Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    05/05/2018    1 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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17. Decisioni

Dopo nemmeno un mese, iniziarono a circolare voci secondo le quali il Comandante di Divisione stesse pianificando già una nuova uscita oltre i territori del Rose per proseguire l’individuazione di un secondo punto di appoggio verso Shiganshina.
Era chiaro, comunque, che l’Armata Ricognitiva non potesse prendere arbitrariamente tali decisioni: da qualche anno, le spedizioni oltre le mura non venivano più ostacolate assiduamente dallo schieramento di aristocratici opponenti alle missioni della Ricognizione; tuttavia, le lamentele da parte della popolazione, intenzionata a sfruttare in ben altri modi il proprio denaro, divennero più costanti a partire dalla caduta del Wall Maria, il che rendeva comunque difficile, per Erwin, affrontare quelle irritanti faccende burocratiche di cui egli doveva occuparsi per finanziare una nuova missione.
Perciò, in un mite giorno di fine marzo, Erwin Smith e alcuni tra i suoi uomini di fiducia, cui il caporale, partirono per i territori interni col fine di presentare la richiesta di una nuova spedizione al Comandante Supremo Darius Zackly.
Fu stabilito che io, Petra e Erd, assieme ad altri soldati illustri, dovessimo accompagnarli. Quella risultò la prima vera e propria opportunità per visitare il Wall Sina, chance che c’era stata sottratta più volte già ai tempi del nostro arruolamento nel Corpo Cadetti, in cui fummo costretti a esplorare ogni antro del Rose, qualche volta del Maria.
L’eccitazione mia e di Petra era incontenibile, ma fu Levi che cercò di sopprimere la nostra felicità prima di mettere piede in quei territori.
-Non fatevi prendere dall’entusiasmo. Personalmente, credo che addirittura i distretti del Wall Maria potessero essere migliori – disse lui.
Io e la mia amica ci scambiammo un’occhiata, decidendo poi di contenerci e comportarci da soldatesse professioniste, mettendoci semplicemente al servizio degli ufficiali senza più considerare quella visita una semplice gita per i territori interni.
Il tragitto fu veramente lungo, motivo per cui si era deciso di mettersi in marcia ad un’ora davvero prematura della giornata. Verso le dieci di mattina, finalmente eravamo giunti a destinazione.
Mentre Erwin aveva affidato ad un gendarme il permesso di poter lasciar entrare anche noi, osservai gli individui nei dintorni: i colori sgargianti delle vesti femminili, gonfi e lunghi, completi di cappello, e gli sguardi curiosi degli uomini dall’elegante portamento furono le caratteristiche che più mi colpirono.
I loro atteggiamenti non somigliavano nemmeno un po’ a quelli dei cittadini di Trost, a quello gentile e umile del padre di Petra. Metà degli uomini che avvistavo reggeva sigari di ogni tipo, quelli che mio padre, per un certo tempo, aveva fabbricato molti anni prima della sua scomparsa.
-Sono della ricerca - sentivo, cavalcando a passo d’uomo con i miei compagni.
-Già. Che ci fanno qui? Non dovrebbero vivere all’esterno delle mura? - domandavano i più ignoranti.
-Sei impazzito? Non resisterebbero più di un’ora, lì fuori. A detta di tanti, questi giganti sono davvero brutali, non risparmiano nessuno - rispondevano altri ancora, con fare altrettanto ottuso.
-Che maiali - udii il tono di voce di Levi. -Petra, Claire, preoccupatevi dei cavalli.
-Sissignore - rispondemmo in coro io e la mia amica, smontando dai nostri destrieri.
Mentre accompagnavo a piedi Edmund, mi imbattei in una coppia di bambini vestiti con abito di tutto punto urlare alle loro rispettive madri.
-Mamma, fammi andare da loro! - urlò uno dei due.
-Lasciali perdere, sono occupati con le loro faccende da soldato. Smettila di badare a loro, dopo dobbiamo tornare a casa per le lezioni di matematica - rispose la madre.
-Come, anche oggi? - sbuffò il bambino. -Che barba, ieri ho avuto le lezioni di musica, posso prendermela di festa, oggi. Mamma, non voglio studiare la matematica, fammi andare a salutare la Ricognizione! – urlò isterico.
