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Autore: ryuga hideki    15/05/2018    2 recensioni
-Ecco la mia risposta...- gli lanciò il foglio in bianco per poi scandire per bene un: “vaffanculo” con la freddezza tipica di un russo. Sasori lo guardò negli occhi, si alzò. Lo prese per le spalle e lo fece sbattere contro il banco da cui si era alzato. Deidara si morse il labbro, il cuore prese a battergli all'impazzata. Erano così vicini da poter sentire uno il respiro dell'altro. Avrebbe tanto voluto che tutto questo sfociasse in qualcosa di più.
AU ambientata in Giappone. Coppie: SasoDei, KisaIta, SasuHina, NaruSaku.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara, Itachi, Kisame Hoshigaki, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Sasuke, Itachi/Kisame, Naruto/Sakura, Sasori/Deidara
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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NEVER FORGET




 

Dei rumori di passi rimbombavano nella sua testa. Stava correndo più velocemente possibile. Doveva raggiungere Sasori prima che fosse troppo tardi. Stava salendo le scale a piedi, non aveva tempo di aspettare l'ascensore, il tempo stringeva.
-Sasori!- pensò tra sé e sé. Il fiato si stava facendo sempre più corto, ma non aveva alcuna intenzione di fermarsi a riprendere fiato. Giunto davanti la porta di casa del rosso, bussò ininterrottamente. -Sasori apri la porta!- urlò più forte che poteva. Poco dopo il compagno l'aprì guardandolo con aria confusa.
-Cos'è successo?- il biondo entrò in casa.
-Devi andartene subito! Scappa!- la voce gli tremava e i suoi occhi erano pieni di disperazione.
-Dei...- lo prese per le spalle, cercando di calmarlo. -Cos'è accaduto?-
-Non c'è tempo! Stanno arrivando! Sarà già qui!!!- strizzò gli occhi e delle lacrime gli uscirono, solcando il suo viso. Si liberò dalla presa del rosso e corse verso camera sua, venendo seguito. -Prendi poche cose e vattene!- esclamò, frugando nei vari armadi estraendo qualche vestito. Sasori gli si avvicinò e gli prese la mano per farlo voltare verso di sé. Il biondo teneva lo sguardo basso. -Mi spiace, Danna! È colpa mia! È riuscito a capirlo!- si morse il labbro con forza, poi alzò lo sguardo su di lui. -Vattene o ti ucciderà! Ci ucciderà!-
-Non...- in quel momento sentirono la porta di casa aprirsi con forza e dei rumori di passi e il vociare di qualcuno echeggiare per l'appartamento. Gli occhi di Deidara si dipinsero di terrore, non fecero in tempo a fare nulla poiché vennero subito presi ed allontanati con forza dai subordinati del padre di Deidara.
-E così sei tu...- disse il Iwanov con un forte accento russo mentre si avvicinava al rosso. -Sei quello che era venuto al ballo in maschera a casa mia.- commentò con severità. Sasori lo guardò inespressivo, non aveva paura anzi sentiva dentro di sé crescere il desiderio di fargli molto male. -Dovrò ucciderti, lo sai?- ghignò. Il rosso non batté ciglio.
-Otets! Ya proshu vas!*- urlò Deidara.
-Oh e anche a quel lurido di figlio che mi ritrovo.- a quelle parole Sasori perse un battito e sentì la rabbia scorrergli nelle vene.
-Non lo faccia. Punisca me.-
-Sasori no!!!- la scena si fece sempre più confusa e offuscata. Dei piccoli gemiti uscirono dalle labbra del rosso, i subordinati del padre di Deidara continuavano a torturarlo e poi le risate crudeli del signor Iwanov echeggiavano nella stanza assieme alle urla del biondo.
-OTETS! YA PROSHU VAS!- era straziante vedere Sasori venir torturato. -Basta!!! Rinuncio! Rinuncio a lui, farò tutto ciò che vuoi ma ti prego risparmialo!- strizzò gli occhi e strinse i pugni. Il padre si voltò verso di lui e gli si avvicinò.
-Non lo vedrai più. Tornerai con me a Mosca e non farai mai più ritorno qui in Giappone. Sarai sorvegliato per tutto il giorno e ti sposerai con chi ti dirò io. Non fiaterai e non parlerai se non te lo dirò io. Chiaro?- disse il tutto scandendo ogni singola parola.
-Sì...- sussurrò, abbassando la testa con rassegnazione. Gli scagnozzi di Iwanov si fermarono e lasciarono andare Sasori che alzò, con fatica, lo sguardo verso Deidara.
-Portatelo via.- disse l'uomo prima di lasciare la stanza. Il biondo alzò lo sguardo su Sasori.
-Danna...- sussurrò nel mentre lo portavano via. Istintivamente allungò il braccio verso di lui.
-Aspetta...- arrancò con il braccio teso per poter afferrare per un ultima volta la sua mano. -Dei...- riuscì a sfiorargli le dita. -Vivi! Perché tu sei arte!- a quelle parole il biondo sussultò incredulo e tutto si fece buio.

