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Autore: A_Typing_Heart    12/05/2018    1 recensioni
* in corso di revisione * L'Uomo in Blu è una leggenda moderna, un uomo misterioso che appare in un paesino del Sorrentino per rendere omaggio a una lapide senza nome né fotografia. Circolano infinite voci su di lui, sulla sua origine, e sul perché visiti una tomba avvolta dai segreti. Ma nessuno sa la verità, e le motivazioni dell'Uomo in Blu sono radicate al tempo in cui il futuro boss Sawada Tsunayoshi fu ferito in un attentato. Un momento che cambiò la vita del giovane e di chi gli stava accanto per sempre.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Enma Kozato, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Tsunayoshi diede una clamorosa testata che risuonò di metallico contro qualcosa che gli sembrò un tubo verticale. Annaspò e riuscì a tenere in piedi l'asta della flebo, con il tubicino che dondolò minaccioso. Spostò lo sguardo assonnato sul letto accanto alla seggiola e guardò Mukuro.
Era stato addormentato profondamente dall'anestesia che gli era stata fatta per operarlo d'urgenza e da allora non si era ancora risvegliato. Respirava così piano che il movimento del suo petto si notava appena. Il Decimo allungò la mano e sfiorò i capelli che gli incorniciavano il viso pallido affondato in un cuscino quasi dello stesso colore.
-Mukuro...?-
Ovviamente il guardiano della nebbia non poteva rispondere e restò del tutto immobile e silenzioso. Tsunayoshi credette di cogliere un accenno di movimento sotto le sue palpebre, ma non seppe dire se l'aveva realmente visto. Stava solo sognando qualcosa? Si poteva sognare se si era in coma?
-Basta dormire... stai dormendo da troppo tempo...- gli disse piano, tornando a sedersi. -Lo sai che è da due giorni che ti abbiamo operato? Per quanto tempo vuoi farmi aspettare? Lo sai che non mi piace aspettarti tanto... il cibo si raffredda...-
Non c'era cibo in quella stanza, ma Tsunayoshi si perse nella memoria di molti pasti che aveva preparato per consumarli insieme al suo guardiano della nebbia. Quando lo aveva fatto la prima volta aveva preparato un risotto perfetto, ma le tre ore di ritardo del guardiano avevano vanificato tutto. Lui si era arrabbiato molto e aveva reagito così male davanti alla mucchia collosa di riso freddo che Mukuro aveva promesso di non fare più tardi quando sapeva di mangiare con lui. Non era più successo che lasciasse il cibo nel piatto per ore, era stato fedele alla promessa. Avrebbe voluto che si svegliasse subito, come se nulla fosse accaduto, e che chiedesse di mangiare...
Il rumore della porta che si apriva lo fece sobbalzare. Si girò di scatto e riconobbe Alberto, il maggiordomo dei guardiani. Anche lui presidiava l'ospedale quasi ininterrottamente, mentre gli altri guardiani si alternavano o arrivavano in visita. I suoi sforzi di vigilanza erano evidenti dai pesti sotto gli occhi, che gareggiavano coi suoi.
-Decimo... Xanxus vi ha richiamato, è tornato dalla Francia... volete parlargli ora?-
-Ah... sì... sì.-
Tsunayoshi tese la mano e il maggiordomo entrò per consegnargli il telefono. L'uomo diede uno sguardo sofferente al letto su cui Mukuro era sdraiato da due giorni, ma poi tornò a guardare il boss.
-Perdonatemi, Decimo... vi vedo stanco, vi porto del caffè?-
-Sì, te ne prego... anzi... prendiamone una tazza insieme, Alberto... ne abbiamo bisogno entrambi.-
Alberto, che soltanto per caso aveva il compito di servire il Decimo Vongola in quell'ospedale, anche nella sua preoccupazione per Mukuro e nella sua stanchezza riuscì a meravigliarsi dell'immenso onore che gli era stato concesso. Chinò la testa e si congedò più frettolosamente del normale. Anche se Tsunayoshi Sawada aveva sempre suscitato scalpore tra ricchi e mafiosi per il modo molto umano in cui trattava anche la bassa servitù e per la sua abitudine di dire "per favore" e "grazie" a cameriere e inservienti, da quando era diventato boss non aveva mai invitato il suo personale a sedere alla sua tavola come suoi pari. La cosa non era sfuggita nemmeno a Xanxus.
-Sei sconvolto al punto da intrattenerti con un maggiordomo, Sawada Tsunayoshi?-
-Sì, Xanxus... sono sconvolto, perchè in un momento in cui la mia più grande preoccupazione era scegliere il dolce del mio cenone di Natale il mio guardiano della nebbia è tornato con informazioni impensabili e ora è privo di sensi da due giorni in un letto d'ospedale.-
-Sì... l'ho saputo.-
-Lo hai saputo? Da chi?-
-Nagi ha chiamato Mammon per dirglielo, e lei si è sentita in obbligo di dare l'informazione gratis a tutti noi.-
-Non parla con Viper da anni... perchè chiama proprio lei?-
-Credo cercasse un aiuto. Forse credeva che Mammon fosse in grado di riparare il danno e far riprendere Mukuro, non lo so questo.-
-Immagino che non possa farlo.- commentò Tsunayoshi, senza alcuna speranza in proposito.
