Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    10/05/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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18. Questioni di fiducia

Bussai debolmente alla sua porta. Non ci tenevo a svegliare i superiori che alloggiavano nei dintorni, ma tantomeno non ero invogliata a darmi per vinta. Levi ci mise parecchio ad avvicinarsi per venire ad apririrmi, eppure, poco dopo, mi rivolse uno sguardo attonito, domandandosi già il motivo per cui mi trovavo davanti la sua camera, in un orario dove ai cadetti certamente non era consentito di girovagare per i corridoi.
-Claire, che ci fai qui? – mi domandò. Già sentire il suono della sua voce risultava per me una grande consolazione.
-Posso entrare? Non ci tengo a ritornarmene al dormitorio – il mio tono era debole e leggermente straziato. Mi tenevo il polso, demoralizzata ma un po’ imbarazzata per star supplicando il suo sostegno. –Ti prego, Levi.
Egli liberò il passaggio. Dopo che fummo entrati, chiuse la porta alle sue spalle.
Io mi guardai intorno: mi accolse la solita e noiosa freddezza che dominava quella stanza, odorante di profumi fino alla nausea. Era straordinariamente semplice: un piccolo scrittoio ospitante documenti rigorosamente sistemati era posizionato sulla parete sinistra, preceduto da una poltrona color cremisi. Al lato opposto, vi era un letto grande e immacolato – non era necessario avere la mente scientifica di Hanji per constatare che quasi mai esso avesse ospitato il suo proprietario – sul quale si adagiava una comune coperta calda in dotazione.
Piuttosto, chiunque vi entrasse, ovviamente dopo aver ottenuto il permesso del padrone di casa, non poteva mancare di scoprire quel gigantesco armadio in legno che io ero stata costretta più volte a ripulire sotto ordine del capitano: lì si celavano saponi e spolverini di ogni tipo nei ripiani più bassi; una fascia transitoria, in cui erano riposti, ancora una volta in maniera del tutto precisa, i suoi pochi abiti, separava i ripiani più alti, dove vi erano custoditi diversi contenitori in porcellana in cui egli conservava i suoi amati infusi di tè.
-Allora? Hai intenzione di spiegarmi cos’è successo? – chiese Levi, avanzando nella mia direzione.
Non ebbi il coraggio di guardarlo, avvilita, i miei occhi erano concentrati sul pavimento.
-Si tratta di Petra – cominciai timorosa.
La mia mente tormentata rievocava il ricordo di qualche ora prima, trascorso nel dormitorio sgombero dove la mia amica e io fummo tornate dopo un’estenuante giornata di addestramento. Fin da subito mi era parsa più contrariata del solito, al punto da farmi sospettare che si fosse ferita a mia insaputa sul campo.
Non ho idea del motivo per cui ella avesse scelto proprio quel giorno e quel momento per parlarmene, sicuramente non avrei mai e poi mai sospettato che ella avesse approfittato di quel poco tempo a disposizione in quel vuoto dormitorio per domandarmi in maniera laconica cosa stessi tramando.
-In che senso, Petra? – avevo domandato io, fingendomi ignara.
Ella mi chiese di essere sincera, in modo molto incerto mi domandò il motivo per cui, da qualche giorno, sparivo dalla circolazione all’improvviso, o passavo del tempo eccessivo in compagnia del nostro superiore. In poche parole, mi domandò se effettivamente ci fosse qualcosa tra me e il capitano Levi.
E in quel momento, non lo nascondo, il mio cuore si era fermato. Non avrei voluto che ella lo venisse a scoprire in questo modo, e già temevo che il nostro rapporto sarebbe declinato per una faccenda apparentemente così banale, ma che doveva essere alquanto importante per lei.
-Sì, Petra. Mi dispiace che tu sia venuto a saperlo così – farfugliai. Le gambe mi tremavano, magari uno svenimento, in quell’occasione, mi sarebbe tornato assai utile per uscire da quella situazione deprimente. –Petra, so a cosa stai pensando, e anche io farei così, ma, credimi, non giudicarmi senza prima conoscerne la ragion…
-Perché non me ne hai mai parlato? – mi interruppe lei, spazientita. –Claire, ma che ti succede? Dubiti forse di me? Qual è il motivo per cui mi stai nascondendo tutto? Dimmelo, Claire! Conto davvero così poco, per te?
Le lacrime avevano già solcato le sue guance, come se le dispiacesse di morire di starmi parlando in quel modo.