Vivi perché sei arte...

-Danna!- si svegliò di soprassalto ansimando. Il cuore gli batteva forte nel petto e sentiva l'ansia opprimergli i polmoni. Abbassò lo sguardo e strinse i pugni con forza.
Erano passati due anni da quando fu costretto a lasciare Sasori. Erano due anni che viveva di nuovo a Mosca. Due anni passati a vivere senza vivere. -Non faccio altro che rivivere quel dannato giorno in ogni sogno che faccio...- si disse. Guardò fuori dalla finestra, dei piccoli fiocchi di neve cadevano dal cielo anche se oramai era iniziata da qualche giorno la primavera.
Si alzò dal letto ed andò in bagno per lavarsi e prepararsi per la giornata.
-Anche oggi mi tocca andare a lavorare con mio padre...- si lavò il viso e si guardò allo specchio. -Ah, oggi è il giorno... Non voglio. Non voglio!- strinse le mani a pugno, abbassando lo sguardo. -Mi manchi, Danna...- strinse i denti, sentendo la rabbia nascergli dentro. Avrebbe voluto urlare e nel profondo desiderava uccidere suo padre con le sue stesse mani, ma non poteva sbarazzarsi di un parlamentare così vicino allo zar e passarla liscia.
Qualcuno bussò alla porta, riportandolo con i piedi per terra.
-Gospodin, ty gotov?*- il biondo scosse la testa per sbarazzarsi dei pensieri che gli affollavano la mente, per poi rispondere un freddo e secco “no”. La guardia del corpo, anche se di fatto era un controllore giornaliero come gli aveva detto suo padre, entrò nella stanza sostando davanti alla porta. Deidara uscì dal bagno e lo guardò un po' seccato mentre si dirigeva verso l'armadio.
-Odio dovermi cambiare ogni giorno davanti a questo!- pensò alquanto stizzito. Prese il completo elegante e si vestì coprendosi con le ante del mobile. Fece un respiro profondo ad occhi chiusi. -Forza e coraggio.- si disse, chiudendo il guardaroba. -Poydem.*-

 