-Nemmeno un illusionista può riparare un danno che deriva dalle fiamme, specie se quelle si alimentano di nuove fiamme che gli vengono dall'esterno.- rispose infatti Xanxus. -Da quale landa infernale hai tratto l'idea di sviluppare qualcosa di simile, Tsunayoshi? Non è da te creare qualcosa che può uccidere con una ferita superficiale... non è da te pensare di uccidere qualcuno in un modo così doloroso.-
-Non mi pento di averlo fatto creare... specie davanti alla minaccia di una versione avanzata di Enma che potrebbe già essere sulle mie tracce.-
Tsunayoshi si passò la mano sugli occhi. Preferiva non guardare Mukuro, non in quel momento.
-Ma mi pento di averlo usato avventatamente senza averne testato la portata.-
-Hai quasi ucciso il tuo guardiano della nebbia, dopo che lui ti ha portato delle informazioni vitali... dopo che ha rifiutato ostinatamente un ruolo di Capitano dei Varia e anche quello di Corona Funebre dei Millefiore.- constatò Xanxus con uno strano misto di disgusto e ammirazione. -Congratulazioni, Tsunayoshi. Ormai sei diventato un mafioso vero.-
-Risparmiami le prediche, Xanxus.-
-Non sono prediche. Per la prima volta sto meditando di riconoscerti come Decimo.-
Era indubbiamente il peggior insulto che gli fosse stato mai rivolto, peggiore addirittura di essere stato definito "Signore del Feudo" ove per feudo qualche simpaticone aveva inteso i suoi presunti amanti uomini nella cerchia di amici e guardiani. Si morse la lingua per non mettersi a urlare cose inappropriate contro Xanxus e si massaggiò la fronte, ma prima che potesse pensare a una risposta adeguata sentì di sottofondo una voce dolce di donna.
-Zanzi! Ancora al telefono?-
-Sta' zitta, Kailah, è il Decimo Vongola.-
-Cosa? Passamelo!-
-Ma sei pazza?-
Tsunayoshi guardò il telefono come se potesse dare uno sguardo nella stanza dove Xanxus stava battibeccando con quella che doveva essere, secondo le sue ultime informazioni, la sua donna francese. Purtroppo non era una videochiamata e non poteva sbirciare, ma si sentiva a disagio esattamente come fosse presente.
-Voglio sapere come sta Mukuro kun!-
-È stecchito, Kailah, dacci un taglio.-
Un vociare di fondo e un colpo che pose fine al trambusto furono le sole risposte a quella notizia fasulla.
-Eccomi. Scusa, la mia donna è altamente petulante.-
-Xanxus... Mukuro non è stecchito, perchè gliel'hai detto?-
-Perchè così è andata fuori... credo sia andata a chiederlo agli altri, intanto che chiede a tutti avremo finito di parlare... spero.- rispose lui tranquillo, come fosse una tecnica comprovata. -Che cosa volevi da me, comunque?-
Il Decimo fu estremamente felice che la domanda ponesse fine a quell'imbarazzante excursus. Si raddrizzò sulla sedia e il suo corpo annichilito dalle lunghe ore sedentarie si lamentò con dolori e sinistri scricchiolii.
-Volevo il tuo resoconto di quello che è successo a Parigi.-
-Mukuro ti avrà detto che era da solo.-
-Ha detto a Gokudera che era in missione con te.-
-Con noi, ma non era con me quando ha trovato quel posto.-
Tsunayoshi ascoltò in silenzio il breve resoconto di Xanxus e fu amareggiato di scoprire che dopotutto sapeva ben poco: si erano separati prima che Mukuro trovasse il passaggio per caso e finisse nel laboratorio. Quando avevano notato che non si era portato sull'obiettivo designato Fran l'aveva cercato con una sua particolare tecnica. Qui il racconto si fece più interessante, perchè lui e Belphegor erano stati sotto la clinica, e riguardo il passaggio protetto da uomini armati e la presenza di un componente con la luce rossa entrambi confermavano.
-Quindi dice la verità...-
-Nonostante sembri un film scadente scritto da un idiota?- concluse Xanxus, un po' più pesantemente di come Tsunayoshi avrebbe fatto. -Ebbene, a volte la realtà supera l'idiozia.-
-Va bene... grazie della collaborazione, Xanxus...-
-Vedi di non chiedermela troppo spesso.-
-Sai che non lo farò.-
Tsunayoshi aveva telefonato al boss dei Varia abbastanza spesso da sapere che ogni saluto non sarebbe stato ricambiato, perciò non si sprecò e chiuse la comunicazione, meditabondo. Quel luogo difeso da guardie armate, sepolto sotto un edificio del tutto ordinario, esisteva davvero, anche Fran e Belphegor c'erano stati per recuperare Mukuro... qualunque cosa fosse era ancora là, nel ventre oscuro di Parigi... e quella specie di Ninja che aveva attaccato la sua villa puntando dritto a Mukuro... plausibilmente ne sapeva qualcosa, forse aveva attaccato per chiudergli la bocca prima che lo riferisse al suo boss...