Alla parola “musica”, ero rimasta folgorata: provavo invidia per quel bambino che, ad un età così prematura, poteva già permettersi di imparare uno strumento, ma al tempo stesso morivo dalla voglia di conoscere ciò che aveva appreso.
-Fa’ presto, gioia, te ne prego - si arrese il genitore, sospirando.
-Andiamo, Conner - il bambino, gaio, chiamò a raccolta il suo amico, avvicinandosi senza prudere a noi.
-Siete del Corpo di Ricerca, vero? - si rivolse a me.
-Sì, è così - risposi cordiale, sorridendogli.
-Quindi combattete i giganti? I mostri di cui tanto si parla, esistono davvero? - domandò l’altro ragazzino.
-Già. Ho anche rischiato di morire strangolata, per colpa di uno di quelli - ammisi, ridacchiando.
-Mio padre dice che è solo per colpa dei giganti per cui presto verremo inondati di gente ignorante delle altre mura - commentò il primo.
Rimasi attonita. Come potevano dei giovani così piccoli parlare in quella maniera?
-Ecco, è gente che a causa del Colossale ha perso tutto ciò che aveva. Casa, famiglia... non parlerei come voi, al posto vostro - tentai. -Ho sentito che studi musica - mi rivolsi al monello.
-Una barba - giudicò. -Sto imparando il pianoforte, ma mi annoio da morire.
-La musica è bella. Io suono un po’ la chitarra – cominciai.
I due bambini mi rivolsero uno sguardo disgustato. -Le persone come te conoscono la chitarra?
Non avevo idea di come reagire. –Ecco…
-Ma non lavoravate solo? Ci sono le fabbriche e le terre lì, no? Scommetto che non sai nemmeno leggere. Ehi, mamma, ho rivolto la parola ad un analfabeta! – i due bambini risero, correndo via prima che potessi avere il tempo di rispondere.
La superficialità, la falsità della realtà che li circondava, decisamente più infame e riluttante addirittura di quella che mi aveva accolta al ritorno dalla mia prima spedizione, li faceva parlare in questo modo. La colpa non era loro, bensì di quelli che ignoravano il problema che affliggeva l’umanità, in particolar maniera quella scampata alla furia del Colossale e del Corazzato per pura fortuna, considerata solamente di intralcio a quelli che vivevano beatamente in tali località apparentemente perfette e immacolate.
Ricordai le parole di Levi: ci trovavamo a mezz’ora dalla capitale, sotto la quale centinaia di persone pativano la fame e la miseria, senza che quegli spregevoli aristocratici se ne rendessero conto.
In ogni caso, benché inizialmente fossi rimasta stupita del comportamento di quei due ragazzi, ben presto mi assalì un forte desiderio di cantargliene quattro prima che potessero tornare nelle loro case assieme alle loro bizzarre e ignare madri, troppo occupate a seguire le ultime mode del momento, lasciando ai precettori l’arduo compito di educare ragazzi così viziati e condizionati da idee del tutto sbagliate sul mondo che li circondava.
-Come osate?! – gridai furiosa. –Ora vedrete!
Avanzai di un passo solo, prima che qualcuno potesse afferrarmi saldamente la mano.
Voltandomi, trovai gli occhi quasi inespressivi di Levi. –Lascia perdere, non ha alcun senso.
Ero arrossita a tale gesto, osservando la sua mano stringere la mia.
-Che fai, ti metti a rincorrere dei mocciosetti, Claire? – mi domandò a bassa voce.
-Io… ma loro… - cercai di spiegare, accorgendomi pochi momenti dopo che la scena era appena avvenuta davanti ad una confusa quanto turbata Petra.
Trassi velocemente la mano, dando le spalle al caporale; mi schiarii la voce, poi andai incontro alla mia amica. –Non riesco a capacitarmi di come i bambini di questo posto siano più dementi di quelli di Trost – le dissi.
-Sì. Ti spiacerebbe aiutarmi? Sto facendo tutto da sola, mi servirebbe una mano con i cavalli – rispose fredda, trainando con fatica il destriero di Levi.
Tesa, risposi di sì, cosciente che l’avermi visto nuovamente in compagnia del capitano potesse in qualche maniera farla ingelosire. Peggio ancora sarebbe stato se fosse venuta a conoscenza dei miei sentimenti per lui, dato che lei non aveva esitato un secondo a descrivermi le sue emozioni nei confronti di quel maledetto uomo che, a quanto constai, attraeva a lui più donne che giganti, senza che lui stesso ci facesse troppo caso.