-Non è così, Petra! – esclamai preoccupata. –Io non dubito di te, ma… è complicato da spiegare. Non sei capace di capirlo.
-Mi pare giusto – dichiarò, infastidita. –Che posso mai saperne io, di te? Non sono certo io quella che ti è sempre rimasta accanto per tutti questi anni, né tantomeno quella che ti ha raccontato dei sentimenti che provavo per lui, quella che ti ha ascoltato senza indugi… Mi hai deluso, Claire.
Fu impossibile incassare un colpo duro come quello. Da quel momento, Petra si rifiutò di ammettere ulteriori spiegazioni, di rivolgermi nuovamente la parola. Dormì come sempre nel solito letto riposto in alto, mentre io ero rimasta lontano a meditare su quanto accaduto.
Alla fine, non lo si poteva negare, era stata colpa mia. Inconsciamente, avevo ferito l’unica persona che, in tutto quel tempo, era stata al mio fianco in ogni caso, una ragazza tanto buona e gentile che non meritava affatto di essere trattata in quel modo.
Tutto perché speravo di realizzare l’esatto contrario, vale a dire di non procurarle alcun dolore. Quante volte ella mi aveva parlavo della stima e del rispetto che nutriva per quel piccolo ufficiale arcigno? Alla fine, quando meno lei potesse accorgersene, io ero stata in grado di avvicinarmi a lui, innamorandomene a sua insaputa.
Calò il silenzio, non appena il mio racconto terminò. Per quanto potessi sentirmi per un po’ sollevata dal fatto che Levi avesse appreso l’accaduto, ero assolutamente demoralizzata, preoccupata che non sarei mai più stata in grado di fare pace con lei.
-Non so cosa fare, credimi – gli dissi. –Mi dispiace essere piombata qui per dirtelo, ma… è che io le voglio molto bene, Levi. È stata da sempre la persona più importante nella mia vita.
Si avvicinò, sedendosi come me sul bordo del letto. Ad un tratto, mi sfiorò una mano, stringendola nella sua. –Non hai fiducia in lei, però.
-Cosa?
-Non ti fidi. Altrimenti le avresti raccontato fin da subito quello che è successo.
Non ero affatto in grado di dargli retta. –Ma che stai dicendo, Levi? Io mi sono sempre fidata di lei.
-Ascolta, non ho voglia di entrare in merito a queste faccende amorose infantili, ma questo dimostra che non riponi fiducia in chi ti sta intorno. È lo stesso motivo per cui anche fuori dalle mura eri sempre ogni secondo a controllarla. Perché non provi a confidare in lei, invece di limitarti a proteggerla?
-Io ho paura di perderla – risposi.
-E stavolta hai rischiato che accadesse, perché non hai creduto in lei – continuava lui. -Ora pensaci. Credi davvero che una persona legata a te da tanto tempo non sarebbe stata capace di capire quello che provi per me?
Non risposi, ma riflettei: Petra era estremamente buona, non mi avrebbe mai detestato se le avessi detto sinceramente i miei sentimenti per Levi. Tuttavia, solo quest’ultimo era stato in grado di farmelo capire, per giunta troppo tardi.
-Sono una stupida, questa è la verità – dissi, intrecciando le mie dita tra le sue. –Hai ragione tu, Levi.
Piansi di nuovo davanti a lui. Egli si alzò, allontanandosi per un momento e rendendomi ancora una volta un fazzoletto.
-Non avere rimpianti, Claire. Confida solo nel fatto che prima o poi tutto si risolverà – sedette nuovamente vicino a me. –E, soprattutto, abbi fiducia, una volta tanto.
Come era successo il giorno in cui i miei amici mi avevano aiutato ad affrontare il combattimento corpo a corpo, ancora una volta venni intimata a credere, ancora una volta non lo facevo. Non avevo riposto fiducia nella mia amica per tutto quel tempo, a stento lo stavo facendo con lui. No, mi dissi, adesso tutto sarebbe cambiato. Sentii dentro di me il bisogno di dover maturare, di dover chiaramente credere nei miei compagni, nelle persone a me più care.
Annuii. –Lo farò. Stavolta, sul serio.
Mi sentivo ancora depressa e disperata, ma quel briciolo di conforto me l’aveva donato proprio lui con poche parole. Non avevo idea di come potesse farmi sentire incredibilmente bene, ma gli ero riconoscente in ogni caso.
