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Autore: Roscoe24    19/05/2018    4 recensioni
"Jace ha nove anni, la prima volta che incontra Alec e Isabelle Lightwood.
Sono dei bambini, ma lui sa benissimo che ciò non impedirà a nessuno di loro di essere trattati già come dei soldati. Dopotutto, sono degli Shadowhunter ed è questo che fanno: vengono addestrati per diventare i soldati dell’Angelo."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Jace Wayland
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Jace ha nove anni, la prima volta che incontra Alec e Isabelle Lightwood.
Sono dei bambini, ma lui sa benissimo che ciò non impedirà a nessuno di loro di essere trattati già come dei soldati. Dopotutto, sono degli Shadowhunter ed è questo che fanno: vengono addestrati per diventare i soldati dell’Angelo, coloro che proteggeranno il mondo – invisibile e non –  dai demoni.
I demoni sono cattivi, Jace lo sa, ma anche gli sguardi che gli riservano i nephilim dell’Istituto di New York, lo sembrano. Ogni adulto lo guarda con diffidenza, come se si aspettasse da un momento all’altro che lui, un estraneo, possa fare qualcosa di inaspettato.
Non gli piacciono quegli sguardi e Jace non sentiva questa sensazione di disagio da quando, appunto, era un bambino. Ma adesso… adesso non lo è più, giusto? È cresciuto, si ricorda di essere adulto, o almeno, ne era convinto prima che Lilith cominciasse a giocare con la sua mente.
Non è più sicuro di niente, Jace. Nemmeno di chi sia. Pensava di essere un buon soldato, dannazione, il migliore secondo gli stessi nephilim che da bambino lo guardavano storto. Ma adesso… adesso vede in se stesso solo un assassino. Ha ucciso così tanti Mondani, per l’Angelo, che una sola condanna a morte non basterebbe ad espiare tutti i suoi peccati.
Ha subito così tante torture da parte di Lilith che teme di essere diventato pazzo. Non riesce a distinguere cosa è reale e cosa no, sa solo che è perseguitato sempre dalla stessa punizione, che lo costringe ad affondare una lama angelica nello stomaco di Clary – la sua Clary – giorno, dopo giorno, mentre il senso di colpa e il rimorso lo divorano dall’interno, mangiando quel poco che rimane della sua anima corrotta. Guarda le sue mani, grondanti del sangue di Clary, e si chiede se tutto questo avrà mai una fine. E poi, la soluzione arriva facile come mai niente è stato nella sua vita: la lama angelica che stringe tra le mani insanguinate e che ha tolto la vita alla ragazza che ama, può essere la stessa che ucciderà anche lui. Forse, con la sua morte, tutto avrà fine. C’è un’ironia crudele, in questo suo ultimo pensiero, ma anche qualcosa di fortemente poetico: tutto è cominciato con la sua morte, tutto finirà con essa – come se fosse una macabra prova del fatto che ciò che era morto, doveva restare tale. Una specie di strana punizione data dall’universo, testimonianza di quel principio che un misero essere umano, seppur con metà sangue angelico, non può mettersi a giocare con il fato. La sua ora era giunta al Lago Lyn e adesso Jace lo sa. Lo sa che tutto questo non sarebbe successo, se fosse rimasto morto. Sa che non sarebbe stato posseduto e sa che adesso non sarebbe costretto ad uccidere Clary di continuo, guardando la vita che abbandona i suoi bellissimi occhi verdi, avendo la consapevolezza che l’unico che le porta via una cosa così preziosa è lui. Esiste una tortura peggiore di commettere il peccato più grave, infliggendolo alla persona che si ama?
Non uccidere, ha detto Dio. Ma Jace ha ucciso. Ancora, e ancora, e ancora, e ancora. È un peccatore e, in quanto tale, merita una punizione. E sarà lui stesso ad infliggersela. Farà un ultimo atto di redenzione, qualcosa che lo aiuterà a sentirsi meno colpevole.
Jace, inginocchiato davanti al corpo ancora sanguinante di Clary, abbassa lo sguardo sulle sue mani colpevoli e, con le lacrime che gli fanno bruciare gli occhi e la testa che scoppia per i pensieri che vorticano all’interno di essa, afferra il manico della daga angelica e punta la lama verso il suo cuore.