Il suo rimuginìo fu interrotto dalla porta che si apriva e da un aroma di caffè intenso che pervase la camera. Alberto era di ritorno con un vassoio dove il caffè era accompagnato da fragranti brownie al cioccolato.
-Credevo dovessi moderare lo zucchero, Alberto...-
-Infatti, padroncino... non sono per me... sono per voi... li hanno portati Lambo e la signorina Ipin prima, sono preoccupati che stando qui tanto tempo non vi nutriate affatto.-
Tsunayoshi non potè fare a meno di sorridere. Non sapeva che anche Ipin fosse arrivata alla villa, attirata dalle notizie dei più recenti eventi, ma era confortato dalla sensazione di calore che gli dava la presenza di amici di vecchia data, e si sentiva più sicuro a sapere che la casa era presidiata da un'altra combattente di gran valore in caso di pericolo.
Rendendosi conto solo in quel momento di quanta fame avesse, prese un brownie mentre il maggiordomo versava il caffè da una caffettiera elettrica nella sua tazzina, bianca e anonima, presa in prestito dalla sala ricreativa del personale. Non fece in tempo ad addentare il dolce, perchè un movimento lo distrasse completamente, e portò Alberto stesso a versare una tazzina abbondante dritta sul comodino prima che se ne accorgesse e raddrizzasse precipitosamente il contenitore.
Mukuro non era più immobile sprofondato nel cuscino: si era puntellato sui gomiti e si stava guardando intorno con aria confusa e assonnata. Era ancora pallido, con gli occhi pesti, le labbra secche e i capelli scompigliati, ma eccezion fatta per questi aspetti era proprio come svegliatosi una mattina qualunque. I suoi occhi eterocromici si posarono sul vassoio, e poi sul suo boss.
-Posso averne uno?- disse con la voce roca di chi non la usa da molto. -Ho fame. Da morire.-
Tsunayoshi non seppe che cosa dire, fermo lì con un brownie in mano e un guardiano resuscitato davanti agli occhi. Mukuro si sporse e prese un dolcetto dal vassoio, ficcandoselo in bocca.
-Ma che... che... diavolo sei... Lambo?!- sbottò alla fine il Decimo, sollevato, divertito, confuso e irritato in ugual misura. -Sei qui da giorni... e ti svegli perchè hai fame... perchè senti l'odore del cioccolato!-
Mukuro, il cui sguardo era ancora ben lungi dall'essere quello di una persona che sapeva dove si trovava o come ci era arrivato, lo guardò senza particolare emozione.
-Hai provato a portarmi da mangiare prima?-
Tsunayoshi scambiò un'occhiata basita con il maggiordomo, che si tratteneva da una grassa risata solo in virtù della sua professionalità. Aveva persino gli occhi lucidi, tanta era la gioia di vedere che il guardiano della nebbia era di nuovo in salute. Tsunayoshi era esasperato: aveva passato due giorni e due notti al capezzale di un uomo che riteneva moribondo, struggendosi dai sensi di colpa, e quello aveva la bella pensata di svegliarsi all'odore dei biscotti perchè aveva fame. Gli sarebbe bastato decidere di aprire il bento con il riso fritto di Kyoko il primo giorno per ottenere lo stesso miracolo?
Mukuro, che non riusciva a ingoiare a causa della bocca secca, prese a tossire.
-Alberto... chiedi al dottore se può mangiare qualcosa... e se dice che va bene portagli soprattutto da bere, o morirà per colpa di un biscotto dopo essere sopravvissuto tre volte ad attentati mafiosi.-
Alberto lasciò la stanza e Tsunayoshi costrinse un riluttante guardiano della nebbia a sputare il boccone che aveva cercato di inghiottire avidamente. Attese con impazienza l'arrivo di qualcuno, che fosse il dottore o il maggiordomo, perchè era molto teso. Non si sentiva tanto in imbarazzo nel restare solo con Mukuro dai primi giorni del suo ritorno, appena prima dell'insediamento come Decimo Vongola. Anche se il suo guardiano pareva non calcolare nulla al di fuori del piatto di dolci fu comunque un sollievo quando Alberto rientrò con acqua e latte annunciando che il dottore aveva dato il suo benestare purchè mangiasse con moderazione dopo due giorni di digiuno assoluto. 
Tsunayoshi sorseggiò il suo caffè mentre Mukuro, alla faccia della moderazione, ingollava un intero bicchiere di acqua per preparare la strada al piatto di brownie e infine li annaffiava con il latte. Arrivò anche a fare qualcosa che non si era mai sognato di fare in pubblico, o almeno mai a portata di orecchio del suo boss: scaricò un poderoso rutto per fare spazio agli ultimi sorsi di latte, poi riconsegnò il bicchiere vuoto al maggiordomo.
-Soddisfatto, Mukuro?- domandò Alberto, sorridendo.