Giunsero in parlamento ove incontrò suo padre che lo stava aspettando. Era un giorno importante, Deidara avrebbe dovuto tenere un discorso a tutti i parlamentari mettendo in gioco il suo futuro e la sua carriera in politica.
-Non ho alcun interesse a fare 'sto dannato discorso...- pensò nel mentre seguiva il padre, giungendo alla loro postazione. -Voglio andarmene. Non ce la faccio più mi sento opprimere.- si sedettero ed aspettarono. -Fuggi! Vattene! Certo, così quando ti troverà e ti avrà tra le mani ti farà fuori senza alcuna pietà, perché è ovvio che ti scova! Anche se sei prigioniero dell'Isis lui riesce a trovarti.- non riusciva a prestare attenzione a quanto succedeva intorno a lui. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, alle sue orecchie non giungeva alcuna voce era completamente estraniato. In quel momento il signor Iwanov gli strattonò il braccio per richiamare la sua attenzione e fargli notare che tutti stavano aspettando il suo discorso. Era già arrivata l'ora tanto detestata.
-Vedi di non farmi fare brutta figura.- gli sussurrò all'orecchio. Il biondo lo guardò con la coda degli occhi alquanto scocciato, per poi alzarsi e dirigersi verso il microfono che stava al centro della sala. Guardò tutti i politici che aveva avanti a sé, cercando di assumere un atteggiamento sicuro e determinato.
-Io sono arte!- si disse prima d'incominciare. Riuscì a padroneggiare al meglio la situazione come se fosse nato per tutto quello. Tutti rimasero attenti nell'ascoltarlo con interesse fino alla fine. -Bol'shoye spasibo!*- concluse, facendo un piccolo inchino. Tutti quanti si alzarono ed applaudirono, il biondo voltò lo sguardo verso il padre e per la prima volta lo vide sorridergli soddisfatto. Tornò al posto ed aspettò con ansia il termine della sessione parlamentare.
Ultimata la riunione il biondo si fece riaccompagnare a casa, separandosi così da suo padre che stava ancora lavorando.
La giornata sta per finire anche se il cielo era ancora chiaro. La neve aveva smesso di cadere già da qualche ora e le strade stavano iniziando a tornare pulite.
-Sasori...- aveva lo sguardo rivolto verso il finestrino che guardava il cielo con occhi spenti. -Non ce la faccio più a starti lontano, voglio vederti!- si mise una mano sul volto chiudendo gli occhi. -Basta, non m'importa quello che succederà io lo devo fare!-
Arrivati a casa si finse stanco e malato per ritirarsi nella propria stanza senza essere disturbato. Salì le scale, seguito dalla guardia del corpo, ed una volta davanti alla porta si voltò verso di lui.
-Stai fuori, non voglio sentire la tua presenza dentro camera!- l'uomo non ebbe tempo di contestarlo poiché il biondo si chiuse subito in camera, buttandosi sul letto. Aspettò qualche minuto per poi rialzarsi, con cautela si preparò lo zaino buttandovi dentro due vestiti, di cui uno da donna. Si spogliò, rimettendo i vestiti a posto e si cambiò. -Grazie al cielo ho anche questo vestito da ragazza che mi hanno generosamente donato dopo un set fotografico!- si disse tra sé e sé. Si truccò e si acconciò i capelli con una lunga treccia. Prese i soldi che teneva dentro la cassaforte posta dietro al quadro sopra il letto, si sistemò e poi si avvicinò alla finestra. L'aprì delicatamente, cercando di fare meno rumore possibile, si affacciò per controllare la situazione.
-Ok, Dei. Ce la puoi fare!- fece un respiro profondo per poi mettersi a preparare le ultime cose. Prese delle lenzuola e le usò a mo' di corda, poco prima di scendere cosparse dell'alcol un po' per tutta la camera, concentrandosi principalmente sulla finestra e sui panni che avrebbe usato per scappare. Una volta ultimato questo procedimento, prese lo zaino e se ne andò lasciandosi alle spalle qualsiasi cosa potesse essere rintracciato. Diede fuoco alle lenzuola e corse via stando attento a non farsi notare.
Prese un taxi e si fece portare all'aeroporto.
-Speriamo di trovare un aereo per Tokyo subito...- pensò, rimanendo concentrato e in all'erta sul da farsi. Arrivato a destinazione, pagò il taxista profumatamente bene per evitare che parlasse per poi correre a fare il biglietto. Aveva progettato tutto nei minimi dettagli in quei due lunghi anni, si era fatto fare persino dei documenti falsi senza che nessuno lo scoprisse. Dopotutto era pur sempre il figlio di un ex spia. Ma anche se era tutto calcolato alla perfezione, non aveva mai avuto il coraggio di mettere in atto il suo piano fino a quel giorno.
-Vorrei il prenotare il primo volo per Tokyo.-
-Controllo subito!-
-Speriamo ci sia qualcosa presto.- si disse, incrociando le dita.
-Abbiamo un ultimo posto per un volo che parte fra mezz'ora, dovrebbe farcela ad imbarcarsi.-
-Va benissimo, grazie!- le passò i documenti, pregando che non vi fossero intoppi e grazie al cielo tutto filò liscio.
-Ecco a lei, buon viaggio!-
-Grazie!- corse il più velocemente possibile per riuscire ad imbarcarsi in tempo.
Una volta passati i controlli non ci mise molto a giungere a destinazione.
-Ci sono quasi! Manca poco e poi sono libero...- si disse una volta salito sul mezzo e preso posto. -Danna, sto arrivando...- si sentiva felice, finalmente avrebbe rincontrato il suo amato. L'aereo si alzò in volo e Deidara voltò lo sguardo verso il finestrino con aria malinconica -Do svidaniya, moya dorogaya Moskva.*- sussurrò nel mentre si allontanava dalla sua città natia.