“Ave atque vale.” Sussurra, anche se non è convinto di meritare ancora l’addio degno di uno shadowhunter, ma non ha più importanza. Nulla ha più importanza perché ha perso tutto: Clary, Alec ed Isabelle. La punta della lama tocca la stoffa della maglietta che indossa – Jace riesce quasi a sentire il suono del tessuto che si lacera – e arriva a toccare la sua pelle.
Va bene così, è giusto così.
Jace non ha paura. Il pensiero che tutto questo possa finire fa sciamare ogni tipo di terrore, lo allontana. Si sente libero come non lo è mai stato.
Ed è questo pensiero di libertà che lo porta ad affondare la lama nella propria carne, a spingerla in fondo, fino al suo cuore grondante di colpa. Sente il sangue colargli sulle mani e sul corpo, impregnando la maglietta e facendogliela aderire al petto. C’è odore di ferro, un odore intenso che riempie le sue narici, mentre il liquido scarlatto e appiccicoso si propaga per tutto il suo corpo, uscendo dalla ferita verso l’esterno. Jace ha freddo e sa che ciò significa che c’è una perdita copiosa di sangue – tale da provocare la morte. Isabelle gliel’ha insegnato, lei è sempre stata brava a capire la scienza del corpo umano. Sorride nostalgico al pensiero di sua sorella, mentre si sdraia, con le sue ultime forze, vicino al corpo ormai freddo di Clary. La guarda, vede i suoi occhi vitrei, privi di quella scintilla che l’ha fatto innamorare, e pensa alle cose che ha perso ancora prima di viverle. Hanno avuto solo un appuntamento vero ed è stato un disastro. Ma lui non potrà rimediare perché non ne avranno più.
Hanno passato più tempo a rincorrersi che a stare insieme, come se ci fosse sempre stata una sorta di forza sovrannaturale che li allontanava uno dall’altra. Forse era destino, forse lei merita di meglio.
La vista gli si appanna e le forze lo abbandonano ulteriormente. È giunto il momento, sta succedendo. L’angelo della Morte sta arrivando per lui, ne è sicuro. E va bene così, se questo servirà a porre fine a tutti i suoi tormenti, a tutte le cose terribili che ha fatto. Afferra la mano di Clary: è piccola, come se la ricordava, ma è priva del suo calore caratteristico. È fredda e granitica, come solo la morte può essere. Jace la stringe nella sua e chiude gli occhi, aspettando il momento in cui la sua vita cesserà. È strano perché gli sembra che morire sia come addormentarsi. Le membra si rilassano e la mente comincia a vagare, forse in preda ad un ultimo delirio. Vede Alec e Izzy e improvvisamente le sue angosce finiscono. Sono stati la prima cosa bella che la vita gli avesse riservato. Nemmeno riesce a dirlo quanto sono importanti per lui perché esprimerlo a parole è difficile. E sarebbe comunque riduttivo.
Con quell’ultimo pensiero nella mente, Jace scivola nell’oscurità, venendo inghiottito dal buio eterno della morte.

Jace ha dieci anni, una spada angelica e le spalle al muro. Davanti a lui, Isabelle e Alec hanno fatto squadra e lo fissano, mentre le loro lame luccicano sotto la poca luce della sala degli allenamenti. Sono andati lì di nascosto, approfittando del fatto che Maryse e Robert fossero a Ginevra per fare chissà cosa con il Clave. Sapevano che non avrebbero dovuto disubbidire, ma la tentazione di andare ad allenarsi era stata troppo forte.
“Andiamo, Lightwood.” Jace allarga le braccia, in segno di sfida. “Tutto qui?”
Isabelle lo guarda e abbassa le sue lame. “Siamo tutti Lightwood, siamo una squadra.”
Alec accenna una risata, una cosa che fa solo quando non ci sono altre persone con loro. “Questo è quello che succede quando hai una sorella tenera!”
Jace ridacchia complice e si gode l’espressione offesa che compare sul viso di Isabelle. “Tenera?” domanda, risentita, mentre alza una lama e la usa per attaccare Alec. Jace lo vede reagire, parando l’affondo di Isabelle e interviene, facendo squadra con lui. Ma Isabelle è veloce e, nonostante questa volta sia lei a dover affrontare due avversari, riesce a parare gli attacchi di entrambi.