-Ora vorrei davvero un panino...-
-Scordatelo.- intervenne Tsunayoshi. -Alberto, porta via quelli, e ringrazia gli infermieri per la loro gentilezza... poi... poi vai a casa a riposare... e manda qui Alfredo, per cortesia.-
-Padroncino, posso dire agli altri che Mukuro sta meglio?-
-Sì, certo... ma potranno fargli visita domani... stasera è meglio lasciarlo riposare, è ancora frastornato... affamato come un lupo, ma non capisce un accidente di cosa gli stia capitando...-
-Riferirò alla lettera i vostri voleri.- rispose lui deferente. -Mukuro, cerca di riprenderti e obbedisci al dottore se ti dice qualcosa.-
Mukuro, tanto per confermare quanto fosse alienato, annuì e sprofondò nel cuscino come un bambino sonnolento. Tsunayoshi si chiese se fosse il caso di affrontare l'argomento che lo pressava, con lui in quelle condizioni, ma quando Alberto Chiari lasciò la stanza per non ritornare prima del mattino seguente gli occhi rosso e blu di Mukuro si fecero all'istante più vispi e si fissarono su di lui.
-Mukuro... tu... sai chi sono, vero?-
-Certo che lo so, Tsunayoshi.-
-Ricordi tutto quello che ti è successo ultimamente?-
-Non ho vuoti di memoria significativi.- rispose lui piattamente. -Tranne qualcuno spiegabile con l'assunzione di troppo brandy o gin, naturalmente...-
-E da quanto tempo bevi superalcolici?- gli domandò Tsunayoshi a bruciapelo, accigliandosi.
-Da quando mi hai mandato via. Xanxus ha un ottimo brandy alle albicocche... roba francese di lusso... forse ha dato un taglio alla tequila per compiacere Kailah, non gliel'ho mai chiesto.-
-E tu chi stavi cercando di compiacere ubriacandoti?-
-Gli uomini si sentono castrati quando vengono retrocessi in un lavoro in cui sono i migliori perchè l'altro candidato va a letto col capo.- commentò aspro Mukuro. -Mi pareva di avere delle ottime ragioni per bere.-
Tsunayoshi mugugnò versi senza senso e si massaggiò le tempie. Il caffè non aveva fatto altro che aumentare il cerchio alla testa. Troppo poco sonno e troppa caffeina, sentenziò fra sè e sè, e in quelle condizioni non voleva assolutamente farsi trascinare in una discussione senza uscita sulla punizione o sul perchè avesse ritenuto fosse giusta. Erano altre le priorità... ma forse partiva tutto da quello...
-D'accordo, Mukuro... mi dispiace per quello che è successo... mi dispiace per tutto.-
Mukuro parve non credere alle proprie orecchie, perchè lo guardò come se avesse affermato con la massima serietà di essere arrivato da un altro pianeta a cavallo di un unicorno a tre teste con gli zoccoli a forma di cuore.
-Cosa?-
-Ho detto che mi dispiace... ho sbagliato ad avere una reazione così drastica, specie visto che alla fine non... non mi hai fatto fare nulla di irrimediabile... ma non significa che mi sei mancato.- precisò con convinzione Tsunayoshi. -Durante la tua assenza ho vissuto molto più rilassato la mia relazione con Enma, e di questo sono felice... mi dispiace se tu hai reagito male, ma... non è per questo che ti... che ti farò tornare a casa.-
Ottenne l'effetto sperato, Mukuro lo guardò con la stessa speranza che gli aveva visto negli occhi quando l'aveva fermato sulla porta dopo averlo esiliato. Stavolta però non aveva un tiro mancino da giocargli. Si schiarì la gola.
-Sì... ecco... saremmo... contenti di riaverti a casa...-
-Non è vero.- ribattè lui.
-Eh?-
-Lui non sarà contento di rivedermi.- disse lui funereo. -Enma Kozato. Lui non vuole rivedermi.-
-Dunque? La casa è grande, sono certo che riuscirete a ignorarvi splendidamente.-
-Quando lui ti chiederà di allontanarmi tu gli darai retta o riuscirai a resistere?-
Tsunayoshi non potè non essere turbato dal fatto che, in due tempi, situazioni e toni diversi, quelli che avrebbe potuto senza troppe remore definire i due uomini della sua vita gli avessero chiesto la stessa cosa, l'uno riguardo all'altro. Un po' questo lo infastidiva. Dava così tanto l'impressione di essere manipolabile? Di cedere alle lusinghe e alle suppliche come se non avesse una spina dorsale? Perchè sia Mukuro che Enma erano convinti che all'altro sarebbe bastata una parola per essere esclusi? Lui non voleva realmente separarsi da nessuno dei due, si era arrabbiato con il suo guardiano della nebbia perchè si era permesso di usare i suoi sentimenti, ma non era nulla che non gli avesse già perdonato... era soltanto per orgoglio, perchè si aspettava delle scuse sincere, che non gli aveva ancora permesso di tornare. Il Decimo non aveva dubbi che i due uomini avessero ormai trovato una collocazione precisa nella mente e nel cuore: l'uno, la Terra, il sostegno, la forza e in un certo senso l'amore che gli era proibito per molte ragioni; l'altro... quello che avrebbe potuto descrivere come "tutto il resto". Il rifugio, il protettore, il custode, il segreto, la passione e il dolore di un amore mai avuto, la resa di una battaglia perduta, eppure sempre vicino al cielo... non sapeva spiegarla, ma questo non voleva dire che Mukuro non avesse una esatta collocazione.