Un po’ insicuro, il volto di Levi si avvicinò al mio. Il mio naso sfiorò il suo, prima che lui, con fare un po’ impacciato, potesse lasciarmi un bacio sulle labbra. Poche volte, dalla sera nel bosco, io gli avevo mostrato il “metodo” e mai egli ci aveva provato, per cui non mi aspettai che fosse perfetto, eppure le emozioni che mi provocò in quel momento furono infinite e indescrivibili. Quella poteva essere considerata la prima vera e propria dimostrazione del suo amore nei miei confronti, per quanto mi stessi accorgendo sempre più di quanto tenesse a me, soprattutto dai suoi modi gentili.
-Stai facendo passi da gigante, Levi. Complimenti – commentai alla fine, percependo le solite farfalle svolazzanti nello stomaco.
Levi era sorprendentemente carino, se in imbarazzo. Raramente avevo l’occasione di poterlo ammirare rosso in volto, ma mi stavo sempre più convincendo che lui fosse una persona più sensibile di buona parte delle mie conoscenze.
-Ho comunque il primato su di te nel canto. Ho visto che ti sono piaciuto, quella sera.
-Sì, purtroppo. Oggettivamente parlando, nonostante manchi di esperienza, la tua voce è di gran lunga più bella della mia. Per questo ti odio un po’.
Ridacchiai, stringendolo contro di me. Reputavo assolutamente magici quei momenti così speciali in cui egli era capace di farmi dimenticare il mondo crudele in cui vivevamo. Ero completamente da un’altra parte, in un altro tempo, quando ero con lui. Un tempo che certamente non era popolato da titani, contro i quali combattevano e morivano centinaia di soldati.
-E così, hai intenzione di rimanere qui, stanotte? – mi domandò all’improvviso.
Non ci avevo affatto pensato. Non avevo riflettuto più volte prima di decidere di rivolgermi a lui, eppure era tardi addirittura per poter farmene ritorno in silenzio nel dormitorio femminile.
-Non è che ho intenzione. Ci sono costretta, caro.
-Sì, certo. In ogni caso, scordati che io ti faccia dormire nel mio letto, sudicia come sarai – si rimise in piedi, a braccia conserte. –Da quanto tempo non ti fai un bagno?
-Tre giorni – mentii. In realtà, l’impossibilità di potermi lavare lontano dalle mie compagne mi impediva, per timidezza, di recarmi molto più spesso ai bagni in comune della Legione, e il mio ultimo bagno risaliva a circa una settimana.
-Non ti lavi da tre giorni? Questo è inammissibile! –sbottò lui.
-E’ una cosa normale. Sei tu che hai un disturbo ossessivo maniacale per la pulizia – ribattei.
Divenne nuovamente burbero. –Be’, sappi che non ti lascerò dormire lì sopra in questo stato. Il letto è mio e decido io.
Sbuffai. –Sei proprio noioso. Preferisci farmi dormire sul pavimento, allora?
-No, cretina. Userai eccezionalmente la mia vasca da bagno – disse. Benché non sembrava del tutto convinto, si avviò nel bagnetto la cui porta era posta proprio di fronte quella principale.
-A che serve? – domandai io, contrariata. –Tanto non posso cambiarmi. Non ci sono abiti femminili in questo posto, no?
-Ti secca tanto indossare qualcosa di mio? Che mocciosa!
-No, voglio i miei abiti! – protestai.
-Smettila di frignare – rispose. Iniziò a riempire la vasca piccola ma elegante nella grande sala da bagno. Il mio desiderio di diventare ufficiale si alimentò proprio dopo quella sera, non appena ebbi scoperto le innumerevoli comodità di cui godevano i miei superiori.
Mentre vagavo nei miei pensieri, Levi mi stava porgendo un gigantesco telo in spugna bianco e una candida saponetta. –Da brava, fa’ quello che devi fare. Vedi di non metterci tempo.
E quale tempo avrei dovuto impiegarci? Mi trovavo a lavarmi in un bagno del tutto sconosciuto, mentre lui era dietro la porta ad attendermi.
Eppure, non appena ebbi immerso il mio corpo nell’acqua sorprendentemente calda mi ricredetti del tutto. Non sarei più uscita da quel paradiso di serenità! Forse avrei iniziato a frequentare più spesso la camera di Levi solo per poter ottenere il consenso di godere nuovamente di quell’acqua tiepida e confortante.
