mio padre Edward.. Gli devo sembrare una zulù o come minimo una gran maleducata vedendo come mangio. 

-No no- gli confesso, afferrando il mio tovagliolo. Devo ricompormi.

-Si chiama “Albachiara”, parla dell’amore.. e di quanto siamo insensati a volte…- chiarisce guardandomi attentamente.

-E che c’entra?- ribatto indispettita. 

-Ho messo alla prova la tua cultura musicale- risponde allargando le braccia.

-Ah no, mi spiace! Però così non vale… ero una bambina quando andava di moda questa canzone…- dico ridendo. Poi ci penso bene… Cavolo lui all’epoca avrà avuto sui 15 o 20 anni. Io invece materialmente non ero propio nata ed i miei genitori neanche si erano conosciuti.

-Mi scusi non volevo offenderla. Io la conosco la musica, mi piace. Una volta andavo in un locale a ballare…  Come si chiama?- aggiungo ridendo.

-Ventrada?-

-No che dice! Lì ci vanno solo i figli di papà, i ricconi.. quelli che hanno i soldi, mi capisce?- gli dico ridendo ancora di più. Certo i miei mi hanno lasciato a disposizione una bella carta di credito gold, ma non la utilizzo mai. Voglio cercare di vivere il più possibile la vita di un’umana. Mi piace vivere come una semplice ragazza ventenne.

-C’è gente giovane!- dice sorridendo. 

Annuisco felice. Lo sapevo benissimo, ma il punto non era quello.

-Ti piacerebbe andarci?-

-No no. In passato andavo spesso a ballare, però… poi ho smesso. Mi annoiavo, ho capito… che si perde solo tempo in quei posti. Ha di fronte a sé una ragazza proiettata sul futuro. Sul serio! A me piace di più pensare al domani.. all’avvenire - gli spiego. Una sciocchezza peggiore di questa non la potevo dire. Sembra quasi voglia mostrarmi come una più matura delle mia età in questo modo.

-Certo. Sei giovane e per questo puoi pensare al domani-

-Perché si comporta come un vecchio?- gli dico imbronciata. E’ così strano… un misto tra malinconia ed allegria.

-Chi io? Come un vecchio?- mi dice ridendo e morendosi leggermente il labbro. Cavolo! Ti prego rifallo! Penso toccandomi i capelli. Ho il cuore a mille. Questa volta scoppia a ridere insieme. A chiunque potremo sembrare semplice un padre con la figlia che pranzano insieme, ma non importa.

-Lei si diverte con me. L’ho notato!- esclamo continuando a ridere.

-L’hai notato! Si mi fai ridere. Così spontaneamente e riesco a dimenticarmi di tutto- mi confida ritornando serio, anzi serissimo.

-Che vuol dire tutto?- domando sospettosa. Io sto qui che ascolto ogni singola parola che mi dice, ma non penso a quello che c’ è oltre. E se fosse un uomo sposato con tanto di famiglia? Ci rimarrei malissimo.

-Tutto può essere anche il domani, ma è un peccato che io non creda nel domani- chiarisce cupo in volto.

-Ma lei chi è?- domando curiosa. Non riesco veramente a capirlo. Sono sicura che sia umano, però spesso sembra saperne una più di me (una mezza vampira!).

-Un uomo ricco- dice deciso, facendomi l’occhiolino

-Mmmmh- e sbotto a ridere spontaneamente.

-Non vedo che cosa ci sia da ridere. Sono un uomo ricco- chiarisce fingendosi offeso con un sorriso sotto i baffi. 

-Lo so, già mi scusi, non volevo ridere. Ho capito- 

-Non fa niente- dice sorridendo. Non mi avrà messo alla prova per vedere se magari potessi essere interessata a lui per i soldi? Alla fine se lo guardo bene era visibilmente a chiunque il fatto che fosse un miliardario, basta vedere come è vestito! Ma cosa vado a pensare?!

-Non mi guardi in quel modo è pericoloso… Lei è attraente- sostengo abbassando lo sguardo sul mio piatto vuoto. Non riesco a reggere il suo sguardo e spesso mi ritrovo a puntare gli occhi altrove.

-Attenzione non farmi certi complimenti!- mi avvisa ridendo.

-Lei mi piace- continuo sentendo il mio viso infuocarsi. Sarò sicuramente rossa come un pomodoro.

-Grazie!-

-Un momento…Lei mi piace nel senso che mi è simpatico… Volevo dirglielo perché non pensi che vado dietro al primo sconosciuto che incontro e tanto meno mi faccio offrire il pranzo- gli spiego finalmente guardandolo negli occhi. Era meglio chiarire fin da subito la mia posizione e per quanto fosse possibile anche il mio carattere.

-Beh però hai mangiato poco- dice ironicamente. 