Poco dopo, mi venne incontro il Comandante. –Claire, sei pronta a presentare le tue strategie al Generale Zackly? Al posto tuo, sarei in preda all’emozione.
Il cuore prese a battermi forte. A quanto ne avevo saputo, Levi aveva acconsentito a sfruttare le mie tattiche sulle manovre d’attacco. Ma queste ultime dovevano comunque sottostare a diverse norme, prima di poter essere utilizzate anche in vere e proprie spedizioni, motivo per il quale Erwin avrebbe dovuto formalizzarle con Zackly assieme alla sua formazione ad Ampio Raggio.
 –E’ così, signore. Ho molta paura che il Comandante Supremo non voglia accettare le richieste di una cadetta appena arruolatasi.
Egli ridacchiò. –Una cadetta con molto talento. Lo pensano tutti, Claire. A quanto vedo, l’unica che non vuole accettarlo sei proprio tu.
Emisi un piccolo mormorio di disagio, mangiucchiandomi le dita. –Mi sento troppo sopravvalutata, è questa la verità.
-Che rompiscatole – commentò Levi poco più lontano.
-Sono convinto che al signor Zackly farebbe piacere incontrare una promessa come te – continuava Erwin. –Che ne diresti se andassimo proprio io e te al Quartier Generale dell’esercito?
Trasalii. –Mi scusi? Non crede di star esagerando, Comandante?
Erwin rise. –Ma perché dovrei? Ci conviene non perdere altro tempo: dobbiamo raggiungere la parte opposta della città, e il nostro appuntamento è previsto tra venti minuti. Dirigiamoci in fretta alla carrozza, ti va?
Ero sempre più disorientata e impaurita. –Alla carrozza?
-Claire, ma che aspetti ad andare? Corri e fatti valere! – mi incitò Erd.
Mi decisi a seguire Erwin, camminando al suo fianco.
Un secondo prima mi trovavo a dover litigare con dei bambini, ora dovevo realizzare di starmi recando nell’edificio più illustre dell’esercito in compagnia del comandante della Legione per incontrare uno degli uomini più importanti del mondo, a capo di tutte le milizie.
-Non c’è ragione per essere spaventata, te lo assicuro – mi disse Erwin.
Feci un cenno col capo, più tesa che mai.
-Ti intimorisce così tanto il signor Zackly, Claire? – ridacchiò ancora lui.
-Non solo, signore. Per la prima volta nella mia vita sto per mettere piede su una carrozza.
-Deve essere una cosa bella, allora – mi sorrise incoraggiante, indicando al cocchiere la strada da percorrere. Quest’ultimo aprì la porta del vano davanti a me. Aspettai che fosse Erwin a entrare per primo, ma quest’ultimo non si mosse.
-Va’ prima tu, Claire.
Mi decisi a salire, sospirando. La carrozza era tappezzata di un caldo color porpora, i sedili erano i più comodi di sempre. Erwin sedette accanto a me, ma prima che il cocchiere potesse chiudere la porticina, la testa di un militare fece capolino.
-Erwin, non dirmi che vai da Zackly? – disse quest’ultimo.
-Non esitare a entrare, Nile – rispose il biondo. Fu in quel momento che riconobbi il Comandante Dawk, capo della Gendarmeria.
Questi mi guardò interdetto, poi osservò nuovamente il collega.
Che situazione disagevole! Non avevo idea di cosa fare, d’altronde la mia presenza in quella carrozza era assolutamente inopportuna. Probabilmente, nemmeno al Caposquadra Mike era consentito di poter essere accompagnato in una carrozza, figuriamoci io!
Comunque, dopo essere stata osservata in maniera sprezzante dal gendarme, quest’ultimo fece cenno ad una persona al suo fianco di entrare: davanti la porta della carrozza comparve una donna dai capelli biondi e riccioluti, nascosti in un elegante cappellino azzurro. Indossava una raffinata giacchetta del tessuto più pregiato, la gonna lunga era perfettamente abbinata al copricapo.
-Non ti dispiace se viene anche Marie con noi, vero? - continuò il Comandante Dawk.