 

Era nel suo appartamento, per l'esattezza era nella sua stanza di arte che cercava di scolpire qualcosa. Da quando Deidara era tornato in Russia non riusciva a creare nulla. Ogni schizzo che faceva aveva le sue sembianze e ciò non faceva altro che farlo innervosire ancora di più. I miglioramenti che aveva fatto grazie al biondo erano andati persi, era tornato aggressivo e sadico e la sua sindrome ossessiva compulsiva si era accentuata ancora di più. La sua depressione si era aggravata, richiedendo l'assunzione di ancora più farmaci per controllarsi, ma in quei ultimi mesi aveva smesso di prenderli. Non usciva di casa se non per andare dallo psicologo o per fare una piccola visita a sua nonna.
-Dannazione!- lanciò la plastilina contro il muro. -Vaffanculo! Fanculo!!!- iniziò a mettere sotto sopra l'intera stanza urlando e rompendo ogni cosa. Non gli importava di farsi male o meno, voleva solo scatenare la frustrazione che aveva dentro. Poco dopo si calmò e si fece cadere sulle ginocchia. -Deidara...- sussurrò con un filo di voce. Si accasciò a terra con la mente ormai offuscata dai troppi pensieri. Stava male, si sentiva solo e senza alcuna speranza di felicità. Senza che se ne accorse si addormentò.
Il sole filtrava dalla finestra, posandosi sul suo viso e costringendolo a svegliarsi. Si guardò intorno un po' spaesato.
-Cosa...- pensò. Si mise seduto per poi alzarsi con cautela. -Che cacchio ho combinato?- sospirò ed incominciò a sistemare il grosso per poi andare a lavarsi la faccia e svegliarsi. In quel momento qualcuno suonò alla porta con insistenza. Si guardò allo specchio. -Dei... No, non può essere lui...- fece finta di nulla per qualche secondo, fino a che non perse la pazienza. Uscì dal bagno e aprì la porta con violenza.
-Cosa posso fare per lei?- domandò un po' spazientito.
-Scappare via con me, Danna...- non appena il rosso udì quella voce, la sua espressione cambiò.
-Non può essere...- allungò la mano verso il suo viso con un po' di timore. Non credeva ai suoi occhi di averlo lì davanti. -Dei... Cosa ci fai qui? Come...-
-Non ne potevo più di vivere una falsa vita. Non potevo più vivere senza di te.- lo abbracciò con forza, strizzando gli occhi e lasciandosi scappare qualche lacrima di gioia.
-Sei qui! Sei davvero qui!- lo strinse forte a sé per paura di perderlo nuovamente. -Come hai fatto?- il biondo si staccò leggermente e lo guardò negli occhi.
-Non c'è molto tempo, dimmi solo che verrai via con me e poi ti spiegherò mentre viaggiamo.-
-Ecco...- non era sicuro che fosse la cosa giusta da fare, ma lo sguardo di Deidara, quello sguardo che amava e che desiderava tanto poter rivedere, gli sussurrava di buttarsi. -Va bene.- il biondo sorrise e lo abbracciò nuovamente.
-Sono felice di poter tentare di vivere con te!-
-Sono felice di essere con te...-

Il piano di Deidara non era ancora ultimato, mancava davvero poco e poi avrebbe potuto dirsi libero da ogni affanno e vivere la vita che aveva sempre sognato.

 

 

 