-Perché sono imbarazzata!- dico.

-Ah si? Per me?- sembra essere meravigliato ed interessato ad ascoltarmi. Si sistema la giacca e poggia le mani sul tavolo incrociandole.

-Lei mi guarda come si guarderebbe un oggetto molto strano. Perché? Forse perché lei mi vede come… ma deve dirmi la verità…- inizio a dire.

-Promesso!-

-…ecco forse lei pensa che io sia… un pò volgare!- Devo mettere in conto tutto!

-Assolutamente. Io ti vedo come una persona libera. E.. come una persona molto spontanea!- dice meravigliato ancora di più dalle mie parole. Non se lo aspettava che dicessi una cosa del genere.

-Menomale! Le racconto una cosa…- inizio a dire.

-Dimmi- dice con quel suo sguardo perso ma sincero.

-Tempo fa, prima di laurearmi, facevo l’impiegata in un ufficio (una gabbia di matti) e un giorno mi si avvicina una ragazza che lavorava lì e dice che devo scrivere una lettera di licenziamento per una mia amica. Mi sono arrabbiata, perché era un’ingiustizia. Non ero d’accordo! Fatto sta che ho preso subito il pc e tic tic tic scrivevo, scrivevo, numeri, lettere, punti, punti esclamativi, un po’ di tutto e alla fine.. mi hanno cacciata. Non me ne sono andata io! Mi hanno cacciata! Mi scusi!- dico ridendo, mentre ricordavo una delle mie tante stupidaggini. Non so perché sto raccontando questa vecchia storia. Alla fine con il discorso che avevamo affrontato poco fa non c’entrava nulla…

-Ti piacerebbe lavorare in una casa editrice?- domanda all’improvisso. Resto un po’ spaesata.

 

POCO DOPO

Siamo usciti dalla tavola calda. Cammina leggermente più avanti di me, così posso osservarlo meglio. E’ alto, slanciato e muscoloso. L’ uomo perfetto per me…

Cammina con passo deciso, come se fosse pronto ad affrontare veramente tutto. Adoro il profumo del suo dopobarba. 

-Lì c’ è la mia auto- mi sorride ed indica la sua auto. Non riesco a vedere altro se non il suo sorriso, fa sembrare tutto così incredibile.

-Un auto? Un transatlantico direi!- esclamo felice. Quest’uomo andrebbe d’accordissimo con il mio papà.

-Sali!- mi invita lui.

-No. No, no! Io vado da sola! Di qua passa l’autobus che mi porta a casa- dico decisa. Alla fine ha insisto per pagare lui il pranzo, ora mi dovrebbe anche riaccompagnare a casa?! No non esiste assolutamente! E poi mi sembra abbastanza presto per accettare un passaggio in macchina.

-Ma dove abiti?- mi chiede.

-Lontano-

-Ti accompagno!- continua ad insistere, aprendo la macchina.

-Guardi è così lontano che è difficile ricordarsi dov’è!- cerco di spiegargli.

-Ma ti accompagno!!-

-Non sto scherzando! No lasci stare. Piuttosto le mie cose… sono di qua?- domando avvicinato allo sportello posteriore dell’auto.

-Si aspetta, lascia che ti aiuti!- dice aprendo lo sportello posteriore della macchina e tirando fuori la mia borsa con il termos gigante.

-Si perché.. se dimentico qualcosa la mia amica Sole mi uccide. Ecco è pesante eh!- dico avvertendolo. Che sciocca! Ben piazzato per come è non avrà difficoltà.

-Tieni!- dice porgendomi la borsa a malincuore. Voleva veramente accompagnarmi a casa, sembra quasi ci tenga a passare qualche altro istante con me. Forse sono io che mi sto facendo dei castelli in aria.

-Perfetto!-

-Sarà un problema salire in autobus con questo- dice improvvisamente preoccupato, notando quanto poco pratica fosse tutta la situazione.

-Meglio! Così mi cedono il posto! Non si fa, ma regalando un caffè a qualcuno…- dico ridendo e strappandogli un altro sorriso.

-La ringrazio per il pranzo. E’ stato bello. Adesso devo andare. Ciao!- dico voltandomi, poco dopo averlo salutato con la mano. 

Vorrei tanto che succedesse qualcosa.. non so… qualsiasi cosa che mi permettesse di parlargli ancora un po’.

-Renesmee!- mi sento chiamare. Sorrido felice. Il nome così strambo che mi ha dato mia madre Bella, unendo i nomi di nonna Renèe e di mia nonna Esme, non è facile per molti ricordarlo, ma non per lui. 