La donna e il mio ufficiale si scambiarono un’occhiata veloce. L’espressione di Erwin era improvvisamente mutata, sorpresa.
-Ciao, Erwin - lo salutò lei, salendo sulla carrozza aiutato dal gendarme.
Assolutamente sbalordita, non mi capacitavo di quello che stesse succedendo. Perché quella civile era così in intimità rispetto ai due soldati? E per quale motivo la situazione, da quando i due si erano seduti accanto a me ed Erwin, era diventata parecchio imbarazzante?
Nel frattempo, Nile continuava a mettermi ulteriormente a disagio, riservandomi sguardi interdetti e sospettosi.
Distolsi immediatamente lo sguardo, volgendo la mia attenzione sul volto di Erwin, che, a sua volta, osservava timidamente la giovane donna seduta di fronte a me. Mi schiarii la voce per richiamarlo, venendo fortunatamente ricompensata.
-Nile, questa è una tra le migliori reclute arruolatesi quest’anno - mi introdusse Erwin, invitandomi a continuare il discorso.
Mi indicai il petto con il pugno. -Perdoni l’informalità, signore. Non mi è consentito alzarmi - mi rivolsi al militare. -Claire Hares, diplomata al quarto posto del centotreesimo Corpo d’addestramento reclute - risposi fiera, quasi come se avessi voluto rinfacciargli che sulla mia giacca portavo le ali della libertà, nonostante le mie capacità avessero potuto benissimo consentirmi di arruolarmi nella Polizia Militare.
-Questa ragazza ha un futuro di stratega davanti a sé, ci sta già aiutando moltissimo a migliorare le tattiche di combattimento - aggiunse orgoglioso il Capitano di Divisione, sorridendomi. -Andiamo da Zackly proprio per parlare di questo. E tu, Nile? Che motivo hai di recarti al Quartier Generale?
Quest’ultimo lo guardò a braccia conserte, poi si volse in direzione della bionda accanto a sé, intenta ad osservare le stradine ai lati della carrozza.
-Io e Marie ci sposiamo, Erwin. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo per sistemarci, mi urge comunicarlo al Quartier Generale.
La donna non mi parve molto gioiosa, soprattutto cercava quanto più possibile di distogliere lo sguardo dal mio superiore, con una tenerezza che a me parve incalcolabile; ciò che più mi turbava era proprio il comportamento stranamente timoroso di quest’ultimo.
-Avete deciso di fare il grande passo, quindi - disse Erwin. -Sono contento per voi, davvero.
Marie finalmente decise di ignorare il finestrino della carrozza. I suoi occhi si intonavano perfettamente al colore turchese del suo abbigliamento. Il suo volto non era più inespressivo, guardava il biondo con la nostalgia negli occhi. Ma a cosa era dovuta?, mi domandai.
-Tu invece continui a farti finanziare quelle strambe missioni suicida, non è così? - proseguì Nile, il cui atteggiamento aveva già iniziato ad infastidirmi ulteriormente.
-Sai bene quanto siano importanti - ribatté Erwin, con un tono pacato e dolce.
I miei occhi si mossero sulla figura magra e gracile della donna davanti a me. Era bellissima, nonostante fosse probabilmente una di quelle tante donne aristocratiche che avevo avvistato da quella mattina. Tuttavia, qualcosa, nel suo modo di fare tranquillo e genuino, mi riportò ai territori un po’ più esterni. Avrei voluto tanto domandarle la sua storia, sapere addirittura se fossimo compaesane, ma me ne stetti buona in silenzio attendendo il termine della corsa.
Il viaggio alla deriva della parte opposta della città non fu né troppo breve né troppo lungo, eppure le continue critiche sulla Ricognizione da parte di Nile lo resero estremamente insopportabile. Quanto avrei voluto entrare nel corpo di Erwin per poter ribattere con chissà quali insulti nei riguardi della Gendarmeria, ma non potei fare altro che cercare invano di ignorare i suoi assurdi discorsi, concentrandomi inizialmente sull’elegante abbigliamento della donna, che, tuttavia, pareva sentirsi ulteriormente a disagio anche a causa mia.