Passarono buoni dieci minuti, credo, ma ancora non volevo saperne di uscire. Fu Levi a intimarmi di fare più in fretta e di asciugarmi.
Malavoglia, riemersi dalla vasca, avvolgendomi nel suo telo profumato, rimanendo ferma ai piedi della vasca osservando in maniera distratta l’acqua in cui mi ero lavata.
-Claire! Hai finito? – tuonò la sua voce dalla sua camera.
Constatai di non avere abiti da indossare, motivo per il quale fui costretta ad uscire dal bagno con il telo che mi copriva le spalle.
-Levi, dove sono i vestiti?
Egli distolse lo sguardo dalle tazze fumanti adagiate sullo scrittoio. Osservò prima me, poi, sempre più rosso, concentrò la sua attenzione sulle mie gambe nude.
Arrossii di colpo anche io, indicandogli l’armadio. –Fa’ presto, sto gelando – mormorai.
Egli prontamente si diresse a prendermi una camicia bianca e dei comodi pantaloni neri. Me li rese imbarazzato, invitandomi ancora una volta a non perdere tempo, a finire di prepararmi per la notte prima che giungesse l’alba.
-Dove metto i miei abiti? – chiesi, esaminando quelli piegati.
-Dalli a me. Li laveremo domani.
Sbuffai per l’ennesima volta. –Che rottura di palle, Levi. Sul serio, sei pesante.
Me ne ritornai in bagno per rivestirmi, curandomi poco di quello che aveva risposto.
-Vedi di non rovinarmeli o sporcarmeli, intesi? – mi ammonì, dopo aver fatto il mio ingresso con addosso la sua camicia e il suo paio di pantaloni.
-Ribadisco: sei proprio scocciante. Visto che ti preoccupi tanto dei tuoi vestiti e non mi lasci dormire con i miei addosso, allora tanto valeva che mi chiedessi di rimanere nuda. D’altronde sei un maschio, ti avrebbe fatto sicuramente piacere, dico bene? – lo stuzzicai, non riuscendo a trattenermi dal ridere.
-Io? Ma che…? sei proprio infantile – disse, goffo. I suoi occhi si spostarono altrove, le sue guance si dipinsero ancora una volta di un evidente colorito roseo. –E io che pensavo di renderti felice preparandomi del tè. Non te lo meriti proprio.
Osservai la teiera sulla scrivania: oltre alla zuccheriera, non vi era una tazza sola, ben due!
Arrossii anche io di colpo. –Oh. Levi, davvero lo hai fatto per me? – mi grattai la testa, lo sguardo rivolto per terra.
-Vuoi bere quel maledetto tè prima che si freddi, o no? – strinse alla sua solita maniera bizzarra una delle due tazze, sedendosi sulla sedia davanti lo scrittoio.
Non me lo feci ripetere una seconda volta, presi quella che rimaneva, sistemandomi di nuovo sul bordo del letto. Aveva scelto ancora una volta quello nero, quello che, tra tutti, preferivo di meno. Il suo gesto mi aveva rincuorato davvero tanto, per cui non avrei certamente contestato.
-Avevo proprio bisogno di qualcosa di caldo. Ovviamente non potevo deglutire l’acqua saponata – rivelai, sorseggiando la bevanda. –A proposito, aspettati di trovare più spesso una delle mie visite. Almeno una volta alla settimana, verrò a lavarmi qui.
-Tsk. Penso che dovrò cominciare a farci l’abitudine, credo – constatò.
-Già. Smettila di fingere di essere contrariato. Non saresti mai in grado di vietarmelo, sei troppo buono e generoso.
Smise di bere il suo tè, voltandosi. –Lo credi davvero?
-Potrei mai reputarti cattivo, Levi? Io ti amo, dopotutto. Non ne sarei mai capace – mi sentii scuotere da un fremito. Avevo voglia di abbracciarlo, di riempirlo di baci e di affetto, ma me ne restai ferma stringendo la tazza bianca dai bordi dorati. –Petra, Gunther, Oruo e Erd sarebbero d’accordo con me. Persino Hanji e Mike. E Erwin, ovviamente.
Accennò un piccolissimo sorriso. Il mio desiderio aumentava sempre più a dismisura. –Ma non dirmi che non te l’ha mai detto nessuno, perché non ti crederei.
Rimanemmo in silenzio a goderci quegli attimi di quiete, ma parlò poco dopo. –Claire, io ti voglio bene, - iniziò, il suo sorriso divenne più evidente, -ma non sei la prima persona a cui ho provato dell’affetto in tutta la mia vita.
