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Autore: crazy lion    16/05/2018    4 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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96. ATTIMI DI PANICO E RELATIVA CALMA
 
Urlarono tutti e quattro, ma un grido sovrastò gli altri: quello di Demi. Fu l’urlo disperato di una mamma che teme di star per perdere quanto di più prezioso ha nella vita. Senza neanche pensare si avvicinò all’acqua per gettarsi, ma Andrew la fermò stringendole la mano.
“Vado io” disse. “Sono più forte.”
“Ed io sono sua madre” ribatté la ragazza prima di entrare nel lago.
L’istinto materno era stato più forte di qualsiasi altra cosa, di qualunque altro pensiero.
Andrew non discusse. Non c’era tempo. Si limitò a stringere Mackenzie a sé. La piccola tremava e gridava così forte da rimanere senza fiato. Non poteva perdere la sua sorellina, era sangue del suo sangue, tutto ciò che le restava della sua famiglia biologica; e soprattutto Mac la amava con il cuore e l’anima e sarebbe impazzita se Hope fosse morta.
 
 
 
La bimba all’inizio agitò le braccia e urlò, ma subito dopo non lo fece più e restò in silenzio. Stava andando verso il fondo di quel freddo lago e ogni volta che provava a respirare beveva e beveva sempre di più. L’acqua le entrava nella bocca e nel naso ed era quello il punto nel quale sentiva una sorta di acuto dolore. Era una sensazione così strana. Hope cercò di tirare su la testa ma non ci riuscì e, anche se era sotto, vide che tutto intorno a lei si faceva giallo, poi grigio e infine nero. Non si rendeva conto che il suo fisico stava per cedere. Aveva freddo e le faceva male tutto. Non riusciva a muoversi, era immobile come una statua. Quando provò ad agitare ancora le braccia le dolsero così forte che cacciò un urlo, bevendo altra acqua.
 
 
 
Demi nuotava verso la sua bambina. Non era molto lontana dalla riva, ma già non toccava più. Vedeva Hope: era a poca distanza da lei e stava affogando. La ragazza era senza fiato e tutto sembrava avere una velocità e una potenza inaudite: le onde, il vento che ruggiva e le alzava, le nuvole cariche di pioggia sopra di lei. Non era piovuto molto quell’anno, ma era normale in California. Eppure, quel giorno che era andato così bene stava per trasformarsi in tragedia e persino il cielo sembrava annunciarlo. Nero e minaccioso, sembrava un mostro pronto a sfogare su tutti loro la propria ira. Quanti secondi erano passati? Forse dieci, ma Demi non riusciva a tenere conto del tempo. Ad ogni modo, anche se tutto intorno a lei sembrava andare veloce, il tempo non passava mai. Immerse la testa una volta e arrivò a sfiorare la piccola, ma non ad afferrarla. Non ci riuscì nemmeno la seconda. La toccava solo con le punte delle dita, avrebbe solo dovuto spingersi più avanti ma il vento alzava onde forti che sballottavano entrambe di qua e di là. Tremava, non sapeva se per la paura o per il freddo, e sentiva dolore in tutto il corpo ma soprattutto alla vita e alle gambe. L’acqua era più fredda di quanto si sarebbe aspettata. Sapeva che un bambino ci mette anche solo venti secondi ad annegare, ma Hope ogni tanto riusciva ad alzare la testa e a guardarla per brevissime frazioni di secondo, con i suoi occhi grandi e pieni di terrore. La donna si domandò come riuscisse ad avere la forza di sollevare la testa essendo così piccola. I bambini a quell’età non sempre riescono a coordinare i loro movimenti in situazioni di panico, anzi, eppure Hope provava a tirarsi fuori, a lottare.
 
 
 
“Dio onnipotente!”
Fu questa l’esclamazione di Brian. I secondi passavano e Demi sembrava in difficoltà. Andrew, dal canto suo, non faceva che guardarla non potendo credere a quello che era appena accaduto. Avrebbe voluto aiutarla, oppure scoppiare a piangere, ma sapeva di non potersi permettere di fare nessuna di quelle due cose. La sua ragazza voleva che restasse con Mackenzie e lui aveva il dovere di essere forte per tutte e tre. Con i muscoli del viso contratti in una smorfia di dolore e disperazione, non faceva altro che pensare che non poteva perdere sua figlia, la sua dolce Hope. Per un momento chiuse gli occhi sperando che quello fosse un incubo, il più terribile della sua intera esistenza ma pur sempre un sogno. Li riaprì. Purtroppo quella era la realtà. Avrebbe dovuto solo… no, non sarebbe mai riuscito ad accettarla.
“Tra poco sarà tutto finito e andrà bene piccola” rassicurò Mackenzie, dandole un coraggio che lui stesso non aveva e che stava tirando fuori solo per lei.
Se non avesse avuto Mac tra le braccia, o comunque lì con lui, si sarebbe lasciato andare alla disperazione oppure avrebbe agito, ne era certo. Chiese a Brian di dare loro una mano, guardandolo come se si fosse reso conto solo in quel momento che l’uomo si trovava ancora lì. Glielo domandò con una voce talmente flebile che non gli parve nemmeno la sua. Era corrotta dal pianto e da un dolore che non aveva mai provato prima.
“Non posso figliolo. Ho problemi di cuore, se andassi in acqua e cercassi di tirarle fuori rischierei di avere un infarto. Lancio loro qualcosa.”
 
 
 
“Porca puttana!” urlò Demi nella disperazione più totale.
Si spinse più avanti con le braccia usando tutta la sua forza. Si sentiva sempre più debole anche se era in acqua da mezzo minuto, ma sapeva di avere poco tempo. Si immerse e sentì il corpicino della sua bambina sotto di se. La prese a fatica. Le mani le tremavano e le onde erano forti. La tirò fuori dall’acqua appoggiandosela al petto e cercò di trascinarsi verso la riva. Hope piangeva disperata, tossiva e sputava. Demi sperava che respirasse bene, perché sarebbe stato un buon segno. Se invece l’acqua era entrata nelle vie respiratorie e nei polmoni, o se la bambina avesse perso conoscenza, avrebbero potuto esserci spiacevoli conseguenze anche molto gravi. Si augurò che la temperatura corporea della piccola non fosse troppo bassa. Era stata in acqua meno di un minuto, non poteva essere già andata in ipotermia. Tutti questi pensieri si affollavano nella sua testa mentre, in ginocchio, si spingeva avanti con le gambe e un braccio e con l’altro teneva la piccola stretta a sé.
“Ma… mamma!” gridava la bambina che quasi non riusciva a parlare.
“Shhh, non manca molto. Sii forte piccina mia, sii forte!” la incoraggiò.
Le parlava, la guardava: era un ottimo segno.
Hope cominciò a muovere braccia e gambe gridando e aggrappandosi ancora più saldamente a Demi.
“Sta’ ferma amore, ti prego!”
“Demi, cerca di prendere questo!”
Era Brian. Mancavano pochi metri alla riva, ma ancora la ragazza non toccava. Nonostante l’acqua e il vento l’aveva sentito urlare e vide che le stava lanciando qualcosa. Era un materassino gonfiabile al quale avrebbe potuto aggrapparsi  o, ancora meglio, appoggiarci Hope sopra e trascinarla in salvo.
“No!” urlò la piccola quando la madre ce la mise su.
Fece un movimento brusco e cadde di nuovo in acqua. Demi riuscì però ad afferrarla per una mano. Cercava di tenere il materassino e tirarla su, ma non era facile. Un’improvvisa folata di vento più violenta delle altre le sbalzò a sinistra.
“Oddioooooo!” gridò.
Ce l’avevano quasi fatta, non poteva accadere di nuovo. Lasciò andare il materassino e tenne la piccola più stretta che poteva.
 