Addirittura Jacob Black ora che ci penso mi aveva soprannominata Nessie. Era l’unico che mi chiamasse così, oltre chiaramente chi abitava a La-Push. Era una sorta di nomignolo, a me piace tantissimo, ma a mamma un po’ meno. Lei sostiene che posso somigliare a tutto, tranne al mostro di Loc-Ness. Da bambina non mi sembra di essere mai stata bruttina, anzi tutto al contrario, ma ognuno ha i suoi gusti. E poi pensandoci bene, mi è andata già fin troppo di lusso ad essere rimasta amica con un lupo ed aver instaurato una sorta di nuova alleanza tra loro e la mia famiglia. Quindi se anche il prezzo da pagare fosse di essere soprannominata con il nome di un mostro, per me andrebbe benissimo. 

Mi volto sorridente. Lui mi guarda attentamente e ricambia il mio sorriso.-Aaaah bene! Si è ricordato il mio nome! Ha vinto mille punti- esclamo ridendo. Lui scuote la testa, come se fosse una cosa scontata.

-Verrai a trovarmi al lavoro?- mi chiede cauto. Ha forse paura che non voglia più rivederlo? Mi sembra assurdo… è un bellissimo uomo. Sono sicura che migliori di donne gli vanno dietro.

-Si. Domani, no?- dico.

Mi guarda in silenzio. Sorride appena. Vedo dal suo sguardo che ci spera veramente. Non sarà di certo io a deluderlo….

-Ah beh se lei non crede nel domani non lo so…- dico sorridendogli ed alzando le braccia. Lo continuo ancora a guardare, ma in lontananza sento il suono dell’autobus arrivare, chiaramente grazie al mio udito più accentuato rispetto a quello di un normale essere umano. Deve essere quello giusto che mi riporterà a casa.

-Davvero ti accompagno!- dice speranzoso, facendo un leggero passo verso di me.

-No non si preoccupi. Sta arrivando l’autobus. Ciao ci vediamo e grazie ancora- dico velocemente sempre sorridendo, per poi voltarmi appena in tempo per fermare il bus. Apre le porte e salgo velocemente su. Speriamo di riuscire a starci bene sopra all’autobus con tutte queste cose fra le mani. Sarebbe un disastro se mi cadesse tutto. 

-Oooooh accidenti!!!! Ciaooo- urlo dal finestrino dell’autobus in corsa, dopo che è ripartito velocemente. L’ennesimo pessimo autista di Madrid. Qui sono in molti a guidare in modo assolutamente sconsiderato.

-Renesmee…. Domani… E chi lo sa…- sussurra lui in lontananza. Santo super udito!!!! Non avevo sbagliato ad ascoltare, ero sicurissima di quello che avevo sentito. Una normale umana non avrebbe sentito nulla. 

Anche lui come me sperava di rincontrarci. Non mi sono sbagliata.

 

APPENA ARRIVATA A CASA

Non c’ è nessuno: né la zia Nora e neanche Sole. Bene, vorrà dire che colgo l’occasione per chiamare a casa. Ci sentiamo ogni giorno, nonostante la distanza cerchiamo di essere il più uniti possibili.

Compongo il loro numero che chiaramente conosco a memoria. Risponde subito al secondo squillo la mia mamma.

-Ciao mamma!- esclamo felice. E’ come se la vedessi qui davanti a me. Bella, castana e con i suoi dolci occhi dorati. -Sai ho incontrato un tipo!-

-Tipo? Quale tipo?-

-Uno che ho incontrato ieri. Molto attraente. Dico sul serio. Assomiglia più o meno a Raul Bova!-

-Wow deve essere proprio bello per dire così tu!-

-Aspetta ma che vuol dire?- sento dire da mio padre Edward.

-Papà sto parlando di un uomo, chiaramene un umano in carne ed ossa- dico stringendo la cornetta.

-Tu con un uomo? No no, mia figlia no!!!- esclama. A volte parla come se non fossimo negli anni mille e qualche cosa… mah…

-Ma lui mi rispetta, eccome! Cosa credi che sia uno di quei ragazzini che vedi qui in giro? No no no! Vi faccio un esempio: a te mamma piaceva il figlio del signor Ballater no?- dico. Questa qui non l’avevo mai raccontata. Mio padre sarebbe andato su tutte le furie.

-Si quello che lavorava alla sala giochi..- risponde mia madre sospettosa.

-Si proprio lui. Ti piaceva così tanto! Un giorno mi ha chiesto di aiutarlo nel fare un bilancio. Altro che bilancio! Mi ha rinchiuso nel suo ufficio e poi voleva costringermi a…- inizio a dire, ma non riesco neanche a terminare che mio padre ringhia. Deve essere furioso già immagino la sua espressione.

-Io lo ammazzo! Lo ammazzo!- sento infatti urlare dall’altro capo del telefono.

