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Autore: Miss BloodyFangs    18/05/2018    1 recensioni
Allora non si sa pių dove guardare, se a destra o a sinistra o forse in alto e quindi cosa faccio?
La risposta č: lo stesso.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riflettendo, appoggiata al petto contro la ringhiera dalla vernice scrostata, guardai verso il basso in direzione di un pascolo immaginario coperto da un manto di neve fresca, immaginando una scena che non era mai esistita. Replicai quelle due, o forse quattro pagine, per l’ennesima volta nella mia mente: alcune carcasse di unicorni giacevano mentre le altre bestie si alzavano e procedevano per la loro strada, compiendo le azioni di ogni giorno, forse ignare che prima o poi avrebbero raggiunto i loro simili.

Ero rimasta a speculare sul fatto che probabilmente era questo a fare la differenza: una persona si sarebbe preoccupata all’idea di fare la stessa fine, avrebbe cercato di scappare da quella possibilità, impazzendo per beffare la morte… lasciandosi così sfuggire la vita.

Gli unicorni invece si svegliavano e non lanciavano neanche uno sguardo distratto a chi di loro non faceva altrettanto e senza indugio raggiungevano il Guardiano.

Con un sospiro alzai gli occhi al cielo e vidi le nuvole grigie sopra la mia testa, sorpresa. Sotto di me c’era ancora lo stesso spiazzo di sempre: in cemento, sterile.

Niente pascoli, niente mitiche bestie provviste di un solo corno.

Era soltanto un libro, solo qualche pagina.

Rientrai nella mia stanza paradossalmente più fredda dell’esterno e vidi il vetro della finestra appannato.

Lanciai un’occhiata fugace alla mia camera e rabbrividii: libri sparsi ovunque, alcuni coperti da un leggero strato di polvere, vestiti sulle due sedie vicino alla scrivania ingombra di quaderni e vecchi libri scolastici.

Di tanto in tanto, quando ero nervosa, sentivo il forte impulso di riordinare e sistemare quel caos infernale, ma poi mi accorgevo di quanto fosse eccessivo ed irrimediabile conducendomi alla conclusione che non avrei potuto restare un minuto di più, infine uscivo.

 

Sentivo come se la mia vita fosse così: caotica e talmente disordinata da essere diventata irrecuperabile.

Eppure allo stesso tempo mi era stato spiegato dalla mia stessa terapista che quel disordine rappresentava il mio ordine, e quel desiderio di sistemare era pari a voler imporre il mio controllo su qualsiasi cosa.

Persino sulle persone che mi circondavano.

 

Era uno dei miei problemi, ma stavo cercando di porvi rimedio.

 

Mi sentivo positiva perché da mesi non impazzivo più improvvisamente, non crollavo in un pianto isterico che aveva come unico fine affossare me stessa.

L’ultima volta che mi era successo ciò, avevo appena ricevuto la notizia del suicidio di uno dei miei cantanti preferiti.

Ciò dimostrava quanto fossi comunque lontana dal mio scopo finale, ma lo stessi lentamente raggiungendo.

 

Ad ogni modo, di recente avevo cominciato ad avere un nuovo pensiero fisso: la normalità, la banalità, la routine – e come queste tre parole hanno un ampio spettro di accezioni che vanno dalla più negativa a quella positiva.

 

In un certo senso è questo a paralizzarmi sull’argomento, la capacità di queste condizioni di avere una loro personale atmosfera di positività.

Mi spiego meglio:

 

sono sempre stata dell’opinione che quei tre termini non fossero altro che la fine dell’individuo, il segnale del decadimento nella noia senza la possibilità di accorgersene, come camminare bendati verso un baratro e non averne la più pallida idea.

Eppure c’è una sorta di calma, una pacifica rassicurazione in ciò che è regolare come un metronomo.

Perché gli avvenimenti così non sconvolgono, si ha come una sorta di controllo e capacità di predirre ciò che accadrà “domani”.

 

Ma non è precisamente quello a rendere la normalità bella, no, è un filo sottile che divide il bianco dal nero, ma non è grigio, non lo è affatto.

 

È l’intero spettro dei colori, abbagliante, accecante, euforico ed impaziente.

 

Quella è la gioia da ricercare nella routine, è quella l’emozione che sveglia dal torpore, una scarica elettrica che fa espandere nuovamente un cuore nero come se stesse persino respirando.

 

È trovare il libro giusto e prendersi il tempo di leggerlo, ma anche stare abbracciati con la persona giusta e dormire, semplicemente quello. Guardare un film che si apprezza, fare una partita a scacchi, qualsiasi cosa va bene, purché sia l’azione giusta.

 

Sembra una cosa davvero banale da dire, ma così essenziale che fa quasi ridere vedere come nessuno assecondi questi desideri, dicendo che: “sì, lo farò poi” o “prima faccio questo” continuando a cadere dritti nella bocca di un girone infernale interminabile che è una vita priva di soddisfazioni e sogni.

 

Un tempo ed un luogo dove non ci sono gli unicorni, dove brucare l’erba buona ed andare avanti non è abbastanza, perché si guarda alla morte sdraiata al proprio fianco come se fosse quella lo scopo della vita.

 

L’essere umano non è un animale e la differenza principale risiede nell’agonia di poter scegliere a cosa tendere: se alla noia o al nonsenso dell’eccesso che risiede nella paura del domani, ad una vita sregolata, ma è qui il trucco e la disdetta… basta essere umani per perdersi nel trambusto dei privilegi e degli svaghi dettati dal libero aribitrio, dalla confusione che crea.

Allora non si sa più dove guardare, se a destra o a sinistra o forse in alto e quindi cosa faccio?

La risposta è: lo stesso.

 

Lo paragonerei al gustare lentamente un piatto o un dolce, fino a saggiare anche la nota più lieve per avere un’esperienza completa. Tutt’altro che ingozzarsi e strozzarsi pur di finire il piatto, no?

 

Forse è per questo che amo tanto la mia ripetitività e non cambio mai, non mi modifico e mi piace quel che è così com’è: l’uomo con cui vado a letto, il cibo che mangio, la musica che ascolto, i libri che leggo. È tutto troppo bello, è così normale che non mi spaventa.

 

It’s like a home that cannot be teared down by any tornado or tsunami,

no volcano or earthquake can destroy it.

It’s warm and comfortable there.

And everything it’s always the same.

Tutto, felicemente, lo stesso.

 

 

~ Bloody’s corner ~

Ne è passato di tempo dall’ultima volta che ho pubblicato qualcosa! C’è da dire che alcune cose citate qui vengono da due libri, uno è il riferimento agli unicorni: Murakami, “La fine del mondo ed il paese delle meraviglie”; il secondo è molto più velato, “tutto lo stesso”, Stephen King “La storia di Lisey” – ve li consiglio entrambi, estremamente belli e per me molto significativi.

Tranne la scena illustrata e la frase è tutto di mia invenzione.

Purtroppo è da parecchio tempo che letteralmente non scrivo più, quindi per favore siate clementi!

 

Grazie a chiunque abbia ritagliato un momento per leggere,

 

Miss BloodyFangs

  
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