 
 
“Vado ad aiutarle.”
Erano in acqua da un minuto e pareva un’eternità. Andrew non ne poteva davvero più, doveva fare qualcosa.
Mackenzie si limitò ad annuire, troppo spaventata per scrivere. Fu così che vide il padre gettarsi mentre Brian le stava parlando.
“Piccola, mi senti?”
Lei si riscosse e lo guardò interrogativa.
“Dobbiamo entrare, faccio una telefonata. Devo chiamare aiuto ma non voglio lasciarti qui da sola e non ho un cordless da portare fuori.”
Mac si lasciò trascinare in casa dell’uomo e lo guardò mentre prendeva il telefono e componeva il numero in velocità. Quando gli chiesero qual era l’emergenza lo disse e diede l’indirizzo. Gli risposero che sarebbero arrivati il prima possibile. In quel momento l’uomo era combattuto: da una parte era terrorizzato e preoccupatissimo come tutti, dall’altra pensava che se a Hope e Demi fosse successo qualcosa di grave ci sarebbe andato di mezzo lui. Era tutta colpa sua. Avrebbe dovuto prendere delle precauzioni molti anni prima riguardo quel lago, ma non era mai successo nulla con nessun bambino né adulto.
Andrew e Demi si incontrarono quasi subito. Lei gli diede la bambina che ancora piangeva, scalciava, tirava piccoli pugni e sputava acqua e gli disse di uscire subito.
“Porto fuori anche te, aspetta.”
“Rischieremmo di cadere tutti di nuovo. Prendi la bambina e vai. Io nuoterò. Posso farcela.”
Non ne era sicura ma doveva provare, anche a costo di svenire. Non avrebbe messo in pericolo Hope e il suo ragazzo per farsi aiutare. La vita della bambina era più importante della sua. Come ogni madre, avrebbe sacrificato la propria se fosse stato necessario e l’aveva pensato fin da quando Hope era caduta. Dopo alcune lunghe bracciate scoprì che toccava e si alzò in piedi. Fu una mossa sbagliata perché le sue gambe, troppo deboli, cedettero. Cadde in avanti e la sua testa colpì qualcosa di appuntito e duro, facendola gemere di dolore. Forse aveva preso solo una botta. Se ne sarebbe occupata più tardi. La sua fronte tirava e bruciava e sentiva qualcosa colarle sull’occhio sinistro, ma non ci fece caso. Fu fuori dall’acqua in poco tempo, ma Dio, quanto era stata dura! Si accasciò, priva di qualsiasi forza e respirò a pieni polmoni l’aria fredda. Aveva la vista appannata ma si sentiva abbastanza lucida. Se non fosse stato per quel tremendo dolore alla testa avrebbe detto di sentirsi piuttosto bene nonostante quello che era appena accaduto. Cosa diavolo aveva? Si toccò la fronte e il suo dito si bagnò di una sostanza densa. Guardò: era sangue.
“Amore!”
Andrew le fu subito accanto, preoccupato.
“Hope?” domandò la ragazza con un filo di voce.
“Brian l’ha portata dentro per scaldarla, sembrava star bene. Piange ancora ma respira bene, né sembra avere preso botte o essersi ferita. Ma tu come ti senti? Stai bene?”
“No. Penso… penso di essermi ferita in testa, sulla fronte.”
Andrew controllò. In effetti c’era un profondo taglio, lungo circa sette centimetri sopra il sopracciglio e usciva sangue.
“Ascolta Demi, probabilmente hai sbattuto contro qualcosa di appuntito e lungo e ti sei tagliata. Forse era un sasso o un pezzo di vetro, non saprei. Ora arriverà l’ambulanza, ma intanto vieni con me.”
Cominciò a piovere dapprima piano, poi sempre più forte. Le gocce erano grosse e, se Demi ne avesse solo udito il rumore, avrebbe potuto scambiarle per chicchi di grandine.
“Ho dei vestiti in macchina… per tutti” disse a fatica.
Aveva portato via un cambio per sicurezza.
“Okay, ora però non parlare. Risparmia le energie.”
Brian uscì per un momento e insieme la portarono dentro, sostenendole l’uno la testa e la schiena e l’altro le gambe. Prima di tirarla su Andrew aveva controllato che non avesse preso botte alla schiena o che non si fosse rotta niente. L’aveva toccata in vari punti, ma lei non si era lamentata. Il corso di primo soccorso che aveva fatto gli era stato molto utile in quel momento. Sapeva che non avrebbe potuto muoverla se ci fosse stato un danno alla colonna vertebrale e che anzi sarebbe stato necessario immobilizzarla. Non credeva ci fossero danni, ma solo un esame approfondito avrebbe potuto accertarlo. Demi chiuse gli occhi mentre veniva trasportata, poi capì che la stavano distendendo su qualcosa di morbido, forse un divano.
Un improvviso rumore catturò l’attenzione di tutti per un secondo: era un tuono. Poco dopo ci fu un lampo e poi un altro tuono. Il temporale sembrava essere proprio sopra di loro ed era violentissimo. La pioggia si era trasformata in un diluvio.
“Amore, ora dobbiamo toglierti i vestiti bagnati e coprirti per scaldarti, okay?”
Lei annuì. Era troppo debole per pensare all’imbarazzo che provava nel venire spogliata. Lasciò che i due uomini la aiutassero e ben presto provò sollievo nel constatare che i suoi abiti, che a causa dell’acqua erano diventati pesanti e fastidiosi da portare, non la disturbavano più. Quando si ritrovò avvolta in varie coperte calde si sentì subito meglio, anche se tremava ancora.
“Dove sono le bambine?” chiese.
“Qui con noi, guarda.”
Demi notò che, dall’altra parte della stanza, si trovava un altro divano sul quale era distesa Hope, anche lei avvolta in tante coperte. Rideva e sorrideva grazie a Mackenzie che continuava ad intrattenerla, anche se la ragazza non riuscì a capire come.
 
 
 
Quando sentì quella voce Mackenzie corse subito a vedere. Era stata così impegnata ad occuparsi della sorellina che non si era nemmeno accorta che Demi era lì. Hope sembrava stare bene, Brian e il papà l’avevano controllata ma non era mai svenuta e dopo essersi calmata le aveva sorriso. Mac le aveva tenuto la manina per tutto il tempo da quando l’avevano portata nel salotto della casa di Brian.
Sei stata bravissima, mamma scrisse. Le hai salvato la vita.
Brian lesse per lei. Il foglio sul quale Mac aveva appena scritto era ancora bianco. Le sembrava fossero passate ore intere da quando Hope era finita in acqua, invece erano trascorsi pochi minuti.
Demi le sorrise debolmente.
Andrew uscì e rientrò subito.
“Tesoro, ti pulisco la ferita.”
Era andato fuori per prendere il necessario e si era lavato le mani più volte.
“Farà male?”
“Credo di sì, ma tu ce la farai. Sei forte.”
Fu solo allora che Mac notò il taglio. Era stata così felice nel vedere che anche la mamma si sentiva bene che non ci aveva fatto caso. Rimase a bocca aperta e con gli occhi sbarrati.
“Tranquilla cara, la mamma starà bene.”
Tutti continuavano a dirle che lei e Hope non avevano nulla e che tutto sarebbe andato per il meglio, ma lei non faceva che domandarsi:
“Sarà vero?”
Per questo non riusciva a stare tranquilla.
 