Rimasi molto turbata. Chi poteva avere mai amato? Magari un’altra donna, qualcuna che in verità poteva trovarsi benissimo nei paraggi? Eh sì, che chi legge mi consideri pure una folle, ma la gelosia è un sentimento comune a tutti gli uomini, spontaneamente lo provavo per uno come lui, così prezioso per me.
-Devi sapere che nella città sotterranea non agivo sempre solo. O meglio, l’ho fatto per un breve momento della mia vita. Dopodiché ho incontrato due ragazzi sfortunati come me. Si chiamavano Furlan e Isabel. Ho conosciuto il primo, all’inizio, poi salvammo la ragazza. Inizialmente stentavamo a fidarci l’uno dell’altro, soprattutto io e Furlan, entrambi consci della politica ingiusta di quel buco di merda. Piano piano iniziammo a provare fiducia a vicenda, e aiutavamo gli altri giovani che come noi rischiavano la morte ad un’età così prematura. Si rivolgevano a noi con l’appellativo di “eroi”, e esultavano per noi non appena ci vedevano svolazzare su e giù per quella caverna con i nostri dispositivi tridimensionali.
Strabuzzai gli occhi, lui sedette ancora accanto a me. Per quanto paresse interessato a parlarmi di quei momenti di vita così particolari, insoliti e inediti per me, il suo tono di voce era sempre pacato, eppure molto dolce. –Avevate i dispositivi 3D? Li avevate rubati…?
-Alla Gendarmeria, proprio così – continuò. -Lì ci mandano i più negati, nessuno vuole lavorare là sotto, perciò considera che non è stata un’impresa impossibile, sottrarglieli. Sicuramente ci aiutavano a rubare più in fretta.
-Imparaste ad usarli senza un addestramento previo? – chiesi, attonita.
-Non mi aspetto che tu lo capisca. Non prendermi in antipatia, per questo. Semplicemente, erano la fame e la disperazione a spingerci ai limiti dell’impossibile.
 -Perciò, tu e Furlan ve la cavavate – riassunsi. –E la ragazza?
-Isabel. La soccorremmo tempo dopo. Non ti nascondo che inizialmente la vidi solo come un intralcio, solo dopo mi resi conto di quanto fosse speciale. Era pura e ingenua, eppure intelligente. Aveva un carattere molto forte, per una ragazzina.
Finalmente potei ammirare il suo sorriso, diretto non a me, ma al pavimento. Tuttavia, non si dimenticò di me: cercò la mia mano, la trovò stretta alla coscia, la prese, chiudendola nelle sue. –In un certo senso, tu me li ricordi – aggiunse. –Sei buona come Isabel, ma sul campo hai i nervi saldi di Furlan.
-Che strano – dissi. –Ho sempre pensato di essere troppo istintiva.
-Il che, è ottimo per un soldato, se ci pensi. Bisogna sempre ragionare pensando di trovarsi nella peggior situazione, come è accaduto nel bosco, subito dopo l’inizio dell’ultima missione.
Gli sorrisi. –Che ne è stato di loro due?
Il suo volto si incupì. –Anche loro furono reclutati con me da Erwin. Li ho persi durante la mia prima spedizione, per mano di un gigante. Non sono stato in grado di salvarli – concluse, poggiando sulla sedia la sua tazza.
Le lacrime raggiunsero nuovamente i miei occhi; ancora una volta, la vita di Levi aveva conosciuto la peggiore delle tragedie; ancora una volta, dopo essere cresciuto in assenza di una madre e di un padre, egli aveva sofferto. Non avrei mai avuto modo di conoscere ogni dettaglio dei suoi momenti trascorsi assieme ai suoi due amici, eppure potevo ben immaginare il dolore provocatogli dalla loro brutale morte. Oh, Levi, perché sei stato divorato da tutta questa sofferenza? Quanto io avrei potuto mai farti dimenticare tutto questo male?
-Mi dispiace tantissimo – riuscii solamente a dire.
-Vuoi sapere la verità? Non avrei più avuto la forza di combattere, dopo quel giorno, se non mi fossi reso conto dell’importanza del loro sacrificio. Ho promesso loro che avrei continuato a lottare fino a che non avessi annientato tutti quegli esseri.