Quando la corsa finalmente terminò, Nile e Marie salutarono con estrema freddezza Erwin, soprattutto me, dirigendosi in tutt’altro luogo, mentre il biondo mi intimò a seguirlo nella zona più esclusiva del palazzo principale militare, riservato all’ufficio del Comandante Zackly. Incamminandomi con lui all’interno del grande edificio, sentivo di rischiare uno svenimento da lì a poco. In ogni caso, una parte di me era comunque consapevole del fatto che non mi sarebbe servito ad alcunché preoccuparmi in maniera così eccessiva: alla fine, Erwin aveva insistito affinché io, proprio io, lo accompagnassi dall’uomo più importante dell’esercito, escludendo Hanji, Levi o Mike dalla sua scelta.
Guardai Erwin, che, come me, percorreva la grossa gradinata di scale che conduceva al piano più alto, di un edificio dai colori principalmente chiari e apparentemente infinito. Pareva turbato ed estremamente pensieroso.
Poco dopo, arrivammo davanti alla porta dell’ufficio di Zackly, dopo essere stati accompagnati da un membro della Gendarmeria, che per primo fece la sua entrata nella stanza.
-Signore, sono qui il Comandante Erwin e un membro della Ricognizione – anticipò il militare.
-D’accordo, falli entrare, Frank – risuonò la voce rauca e bassa dell’uomo all’interno dell’ufficio.
Erwin fu il primo ad entrare. Si mise sull’attenti, lasciandomi passare perché lo raggiungessi e imitassi il suo stesso saluto.
-Comandante Supremo Zackly, buongiorno.
-Buongiorno a te, Erwin.
Non riuscivo a rimanere ferma a causa della tensione, le mani sudate così indebolite da non permettermi di chiuderle in un pugno.
-Vedo che hai compagnia – lo sguardo dell’ufficiale si mosse sulla mia figura.
-Sissignore, vorrei presentarle una garanzia della Ricognizione che ha terminato da pochissimo l’accademia.
Ecco. Ora toccava a me prendere la parola. Mi schiarii la voce, scegliendo il modo preferibile con cui presentarmi. –Claire Hares, 103° Corpo di Ricerca.
-Una recluta, eh? – osservò Zackly. –Ho molta fede in Erwin, signorina Hares, quindi non metto in dubbio la sua parola. Devi essere davvero così in gamba come ti ha descritto – gli sorrisi timidamente, trattenendo un sospiro.
-E’ così, Comandante – intervenne il mio ufficiale. -Spero abbia letto con attenzione la lettera che le ho inviato qualche giorno fa. Sono qui per presentarle nuove innovazioni che ho intenzione di attuare nell’Armata Ricognitiva, innovazioni alle quali anche questa ragazza ha contribuito.
Erwin avanzò (lo seguii senza pensarci due volte), stringendo una cartellina di cuoio marrone che aprì sullo scrittoio dell’uomo dalla folta barba bianca. –Con permesso. Vorrei presentarle l’ultimo progetto da me ideato per lo spostamento. Alla lettera, si chiama “formazione a lungo raggio”. Consiste principalmente nella deviazione del nemico al fine di non perdere ulteriori soldati ingaggiando battaglia. La Legione ha già avuto modo di sperimentarla nei pochi ettari che abbiamo a disposizione nei territori del Rose, sono convinto che per la prossima missione saremo già in grado di attuarla al di fuori delle nostre terre.
Zackly si sistemò i piccoli occhiali tondi sul naso, studiò con cura il foglio ritraente la tattica del Comandante della Ricognizione, che egli aveva avuto già modo di osservare qualche giorno precedente con la pervenuta della sua lettera.
-E’ assolutamente geniale, Erwin. Elaborato con attenzione e precisione – constatò alla fine. Provai molto orgoglio nel comprendere che avevo la fortuna di poter lavorare al fianco di una persona così competente e valida come Erwin Smith, eppure mi resi conto di quanto, contrariamente, io, che mancavo di qualsiasi tipo di esperienza, valevo ancora molto, molto poco.
 –Eppure, credo che ci vorrà un po’ prima di convincere il Consiglio Cittadino a sovvenzionare una nuova missione oltre le mura – proseguì Zackly. -Sono loro che si lamentano principalmente, lo sai meglio di me.
-Certo, ne sono consapevole – rispose il biondo. –Ma sono convinto che questa volta faremo la differenza. Ho commesso l’errore, in passato, di non prevenire le numerose perdite che, spedizione dopo spedizione, ammontavano in continuazione. Questa strategia impedirà un gran numero di danni, vi confido molto.