-Sta tranquillo! Non è successo niente! E tu non fare la spiritosa perché io ti conosco!- sento replicare da mia madre severamente. Lei è sempre stata la più diplomatica tra i tre e quando mio padre esagerava con la sua troppa gelosia nei miei confronti lei è sempre pronta a tranquillizzarlo.

-Sto solo dicendo la verità mamma!- rispondo io risoluta.

-Io lo so come sei fatta! Non hai neanche uno straccio di fidanzato, però pur di fare impazzire tuo padre inventi qualsiasi cosa!!!- esclama lei. Anche per la mia prima cotta hanno reagito così, ma in quel caso lui non avrebbe mai potuto ricambiare il mio sentimento e poi ad oggi sembra essere felicemente fidanzato. In quel caso avevano pienamente ragione, ma questa volta si sbagliano.

-Renesmee ascoltami per favore. Io penso che sia stato solo uno dei tuoi scherzi- riprende il discorso mio padre. Chiaramente si sta riferendo a Jonathan.

-Non è uno scherzo papà- dico più seria e decisa possibile. 

-Nooo- dice lui avvilito. 

-Sto parlando sul serio. Davvero, stammi a sentire. Ho conosciuto un uomo molto distinto… Distinto. Un vero signore! E’ più grande di me… Ha quaranta e qualcosa, meno di cinquanta anni…- inizio a spiegare.

-Un vecchio!- dice lui ironico.

-Però.. ha un modo di parlare, spiegarmi le cose. Lui è eccezionale!-

-Ma è un vecchio!!!- continua a dire lui.

-Ti sto raccontando quello che ho provato per la prima volta stando con un uomo e tu come reagisci? Ma mi ascolti? Non ho mai provato una cosa del genere!- sottolineo in modo concitato. Lo deve capire! Non sono più la sua bambina cavolo! Come può pensare al fatto che sia un vecchio se lui stesso a più di 100 anni???

-Certo sono le serie tv che ti ha fatto vedere Rosalie! Ti hanno riempito la testa di sciocchezze!!!-

-Renesmee basta! Avete litigato abbastanza!- urla mia madre.

-Voi non riuscite a capirmi! Non mi capite! Voglio essere vostra amica! Ci ho trovato! Voglio raccontarvi cosa mi è successo oggi e niente! Non posso crederci!! Che scandalo! Vi sembra così terribile che io mi sia innamorata? Vi ripeto: sono innamorata cotta di quell’uomo! Ho perso la testa! Siete avvisati!- dico.

-Stai zitto cavolo Edward!-

-Bella!!!Ma è un vecchio!!!-

-Vuole soltanto approfittare di te! Della nostra bambina innocente e pura. Non bisogna permetterglielo! Maledetto!-urla mio padre. Ecco era ufficialmente impazzito di gelosia. I rapporti padri/figlie non sono assolutamente il mio forte.

-Però cara quello che stai dicendo è una follia. Ti sei illusa! Ti fidi troppo degli altri tesoro. E per questo devi fare attenzione. Un uomo che hai incontrato per caso… tu non lo conosci.. non lo sai quali sono le sue vere intenzioni…- dice mia madre premurosa. Ma come… osa? Sta dicendo che Jonathan mi starebbe prendendo in giro e stia giocando con me?

Gli attacco il telefono in mal modo, so che per il momento non mi richiameranno. Non ce la facevo più a sentirgli farneticare quelle cose.

 

“Si è vero. Forse hai ragione mamma. Magari ha voluto soltanto divertirsi un po’, perché se gli fossi piaciuta davvero mi avrebbe seguito fino a qua sicuro. Il problema è che io non sono una di quelle ragazze che si fanno avanti con i ragazzi appena possono. Assolutamente non sono così e non sono nemmeno come voi. Siete tutti bellissimi… In fondo sono solo una povera illusa. Nient’altro…”

 

POV. JEPPY

Oggi è un’altra pesantissima giornata di lavoro. I documenti da dover firmare ed analizzare sono centinaia. Lavorare alla casa editrice più importante degli Stati Uniti d’America è sempre stato uno dei miei sogni, ma pensando di prendermi una pausa dalla sede principale che si trova Port Angeles, pensavo di stare più tranquillo. Tutto il contrario invece. A Madrid, dove pensavo di poter passare le mie meritate “vacanze”, Jonathan ha fondato una piccola succursale, ma il lavoro non è assolutamente minore.

-Perché tanta fretta?- domando a Jonathan che mi è di fronte, seduto sulla poltrona all’altro lato della scrivania, mentre è intento a firmare anche lui delle scartoffie.

-Ho assoluta fiducia in te e voglio riordinare la mia vita- risponde lui tranquillo girando il foglio e continuando a firmare altri documenti, mentre io continuo ad osservarlo.

-Non ti riconosco più! Sembra tu stia per morire!!!- esclamo ironico. Lui continua a rimanere indifferente.