-Enma non mi ha mai chiesto di allontanarti... nemmeno in novembre... è stata una decisione soltanto mia, perchè hai abusato dei miei sentimenti... e per questo io non ti ho perdonato.- affermò Tsunayoshi mentendo sfacciatamente. -Mi ha chiesto di resistere a te, di non farti restare, perchè credeva che tornassi soltanto per questo motivo... crede... come te... anche lui crede che io non sappia cosa fare se siete entrambi sotto il mio tetto.-
-Oya, non lo facevo così acuto.-
-Mukuro, non cominciare.- lo ammonì. -Voi siete... fin troppo uguali a volte, e io ne ho paura, ma...-
-Uguali in cosa? Nel senso che abbiamo due braccia, due gambe... ah, no, aspetta, nemmeno questo!- protestò Mukuro veemente. -In che cosa siamo uguali, a parte essere stati intenzionati a ucciderti?!-
-Per cominciare, avete entrambi offerto la vostra fedeltà a me, e non mi pare poco... questo è cambiato mentre eri via? La tua lealtà appartiene a qualcun altro?-
-Non è cambiato.-
Gli occhi castani si fissarono in quelli di Mukuro, decisi a non lasciarsi sfuggire la minima esitazione, la più piccola traccia di menzogna. Non ne colse alcuna.
-Tu... ed Enma... condividete anche un passato tragico... io non ho dimenticato, Mukuro, e so che nemmeno tu potrai mai riuscirci... e nemmeno il nostro passato comune... la vita non è stata giusta con te... come non lo è stata con Enma, e vi ha preso cose che non vi restituirà più... soltanto per questo dovreste riuscire a provare almeno empatia, non trovi?-
Aveva toccato il tasto giusto, difatti Mukuro decise di appoggiarsi ai cuscini e fissare la flebo piuttosto che rispondere. Come poteva? Un'infanzia di abusi non gli sarebbe più stata risarcita, come il suo viso, come l'assurdo pericolo che aveva appena corso... così come una famiglia sterminata, un paio di braccia forti e un paio di gambe sane non sarebbero tornate a Enma quale che fossero le sofferenze accumulate.
Tsunayoshi allungò la mano e strinse quella che Mukuro teneva sulla coperta. Non la strinse di rimando, ma considerò già positivo che non si sottraesse.
-Ti prometto che Enma si sforzerà di essere gentile con te... quindi tu cerca di essere civile con lui, è tutto quello che ti chiedo...-
-Non lo voglio quel coso rosso davanti agli occhi tutto il tempo.-
Sebbene gli suscitasse ilarità immaginare Mukuro come un toro inferocito da una bandiera rossa, si accigliò e cercò di far capire anche con lo sguardo che non tollerava che trattasse Enma come una specie di soprammobile di cattivo gusto.
-Mukuro... nemmeno Hibari ti piaceva, e vi odiavate...-
-Ci odiamo ancora.- affermò lui con trasporto.
-Ma riuscivate a convivere alla villa, e siete riusciti anche a portare a termine delle missioni insieme... se davvero non puoi accettarlo, trattalo come tratteresti Hibari.-
Mukuro soppesò la questione in silenzio e Tsunayoshi decise di non mettergli fretta: sapeva che solitamente quando il suo guardiano nella nebbia pensava tanto era propenso ad accettare la richiesta che gli veniva fatta. Impiegò due minuti buoni, ma alla fine annuì.
-Ottimo!- esclamò lui, più entusiasta di quanto fosse immaginabile per una tale sciocchezzuola. -Visto che mi hai ascoltato e ti sei impegnato a fare questa cosa per me, ti lascio un regalo.-
Il Decimo si alzò, seguito dallo sguardo di Mukuro attento come un segugio, e recuperò un sacchetto di carta che si era portato dalla villa quando vi si era recato per cambiarsi i vestiti. Dall'interno ripescò una scatolina rettangolare, piccola, con un vistoso fiocco fucsia e oro che riprendeva i toni del logo della pasticceria che l'aveva confezionata. In realtà avrebbe dovuto essere un piccolo regalo da spedire a Mukuro, perchè lo avrebbe rattristato troppo sapere che avrebbe passato un natale sotto silenzio con i Varia, ma non era necessario che lo sapesse.
-Ecco... puoi averli subito, come anticipo per i tuoi sforzi.-
Mukuro prese il pacchetto e guardò il coperchio trasparente che mostrava due tipi di raffinate praline al cioccolato, alcune quadrate, quasi nere, con una mandorla salata simile a una gemma incastonata; le altre triangolari così lucide da sembrare pezzi di vetro color cioccolato. Erano due delle varietà preferite di Mukuro, le praline al marzapane e i triangolini al pepe. I suoi occhi ebbero un guizzo di vitalità, che fu prontamente oscurato. Il suo boss sapeva per quale motivo.