L’uomo sedutogli di fronte incrociò le mani sul tavolo, guardò Erwin in maniera pensierosa, si sistemò meglio sulla sedia, schiarendosi la voce. –Farò quel che posso, Erwin. Sei stato promosso da poco a comandante, ma ho sempre avuto molta fiducia in te, lo sai bene.
Erwin gli sorrise, portandosi la mano sul petto. –La ringrazio molto.
-Adesso toglimi un dubbio, però – continuò l’altro. –Perché hai scomodato così tanto una signorina così educata e silenziosa portandola nell’ufficio di un vecchio militare?
Le guance mi si fecero scarlatte.
Erwin ridacchiò. –Come le ho già detto, questa ragazza di grande talento sta contribuendo molto alla realizzazione di nuove strategie di combattimento, mi sono sentito in dovere di mostrarle uno dei suoi progetti per l’approvazione.
-La faccenda si fa interessante – giudicò Zackly prima di esaminare uno dei fogli su cui, giorni prima, avevo ricopiato, senza conoscerne il motivo, alcune delle mie tattiche sotto l’ordine di Levi. Solo in quel momento, col cuore a mille dalla tensione e dalla paura, in quel raffinato ufficio di quel prestigioso palazzo, mi ero resa conto dello scopo di quel comando.
-Per esserti da poco diplomata, sei molto dotata, ragazza mia. Il che mi fa pensare che anche sul campo tu sia imbattibile.
-Grazie, signore – finalmente parlai, inchinandomi.
-Ha visto proprio giusto, Comandante – disse Erwin. –Claire è stata affidata al Capitano Levi, che, meglio di tutti, è in grado di occuparsi delle grandi potenzialità della sua nuova unità.
-Penso ci sia poco da dire, allora, Erwin. Non solo sulla signorina Hares, ma ora non ci resta che parlarne col Consiglio straordinario e convincerli. Come detto, farò del mio meglio.
Poco dopo, entrambi rincuorati, io e il Comandante Smith lasciammo l’ufficio del signor Zackly.
-E’ andata bene – mi lasciai scappare, venendo nuovamente scortata da un gendarme verso l’uscita della palazzina.
-Molto bene, direi. Hai colpito anche il Comandante Supremo Darius Zackly, al tuo posto sarei al settimo cielo – osservò Erwin.
-In effetti, lo sono. Per quanto fossi impaurita all’idea, non posso credere di aver appena coronato il mio sogno di incontrare l’uomo più potente dell’esercito.
Egli ridacchiò. –Posso immaginarlo. Inoltre, oggi hai fatto la conoscenza del Comandante della Gendarmeria.
-Io non lo considererei un evento eclatante, se mi permette – intervenni. –A priori, non mi ha destato tanta fiducia. Lei è un generale di gran lunga migliore. La ringrazio infinitamente per avermi addirittura concesso di sottoporre il mio insignificante lavoro a persone di tale grado – dissi sincera.
-Ti sono riconoscente anche io. Il tuo lavoro è una grande risorsa, per il nostro Corpo – mi rispose, sorridendomi. –Non so se comprendi, ci sono poche persone che ripongono la loro fiducia nei nostri riguardi, di conseguenza noi approfittiamo di qualsiasi peculiarità per migliorare la nostra opera.
-Ne sono consapevole – risposi, oltrepassando l’ingresso del Palazzo. –Per quanto veniamo giudicati male da buona parte della popolazione, non rimpiangerò mai la mia scelta.
-Sappi che richiede enorme coraggio decidere di sfidare la sorte per il bene dell’umanità. Non è semplice scegliere di rischiare la propria vita senza venire tantomeno ricompensati, persino il Comandante Dawk se n’è reso conto giusto poco prima di abbandonare il desiderio di far parte della Ricognizione e arruolarsi ai Gendarmi, per poi fare gavetta in quell’organo.
Rimasi di sasso. –Lei come fa a saperlo?
Erwin, impassibile, avanzava molto lentamente. La sua andatura elegante, lo sguardo pensieroso lo rendevano un uomo assai affabile.