“Sono più brava di voi due. Quelli teneri siete voi.”
Jace e Alec si guardano. C’è un legame particolare, tra loro due. Qualcosa che ha spinto entrambi e pensare di diventare parabatai, quando saranno più grandi. È una cosa importante, ha detto Maryse, e quindi devono pensarci bene. Ma Jace ha già tutta la certezza che gli serve. Lui e Alec sono già profondamente legati da qualcosa di speciale, come se fossero nati entrambi con lo scopo di incontrarsi, un giorno. Per come la vede Jace, le loro anime sono già legate, una runa confermerebbe solo quello che lui sa già. Senza dire una parola, attaccano di nuovo, ma Isabelle ha la prontezza di alzare le braccia e parare le lame di entrambi con quelle che lei stringe in ogni mano. “Siete lenti.” Si fa pure beffa di loro, ma è una delle cose che più apprezza di Isabelle. Lei è tenace, forte e sicura di sé. Tutte cose che rendono uno shadowhunter estremamente capace, durante una caccia.
Jace abbassa la sua spada e guarda entrambi. Sono i suoi fratelli, si dice. L’hanno accolto come se avesse sempre vissuto con loro, come se fossero sangue dello stesso sangue. Forse ha ragione Isabelle: anche lui è un Lightwood. Forse loro sono la sua famiglia.
Sì, Jace è un Lightwood. Ha tre fratelli, Alec, Izzy e Max, e una madre e un padre.
“Allora?” Li schernisce Isabelle. “Vi siete addormentati?”
“Sei troppo spavalda!” la rimprovera Alec, mentre attacca. Jace lo vede avanzare, usando la destra per far roteare la spada, che Isabelle blocca, e il braccio libero per colpirle il fianco scoperto. Non lo fa con forza, è solo un modo per dimostrarle che, nonostante la consapevolezza delle sue capacità, non deve mai abbassare la guardia.
“Adesso stai facendo l’antipatico.”
Alec alza un angolo della bocca, accennando un mezzo sorriso. “Solo perché sono riuscito a trovarti un punto debole??”
“Ripetimi: chi è spavaldo, scusa?”
Jace vorrebbe unirsi, interagire con loro inserendosi in quella piccola discussione, ma non fa in tempo ad aprire bocca che li vede evaporare, svanendo nel nulla. I loro corpi si smaterializzano in una nuvola di polvere nera – cenere nel vento, qualcosa che Jace si tuffa per cercare di afferrare, ma che gli sporca solo le mani di nero.
“No.” Sussurra, mentre si guarda intorno. Magari non sono scomparsi, forse sono solo in un’altra stanza. Forse non è un’altra tortura, pensa, realizzando che tutti i suoi sforzi per cercare di porre fine alla sua vita sono stati vani. È ancora vivo, ancora intrappolato nella sua stessa mente da Lilith, che adesso ha trovato un nuovo modo di torturarlo. Come al solito, niente nella sua vita è facile e aver pensato che esistesse una scappatoia così semplice come il suicidio, avendo a che fare con la Regina di Edom, è stato sciocco e ingenuo da parte sua.
“Non puoi togliermi anche loro!” urla Jace, sbattendo i pugni contro il muro di pietra alle sue spalle. Non ha più dieci anni, è di nuovo adulto, e le sue mani sanguinano ancora – la pelle sulle nocche è rotta, per via dei pugni che ha dato alla parete, e macchiata del suo stesso sangue. “Non anche loro!” grida, in preda alla rabbia. “Loro no, ti prego!” Si volta verso il muro e ci appoggia i palmi sopra. È freddo e ruvido, pieno di segni per via dei colpi subiti delle armi bianche in tutti gli anni, da quando è stato costruito. La sua superficie è irregolare e Jace ci appoggia la fronte, in preda allo sconforto. “Loro no.” Ripete come una cantilena, mentre la sua voce si rompe per il pianto. “Non Alec e Izzy.” Le lacrime gli rigano il viso. Sono calde e sanno di perdita. Non può rinunciare anche a loro, i suoi fratelli, la sua famiglia. Le due persone che non l’hanno mai giudicato, che sono andati al di là della sua arroganza, e che l’hanno sempre accettato, anche quando tutti gli altri lo guardavano come un estraneo di cui non fidarsi. Non lo accetta, non può farcela, non se sa che al mondo loro non esistono più. Sbatte la testa contro il muro, prima piano, poi sempre con più decisione. Provare ad uccidersi forse sarà anche inutile, ma è l’unica cosa che gli resta da fare, soprattutto quando non gli rimane più nessuno. Non ha senso continuare ad esistere, se Alec ed Izzy non sono con lui. Colpisce il muro con la fronte con decisione, sempre più forte, aumentando di intensità ad ogni colpo. Sente rivoli di sangue che gli cadono sul viso, come lacrime di sangue, calde e appiccicose, mentre la testa gli fa sempre più male per via dei colpi che si sta autoinfliggendo. È un dolore fisico lancinante, ma pur sempre nullo se paragonato a quello che lacera la sua anima e la sua mente.