 
 
Demi vide Andrew che le passava sulla fronte un panno bagnato. L’acqua fredda le fece venire i brividi. L’uomo controllò che non ci fossero corpi estranei e vide che nel taglio c’era del terriccio. Cercò di pulirlo meglio che poté con altra acqua e con tutta la delicatezza possibile per paura di farle male, poi imbevve di disinfettante un fazzoletto. Provò a fare piano, ma lei cacciò un urlo. Più i secondi passavano più il dolore aumentava. Bruciava da morire.
“Scusami, piccola.”
Le stava facendo male e non avrebbe mai voluto.
“Non importa, vai avanti.”
“Il taglio è profondo oltreché lungo” osservò Andrew.
Applicò pressione con la mano e usando vari fazzoletti. Grazie al cielo il sangue si fermò dopo poco. Le appoggiò del ghiaccio avvolto in un fazzoletto di stoffa nella zona in cui aveva preso la botta sperando che in quel modo non si sarebbe gonfiata. Dopo qualche minuto glielo tolse, ci mise su una garza sterile e un cerotto per tenerla ferma e le avvolse attorno alla testa una benda per proteggere il tutto.
“Sei stato bravo” sussurrò lei.
“Ti ringrazio. Spero che i soccorsi arrivino presto."
Perché ci stavano mettendo tanto?
Demi avrebbe voluto prendere in braccio Hope e coccolarla un po', ma non ebbe il tempo di dirlo perché si udì in lontananza il suono di una sirena che si fece sempre più vicino. Brian corse ad aprire e medici e infermieri entrarono in fretta. Demetria non capì perché fece quello che fece. Forse era per lo stress e la paura provati, ma cercò di alzarsi e andare verso la sua bambina mentre i dottori la caricavano su una barella. Non riuscendoci, iniziò ad urlare istericamente:
"No! Non potete portarmi via mia figlia. Cosa credete di farle?"
Dopodiché scoppiò in una violentissima crisi di pianto e non servirono a nulla le rassicurazioni dei dottori che le dicevano che Hope sarebbe stata in ambulanza con lei e di fare dei respiri profondi. Il suo corpo era scosso da forti tremori mentre continuava a versare lacrime, pensando che non avrebbe smesso mai più. La serenità di quel pomeriggio aveva lasciato il posto al dolore e alla paura. Le uniche cose che Demi riusciva ad udire erano un fortissimo dolore al petto e alla testa e i pianti di Hope, che vedendo la mamma così sconvolta aveva subito perso il sorriso agitandosi. Lei era sua madre e avrebbe dovuto tranquillizzarla, invece la stava spaventando a morte. Si sentiva in colpa. Stava vivendo troppe emozioni in pochissimo tempo. La sua testa girava come una trottola impazzita.
 
 
 
Andrew camminava avanti e indietro per la sala d'attesa da qualche minuto. Stare seduto lo rendeva ancora più nervoso. Mackenzie ogni tanto si alzava e faceva con lui quelle piccole passeggiate, pensando che in tal modo sarebbe riuscita a stargli più vicina. Nessuno dei due parlava e nemmeno Brian, dietro di loro, sembrava aver voglia di fare conversazione. Era passata un’ora dall'arrivo in ospedale e ancora nessuna notizia. Tutto ciò che sapevano era che i medici avrebbero controllato a entrambe la temperatura corporea, poi il loro livello di ossigenazione e pressione sanguigna e sarebbero state sottoposte a tac e risonanza magnetica. Ovviamente lì con loro c’erano anche Dianna, Eddie, Madison e Dallas, che Andrew aveva avvertito quando era salito in ambulanza. I quattro non potevano credere a quello che era successo.
"Brian, non hai una squadra di salvataggio nel tuo ranch?" gli domandò Eddie, pieno di rabbia e frustrazione e dimenticandosi di dargli del lei. "Perché non hai avvertito nessuno?"
"Certo che ce l'ho, ma quando il ranch è aperto."
L'altro batté un piede per terra.
“È stata Demi a chiederti di chiuderlo o tu a deciderlo?"
“Eddie, per favore” lo rimproverò la moglie.
“No, voglio sapere.”
“Ti sembra questo il momento? Non dovremmo solo pensare a come stanno nostra figlia e Hope?”
Dianna piangeva, così come Madison e anche Mackenzie ogni tanto versava qualche lacrima. Quel litigio fra gli uomini peggiorava la situazione e le faceva agitare. Dianna stava così male che il suo volto era contratto in una smorfia di dolore e le si era formata una profonda ruga sulla fronte. Madison le stringeva la mano e le faceva male, ma la madre non si scostava. Sembrava che la figlia si fosse appigliata a quel sostegno come se fosse stata un’ancora di salvezza. Dallas invece soffriva in silenzio. Provava un’ansia così tremenda che non sapeva se ce l’avrebbe fatta a parlare.
“Io non mi calmerò finché non mi avrà risposto” sbottò Eddie e un’infermiera venne a dirgli di abbassare la voce.
“Scusate, ma anch’io vorrei avere delucidazioni” aggiunse Andrew.
Faceva finta di essere calmo ma in realtà non lo era affatto. Non voleva scoppiare per non complicare le cose.
"Sono stato io a deciderlo e mi dispiace” rispose Brian. “Se accadrà qualcosa mi prenderò tutta la responsabilità."
"Senti, io non voglio accusare nessuno" riprese Andrew raddolcendosi. "Forse sarebbe successo anche con la squadra presente. Non voglio discutere, davvero. So che non avresti mai voluto che succedesse tutto questo, Brian.”
“Sì, anch’io ti chiedo scusa” disse Eddie. “Non ti voglio denunciare.”
"Non preoccupatevi, avete tutte le ragioni per provare rabbia. Io ce l’ho con me stesso. Ora però la cosa che conta è avere notizie. Al resto penseremo dopo."
“La cartomante non aveva previsto questo” mormorò Dallas.
Aveva ancora voce, allora. Se la schiarì e poi prese una bottiglietta d’acqua dalla borsa e bevve un lungo sorso.
“Che cos’hai detto, Dallas? Quale cartomante?” si informò Andrew.
“No, forse è una stupidaggine.”
“Ti prego, parla.”
E così la ragazza raccontò che era stata lei a convincere Demi ad andare e ciò che Fatima aveva predetto.
“Non sapevamo se crederci o no, ma quando a te, Andrew, sono successe quelle cose credo che Demi abbia davvero iniziato a non dubitare più delle sue parole. Fatima non ha fatto nessun nome, ma non aveva previsto questo incidente.”
Nessuno disse nulla. Dianna dal canto suo era scettica, mentre Andrew non sapeva cosa pensare e gli altri preferirono non rifletterci proprio.
Papà, e se non ce la fanno? domandò Mackenzie.
Aveva ancora paura che la mamma e sua sorella se ne andassero.
"Tesoro, hai sentito cos'hanno detto i dottori: Hope è stata in acqua per poco tempo circa trenta secondi credo, come infatti ho spiegato loro, ed è cosciente e vigile. Se avesse perso conoscenza ce l'avrebbero detto."
La mamma ha un taglio, però.
"Lo so, ha preso una botta forte, ma ciò non significa che starà male."
Ma potrebbe finire in coma come la zia Carlie?
Mac era spontanea come tutti i bimbi e Andrew non se la prese. In fondo non avrebbe mai voluto ferirlo. Ogni volta che pensava alla sorella - cosa che avveniva ogni giorno - o che qualcuno gliela ricordava ad Andrew pareva di ricevere una coltellata al cuore. Respirò a fondo prima di rispondere. Non voleva mentirle, anche se la verità le avrebbe fatto male.
"Se ha un trauma cranico molto grave sì, piccola."
Mackenzie non scrisse niente. Si risedette al suo posto sentendosi improvvisamente debolissima e fissò il pavimento per un tempo infinito, immaginando di condurre un’esistenza felice con la propria famiglia in un mondo più giusto, meno crudele e nel quale la vita non era così spesso in salita. La mamma era forte. Ce l'avrebbe fatta.
Signore, aiutala pregò. Non può lasciarsi andare.
 
 
 
Demi non ne poteva più. I dottori avevano controllato che il sangue si fosse fermato e per fortuna era così, che non fosse rimasto terriccio nella ferita, le avevano fatto l’antitetanica, poi l’avevano sottoposta a vari esami ed ora, mentre aspettavano i risultati, le avrebbero messo dei punti.
“Quanti saranno?” chiese al dottore che la seguiva.
“Sei e li toglieremo tra una settimana. Se tra un paio d’ore starà bene la dimetteremo. Le gira ancora la testa?”
“No e il mal di testa è passato.”
“Benissimo.”
“Soffrirò, vero?”
“Mentirei se le dicessi di no.”
Demi trasse un profondo respiro. Chiuse gli occhi per non vedere quello che l’uomo stava facendo, gli attrezzi e i punti che prendeva. La sofferenza che poco dopo provò fu così forte da farle mancare il fiato.
“Mi sento…” riuscì a dire, poi perse i sensi.
 