-Perché no? Tutto può succedere- dice asciutto, alzando le spalle.

Lo guardo sospetto, prendendo un altro documento. -Non parlare così. E’ uno scherzo stupido-

-Voglio questi documenti in ordine per domani pomeriggio. Potrei fare un lungo viaggio- dice porgendomi una cartellina blu.

-E chi è la fortunata questa volta Jonathan?- chiedo incuriosito. E’ strano sia così evasivo. Normalmente ogni sua conquista veniva condivisa con me. Si sistema la cravatta, per poi alzarsi e rimanere di spalle.

-Questo è tutto. E lasciami solo per favore… sto aspettando una persona-

-Ho capito. Sparisco subito. Quello che mi sorprende è che in genere non tratti le questioni romantiche in ufficio- dico cercando di punzecchiarlo. 

-Mi lasci in pace per favore?- dice alzando il tono e voltandosi solo per guardarmi malissimo. Non scherza con questa nuova conquista Jonathan. Questo è un evento epocale. Lavoro con lui da ben 20 anni e mai l’ho visto così.

-Ci vediamo- dico per poi andarmene, mentre lui poggia le mani sul volto.

Esco velocemente dalla stanza. Vado verso l’uscita e trovo alla reception Walter.

-Te ne stai andando Jeppy?- mi chiede.

-La riunione è finita Walter- gli spiego, dandogli una pacca sulla spalla.

-Fa bene attenzione a chi entra adesso, domani verrò a chiederti delle indiscrezioni- dico facendogli l’occhiolino. Lui scoppia a ridere. Ci siamo capiti. A noi Jonathan non può nascondere nulla e poi siamo una squadra. 

Mi dirigo verso la mia macchina per dirigermi in hotel. 

-Jeppy!- mi sento chiamare con rabbia da una voce femminile. Ho solo tre parole in testa. Kelly. Problemi. Aiuto.

-Kelly?- dico con tono meravigliato. Lei annuisce nervosa.

 

POV. RENESMEE

Sole è voluta venire con me per farmi compagnia. Da sola non avrei mai avuto il coraggio di venire fin qui. 

La casa editrice San Juan è una delle più grandi che abbia mai visto eppure dicono che questa sia solo una sede succursale. La sede centrale si trova a Port Angeles. Il mondo a volte sembra essere così piccolo!

Entriamo e ci troviamo davanti ad una grandissima stanza con il marmo bianco. Un uomo leggermente stempiato, di mezza età è lì seduto alla reception.

-Ma Renesmee..- sussurra Sole, cercando di tirarmi per il braccio, cercando di non farmi avvicinarmi al bancone. Penso proprio creda non sia una buona idea. All’inizio ha accettato di accompagnarmi di buon grado ed ora sembra aver cambiato idea.

-Senza protestare! Aspettami qui! Quando torno ti spiegherò tutto quanto- dico sussurrando. Ho già notato un’ascensore, ma poco distante anche una rampa di scale. L’ uomo al bancone è concentrato al cellulare, quindi è perfetto. Lei lascia il mio braccio ed io sgattaiolo velocemente sulle scale. Perfetto, non mi deve aver visto!

-Ehi signorina non può entrare qui dentro!- sento dire giù nell’atrio. Deve aver beccato Sole. Io ho la mia velocità da mezza vampira, ma per lei non è così purtroppo. 

Corro velocissima sulle scale. Entro in un altro salone gigante con un tappeto lunghissimo ed un bellissimo vaso con una pianta in fiore.

Non c’è nessuno. Neanche un’anima.

Chissà dove sarà Jonathan? Non ho neanche il suo numero, altrimenti l’avrei potuto avvisare.

Mi dirigo verso il piano superiore. Il direttore starà sicuramente ai piani alti.

Salgo le scale e mi ritrovo in un’ ampia sala con centinaia di scrivanie, computer e sedie. Forse ci siamo….

Vicino c’ è un corridoio. Mi incammino in quella direzione. Ci sono due porte chiuse, ma non c’ è assolutamente nessuna voce e  nessun cuore che batte all’interno.

E poi lo sento.. Sento il suo cuore… Batte più veloce rispetto all’altra volta. E’ nella stanza di fronte a me. Sembra essere solo, così mi avvicino alla porta e la apro.

E’ voltato, impegnato ad osservare il paesaggio. Una vista pazzesca, non c’ è che dire. Non mi ha visto. Indossa anche oggi un completo elegantissimo proprio come ieri. Chiudo la porta dietro di me, cercando di fare il più piano possibile.

-Ma chi diavolo eh?- si volta lui di scatto con un’espressione furiosa.

Mi blocco all’istate. Molto probabilmente questo non era il momento più adatto per fargli visita.