-Grazie, Tsunayoshi... ma niente miele?-
-Sei sotto farmaci, non potresti mangiarli comunque.-
Mukuro annuì meccanicamente, poi aprì la scatola per mettersi in bocca subito una pralina al marzapane. I suoi cioccolatini preferiti erano quelli al cioccolato fondente con crema al miele di agrumi e liquore al miele, una rarità artigianale della cioccolateria più famosa della zona. Erano deliziose e per quelle Mukuro avrebbe potuto vendersi anche la dignità, e fu un po' per ripicca personale che Tsunayoshi aveva scelto una confezione priva di quella tipologia. Neanche in quel momento si sentì in colpa. Se avesse veramente voluto essere crudele, avrebbe rivelato a Byakuran quanto gli piacevano. Non l'aveva fatto e questo mise a tacere qualunque recriminazione sui dolci. Per il rischio che gli aveva fatto correre, invece... per quello servivano delle scuse più consistenti, e la vocina della sua coscienza lo avvisò che il confronto su quello era soltanto rimandato. Tsunayoshi si sentì inquietato nell'accorgersi che la vocina nella sua testa somigliava molto a quella di Haru.
-Non mangiarle tutte subito, Mukuro... ti sei appena svegliato, tra l'altro, non dovresti ingozzarti.-
-No, ho finito... ho finito.-
Mukuro prese un triangolino e richiuse la scatola con cura, come un gioielliere che ripone nell'astuccio di velluto un costosissimo collier di diamanti. Sorrise, poi lo sguardo di Tsunayoshi cadde sull'orologio che aveva al polso e si accorse dell'ora. Dal momento che Mukuro era sveglio e stava bene, gli premeva organizzare immediatamente qualcosa di molto importante.
-Mukuro, ascolta... io devo andare a parlare con qualcuno, adesso... tra poco verrà Alfredo che si prenderà cura di te, e gli altri verranno a trovarti domani.-
-Non ho bisogno di nessuno, me la cavo da solo.-
-Non fare i capricci, Alfredo controllerà che tu stia bene.-
-Io sto bene.-
-Sei quasi morto, anche se non te ne ricordi, e quindi ci sentiamo tutti più tranquilli se tu riposi come si deve e qualcuno ti resta vicino.- tagliò corto Tsunayoshi. -Non discutere, o non ti faccio tornare più a casa.-
-Sono quasi morto di cosa?- domandò Mukuro, che pareva piuttosto sorpreso. -Io stavo bene, quel tizio in tuta non mi ha ferito gravemente... che cosa è successo?-
La domanda fece dibattere l'anima di Tsunayoshi in uno stagno di dubbio e di sensi di colpa come un girino morente. La grande domanda... avrebbe dovuto sedersi, raccontargli che la paura per i nemici che non vedeva lo aveva obbligato a studiare un'arma per difendersi, per difendere tutti loro... ma in primo luogo quell'arma veniva meno alla promessa fatta a Mukuro molto tempo fa, e in secondo luogo era quella che l'aveva ferito e quasi ucciso. No, non poteva ancora farlo. Non era il momento per parlare di quelle fiamme porpora, Mukuro non era in condizione e lui non aveva tempo... ci sarebbe stata sicuramente un'occasione più adatta.
-Non usare le fiamme per nessun motivo... ci siamo capiti?-
-Perchè?-
-Perchè aggraverebbe la tua malattia... non discutere con me!.- gli intimò quando lo vide in procinto di ribattere. -Non devi farlo, rischieresti di morire. Non usare le fiamme e basta. Promettimelo.-
-Dovrai spiegarmi qualcosa al tuo ritorno.-
-Sì, infatti, ma ora non ne ho il tempo.- disse lui, e si addolcì. -Riposati... non alzarti se non è strettamente necessario... non mangiare più fino a domattina e basta cioccolatini, li farò contare... e mi raccomando, non usare le fiamme. Mai.-
-Non sono un marmocchio, Tsunayoshi, benchè tu mi tratti come tale ogni volta che mi ammalo.-
Era vero e Tsunayoshi lo sapeva bene. Diventava apprensivo per ogni infortunio o malattia dei suoi guardiani, e alcuni di loro non poteva fare a meno di viziarli... in primis, il suo guardiano della nebbia.
Tese un sorriso incerto e si sporse verso di lui. Dato che Mukuro non accennò a spostarsi, gli diede un bacio sulla fronte e lasciò la stanza senza aggiungere nulla. Si toccò il petto con la sensazione che qualcosa gli stesse morendo dentro. Aveva sperato intensamente di non sentire il calore al petto, quel sussulto al cuore. Aveva sperato che ormai soltanto Enma potesse suscitargli quelle sensazioni.


Quando finalmente scese dall'auto Tsunayoshi fu inghiottito dall'oscurità del cortile. La casa di campagna dei Cavallone era molto meno sontuosa e anche meno illuminata esternamente della sua sorella maggiore a Roma, e decisamente più trascurata. Alle soglie dell'inverno gli alberi e i cespugli erano spogli, il prato era coperto di uno strato multicolore di foglie cadute e i vasi accanto alle scale della veranda erano vuoti. In piena estate però, con vegetazione lussureggiante e in fiore, doveva essere stata una bellezza.