 
 
"Brava, tesoro!"
Hope era stata trasportata di qua e di là per molto tempo ed ora era stanca, ma quella donna sorridente che le stava sempre accanto la faceva sentire bene. Le aveva appena dato un cioccolatino complimentandosi con lei. Non aveva mai pianto nonostante tutti gli esami fatti.
"Mamma?" chiese per la millesima volta.
"La rivedrai presto. Ora vado a chiamare tuo papà e la tua sorellina, va bene?"
La bambina sorrise.
La dottoressa disse ad una sua collega di controllarla un momento e poi uscì.
"Ha notizie?" le domandò Andrew, precipitandosi da lei appena la vide.
"Per Hope sì e direi che sono ottime! Non ha nessun danno neurologico né alcuna ferita, non ha riportato un trauma cranico, è sempre rimasta cosciente e vigile e l'acqua non è entrata nei polmoni. Ne ha bevuta un po' ma crediamo che per alcuni secondi abbia avuto quello che si chiama laringospasmo: la sua laringe si è chiusa impedendo il passaggio di aria e liquido. Fortunatamente questo non ha avuto conseguenze per il cervello e la madre l’ha tirata fuori in tempo. La terremo qui fino a domani mattina per monitorarla, dato che i problemi ai polmoni possono verificarsi anche ore o giorni dopo l'incidente. Controllatela anche a casa: se nei prossimi giorni dovesse avere nausea, vomito o difficoltà a respirare, sonnolenza eccessiva o se la vedeste confusa portatela subito qui. Comunque, viste le sue attuali condizioni sono ottimista."
"Grazie a Dio!" esclamò l'uomo e tutti tirarono un grande sospiro di sollievo, anche se in parte la preoccupazione restava. "Possiamo vederla?"
"Certamente. Continua a chiedere della mamma, poverina."
"Sa qualcosa della mia ragazza?"
"No, signore. Mi dispiace."
"D'accordo, grazie lo stesso."
"Mi segua."
Gli sorrise per incoraggiarlo, sperando come lui che Demi stesse bene. Era una madre, era giovane e la vita non poteva essere tanto crudele con lei. La dottoressa conosceva Demetria di fama, sapeva la sua storia, ma in ogni caso la considerava una normale paziente e le sarebbe dispiaciuto infinitamente se le fosse successo qualcosa.
“Papà!” esclamò Hope quando lo vide.
“Ciao, piccola mia!”
La bambina era sdraiata su un lettino e avvolta in una copertina rosa.
“L’abbiamo tenuta calda finché la temperatura è risalita a trentasei gradi. Quando è arrivata era a trentacinque” spiegò la donna. “Tuttavia non presentava nessun sintomo dell’ipotermia e comunque era rimasta in acqua troppo poco per soffrirne, grazie al cielo. Può tenerla in braccio se vuole. Vi lascio soli.”
“Grazie di tutto, dottoressa.”
“Dovere.”
Andrew si accomodò sulla sedia accanto al letto e Hope tirò fuori le braccia dalla coperta agitandole in alto per far capire di voler essere presa.
“Vieni qui.” Le tolse la coperta e la sollevò. Ora la piccola indossava una tutina nera in pile, quella che Andrew era andato a prendere nell’auto di Demi e che aveva consegnato ai dottori nel caso fosse servita per scaldarla meglio. “Mi sei mancata, amore. È così bello poterti stringere di nuovo.”
Gli sfuggì una lacrima che si affrettò ad asciugare. Hope lo guardò perplessa.
“Mamma dov’è?” domandò.
“Qui vicino. La rivedremo presto.”
Lo sperava con tutto il cuore. Sapeva che non avrebbe dovuto fare alla figlia promesse che non era sicuro di mantenere, ma guardare i suoi occhi innocenti gli aveva reso impossibile dire altro.
La porta si aprì di nuovo ed entrò Dianna.
“Andrew, c’è un medico” disse. “Ha notizie di Demi ma gli ho detto di non metterci al corrente finché non ci sarai tu.”
“Arrivo.”
Si alzò con la bambina stretta al cuore e uscì. Uno dei medici che aveva portato via Demi era lì, davanti a tutti e li guardava. Si erano alzati ed Andrew si unì a quel piccolo gruppo. L’uomo, di mezza età, stava sorridendo. Era una buona cosa, giusto? Mackenzie andò dal papà e accarezzò una manina di Hope. Andrew si abbassò per permetterle di toccare meglio la sorellina e di darle un bacio, poi fu il turno delle zie e dei nonni che vollero coccolarla. Lei si lasciava prendere, abbracciare e baciare e sorrideva sempre. Il medico lasciò a quella famiglia un po’ di intimità allontanandosi e si riavvicinò poco dopo.
“Scusate se ci abbiamo messo tanto” esordì. “Abbiamo fatto tutta una serie di esami. Quelli del sangue vanno bene, sono perfetti direi. Signore” continuò rivolgendosi ad Andrew, “lei mi aveva detto che la sua ragazza era svenuta stamattina.”
“Sì, esatto.”
Gli aveva anche spiegato la motivazione.
“Beh, vi tranquillizzo perché Demi non ha nulla che non va. Si è trattato probabilmente di un’emozione troppo forte come lei mi aveva detto. Le abbiamo fatto l’antitetanica per prevenire possibili problemi. Né la tac né la risonanza hanno mostrato la presenza di trauma cranico e il livello di ossigenazione e la pressione sanguigna vanno bene. La ferita alla testa è profonda e abbiamo dovuto metterle sei punti. Demi è svenuta per il dolore.” Tutti lo guardarono allarmati e lui continuò: “Si è ripresa subito e si è addormentata. Era davvero stanca e provata. Quando si sveglierà, se starà bene, potrà tornare a casa. Potete vederla, ma se si sveglia e non se la sente di parlare, non forzatela. Dovete essere fieri di avere una figlia, una sorella, una mamma e una fidanzata come lei. Ha rischiato la vita per salvare Hope. Se ci fosse stato un trauma cranico e se la situazione si fosse aggravata ci sarebbero state spiacevoli conseguenze.”
Tutti erano davvero fieri di Demi, ma le parole del dottore aumentarono ancora di più l’ammirazione che avevano nei suoi confronti. Tuttavia l’unica cosa che desideravano in quel momento era starle vicino. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo per lasciarsi alle spalle quella spiacevole esperienza che avrebbe potuto trasformarsi in un vero e proprio dramma. Tutti avrebbero fatto forza a Demetria e alla bambina.
Il dottore li guidò lungo un corridoio alla fine del quale si trovava una stanza. Demi era sdraiata in un letto dalle lenzuola bianche come le pareti di quella camera. Il suo petto si alzava e abbassava piano e aveva il volto teso. Nonostante il respiro regolare, pareva avere un sonno agitato. I medici le avevano messo i punti e sopra una fasciatura più spessa.
“Piccola, sono la mamma” disse Dianna prendendole una mano. Era fredda e la donna gliele strinse entrambe per scaldarle. “Siamo tutti qui con te: io, Eddie, le tue sorelle, Andrew, Mackenzie, Hope e Brian. Ti siamo vicini. Sono orgogliosa di avere una figlia come te. Sei una ragazza speciale, una guerriera. Ti voglio bene, tesoro.”
Dato che Demi adorava la musica, la donna pensò che cantarle qualcosa sarebbe stato bello. Non ricordava se c’era una canzone che preferiva in particolare, quindi le cantò la prima che le venne in mente per ricordarle, attraverso il ritornello, che lei credeva fermamente che presto si sarebbe sentita meglio.
I remember tears streaming down your face
When I said, “I’ll never let you go”
When all those shadows almost killed your light
I remember you said, “Don’t leave me here alone”
But all that’s dead and gone and passed tonight
 