-Salve- dico tremante. Non sapevo cosa dirgli. La sua espressione cambia, sembra essere improvvisamente impaurito. Sta sudando a freddo. 

Ha forze un malore… che strano!

-Renesmee…- dice con voce meravigliata, avvicinandosi a me.

-Si-

-Sei venuta…- dice con la voce leggermente tremolante, avvicinandosi ancora un altro po’. Non ci poso credere! Come fa a dubitare che venissi?

-Si. Sono venuta per cercare di farle credere nel domani- gli spiego. Lui mi guarda imbronciato e poi annuisce. Lo guardo decisa sorridendo e lui fa lo stesso, per poi avvicinarsi ancora di più. Sembra che la tensione sia passata. Chissà cosa è successo poco fa per essere così nervoso.

-Ma si sente bene?- chiedo sospettosa, vedendo il sudore sulla sua fronte. Il suo cuore sembra aver ripreso il normale battito.

-Si… si- dice sorridendomi. -Mi aspetti un momento? Ritorno subito. Non te ne andare eh. Resta qui- aggiunge supplichevole, per poi aprire una porta ed entrare in una piccola stanza. Deve essere il bagno, perché poco dopo sento aprire il rubinetto dell’acqua. 

Nel frattempo mi guardo intorno. Questo ufficio è bellissimo. Grandissimo. Sulla sinistra un bel divano per in pelle con un piccolo tavolino basso davanti ed una grande scrivania davanti alla vetrata, da qui è possibile ammirare le bellezze paesaggistiche di Madrid. 

 Mi avvicino alla scrivania, ci sono tantissime carte. Mi lancio sulla poltrona e scoppio a ridere.

-Salve! Come sta?- esclamo ridendo divertita, mentre giro su me stessa con la poltrona. Poi sento improvvisamente aprire la porta. 

E’ una donna. Il suo sguardo è duro, freddo e poco amichevole. 

Mi alzo velocemente sistemandomi i capelli dietro i capelli. Zia Rosalie la definirebbe un’ “insulsa umana altezzosa”. Sembra essere una donna molto elegante e con buon gusto. Indossa dei pantaloni ed una giacca verde acqua elegantissimi. E’ mora e dalla pelle liscissima.

-Cosa fa qui?- mi domanda sospettosa per poi chiudere lentamente la porta dietro di sé. Si muove in modo elegante con le sue scarpe tacco 12.

Cavolo! Ed ora questa cosa vuole? Ma perché Jonathan non si sbriga a rientrare. Forse dovrei chiamarlo ad alta voce.

-Io?-dico insicura, cercando di prendere del tempo.

-Che cosa fa?- chiede lei altezzosa avvicinandosi. Questa donna mi fa paura. Sembra così fredda…

-Io sto aspettando a… a… Jonathan…- dico con voce poco convinta, indicando la porta del bagno. Devo cercare di non agitarmi troppo.

-Esca- dice decisa indicandomi la porta.

-No non posso uscire, lui mi ha detto di aspettarlo- rispondo decisa.

-Esca. Vada fuori oppure preferisce che chiamo qualcuno della sicurezza… me lo dica lei- dice tranquillamente incrociando le braccia sotto al petto. Questa donna è veramente una streghe. Chissà cosa è venuta a fare nell’ufficio di Jonathan all’ora di pranzo. Forse dovevano pranzare insieme….

Mi conviene fare quello che dice questa donna. Mi dirigo con passo altezzoso anche io verso la porta. Lei mi viene dietro. Si vuole accertare che io esca da quest’ufficio ad ogni costo. Maledizione!Ma Jonathan che fine ha fatto?

Mi mordo il labbro, cerco di prendere tempo, voltandomi. Lui però non è più rientrato nella stanza e questa strega mi continua a seguire ed a controllore ogni minimo movimento.

-Addio- mi sussurra rabbiosa con gli occhi marroni accessi dalla rabbia e dal disprezzo. Io apro la porta a malincuore. Era destino… doveva andare così…

 

POCO DOPO

Sono costretta ad uscire, mentre lei mi ha seguito fino alla hall. Questa “gentile” signorina, probabilmente pensa veramente che io sia una ladra… non ci posso credere è assurdo…

Appena arrivo qui dove c’ è quell’uomo intento a parlare con Sole, lei se ne va. 

-Ma signore non riesce a capire? Le ho detto che è salita, non me ne andrò di qui, finché non uscire!- dice Sole risoluta davanti a quell’uomo.

-Se non se va subito sarò costretta a cacciarla!- esclama lui.

-Ed io chiamo la polizia!- ribatte lei, per poi poggiare gli occhi su di me e infischiandosene di quello che le stava dicendo. 