“Jace?”

Jace si volta, al suono di quella voce così dolorosamente familiare. Alec è in piedi, al centro della sala addestramenti, ed è adulto. Sul suo volto, c’è un’espressione preoccupata. I suoi occhi percorrono il viso insanguinato di Jace con sofferenza, come se riuscisse a sentire il suo stesso dolore. E forse è così, pensa Jace. In fondo, sono parabatai. Le loro anime sono legate, nel bene e nel male.
“Ti prego.” La voce di Jace si spezza ulteriormente. “Non anche lui. Non farmi uccidere anche lui.” Si inginocchia, sentendosi impotente come mai si era sentito in vita sua – sentendosi debole come mai si era sentito in vita sua. Si prende la testa tra le mani, angosciato: non sopporta il pensiero di ferire Alec, di infliggergli un qualsiasi tipo dolore.
Alec si avvicina e Jace automaticamente si ritrae. “No, non avvicinarti!” gli grida, in preda al panico. “Non voglio ucciderti.”
Ma Alec non si ferma. La sua figura slanciata si avvicina, per poi inginocchiarsi davanti a lui. Jace alza lo sguardo per incrociare quello del suo parabatai, di suo fratello. “Perché mi fai questo?” gli chiede, disperato. “Ho già ucciso Clary, non posso uccidere anche te.”
Alec gli riserva uno sguardo carico di dolore. “Non hai ucciso nessuno, Jace. E non ucciderai me.”
Jace scoppia in un pianto isterico. “L’ho uccisa, invece, guarda!” Improvvisamente, la sala degli addestramenti si riempie di decine di cadaveri di Clary. Alec comincia a posare lo sguardo su ognuno di loro.
“Non è reale.” Gli sussurra con voce pacata, per calmarlo. “Jace, non è reale. Ma io sì, io lo sono.”
“Lo sei?” Le lacrime gonfiano gli occhi bicolore di Jace. La voce rotta da qualcosa simile alla speranza – un sentimento che pensava non avrebbe più provato.
“Lo sono. Non è stata Lilith a mandarmi qui.” Alec si sporge verso di lui e lo stringe in un abbraccio. Jace ricambia immediatamente, aggrappandosi a lui come se fosse una specie di ancora di salvezza. “Ci penso io a te.” Gli dice Alec e Jace ci crede. Hanno sempre pensato l’uno all’altro, si sono sempre coperti le spalle. All’improvviso con la stessa facilità con cui erano comparsi, i cadaveri di Clary scompaiono, come se fosse la conferma delle parole di Alec. Se c’è lui, forse, le cose possono andare meglio, forse la sua tortura può attenuarsi.

“Jace!”

La voce di Isabelle risuona nei corridoi, i suoi passi si fanno sempre più vicini. Jace la vede sulla porta. Alec scioglie l’abbraccio e lo aiuta ad alzarsi. Izzy è ancora sulla porta e lo fissa con gli occhi lucidi di lacrime.
“Jace.” La sua voce è un sussurro spezzato e quasi impercettibile, ma poi gli corre in contro e lo stringe in un abbraccio forte e ferreo, quasi bisognoso.
“Devi venire via con noi.” Dice Alec.  