Just close your eyes
The sun is going down
You’ll be alright
No one can hurt you now
Come morning light
You and I’ll be safe and sound
 
Don’t you dare look out your window darling
Everything’s on fire
The war outside our door keeps raging on
Hold onto this lullaby
Even when the music’s gone
Gone
(…)”
Le diede un bacio in fronte e la strinse piano, poi lasciò che gli altri le parlassero. Le sorelle le dissero che la amavano e che era la persona più dolce e più forte che conoscevano e lo stesso fece Eddie.
“Ricorda che ti adoro e che tu per me sei mia figlia” aggiunse l’uomo.
Nonostante sapessero che stava abbastanza bene, ognuno versava ancora qualche lacrima. Non si sarebbero sentiti tranquilli finché non si fosse svegliata.
“Hai una voce molto dolce, Dianna” si complimentò Andrew.
“Grazie figliolo, ma quella di Demi è molto più bella.”
“Non vedo l’ora di sentirla di nuovo. A volte il suo tono è un po’ troppo alto quando parla, ma wow, ha una voce fantastica!”
“Già.”
“Quella canzone sembrava una ninnananna.”
“Voleva esserlo in un certo senso. Non mi è venuta in mente nessuna canzoncina che adorasse quand’era piccola, purtroppo.”
“Sono sicuro che le è piaciuta.”
Andrew si avvicinò al letto seguito da Mackenzie. La bambina prese una mano della mamma e non gliela lasciò. Forse sentendo quel contatto si sarebbe svegliata prima, chissà. Non vedeva l’ora che riaprisse gli occhi. Rivoleva la sua mamma, i suoi abbracci, i suoi baci.
“Mi manchi”
avrebbe voluto dirle, ma era convinta che Demi lo sapesse.
“Mamma” sussurrò Hope guardandola e indicandola con un dito.
“Sì, è la mamma. Hai visto? Ti avevo detto che saremmo andati presto da lei.”
Hope guardò sua madre e sorrise.
“Starà bene”
sembrava voler dire.
Passarono due ore. Demi ogni tanto si muoveva, si girava, socchiudeva gli occhi ma non li apriva mai. Un medico e un’infermiera venivano a controllarla ogni quarto d’ora, misurandole anche la pressione ma dicevano che  era tutto a posto. Tenevano sotto controllo anche Hope, che grazie al cielo stava benissimo. Demetria stava semplicemente dormendo e il suo viso appariva più rilassato e aveva preso più colore nel corso del tempo. Tutti cercavano di intrattenere Mackenzie facendo qualche gioco con le mani e Hope cantandole qualcosa o portandola a passeggiare in corridoio, ma ormai le bambine iniziavano ad essere stanche.
“Andrew, forse sarebbe il caso di portare a casa Mackenzie. Ha sonno.”
“Sì, ma domani non voglio mandarle a scuola. Hanno bisogno di riposo e di riprendersi. Hope ha rischiato grosso, ma Mackenzie ha subito un forte shock.”
“Sono d’accordo con te.”
La piccola aveva fatto qualche assenza in quei primi mesi di scuola, forse due o tre giorni e per quanto l’uomo sapesse che frequentare era importante, era consapevole del fatto che la bambina era troppo stressata. Lei cercava di non farsi vedere, ma lui notava gli sguardi preoccupati che lanciava alla mamma.
Non voglio andare a casa. Resto qui con la mamma rispose la bimba, facendo capire che sarebbe stata irremovibile.
“Va bene, ancora mezzora e poi vai con la nonna” le concesse il padre.
Lui desiderava rimanere con Demi e soprattutto con Hope, dato che era molto piccola e non avrebbe potuto di certo lasciarla sola.
 
 
 