-La smetta…-  ha iniziato lui a dire. Io mi avvicino a Sole e lei finalmente rasserenata mi prende la mano. Deve essersi preoccupata per me, avendomi perso di vista.

-Ecco Renesmee!- dice orgogliosa. La guardia si volta immediatamente e mi osserva meravigliato.

-Allora era vero! Adesso mi spieghi chi è e che cosa vuole- dice lui sospettoso. Cavolo! Ci mancava solo la guardia impicciona.

-No noi ce ne andiamo- dico spingendo Sole verso l’uscita. 

-No non si preoccupi- prova a dirci lui, ma io ormai ho preso Sole per il braccio.

-Corriii- dico alla mia migliore amica ed iniziamo a correre. Mi devo controllare, per non essere troppo veloce. Riusciamo però con successo a sfuggire a quella guardia, perché chiaramente non poteva allontanarsi dal luogo di lavoro.

Dopo circa 1 km, abbiamo rallentato il passo. In questo modo posso iniziare a raccontarle cosa è successo lì in quell’ufficio.

-E’ come nei film. Vedessi! Ha un’ ufficio bellissimo!- dico entusiasta, mentre passeggiamo sotto braccio. Lei mi ascolta attentamente.

-E lui c’era?- chiede curiosissima.

-Si.. però non ho potuto parlargli- le dico triste mentre camminiamo per la discesa. In questa zona passano spesso macchine, ma in lontananza qualcuno si deve essere indispettito per qualche cosa perché sento suonare un clacson.

-perché è arrivata….- continuo a spiegarle. Sento un macchina avvicinarsi a noi e suonare insistentemente il clacson, così mi volto. E lo vedo. Mi blocco e stringo il braccio di Sole. 

-E’ lui! Che faccio?- le dico nervosa. Lei sorpresa, inizialmente non sa cosa dirmi.

-Ridi!- esclama alla fine. Seguo il suo consiglio e scoppiamo a ridere guardandoci negli occhi come due sceme.

-Ciao!- esclama lui sorridendoci, fermandosi con la macchina vicino a noi.

-Ciao- rispondo io. I suoi occhi azzurri mi osservano a lungo. Ho capito quello che mi stava dicendo solo con lo sguardo: si stava scusando per l’accaduto di poco prima, per me ormai era tutto passato.

-Salite?- ci domanda. Ma certo che si!!!

-Si. Vieni Sole. Sole, Jonathan- dico salendo in macchina e presentandoli. A lui sembra esserle simpatica Sole ed anche lei sembra avere un bel presentimento su di lui.

-Buongiorno Sole, come va?-

-Buongiorno, benissimo- risponde Sole felice ed entusiasta. Subito dopo mi fa un occhiolino. Ho avuto la sua approvazione.

 

 

IL GIORNO DOPO….

“C’ è un bel cadavere carbonizzato per te Renesmee! E’ ancora caldo!” urla Jack, entrando con una nuova cartella clinica ed una barella. E menomale che dovevo restare in servizio solo per 3h. Che massacro. Mi colpisce immediatamente la puzza di questo cadavere ancora coperto dal lenzuolo. Odore di marcio. 

“Oh accidenti che puzza!” sembra quasi… Puzza di vampiro… Ma cosa ci farebbe in un ospedale il cadavere di un vampiro? 

“Gli agenti hanno detto che ancora si muoveva quando l’hanno trovato. Pensa che era inchiodato!” mi spiega Jack. Mi ha sempre infastidito questo ragazzo. Somiglia molto ad un furetto e tende a prendersi troppa confidenza per i miei gusti. Solleva il lenzuolo. E lo spettacolo che mi si para davanti è dir poco raccapricciante. Preferisco risparmiarvi i dettagli più macabri. Ora però ne ho la certezza: il suo odore, lo strato di pelle anche se completamente carbonizzato non lasciano dubbi. E’ un vampiro. Però è ancora vivo, non essendo stato fatto a pezzi e poi bruciato. Da un momento all’altro potremo fare la fine del topo. Devo cercare di prendere tempo.

“Carino” dico nervosa 

“Hai controllato il quadro ematico?” mi domanda lui. 

“La glicemia è tre volte più alta rispetto alla norma. Anche il fosforo e l’acido urico” Dico con i dati alla mano. Non potevo di certo mentirgli su una cosa oggettiva scritta anche sui documenti.

“Ma hai prelevato questi campioni da un morto!” dice lui, strappandomi la cartella dalle mani. Che cavolo di modi! Il classico cretino che vuole fare il so tutto io con le ricerche degli altri.

“I globuli rossi sono più convessi ed è impossibile”

“Ascolta sono le 3 del mattino ed io non ho voglia di..” dico agitata. Questo vampiro da un momento all’altro si ricomporrà come nulla fosse e noi stiamo qui a chiacchierare. Se questo dovesse accadere saremo le prossime prede!!! Certo essendo una mezzavampira, ilio sangue non è appetitoso al pari di un’umana, ma per un vampiro che è in fin di vita così come per un neonato non farebbe alcuna differenza. 