-Siamo più o meno coetanei, mia cara Claire. Ci arruolammo nello stesso anno, anche lui con l’intenzione di entrare a far parte della Ricerca. Ma siamo esseri umani, si sa, soggetti a continui mutamenti. Perciò, all’ultimo Nile ha deciso di intraprendere una vita completamente diversa. Pur sempre rispettabile, non sono nessuno a giudicarlo. Che ti piaccia o no, anche i gendarmi sono persone di rispetto.
Non la pensavo affatto in questo modo, e il mio parere, a distanza di anni, non è affatto mutato neanche adesso. Ma Erwin era pur sempre il mio superiore, di conseguenza, chi ero io a controbattere? –Ci sono stati dei motivi ben precisi per cui il signor Dawk ha preferito la Gendarmeria?
-Ovviamente sì – rispose lui, osservando dritto davanti a sé. –La ragione si chiama Marie. Ha scelto di rimanere al suo fianco, e la sua decisione è stata più che opportuna. Credo che sia impossibile garantire la felicità della persona che ami mentre te ne vai a uccidere giganti, perdendovi anche la vita.
Sentii un vuoto nello stomaco. Per qualche ragione, sentii di essere presa in causa.
-In realtà, anche io ho conosciuto Marie insieme a Nile. Un anno prima della notte di scioglimento – aggiunse il Comandante.
Inconsciamente, Erwin mi stava invitando a sopprimere i miei sentimenti e a dimenticare i miei affetti.
-C’è stato un tempo in cui ho amato Marie allo stesso modo, ma non volevo che i miei sentimenti prendessero il sopravvento sulla mia scelta, per quanto magari venissi contraccambiato – continuava il biondo.
Dovevo forse soffocare il mio amore per Levi? E per quale motivo? Non era certo lui a rischiare di morire per mezzo dei titani, ma io. Una parte di me sapeva bene che avrei dovuto prendermi del tempo per parlarne direttamente con lui e rivelargli che avrebbe fatto meglio a lasciar perdere l’affetto nei miei confronti. Ma lui poteva benissimo rendersene conto, allora, perché non aveva stabilito di farla finita? Poneva davvero così tanta fiducia in me?
Morivo dalla voglia di tornare da lui per chiederglielo, invece ero ancora lì, in compagnia del Comandante Erwin, intento a raccontarmi della sua esperienza amorosa con la donna di poco prima… e io me ne ero resa conto solo in quel momento!
“Ho amato Marie”, aveva detto? Perché mai io avrei dovuto saperlo?
-Signore, non è affatto tenuto a raccontarmi queste cose! – esclamai in preda alla tensione.
-Non preoccuparti, mi fido di te – rise lui. –Era per spiegarti che comunque sono sempre le scelte che compiamo a determinare il nostro futuro. E poi, l’amore, l’amicizia, questi sono sentimenti meravigliosi. Ma dimmi, Claire, pensi che un soldato della Legione Esplorativa possa abbandonarsi ad essi?
E in quel momento cosa dovevo risponderti, Erwin, che alludevi comunque all’affetto che nutrivo per quei quattro ragazzi?
-Certo che no, Comandante – risposi laconica. -Per quanto voglia bene ai miei colleghi, so per certo che i legami affettivi non possono proprio rientrare nel mio lavoro – mi guardai la punta degli stivali.
-Claire, so bene l’affetto che ti lega ai tuoi amici – mi sorrise lui. –Sto solo dicendo che il nostro obiettivo deve essere sempre e comunque quello di rischiare la propria vita per il genere umano. È questo il nostro compito. Penso che tu lo conosca bene, no?
Risposi che lo sapevo, accompagnandomi un pugno al petto. –Dedicherò la mia vita alla nostra causa – una lacrima mi rigò il volto. –Giuro che lo farò.
In quel momento, la nostalgia di trovarmi lontano dal Rose, dalla mia città, mi portarono a pensare ai tre bambini di Trost, ai poveri cittadini scampati dai giganti nel Maria che avevo avuto modo di incontrare. Pensai ai miei compagni morti sul fronte qualche giorno prima. E infine ripensai ai miei amici, a Levi: ci battevamo per un obiettivo comune, quello di distruggere una volta e per tutte il nemico titanico, anche a costo di essere brutalmente divorati. 