Demi sentiva delle voci in lontananza. Si era addormentata ma non riusciva a svegliarsi. Era così stanca e si sentiva troppo bene nel tenere gli occhi chiusi e dormire. Eppure sapeva che le sue bambine ed Andrew erano vicini a lei, li aveva sentiti e voleva rivederli… o forse era tutto un sogno e Hope non stava affatto bene. Magari era rimasta in acqua troppo tempo e non ce l’aveva fatta. Bastò quel pensiero a farla svegliare del tutto e di soprassalto. Era sudata e il cuore le batteva a mille.
“Demi!”
Andrew era davvero lì con lei e Mackenzie le teneva una mano.
Li guardò e sorrise loro, ma era un sorriso tirato.
Mamma, ti sei svegliata! esclamò la bimba, felice.
“Sì” rispose la ragazza, non avendo la forza di dire altro.
Si guardò intorno e vide che c’erano tutti. Subito uno ad uno si avvicinarono per abbracciarla e baciarla e dirle quanto era stata coraggiosa e che li aveva fatti spaventare a morte.
“Io mi sarei comportata nel tuo stesso modo” le confessò Dianna mentre la stringeva, “ma mi auguro che non accada più una cosa del genere. Avevo paura di perderti, bambina mia e non avrei retto un colpo come quello!”
Detto ciò non riuscì più a trattenersi e scoppiò in pianto.
“Mamma, lo so. Anch’io mi auguro che non accada più."
“Tesoro, forse non è il momento ma mi sento di dirti una cosa” iniziò Eddie guardandola serio. “Capisco che tu abbia agito d’istinto, ogni persona a questo mondo l’avrebbe fatto, ma Andrew mi ha raccontato che avrebbe voluto entrare lui in acqua e tu gliel’hai impedito. Okay, tu sei sua madre, ma lui è fisicamente più forte e forse avrebbe potuto…” Si bloccò, non sapendo come continuare. Non voleva essere duro anche se, lo sapeva, si era adirato alzando un po’ la voce. Demi era sensibile, bisognava fare attenzione con lei, ma come tutti Eddie si era preoccupato da morire e voleva far capire alla ragazza che, anche se aveva fatto un gesto tanto bello quando coraggioso e giusto, lei e Hope erano state in grave pericolo. “Eddie!” esclamò la moglie. “Si è appena svegliata e tu la sgridi? Avremmo potuto parlarne dopo, non ti sembra?” L’uomo strinse i pugni finché le nocche diventarono bianche e con la voce tremante per la collera riprese: “Deve comprendere le conseguenze delle sue azioni.” “Ci arriva da sola, non è immatura e lo sai bene.”
"Tu la difendi sempre" ruggì Eddie, cercando però di non scoppiare per non spaventare le bambine, le quali però guardavano la mamma e non sembravano prestare molta attenzione alla conversazione degli adulti.
"Non è affatto vero. Ogni volta che ha commesso un errore gliel'ho fatto notare e devo ammettere che spesso sono stata anche piuttosto dura, soprattutto quando era più giovane. Lo facevo per spronarla, anche se a volte ho sbagliato, ho esagerato."
"Hai ragione" convenne suo marito. "Ho detto una cavolata. Scusa."
La guardò, sentendosi in colpa e poi abbassò gli occhi.
"Non preoccuparti. In parte anche tu non hai torto tornando all'argomento principale, Eddie. Forse avresti dovuto essere più gentile."
“Sì, ma…”
“Basta!” Demi li zittì con quella singola parola. “Non ricominciate a litigare, per favore! In un certo senso avete ragione entrambi. Se tornassi indietro penso che farei di nuovo ciò che ho fatto. Riconosco che avrei potuto e, forse, dovuto lasciar entrare Andrew nel lago, “ma in quel momento non ci ho pensato. È già tanto se sono riuscita a rispondergli. Se avessi avuto un attimo per riflettere la lucidità avrebbe prevalso sull’istinto, ma non l’avevo. Non so se ho sbagliato o no, non riesco a dirlo. L’unica cosa di cui sono sicura è che ho fatto ciò che mi sembrava giusto.”
Guardò il fidanzato per capire se aveva qualcosa da aggiungere a riguardo, ma lui le rivolse un sorriso comprensivo.
“Non ti voglio sgridare anche io, amore. Hai fatto quel che sentivi, anche se avete corso entrambe un rischio molto grande.”
“L’avrei protetta a qualsiasi costo” mormorò Demi con un filo di voce.
“Lo so.”
“Dov’è Hope?”
Dianna stava di nuovo piangendo ed ora il marito la consolava, segno che si erano riappacificati. Anche lei avrebbe voluto calmare sua madre, ma il pensiero della figlia prese il sopravvento.
“Eccola.”
Fu Andrew a pronunciare quell’unica parola con dolcezza e poi le posò la bambina sul petto. Con tutta la confusione che aveva intorno non si era proprio accorta di quel fagottino che il suo ragazzo stringeva.
“Oh, sei qui! Il mio tesoro!” esclamò la ragazza, poi la abbracciò e la riempì di baci, mentre Hope rideva e giocava con le sue mani. “Sta bene, vero?” volle sapere.
Il suo ragazzo le riferì quello che le aveva detto la dottoressa.
"Dobbiamo preoccuparci, quindi?" chiese tremando.
"No, solo fare attenzione."
"O-okay."
Era facile dire di non agitarsi, sapevano entrambi che non ci sarebbero riusciti ma non volevano nemmeno trasmettere alle bambine la loro ansia.
Demetria guardò preoccupata Hope, che era tranquilla e respirava bene. Tentò di rilassarsi, di far finta di non sentire il nodo che le chiudeva lo stomaco, ma non era semplice.
“Stanotte…”
“Starò io qui con lei” lo anticipò Demetria.
“No, non appena ti dimetteranno tu andrai a casa a riposare e farai ciò che ti dice il medico. Rimarrò io.”
“Okay.”
“Non protesti? Strano!” la prese in giro.
“Io non lo faccio quasi mai.”
“Ah no? A me sembra che tu sia una gran testarda, quando ti ci metti.”
“A dirla tutta anche tu non sei da meno.”
“Lasciamoli soli” propose Dallas.
I quattro avevano bisogno di un po’ di intimità.
Quando la porta si fu chiusa Andrew si chinò sulla sua ragazza per darle un bacio a fior di labbra.
“Anch’io ho avuto paura di perderti, oggi. Anzi, temevo di perdere entrambe anche se Hope pareva stare bene.”
Anch’io si aggiunse Mac.
Entrambi avevano gli occhi lucidi e non sapevano se per il terrore provato o per la gioia.
Hope li guardò confusa.
“Tristi?” domandò, non capendo perché un attimo prima stavano sorridendo e ora piangevano.
Stava per farlo anche lei e iniziò a lamentarsi, ma Demi intervenne subito.
“No cara, non piangere.”
Poco dopo, un abbraccio di gruppo li unì tutti e quattro. Erano sempre felici quando si facevano le coccole, ma quel giorno l’affetto che si dimostravano era ancora più profondo e speciale.
“Mackenzie, tu come ti senti amore?”
È tutto okay, mamma.
“Davvero?”
Sì, sono sincera. Ho avuto tanta paura, prima.
“Lo immagino, ma adesso è tutto a posto.”
Tu non ti svegliavi e temevo saresti finita in coma.
La bimba tremò e Demi si sporse per farle una carezza.
“Piccina! Io sto bene e anche tua sorella. Guardami.” Aspettò che Mac lo facesse e poi riprese: “Presto ci lasceremo tutto questo alle spalle. Ora godiamoci il momento, o almeno proviamoci. Mi fai un sorriso?”
Mackenzie si asciugò una lacrima e obbedì.
La ragazza soffriva nel vederla stare così, ma era anche sollevata. Tutto era finito nel migliore dei modi ed era sicura che Hope sarebbe tornata a casa molto presto.
“Questa piccolina ha chiesto tanto di te, sai?”
“Ah sì? Volevi la mamma?” chiese Demi a Hope, che ora giocava tirandole i capelli e accarezzandole il viso con una manina.
“Sì” rispose.
“Oh, che dolce!”
Demi si sollevò piano, sedendosi. A furia di stare sdraiata le faceva male la schiena. Andrew le sollevò il cuscino in modo che stesse più comoda. Lei si sistemò meglio la bambina tra le braccia tenendola su una gamba e chiese a Mackenzie di sedersi sull’altra. La piccina ne fu molto felice, si tolse le scarpe e raggiunse la mamma sul letto. Fece loro un po’ di coccole e la bambina più grande poté finalmente godersi quegli abbracci speciali che solo una mamma sa dare e che tanto le erano mancati.
“Ascoltate,” disse la ragazza dopo qualche minuto, “mi dispiace che questo pomeriggio sia andato a finire così male” riprese Demi. “Io speravo avremmo passato una giornata tranquilla e invece non è andata così. Ma comunque, penso che nonostante tutte le forti e negative emozioni che ci hanno travolti, sia importante tenerci dentro le cose belle: ricordarci dei cavalli, della natura, dei cani e soprattutto di Annabelle. Quella ragazza è straordinaria.”
Hai ragione.
Mackenzie era d’accordo ed era grata alla mamma per aver incoraggiato tutti in quel modo. Lei, che aveva avuto paura e sofferto più di tutti loro, sì, proprio lei li stava rincuorando.
“Cavalli e cani” disse Hope.
Non aveva capito molto altro e ripensare agli animali la rendeva felice.
“Esatto; e comunque hai detto una cosa molto bella, Demi.”
Entrò un dottore che chiese a Demetria come si sentisse. Accertato che stava bene le sorrise e disse:
“So che l’avrà già sentito, ma noi lo ripetiamo spesso in questi casi: lei è stata fortunata e anche la sua bambina. Per quanto riguarda la cura del taglio, tra una settimana dovrà venire a togliere i punti. Se nel frattempo si farà la doccia le chiedo di non lavarsi i capelli. So che è fastidioso ma se lo facesse il cerotto potrebbe staccarsi e soprattutto i punti potrebbero togliersi. Se vedrà del sangue dovrà tornare qui da noi, se invece non accadrà nulla quando toglieremo i punti sarà tutto a posto.”
“Va bene, grazie dottore.”
“Ora preparerò le carte per le dimissioni e tra un paio d’ore potrà uscire, signorina Lovato. Comunque, siete proprio una bella famiglia sapete?”
“Grazie” rispose Andrew per tutti.
“Senta, adesso che sono sveglia e ho finito di fare esami e che Hope sta bene, possiamo mangiare qualcosa?”
“Assolutamente sì.”
Tutti avevano molta fame. Mackenzie aveva avuto lo stomaco chiuso finché la mamma non si era svegliata ma ora le sarebbe tanto piaciuto addentare un bel panino imbottito. Fu così che la famigliola, assieme ai nonni, alle zie e a Brian andò al bar dell’ospedale. Alcuni presero cappuccino e brioche, mentre altri preferirono restare sul salato, mangiando panini o tramezzini. Demi prese due tramezzini al prosciutto e funghi per Hope e glieli divise in piccoli pezzettini. Il pane era tenerissimo quindi la piccola li mangiò senza problemi e, anzi, le piacquero molto. Dopo cena Brian disse che sarebbe tornato a casa e Eddie si offrì di accompagnarlo. Avrebbe guidato lui la macchina dell’anziano, dato che questi disse di non fidarsi a fare tutta quella strada con il buio. Madison e Dallas andarono via perché il giorno dopo avrebbero dovuto lavorare e Dianna si unì a loro dicendo di sentirsi molto stanca.
Rimasti soli i quattro tornarono nella stanza di Demi e chiusero la porta. Nonostante fosse sera, lì in pronto soccorso c’era un continuo movimento di gente che camminava, carrelli che passavano e si sentiva anche il vociare delle infermiere o di qualche paziente. Per fortuna la porta chiusa attutiva di molto i rumori. I genitori passarono i successivi dieci minuti a coccolare le bambine, finché Hope cominciò ad agitare le gambette per far capire che voleva essere messa giù. Demi la mise a terra e non la lasciò finché non fu sicura che la piccola si reggesse bene in piedi, poi la guardò mentre faceva il giro della stanza.
Le successive due ore trascorsero monotone. Hope si addormentò tra le braccia della mamma e lei ed Andrew iniziarono a parlare mentre Mackenzie, in mezzo a loro, li ascoltava. Non facevano che dire quanto brutto fosse stato quell’incidente e si domandavano, come lei del resto, perché i loro momenti di felicità dovevano essere sempre rovinati da qualcosa di spiacevole o spaventoso.
“Brian aveva paura che lo denunciassimo sai?”
“Non ho intenzione di farlo. Non è successo niente di grave, alla fine e comunque non è colpa sua.”
“Infatti abbiamo cercato di calmarlo, anche se all’inizio gli animi si erano un po’ scaldati, lo ammetto.”
“Avete litigato?”
“Più che altro eravamo preoccupati e avevamo iniziato una discussione alla quale si era unito anche Eddie, ma poi ci siamo calmati.”
“Ne sono sollevata.”
Demi ed Andrew non pensarono nemmeno di cambiare argomento visto che Mackenzie era lì. Quando si prende un grande spavento e si rischia la vita, si è tanto scossi che non si riesce a pensare e a parlare d’altro. Mac lo capiva benissimo, ma in realtà non stava nemmeno ascoltando i loro discorsi. Chiusa in se stessa anche lei  ripensava all’accaduto, mentre le sue immagini mentali le passavano davanti come se si fosse trattato di un film orribile che continuava a ripetersi.
Demi venne dimessa a mezzanotte. Prima di andare, accompagnò Andrew in camera portando Hope tra le braccia. La mise lei a letto e le diede un bacio sulla guancia.
“Dormi bene, piccina. Ci vediamo presto” le disse.
“Non la lascerò sola nemmeno per un istante e se dovesse accadere qualcosa ti avviserò subito, sta’ tranquilla.”
“Lo so.”
Sorrise grata al fidanzato e poi lo abbracciò e lo baciò, non preoccupandosi del fatto che Mackenzie li stava guardando. Avevano entrambi troppo bisogno di scambiarsi quel gesto d’amore che li aiutò a stare meglio.
I passi di Demi e Mac echeggiavano pesanti nel corridoio che le stava portando fuori dall’ospedale. Erano stanche, ma avevano deciso di andare a piedi non sapendo bene il perché. Una volta all’aperto respirarono l’aria fredda e quel buon odore di pioggia che tanto amavano, ma ciò non diede loro il sollievo sperato. La ragazza chiamò un taxi perché la sua auto era rimasta al ranch e le uniche cose che disse furono due parole in croce all’autista per pagarlo e
ringraziarlo.
Quando chiusero la porta di casa le due sospirarono. Quel posto era vuoto senza Hope con la sua allegria e le sue risate che facevano sciogliere il cuore.
Danny e Batman si svegliarono e vennero loro incontro scodinzolando per salutarle. Mac prese il gatto e Demi il cane e con loro andarono di sopra.
“Dormiamo insieme, ti va?”
Il volto della bambina si illuminò.
Si infilarono sotto le coperte e i due animali rimasero lì. Danny si sistemò sul petto di Mackenzie e Batman tra le gambe di Demi. A quanto pareva, quella notte nessuno di quei quattro voleva rimanere da solo.
 