Il Decimo seguì il bagliore arancione di una luce posta sopra la porta e gli sopraggiunse dal cortile uno sbuffare di cavalli e un mormorio sommesso che associò a dei pennuti da fattoria. Gli risultava ancora difficile credere che Hibari si fosse ritirato a fare quel tipo di vita, mentre prima era in tutto e per tutto un mercenario con un blando legame di lealtà ai Vongola.
Alzò la mano e bussò sulla porta con le nocche. Dall'interno veniva un rumore ininterrotto che faticò a riconoscere. Poteva essere soltanto la televisione, ma era più simile a un...
-Che cosa hai scordato stavolta, Va...?-
Hibari si bloccò di colpo e guardò quello che era ancora formalmente il suo boss con l'aria più simile al terrore che gli si fosse mai vista in faccia. Tsunayoshi la notò per appena un secondo, prima di riconoscere finalmente la fonte del rumore e spalancare la bocca di conseguenza: un bambino piccolo, sotto l'anno di età, agitava furiosamente pugnetti e piedini in braccio a Hibari, strillando con tutto il fiato che aveva nel corpicino coperto da una tutina blu.
-Che... cosa fai tu qui?-
Ci vollero alcuni secondi perchè Tsunayoshi si riprendesse, ma poi ricompose la sua espressione e guardò Hibari, constatando che anche lui aveva fatto del suo meglio per riprendersi dalla sorpresa e fingere di non avere un neonato strillante tra le braccia. Impresa ardua, dato che si dimenava come un posseduto.
-Se cerchi Valentino, non c'è... è andato a Roma, è partito un'oretta fa.-
-Sì, beh... io in realtà cercavo te, Hibari.-
-Io veramente...-
Il bambino, che aveva una testolina di capelli biondi come il grano e ricci come quelli di un cherubino, diede uno strillo da forare i timpani. Hibari lo cullò con aria impaziente e lasciò aperta la porta.
-Ho sentito, ho sentito... un momento...- disse lui. -Entra, chiudi la porta, Sawada.-
Tsunayoshi entrò togliendosi il cappello e richiuse la porta mentre Hibari scompariva oltre una porticina sulla sinistra. Il rumore di stoviglie gli suggerì che fosse una cucina. Osservò il corridoio e la saletta aperta a destra, arredata con pochi mobili di legno robusto, toni marroni e indiscutibile stile di campagna con dettagli ricercati, come la cantinetta a vista e i cuscini ricamati di rosso cardinale sul divano scuro. Si avvicinò alla bottiglia più in vista, ma prima che potesse leggerne l'etichetta sentì un gran fracasso di plastiche e forse posate sul pavimento.
-Hibari?-
-Un momento, Sawada.-
Tsunayoshi chiuse il vetro della cantinetta e posò il cappello sul bracciolo del divano, dirigendosi in cucina. Lì vide uno sparpagliamento di ciotoline di plastica sul pavimento e Hibari che tentava di fare... qualsiasi cosa stesse cercando di fare con una sola mano e un bambino lamentoso in braccio. Senza riuscire a non sorridere nonostante l'evidente esasperazione del suo guardiano della nuvola, si fece avanti.
-Posso aiutarti, Hibari?- si offrì. -Posso tenere il bambino, mentre tu fai... che cosa stai facendo?-
-L'idiota, sto facendo.-
-Oh, non me ne ero accorto, sai... su, davvero... sai che me la cavo con i bambini, lo tengo io.-
Hibari era riluttante, ma parve rendersi conto che non sarebbe mai riuscito a fare niente se il bambino continuava a piangergli in braccio, quindi glielo porse borbottando delle scuse. Tsunayoshi prese il bambino biondo e lo cullò un momento sussurrandogli qualche parola confortante, e lui smise di urlare, limitandosi a qualche mugugno lamentoso. Hibari raccolse le ciotole e iniziò a sistemare le cose per, comprese infine Tsunayoshi, preparare una pappa.
-Non è tardi per farlo mangiare, perdonami...?-
-È stato malato e non ha mangiato quasi niente... ora non ha più febbre e ha fame.-
-Capisco...-
Il Decimo avrebbe potuto portare il discorso sulla questione a lui più urgente, ma preferì aspettare la pappa per il bambino, che scoprì chiamarsi Damiano ed essere un orfanello che aveva avuto la fortuna e la malasorte di essere scelto come figlio adottivo di Dino. Il piccolo sarebbe probabilmente diventato il boss dei Cavallone un giorno, e sarebbe stato cresciuto ed educato di conseguenza. Scoprire che Hibari lo accudiva a tempo pieno e non era il baby sitter di una serata in cui Dino lavorava sorprese molto Tsunayoshi, che non si sarebbe mai aspettato che il suo guardiano della nuvola accettasse il ruolo di genitore.
Assistette alla cena tardiva di Damiano, poi accettò con gioia di mangiare qualcosa anche lui, perchè dopo due giorni a tirare avanti di solo caffè e un boccone qua e là di merendine sentiva il bisogno di un pasto vero. Attese nel salotto con un bicchiere di vino e Hibari fu infine di ritorno con un vassoio di zuppa e pane.