Liberai la mia mano dalle sue, avvinghiando saldamente una, lasciando che le lacrime scorressero copiose sul mio volto stanco. Poteva essere la milionesima volta che accadeva in sua presenza; ciononostante, gli ero grata perché da sempre lui non mi giudicava, semplicemente mi lasciava sfogare come meglio credessi.
-Levi, se solo potessi essere in grado di… non voglio più che tu soffra – bisbigliai, la voce rotta dal pianto.
Mi carezzò la guancia. –Questo dipende da te, ora – esitò per un attimo. –Io non voglio perderti, Claire.
Gli circondai il collo, sentendo la sua asciutta corporatura contro la mia. –Non accadrà – dissi convinta. –Non ti lascerò solo, te lo prometto.
Non proferì nulla. Semplicemente, qualche minuto dopo, mi avvinghiò forte a lui. E io, nella mia mente, esultai, solo per il fatto che mai, prima d’allora, mi ero sentita così vicina a lui, spiritualmente quanto fisicamente. Non sarebbe mai stato capace di sfogare il suo tormento come ero solita fare io, ma iniziai a credere che egli potesse considerarmi l’unica con cui poteva rivelarsi senza timore.
-Sei davvero la persona più importante per me, Claire Hares – mi sussurrò.
Ridacchiando per la gioia, gli sfiorai i morbidi capelli corvini, felice che lui mi considerasse tale.
Quel magico momento fu tuttavia interrotto da uno sbadiglio. Il mio, ovviamente.
-Stanca?
-Abbastanza – risposi, stropicciandomi un occhio. –Mi lasceresti dormire?
-Ora che sei pulita e profumata, direi proprio di sì.
Scoppiai a ridere, alzandomi per sistemare il suo letto. Mi è impossibile descrivere il piacere provato dopo aver disteso le gambe sotto le coperte calde e lavate. –Non vieni? – lo invitai, dimenticandomi di come egli raramente fosse in grado di dormire per molte ore.
-Ora non ho sonno. Nemmeno un po’ – rispose, spegnendo quasi tutte le candele, lasciando accesa quella poggiata sullo scrittoio. –Non ti darò fastidio, quando mi sentirò sfinito riposerò sulla poltrona, come sempre.
-Io voglio che tu mi dia fastidio, Levi – ribattei contrariata, poggiando la testa sullo schienale. –Poi, mi sento quasi una ladra a dormire nel letto di un altro senza condividerlo col proprietario.
-Io non dormo mai lì, Claire. Lo sai, lo sanno tutti che non lo faccio.
Non risposi più, sistemandomi più comodamente, mentre lui si risiedeva nuovamente sul bordo del letto, dandomi le spalle. –Claire, vieni qui.
Mi scoprii, percorrendo tutto il materasso per raggiungerlo. Quando i nostri visi furono nuovamente vicini, entrambi ci baciammo in maniera del tutto spontanea. Poi ritornai sotto le lenzuola morbide, augurandogli la buonanotte.
Ma, una volta aver chiuso gli occhi, ripensai ai due amici del mio amato. Iniziai a sentirmi molto spaventata, così tormentata dal pensiero che i miei compagni potessero fare la stessa fine. Eppure, capii che, comportandomi in quel modo, sarei rimasta la solita bambina immatura che non si fida degli altri. Scoppiai nuovamente in un pianto, non più causato da quella paura assidua, ma dalla tristezza: avevo bisogno di Petra in ogni circostanza, e avrei dovuto risolvere quell’equivoco quanto prima.
-Levi, mi manca già tanto. Tu non hai idea – mormorai, alludendo alla mia amica.
–Il vostro è un legame meraviglioso e indissolubile. Solo la morte potrà veramente dividervi. Ma lei è forte e in gamba come te. Vedrai che non succederà.
Strinsi il cuscino, esausta. Spero tu abbia ragione, Levi, pensai, prima di cadere in un sonno profondo, con lui accanto a me.
 
 
 
Spazio autore: bene, fan di Attack On Titan, eccovi un nuovo capitolo! Capisco di star procedendo molto lentamente, la storia è lunga, ma i vari impegni mi impediscono di scrivere quanto vorrei…
Bene, altro capitolo con un Levi assai “dolcioso”. Accidenti a quella combina-guai di Claire, mi è dispiaciuto troppo scrivere la parte di Petra, è stato molto straziante… Spero anche io che le cose si sistemino al più presto!
Pubblicherò il capitolo seguente sabato, come al solito. Buon proseguimento, alla prossima!
 
  
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