 
 
Mackenzie aprì gli occhi e si stiracchiò come una gattina… Un attimo, perché si era appena definita in questo modo? Era carino, ma strano. Forse il fatto che il piccolo Danny le dormisse tra le gambe l’aveva portata a pensare ai gatti. Si alzò e andò a sciacquarsi il viso, anche se in realtà non aveva nessuna voglia di alzarsi. Tuttavia aveva una bella sensazione, come se pensasse che quel giorno sarebbe stato fantastico e ciò le diede la spinta necessaria per smettere di starsene a letto. La mamma non c’era, quindi doveva essere già mattina. Infatti la sveglia sul comodino segnava le 10:00.
“Wow, ero proprio stanca ieri sera” disse fra sé.
Rifece i letto e notò che Danny si stava lavando, quasi avesse voluto imitare la padroncina. Quando lei si avviò verso la porta il micio rimase lì, ma non appena sentì che scendeva il primo scalino corse accanto a lei. Udì la mamma aprire la porta ed Andrew salutarla con un:
“Buongiorno, amore.”
Era tornata anche Hope, allora! Mackenzie corse giù per le scale con passo deciso. La sua sorellina era in braccio a Demi e sorrideva.
“Ciao, Mackenzie” la salutò il padre.
Ciao! Come state?
“Bene grazie. Hope non ha avuto nessun problema e l’hanno dimessa poco fa.”
Quando vide la sorella maggiore la piccola iniziò a lanciare gridolini di gioia.
Poco dopo erano tutti e quattro sul tappeto a giocare. Andrew si era preso un giorno di ferie per stare con la sua famiglia: non voleva  lasciare sole le sue donne in un momento del genere.
“Come va la testa?” chiese alla fidanzata.
“Il taglio fa un po’ male, ma dopo colazione ho preso un antidolorifico. Stamattina il dolore era molto più forte.”
“So che non serve a molto, ma…”
Cominciò a soffiare sopra la fasciatura sperando di darle un po’ di sollievo e Demi gli regalò un luminoso sorriso. Quello di Andrew era un gesto semplice, ma dettato dl suo lato premuroso sempre presente.
Nel frattempo, Mackenzie stava giocando con Batman. Lei teneva le gambe incrociate e il cagnolino le era di fronte e la guardava. Sembrava concentrato e all’inizio i genitori non capirono cosa Mac stesse facendo. Batté tre volte una mano per terra e Batman si sedette, poi la alzò e lui si mise in piedi. La sollevò ancora aprendola e chiudendola e il cane le allungò una zampa che la bambina prese, felice.
“Da quando hai imparato ad addestrarlo così?” le domandò la mamma.
Era sorpresa, non aveva mai visto la figlia comportarsi in quella maniera.
Da adesso. Ho provato a vedere cos’avrebbe fatto e non credevo che sarebbe arrivato a capire i miei comandi. Anzi, avevo paura di stare sbagliando qualcosa.
“Sei stata proprio brava, Mackenzie” si congratulò il papà.
“Già. Batman è con me da cinque anni e non sono mai, dico mai, riuscita a farmi dare la zampa da lui. E tu, con dei semplici gesti, ce l’hai fatta.”
Danny era seduto a poca distanza da loro e guardava il cane come se avesse voluto chiedere:
“Ma che sta facendo?”
Lui era un gatto e sì, era legato in particolare a Mackenzie ma non si sarebbe mai fatto comandare così.
Il cane si stancò presto di essere addestrato, quindi Mackenzie decise di farlo giocare lanciandogli una pallina che lui si divertiva a rincorrere e a riportare. Ne tirò una anche a Danny, che al contrario la teneva tutta per sé inseguendola di qua e di là per il salotto e la cucina.
Hope intanto giocava a costruire delle piccole torri con i suoi amati cubi di legno e Demi, per romperle le scatole, qualche volta gliele buttava a terra. Ben presto però si sentì una stupida a proseguire con quel passatempo, anche perché la piccola ci stava male e si lamentava, quindi preferì aiutarla e insegnarle a farne di più alte, partendo da una base più larga. Lei ed Andrew la ascoltavano respirare e la guardavano in continuazione. Sembrava tutto a posto. La piccola non si lamentava di nulla, non era nemmeno pallida né in confusione - lo si capiva per esempio dal fatto che parlava bene, per quanto la sua età glielo permetteva - e che sorrideva.
"Ha mangiato, stamattina?" chiese la ragazza al fidanzato.
"Sì e aveva anche molto appetito."
"Bene, buon segno."
Entrambi si domandavano quando sarebbe passata quella sgradevole sensazione che qualcosa di orribile stava per accadere, quando l'agitazione li avrebbe lasciati in pace e non riuscivano a darsi una risposta. Ci sarebbero voluti alcuni giorni, probabilmente.
“Dai, facciamo a gara a chi costruisce la torre più alta” propose Andrew. “Ci dividiamo in due squadre: la mamma e Hope e io e Mackenzie. Ci state?”
Era un gioco infantile e forse stupido, ma a tutti piacque l’idea. I grandi avevano bisogno di tornare un po’ bambini e a quale bimbo non piace fare le gare per cercare di vincere? Si divisero i cubi che erano di due colori, rossi e gialli e poi cominciarono. Più di una volta cadde la torre di una o dell’altra squadra.
“Haha, a voi cade e a noi no, quindi la nostra è più bella e vinceremo”
era la frase ricorrente. Per il resto l’unico rumore che si sentiva era quello dei mattoncini spostati o sovrapposti. Alla fine fecero due torri alte uguali e pareggiarono, ma le bambine si misero comunque a saltare e a correre per la stanza, felici di aver gareggiato. Dopodiché vollero giocare con una cucina in plastica.
Cosa possiamo prepararvi? domandò loro Mackenzie.
“Tu hai voglia di qualcosa in particolare, Andrew?”
“No.”
“Nemmeno io, per cui cucinate quello che volete.”
“Un tè!” esclamò Hope.
“Oh sì, io e papà saremmo molto felici di bere una tazza di tè fumante.”
Le bimbe cominciarono a trafficare con piattini, tazzine e un piccolo fornello giocattolo.
“Mmm, è davvero buono!” si complimentò Andrew con Hope che gliene aveva appena offerta una tazza.
“Posso avere un altro po’ di zucchero? È troppo amaro” disse invece Demi a Mackenzie, mentre Andrew domandò a Hope un goccio di latte.
In seguito si divertirono con i peluche e giocarono a nascondino e a prendersi, poi uscirono in giardino per far correre Batman e portare Danny al guinzaglio. Entrambi gli animali adorarono stare all’aria aperta, in particolare Danny che continuava ad esplorare con curiosità il mondo che lo circondava. Le bambine corsero in lungo e in largo con Andrew che faceva finta di essere un orco che voleva mangiarle.
“Se vi prendo vi cucino in padella!” le minacciava e loro urlavano e scappavano.
Demi guardava quella dolcissima scena ridendo e ringraziando Dio per quel momento di tranquillità.
La mattinata trascorse tranquilla tra giochi e risate e dopo pranzo tutti decisero di andare a riposare un po’. Le bimbe si addormentarono subito nei loro lettini, mentre i due adulti rimasero svegli a letto a parlare sottovoce mentre, ancora, ascoltavano Hope respirare.
"Non lo dico ma sono ancora preoccupato anch'io" mormorò Andrew, "non credere che non lo sia."
Demi sospirò.
"Lo so. Ma andrà tutto bene, vero?"
Cercò conforto nel suo abbraccio e lui la strinse forte.
"I dottori dicono di sì. In fondo è rimasta sott'acqua relativamente poco, ha smesso di respirare per pochissimi secondi, non è mai svenuta, non ci sono danni. Sono tutti segnali positivi."
"E se in questi giorni, di notte, dovesse soffocare e noi non ce ne accorgessimo? Non riuscirò a dormire, lo so!"
"Faremo moltissima attenzione."
"Sì. Mi fa male la testa” si lamentò la ragazza.
Non sentiva dolore solo alla ferita, aveva l’emicrania.
“Vuoi una pastiglia?”
“Penso che preferirei un massaggio.”
“Agli ordini, mia Signora” scherzò lui facendola ridere.
Demi si mise seduta sul letto e Andrew, dopo essersi messo dietro di lei, cominciò a massaggiarle il collo e la testa con movimenti lenti, usando un po’ i palmi e un po’ le dita.
“Ah, che bello!” Demetria si stava rilassando e dopo qualche minuto si sentiva già meglio. “Potrei assumerti come massaggiatore personale. Te l’ho già detto?”
“Probabile.”
Si baciarono e poi si sdraiarono, non sciogliendo l’abbraccio che li aveva uniti. La giornata precedente aveva fatto passare a tutti attimi di panico ma adesso, nonostante tutto, Hope stava bene e i quattro potevano finalmente godersi una relativa calma.
 