Il Comandante Smith mi poggiò una mano sulla spalla. Quel gesto, tipico di una persona gentile e leale come lui, mi faceva sentire straordinariamente piccola e fragile al suo cospetto. –Lo so, Claire. La tua determinazione significa molto per tutti noi.
Gli sorrisi, poi facemmo ritorno alla carrozza che ci stava aspettando.
-Comandante Erwin, può togliermi una curiosità? La ragazza che si chiama Marie… - iniziai, rompendo quel silenzio creatosi dopo l’inizio della corsa che ci avrebbe riportato dai restanti membri dell’Armata Ricognitiva, -lei non è un’aristocratica, non è così? Qualcosa, nel suo sguardo, mi suggeriva che si sentisse assai fuori luogo.
L’ufficiale mi sorrise. –Marie viene dal Wall Rose. Lavorava in un bar che io e Nile eravamo soliti frequentare in gioventù – rivelò lui.
La voglia di conoscere altro sulla vita di quella ragazza meravigliosa dall’espressione incerta era così forte da non permettermi di stare in silenzio. Troppo impicciona, mi reputerà il lettore, che avrà modo di conoscere, attraverso la lettura di tali memorie, piccoli accenni alla vita di colui che io, con molta fierezza, ritengo essere uno dei più grandi uomini che abbiano mai vissuto all’interno delle mura.
-Perciò, ora vive in un territorio e in una società del tutto differente – constatai.
-Già. Considero saggia la scelta di Nile di portarla qui per proteggerla. Lui le vuole davvero bene, per quanto possa sembrarti una persona un po’ troppo vile – aggiunse.
-Sì, forse è così.
-Non ne sei poi tanto convinta, vero?
Lo guardai negli occhi. –Credo che sia difficile, per lei, dover vivere in un posto del genere, venendo da uno tanto diverso. Poi, Comandante, lei sottovaluta la potenza dell’invidia femminile. Quella donna è bellissima, sarà oggetto di continui pettegolezzi in una città dove le uniche preoccupazioni sono l’attenersi alla moda e dare la perfetta istruzione ai figli.
Mi pentii di aver usato un tono così colloquiale proprio con lui, ma la fiducia che riponeva in me mi portava a pensare che egli non avrebbe mai giudicato il mio comportamento poco formale.
-La penso proprio come te, Claire. Ma sono Marie e Nile a dover scegliere, e noi non possiamo fare nulla. Come ha ammesso anche lui, noi combattiamo i giganti, e dobbiamo solo preoccuparci di liberare quanto prima l’umanità dalle catane della soggiogazione.
Annuii, attendendo in silenzio di raggiungere i miei compagni d’arme. Fuori dalla carrozza, ci accolse Levi. –Allora, Erwin, com’è andata col vecchio?
Erwin sorrise al soldato dalla bassa statura. –Claire gli ha fatto davvero un’ottima impressione. Ritieniti fortunato ad averla in squadra.
Il biondo si allontanò in direzione del suo cavallo, lasciato alle cure di Petra. Davanti a Levi rimasi soltanto io. Ci scambiammo una fugace occhiata, prima di montare sui nostri destrieri e salutare finalmente quel mondo di falsità e di stoltezza.
 

Spazio Autore: buon pomeriggio e buon sabato! Claire oggi ci porta nei territori del Wall Sina, raccontandoci le sue impressioni su quelli che ne vivono. Per immaginarmi una città del Sina ho fatto riferimento ai due Ova dedicati ad Annie, che sinceramente mi sono piaciuti solo in parte. Spero in una trasposizione in anime anche del secondo volume di Lost Girls, riguardante la mia adorata Mikasa.
Attendo comunque in maniera ansiosa il mese di luglio per la prima puntata della tanto agognata terza stagione. 
Mi rendo conto di star dando molta importanza a Erwin, ma è un personaggio che semplicemente adoro, e poiché questa storia verte principalmente sui sentimenti dei nostri amati soldati, in particolar modo dei veterani (nei prossimi capitoli vedrò di parlare anche di una ship molto famosa nel fandom, a voi il compito di indovinarla ;) ), non sono riuscita ad astenermi dal fare riferimento a Marie, contesa dal ricognitore Erwin e dal gendarme Nile.
Vi annuncio che è probabile che cercherò di pubblicare un nuovo capitolo anche durante questa settimana. Alla prossima!
  
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