“Voglio solo che vieni qui vicino a dare un’occhiata” mi spiega lui, invitandomi ad avvicinarmi a lui. 

“Ok fammi vedere il corpo, ma non una parola su eventuali frequentazioni tra noi due” dico per cercare di depistarlo da pensieri strani.

“Si va bene e poi ne abbiamo già discusso”

“Non hai ancora iniziato l’esame degli organi interni?” chiedo per accertarmi di quanto possa già sapere o meno. Questo sarebbe un grandissimo problema, perché verrebbe infranta una delle più importanti dogmi dei Volturi: nessun essere umano dovrà mai essere messo a conoscenza dell’esistenza dei vampiri.

“No non ancora, però la mascella sembra molto deformata ed intorno ai canini ha qualcosa di strano.. Forse ha subito una colluttazione” dico incrociando le braccia accigliata.

“Controllerò allora” dice lui, prendendo un coltello. Cavolo ed ora? Questo vampiro si può destare da un momento all’altro!!!

“Vorrei chiederti una cosa, però devi essere sincero… Hai mai pensato di darmi un’ altra possibilità?” chiedo tremante con un sorriso nervoso.

“Si qualche volta, poi però mi sono ricordata che sei uno stronza” mi risponde lui scettico, senza filarmi di uno sguardo. 

“La finisci di trattarmi così? Quando mi hai chiesto di uscire, ti ho chiesto del tempo per pensarci e tu me l’hai concesso” dico toccandogli il braccio con il coltello, per cercare di spostarlo da quel cadavere.

“Ascolta..” inizia lui

“Io ci sto provando….” dico riuscendo a spostarlo di qualche passo. Ma è troppo tardi. Il cadavere si alza improvvisamente dal lettino ed afferra Jack direttamente dal collo, che preso alla sprovvista mi lascia subito andare il braccio. L’unica cosa che riesce a fare è urlare e tentare di fare resistenza, mentre quello zombie si attacca al suo collo. 

La paura mi assale. Non posso fare nulla per impedire questo massacro, sarebbe tutto inutile e finirei io stessa per essere il suo prossimo pasto. Il sangue schizza ovunque e mentre la luce abbandona lentamente gli occhi di Jack, la pelle di questo mostro si sta gradualmente ricomponendo. 

Ho solo qualche istante oppure sarò finita anche io.

Con una mossa rapida cerco di uscire dalla stanza, ma ho calcolato male i tempi. Sento solo denti freddi che mi straziano il collo. Dolore solo dolore ovunque. Non capisco più nulla.

E’ finito tutto. Sto muorendo. Sono finita. E chi l’avrebbe mai detto che sarei dovuta morire così? 

Ero nata immortale. Eppure qualcuno era ugualmente riuscito a togliermi il mio per sempre. Mi aveva strappato via i miei sogni, la mia vita… Il mio futuro…

“Sono tornato per finirti lo sai?” urla una voce. Tento di aprire gli occhi, appena in tempo per intravedere in modo offuscato Jonh, l’uomo che avevo conosciuto solo ieri, tirare fuori qualche cosa dalla giacca. Una pistola forse? Non riesco a vedere cosa stia succedendo. Non riesco a tenere gli occhi aperti. Troppo dolore, troppa fatica, troppa confusione. Ho tanta paura.

“Togliti di mezzo! Maledetto!” sento urlare. 

Sto cadendo, mi sento cadere. Finirà la mia caduta? Forse no o forse si? Se mi sento cadere può essere il segno che.. sto forse andando all’inferno? Aveva ragione mio padre allora con tutte le sue paranoie su un’eventuale ascesa all’inferno in caso di morte di un vampiro? Non ci avevo mai creduto, così come anche la mamma. Immaginare all’inferno vampiri buonissimi come i miei genitori o i miei nonni o i miei zii era impossibile. E poi penso a loro. Mi mancheranno. Non ho mai detto al mio papà quanto gli volessi bene ed alla mamma quanto adorassi confidarmi con lei. Mi mancherà tutto. Mi mancherà la mia vita, la mia professione appena iniziata… Ero sola, era tutto nero.

“Tu sei diversa dalle altre, io non ti lascio…” 

E poi il buio. C’ è solo il vuoto nero. Nessun pensiero, nessuna coscienza. Niente. Il nulla.

XXXXXCiao ragazze! Questo è il primo capitolo della mia storia! Di sicuro è originale, spero di non aver creato molta confusione e di avervi un minimo incurioste.
Fatemi sapere cosa ne pensate, kissss.
Nimi15
  
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