-Bene, dovrebbe essere l'ultimo documento e poi ho finito.- si disse Kisame controllando tutte le pratiche che aveva davanti a sé. Posò la penna sulla scrivania e si massaggiò le tempie. -Speravo di tornare a Tokyo per sposarmi e non di certo per un funerale...- si mise la mano sul viso, cercando di rilassarsi e spegnere per qualche secondo la mente. -Devo uscire di qui o impazzisco.- si alzò dalla poltrona ed andò in sala. Una donna sulla cinquantina d'anni era seduta sul divano con lo sguardo perso nel vuoto. Kisame le si avvicinò e le mise una mano sulla schiena. -Mamma...- la donna si voltò verso di lui con gli occhi lucidi.
-Mi spiace che tu sia dovuto tornare qui e mollare i tuoi allenamenti! Mi spiace che tuo padre sia stato così duro con te! Mi spiace per tutto!!!- scoppiò in lacrime, mettendosi le mani sul viso.
-Non importa.- l'abbracciò, cercando di consolarla. -Tu perché non esci un po' con qualche tua amica? Almeno non resti qui a pensare.-
-Forse hai ragione...-
-Tutti i documenti sono stati firmati, quindi non c'è bisogno che tu resta in casa. Puoi uscire e domani io vado a finire le ultime cose così poi non ci pensiamo più, ok?- si staccò e le accennò un piccolo sorriso.
-Grazie.- gli diede un bacio sulla fronte, si alzò e dopo essersi rinfrescata il viso uscì di casa per andare a fare visita a qualche sua amica.
-Ho bisogno di vederlo, anche se so che poi sarà ancora più dura separarsi!- pensò. Uscì di casa, prese la bici e si diresse verso casa di Itachi. -Speriamo sia a casa...- giunto a destinazione, scese dalla bicicletta e la posò contro il muretto dell'abitazione, oltrepassò il cancelletto e suonò il campanello. Qualche secondo dopo il moro si trovava davanti ai suoi occhi con un espressione incredula.
-Ki...kisame...- si mise una mano sulla bocca.
-Ciao, Itachi.- gli sorrise. Il moro allungò una mano verso di lui, accarezzandogli una guancia. Accennò un piccolo sorriso per poi abbracciarlo. -Mi sei mancato tantissimo.- lo strinse forte a sé.
-Anche tu...- nascose il viso tra l'incavo del suo collo assaporando il suo profumo. Poco dopo si staccarono e si guardarono negli occhi. Kisame poté notare il suo viso così candido dopo tanto tempo. Si era fatto leggermente più pallido del solito e i suoi occhi erano sciupati più di quanto non lo fossero prima. -Entra, sono solo in casa.- lo fece accomodare, accompagnandolo in sala. -Come mai sei tornato dagli Stati Uniti? Le olimpiadi non sono alle porte?-
-Sì, tecnicamente sì... Ma mio padre è venuto a mancare e quindi sono dovuto ritornare.- rivelò con voce rotta, Itachi si voltò verso di lui e gli prese la mano.
-Mi spiace...-
-Tranquillo, sto bene.- gli accennò un piccolo sorriso. Il moro lo guidò verso il giardino di casa, visto il bel tempo era un peccato rimanere rinchiusi in casa.
-Avresti potuto avvisarmi, sarei potuto stare con te in questi giorni difficili...- si sedette sulla panchina seguito da Kisame.
-Volevo evitare di vederti per non stare male dopo essere ripartito, ma durante il funerale sentivo il bisogno di vederti.- Itachi gli prese la mano e gliela strinse.
-Avrei voluto starti vicino...-
-Ci sei ora e comunque ci sei sempre.- gli sorrise.
-Quando riparti?-
-Ecco...- guardò avanti a sé. -Non so se riparto. Le relazioni a distanza non sono facili come pensavo e con la morte di mio padre ho capito che non sopporto starti lontano. Sì, siamo stati bravi durante questi due anni, ma...ogni giorno mi mancavi. Mi mancava poterti abbracciare e punzecchiare quando volevo.- si voltò verso di lui. -Insomma ho capito che voglio vivere insieme a te.- il moro lo guardò sorpreso arrossendo lievemente. -Non riesco a concentrarmi senza di te.- Itachi lo abbracciò, aggrappandosi con forza alla sua maglia.
-Sono davvero felice che tu sia qui...-
-Anche io...- si staccarono e si guardarono negli occhi. -Stai bene?- il moro abbassò lo sguardo ed annuì.
-Perché lo domandi?- domandò con un tono di voce pacato.
-Perché sei più sciupato del solito. Da Skype non si nota tanto.- il moro non rispose subito, rimase in silenzio per qualche secondo.
-Non ti preoccupare è tutto come al solito.- si sgranchì la voce, avvertendo un piccolo fastidio alla gola. Kisame lo guardò con la coda degli occhi senza contestare. -Purtroppo non ci sono novità positive- in quel momento si sentì strano. Aggrottò le sopracciglia, assumendo un espressione di lieve dolore. Si mise una mano davanti alla bocca sentendo il bisogno di tossire. Cercò di resistere il più che poteva ma non ci riuscì. Iniziò a tossire senza tregua sputando sangue. Improvvisamente sentì la testa farsi calda e il corpo debole. Kisame si voltò verso di lui allarmato.
-Ehi, ehi!- gli mise una mano sulla spalla. Notò il sangue colare dalla sua bocca, facendolo allarmare. -Chiamo l'ambulanza!- si alzò di scatto, venendo fermato da Itachi che gli afferrò e strinse la maglietta.
-Non...- la vista gli si appannò e perse i sensi. Poco prima di cadere al suolo, Kisame lo afferrò, prendendolo in braccio e portandolo in casa. Lo adagiò sul divano e chiamò l'ambulanza.
-Itachi, ti prego di resistere!-