Jace scioglie l’abbraccio, il panico torna a farsi strada in lui. “No. Non posso. Lei mi troverà , mi farà fare cose peggiori.”
“Allora combatteremo, insieme.”
“Non possiamo sconfiggerla. Nessuno può. C’è solo un modo per porre fine a tutto questo.” Jace cerca la daga angelica attaccata al suo fianco e la afferra per il manico. Lacrime salate si mischiano al sangue ormai secco sulle sua guance, andando a disegnare una macabra maschera di tortura, la stessa che Jace sta vivendo. “Devi uccidermi, Alec.” Spinge l’arma nelle mani del fratello.
“No.” Alec afferra le mani di Jace, ma non la lama.
“Ci ho già provato da solo, ma è inutile. Per favore devi farlo!” esclama, grondante di supplica.
Alec gli stringe le mani, mentre i suoi occhi lo guardano severi, come se non ammettessero quella soluzione per nulla al mondo. “No. Mai. Tu vieni con noi. Ti riporteremo a casa.”
Ma Jace sa che non è possibile. Non esiste casa per lui, non esiste redenzione, o perdono. Esiste solo la trappola in cui Lilith l’ha rinchiuso e in cui gioca con la sua mente seguendo le regole demoniache e perverse che lei stessa ha imposto. Esiste solo l’inferno, per Jace.
Lascia le mani di Alec e si rivolge ad Isabelle, supplicandola prima con gli occhi che con la voce. “Per favore, Izzy.” Le porge il manico della lama e lei lo afferra. “Se mi vuoi bene, ti scongiuro fallo. Liberami da tutto questo.”
“Jace, smettila!” Continua Alec, agitato, mentre gli occhi di Isabelle si gonfiano di lacrime e non lasciano Jace nemmeno un attimo. Le sue mani, piccole e letali, stringono la daga con forza, fino a far diventare le nocche bianche. E Jace spera, ci crede che possa avere la forza di porre fine ai suoi tormenti. In cuor suo prega che sua sorella riesca ad assecondare la sua richiesta e che lo liberi, una volta per tutte, dall’inferno che abita nella sua testa.
Ma Isabelle fa una cosa che Jace le ha visto fare pochissime volte, nella vita: piange. E con gli occhi pieni di lacrime si volta verso Alec, in preda alla disperazione.
“Izzy, no.” Le ordina Alec, mentre il panico corrompe la sua voce, e Isabelle abbassa la lama, lasciandola cadere per terra. Il tintinnio metallico dell’arma bianca rimbalza tra le pareti e nelle orecchie dei presenti.
Isabelle ha ancora gli occhi umidi quando afferra con decisione la mano di Jace. “Tre entrano.” Dice, prima di afferrare anche la mano di Alec. “E tre escono.” 
Jace smette di combattere. Non ha più senso farlo ora che è con i suoi fratelli. È al sicuro e l’unica cosa che vuole fare e afferrare la mano che Alec gli sta porgendo. Forse, dopotutto, c’è speranza.
Forse, una soluzione alternativa alla morte c’è.
“Non lasciare che mi prenda di nuovo.” Lo supplica.
“Glielo impedirò. Te lo prometto.”  
Forse, l’ultima cosa che gli rimane da fare è afferrare la mano di Alec.









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Ciao a tutti!
Sono sempre un po’ nel mezzo, ma dopo la 3x08 e il finale di stagione dove Alec ha dovuto combattere con Owl!Jace (e onestamente, mi è piaciuto quel combattimento. Mi fa piacere si siano ricordati che Alec, oltre ad essere il Capo dell’Istituto, è uno Shadowhunter e in quanto tale, sa combattere – e poi Archer!Alec è sempre gradito, quindi niente, mi è piaciuto – ma a voi non interessa XD) mi sono trovata a rimuginare sulla figura di Jace in questa stagione e al suo cambiamento. L’ho visto fragile per la prima volta e il modo in cui dice “Non anche loro”, nella 3x08, mi ha spezzato il cuore, facendomi pensare a quanto potesse essere doloroso per lui veder svanire anche i suoi fratelli.
Detto questo, se avete aperto la storia e siete arrivati fino alla fine vi ringrazio immensamente. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi saluto, alla prossima! <3





 
   
 
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