-È tutto quello che è avanzato dalla cena.- disse lui. -Se ti va ho del formaggio, ma niente altro, la spesa arriva domattina.-
-È meglio di quanto sperassi, Hibari, grazie... ha un aspetto delizioso.-
-Ah, non c'è bisogno della tua diplomazia.-
In realtà non era affatto diplomazia, la zuppa di legumi sembrava veramente deliziosa e vi si gettò con entusiasmo che rasentava l'indecenza. Spazzolò tutta la ciotola e il pane in un tempo da record per un uomo che era ormai più abituato alle cene a sei portate che ai pasti veloci, tanto che persino Hibari lo trovò divertente. Gli versò il tè verde con un sorrisetto sulle labbra.
-Avevi proprio fame... e dire che sai cucinare anche da solo, se non hai la servitù.-
-Sono stato quasi tutto il tempo in ospedale, con Mukuro...-
La leggera esitazione che Hibari ebbe nel versare gli fece gocciolare appena il tè dalla teiera di vetro. L'asciugò con il fazzoletto e la posò con cautela. Per una frazione di secondo si morse il labbro inferiore e Tsunayoshi si chiese se fosse vero quello che Mukuro gli aveva detto poco prima, che lui e Hibari si odiavano ancora come i primi difficilissimi tempi.
-Come sta?-
-Sta bene... davvero... si è svegliato stasera...-
Tsunayoshi cercò di interpretare i pensieri di Hibari, ma non era così semplice. Sembrava tornato marmoreo come sempre e non lasciava trasparire più nulla.
-Ah, sì? Bene.- rispose senza enfasi particolare. -Sono contento.-
-Sì... è in gran forma, per essere stato quasi ammazzato...-
-E sei venuto fin qui per dirmelo?-
-Beh... no, non proprio.-
Tsunayoshi sospirò e si grattò la testa. Non sapeva bene come affrontare l'argomento... pensava di dover convincere un guardiano latitante a fare un lavoro per lui, non di dover rompere un idillio familiare in una casetta di campagna.
-Non so se ci sia un modo morbido per dirlo, Hibari...-
-Sono di metallo per la maggior parte del corpo, e il resto era già abituato ai duri colpi prima.- rispose Hibari prima di prendere un sorso di tè. -Dilla così com'è.-
Tsunayoshi apprezzò la schiettezza del suo guardiano della nuvola e si ricordò come mai all'epoca dei suoi trapianti l'aveva tanto ammirato. Non si era mai vergognato dei suoi nuovi componenti, era rimasto orgoglioso come prima... forse lo era diventato anche di più.
-Devo eliminare quella che potrebbe essere un'organizzazione pericolosa per i Vongola... ha una sede a Parigi... il piano è espugnare, estorcere e distruggere.-
Gli occhi grigi di Hibari lo fissarono, in parte increduli, in parte divertiti.
-Non sembra un piano tuo...-
-Eppure lo è, per quanto difficile da credere... il punto è che ho bisogno di una testa d'ariete, Hibari... qualcuno di estremamente forte, assolutamente insensibile alla paura e privo di scrupoli di sorta.-
-Quindi hai bisogno di me.- concluse Hibari dando riprova dell'alta opinione che aveva di sé. -Beh, era ovvio, in tutta l'alleanza non c'è un altro tagliato come me per un lavoro simile.-
-Beh, sì... ma dato che hai Damiano a cui badare, se non volessi partecipare capirei perfett...-
-Certo che vengo.-
Tsunayoshi tacque, incredulo, e la sua espressione doveva essere la stessa di una cernia presa all'amo. Hibari rise di gusto e sembrava rianimato rispetto a poco prima.
-Espugnare e distruggere sono le cose che preferisco... devo dire la verità, Sawada... mi piace vivere con Valentino qui, ma dopo due anni, francamente...- commentò, e non concluse la frase, guardandosi prima la mano in lega lucente. -Mi annoio. Ogni tanto dovrei concedermi queste distrazioni.-
Il fatto che il guardiano della nuvola considerasse una distrazione uccidere, torturare, distruggere luoghi e oggetti e in genere ogni operazione ad alto rischio era un indicatore chiaro di quanto fosse un uomo utile a qualsiasi governo o boss mafioso del mondo, e rendeva anche palese che il suo soprannome "l'uomo con il cuore di diamante" non aveva nulla a che fare con la trasparenza e la purezza di tale cristallo, bensì con la sua durezza estrema. Anche dopo il vastissimo trauma della Sierra Leone non aveva perso quell'istinto e non si era lasciato prendere dalla paura; si era ritirato solo per esplorare una parte della vita che aveva sempre trascurato: il cuore, il sentimento, la sessualità. Tsunayoshi non poteva certo biasimarlo, aveva cercato di fare lo stesso con Enma, prima che qualcuno gli ricordasse che non poteva permetterselo.
L'unica condizione di Hibari fu che aspettasse il ritorno di Dino da Roma per potergli affidare il bambino in sua assenza. Dato che si era aspettato un'impresa quasi impossibile, Tsunayoshi ritenne opportuno concedergli quel tempo senza contrattazioni e brindare con lo squisito matcha. Che tra l'altro era di ottima qualità e suscitò emozioni lontane nel Decimo boss: rimembranze vaghe del Giappone dopo una vita da troppi anni radicata solo in Italia.
   
 
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