Una volta in ospedale, avvisò la sua famiglia nel mentre aspettava che i dottori gli facessero sapere qualcosa.
Era in piedi in sala d'attesa, appoggiato contro al muro con la testa bassa. Dava l'impressione di essere estremamente calmo, ma in realtà stava morendo dall'ansia. Era estremamente preoccupato, aveva paura che tutto sarebbe finito.
-Non ti azzardare a lasciarmi anche tu!- pensò tra sé e sé, stringendo le mani a pugno. -Non puoi andartene così presto! Dobbiamo fare così tante cose insieme...- in quel momento arrivò Sasuke seguito da sua madre.
-Dov'è Itachi?- chiese preoccupata la donna con gli occhi lucidi. Kisame alzò la testa e li raggiunse. Sasuke lo riconobbe, Itachi lo aveva costretto a parlarci assieme via Skype per farglielo conoscere.
-Kisame...- la voce di Sasuke lasciava trasparire qualche punta di preoccupazione. Mikoto si voltò verso di lui.
-Sei tu quello che ci ha chiamato?-
-Sì...-
-Dov'è Itachi?- gli afferrò la maglia e guardandolo con disperazione
-Lo stanno ancora visitando. Non mi hanno fatto sapere nulla...-
-Cos'è successo?- chiese Sasuke un po' timoroso.
-Stavamo parlando quando si è sentito male. Ha iniziato a tossire e poi è svenuto...- abbassò lo sguardo.
Qualche minuto dopo un dottore li raggiunse con aria rassegnata. La madre iniziò a piangere, a Sasuke iniziarono a tremare le mani mentre Kisame cercò di mantenersi il più calmo possibile.
-Siete parenti di Uchiha Itachi?-
-Sì...- rispose Sasuke.
-Ora sta meglio, ma ha preso una brutta infezione polmonare... La sua malattia sta degenerando, dobbiamo tenerlo in quarantena per evitare il peggio. Mi spiace...-
-Grazie.- disse Kisame. Il dottore si congedò, lasciandoli soli. Mikoto si sentì male, mentre Sasuke cercò di essere forte e consolarla. L'Hoshigaki andò a prendere una bottiglietta d'acqua per Mikoto e gliela portò. Rimase con loro per un poco, cercando di consolarli. Si avvicinò a Sasuke e gli mise una mano sulla spalla. -Se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami, ok?- il moro continuò a mantenere lo sguardo basso.
-Grazie...-
-Vedrai che starà bene.- gli mise una mano sulla testa, accennando un piccolo e forzato sorriso. Sasuke annuì e lo guardò negli occhi.
-Spero tu abbia ragione.-
-Anche io. Ci vediamo, ok? Non fate scrupolo a chiamarmi per qualsiasi cosa.- guardò Mikoto, posandole una mano sulla spalla.
-Grazie, gentilissimo...- disse la donna addolorata. Kisame si congedò e prima di uscire andò verso la stanza di Itachi. L'osservò dallo spesso vetro che li divideva, era sul lettino addormentato con la mascherina per l'ossigeno sul viso e le flebo alle braccia.
-Lotta con tutte le forze che hai in corpo, Itachi.- sussurrò, strinse i pugni mordendosi il labbro. -Verrò a trovarti spesso, tu guarisci... A presto.- si voltò e andò via.
Tornato a casa, andò direttamente in camera e si buttò sul letto. Non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine di quanto accaduto.
-Se solo potessi fare qualcosa! Dannazione!!!- pensò e poi urlò con tutta la rabbia che aveva in corpo. -Prima mio padre e adesso anche lui!- serrò i denti e strinse i pugni. Era la prima volta in vita sua che non riusciva a pensare positivo. Non riusciva a vedere una soluzione a tutto quello che gli stava succedendo, ma credeva in qualcosa più grande e che nulla era affidato al caso. -Non lasciarmi, Itachi...-




*
Otets, Ya proshu vas = Padre, ti prego ( pronun: atiez, ja proshù vas)
**Gospodin, ty gotov?= signore, siete pronto? (pron:  gospadin,  te gato)
***Bol'shoye spasibo= Grazie mille (pron: blashoe spasiba)
****Do svidaniya, moya dorogaya Moskva.= Addio, mia cara Mosca (pron: Dasvidania, maia daraghe Maskva)


 


Ciao a tutti! Scusate l'eccessivo ritardo ma ho avuto poco tempo! Spero che il capitolo vi piaccia! 

Grazie a tutti voi che seguite!

A presto

Ryuga Hideki

   
 
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