 
 
credits:
Taylor Swift, Safe And Sound feat. The Civil Wars (The Hunger Games: Songs From District 12 And Beyond)
 
 
 
NOTA:
per scrivere al meglio questo capitolo mi sono informata sull’annegamento e le sue possibili conseguenze sia negli adulti che nei bambini e su ciò che i medici fanno una volta che il paziente è arrivato in pronto soccorso, sia leggendo articoli su internet, sia ascoltando su YouTube testimonianze di genitori che hanno vissuto questa traumatica esperienza. In questi siti c'era proprio scritto che, se il bambino dopo sei o dodici ore non presenta problemi respiratori o di altro genere può essere dimesso, ma i genitori devono controllare la situazione nei giorni successivi per sicurezza. Per chiarire: la dottoressa ha detto di riportare lì Hope se avrà quei sintomi perché anche dopo tre giorni, quando il bambino è a casa, si può verificare quello che si chiama annegamento secondario: l'acqua depositata nei polmoni si accumula e forma un edema polmonare che, se all'inizio non crea nessun problema, poi porta a difficoltà respiratorie, arresto cardiaco e morte. Il corpo manda quei segnali per avvisare che ciò sta avvenendo e appena accade bisogna precipitarsi in ospedale. Hope non ha acqua nei polmoni a quanto pare, non ha problemi di respirazione e sembra star bene. Tuttavia ho preferito spiegare questo in una nota piuttosto che riempire il capitolo e Demi ed Andrew di spiegazioni tecniche che avrebbero solo potuto spaventarli con cose che forse non accadranno, però era importante dire loro cosa fare. Oppure può avvenire l'annegamento a secco, che si ha con un laringospasmo anomalo, nel senso che il cervello sente erroneamente che sta per entrare dell'acqua anche quando in acqua non ci si trova più, quindi chiude il passaggio al liquido ma anche all'aria. Questo secondo tipo di annegamento, però, avviene poco tempo dopo l'incidente. Entrambi sono avvenimenti rari, poco conosciuti e purtroppo è difficile anche per i medici rendersene conto subito.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
avrei voluto allungare le scene con loro quattro a casa e scrivere di più, ma non avevo idee. Perdonatemi!
Ringrazio Emmastory, alla quale dedico il capitolo, per avermi dato qualche suggerimento. Inoltre tutte queste pagine sono anche dedicate ai miei genitori, che non hanno letto (e, conoscendoli, non leggeranno mai) un malloppo del genere, ma oggi fanno ventisei anni di matrimonio e mi pareva una cosa carina dedicare loro qualcosa che ho scritto.
Ringrazio JustBigin45 per aver iniziato questa fanfiction e aver letto 80 capitoli in tre giorni (non scherzo, l’ha iniziata domenica!).
Grazie anche a tutte le altre persone che seguono e recensiscono nonostante la lunghezza, e grazie perché mi incoraggiate a continuare dandomi le vostre opinioni. Davvero, siete importantissimi cari recensori e amici! Mi avete anche aiutata a migliorare molto in questi due anni e ve ne sarò grata per sempre. Non avrei mai creduto che una storia così lunga avrebbe avuto un tale successo. Spero che il sequel ne avrà altrettanto, anche se tratterà meno trematiche ma in modo molto approfondito. Intanto però devo concludere questo libro, e mancano ventidue capitoli alla fine. Ora che ho finito l’università e che, a causa di problemi burocratici, ancora non lavoro, sto scrivendo come una pazza.
 
Che ne pensate del capitolo? Avete avuto paura per Hope e Demi? Vi aspettavate che tutto andasse bene o avete subito pensato al peggio?
Vi informo che sto già scrivendo il 97 e vi posso solo dire… aspettatevi un capitolo pieno di sorprese!
   
 
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