Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: killerqueen95    19/05/2018    2 recensioni
Avevo completamente la testa per aria, stavo già pregustando gli spaghetti e la comodità del mio divano sgangherato quando un uomo, molto più alto di me, si parò davanti a me all’improvviso. Ancora cerco di capire da dove cavolo sia spuntato fuori, forse grazie ad un trucco di magia, perché un secondo prima lui non era la. Cercai anche di fermarmi in tempo, ma fu del tutto inutile, gli andai addosso e gli versai la bevanda bollente sulla camicia.
Ma lasciamo perdere un secondo la vicenda, io ho una domanda! Chi diavolo è l’idiota che con quel freddo si lascia il cappotto aperto rimanendo in camicia?
Ve lo dico io chi è …
-Elettra!-
Alzai lo sguardo confusa per aver riconosciuto la voce dell’uomo e dannatamente imbarazza sospirai un –Signor Hiddleston … -
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
-Signor Hiddleston … - potevo essere più imbranata? E con tutta la gente di Londra, dovevo per forza rovesciare la mia bibita bollente proprio sopra di Lui?!
Osservai il danno fatto con la consapevolezza di essere un’idiota. Lui indossava una camicia sui toni del celeste, molto classica, aveva l’aria costosa e dopo il mio passaggio aveva un’enorme macchia marrone a metà del petto.
-Mi dispiace tantissimo!- mi affrettai ad aggiungere, mentre in maniera frenetica iniziai a frugare nelle tasche dei jeans per trovare dei fazzolettini. Ma le mie tasche erano vuote, così mi piegai per vedere se nella busta ci fosse qualche tovagliolo e come lo feci inclinai nuovamente la mia bibita e stavolta gliela versai direttamente sul cavallo dei pantaloni.
IO VOLEVO MORIRE.
-Ti ho bruciato? Mi dispiace davvero moltissimo, sono una frana … Καλοί ουρανοί!!!- esclamai alla fine. Era tipico di me, quando ero nervosa, agitata, o tremendamente imbarazzata parlavo in greco, oppure in italiano.
Quando eravamo bambini, io e i miei fratelli, avevamo imparato il greco, la mamma si era messa davvero di impegno per far in modo che imparassimo la sua lingua. Nella mia adolescenza non ero molto sicura di aver voglia di imparare il greco, ma con l’andare del tempo mi resi conto di quanto fosse bello ed interessante conoscere una lingua in più. L’amore di mia madre per la sua lingua, aveva fatto scattare in me l’amore per le lingue d è stato proprio per quello che presi la decisione di iscrivermi a lingue.
-Che hai detto?- mi chiese sorpreso.
-Scusa, ho parlato in greco, ho detto santo cielo.- mi passai una mano sul viso, ero dannatamente maldestra. –Senti, casa mia è quel palazzo rosso dall’altro lato della strada, se vuoi puoi salire un secondo così ti do qualcosa di asciutto e cerco di smacchiare la camicia- dissi costernata.
Tom mi fece un sorriso gentile –Non ti preoccupare- era così elegante nei modi, mentre io sembravo una bifolca.
-Insisto- dissi io –Cioè, non voglio intendere che voglio rapirla o roba del genere, ma vorrei rimediare a questa giornata nella quale sembra che io l’abbia scelta come vittima della mia goffaggine.- avevo ripreso a dargli del lei, ero così confusa che non sapevo nemmeno cosa diavolo stavo dicendo davvero.
-Davvero, non ti devi preoccupare- cercò di dirmi lui, la sua gentilezza nella voce mi fece sentire ancora più cretina e stupida.
-Dico sul serio- esclamai, forse, con troppa enfasi nella voce –Sono davvero costernata, probabilmente le ho rovinata la camicia e i pantaloni, sono un vero disastro, la prego di permettermi di rimediare almeno un po’ … -
-Elettra- mi chiamò lui, cercando di bloccare il mio flusso di coscienza. Alzai lo sguardo verso di lui, mi sentivo tremendamente bassa davanti a lui –Si …- risposi piano, bloccando il mio sproloquio. –Accetto il tuo invito, ma smettila di darmi del lei, ti prego, mi fai sentire vecchio- lo disse ridacchiando, riuscii ad intravedere di nuovo il sorriso furbo di Loki, mi emozionai tantissimo.
Sorrisi appena mordendomi il labbro, gli feci cenno di seguirmi e quando arrivammo davanti alla porta del mio palazzo mi resi conto di cosa stessi facendo. Avevo appena invitato Tom Hiddleston in casa mia, quanto poteva essere surreale come cosa? Mentre armeggiavo con il mio mazzo di chiavi lui mi sfilò il sacchetto di mano, gesto particolarmente galante. Riuscii ad aprire la porta e tutto mi sembrò improvvisamente inadeguato all’uomo che stavo precedendo, la luce nella scala era rotta da un po’ di tempo e funzionavano solo quelle d’emergenza ad ogni pianerottolo, l’ascensore era parecchio vecchio e ogni tanto mi era capitato che si bloccasse a metà della tratta. Quando vidi le portine scorrevoli chiudersi pregai affinché non si bloccasse proprio quel giorno. Poi mi ricordai del caos nell’appartamento, pensai al reggiseno sul lampadario che c’era da un mese e che non avevo ancora avuto voglia di riprendere, pensai all’odore di vodka, ai vestiti sparsi per tutta la casa e scarpe disseminate sul pavimento.
Come diavolo mi era venuto in mente di invitarlo a casa? Dovevo essermi bevuta il cervello la sera prima, altro che vodka.
Una volta davanti alla porta di casa mia infilai la chiave nella toppa, ma mi fermai un attimo e mi girai nella sua direzione –Non spaventarti per il caos, casa mia non è proprio ordinata- feci un sorriso.
-Non ti preoccupare- rispose lui.
Girai la chiave, presi un bel respiro e spalancai la porta. Sapete quale è la cosa peggiore dell’invitare qualcuno a casa propria mentre questa è un casino apocalittico? Beh, dimenticarsi che si ha un coinquilino eccentrico.
Esatto, mi ero dimenticata di Matt, totalmente scordata. Così feci accomodare  Tom nella tana del caos, l’odore di vodka mi investì immediatamente. Zeus, che imbarazzo. Vidi l’attore mezzo inciampare sulle decolté che avevo quella mattina, scossi la testa per mascherare l’imbarazzo.
-Prego, entra pure, questo è il salotto- esclamai indicandogli il salotto. In realtà il salotto non era in condizioni davvero così pessime, tranne il reggiseno sul lampadario, il divano era sgombro e il tavolino davanti aveva solo pacchetti di sigarette mezzo finiti e la bottiglia vuota di vodka. Il mobile in cui si trovava la televisione era uno di quei classici con le vetrine, ma non avevamo bicchieri o piatti da esporre, infatti c’erano libri, fumetti, dvd e dei falli finti colorati. Non appena lanciai un’occhiata ai falli di Matt sbiancai, non poteva essere vero che quell’idiota li avesse messi nella vetrina.
-Ehm- iniziai, sperando che lui non li avesse notati –Vado a prendere lo smacchiatore e il phon, torno subito-
Volai letteralmente in bagno dove sapevo di trovare tutto, continuavo a rimuginare sul caos, la luce della scala rotta, i falli colorati in vetrina quando sentii chiaramente il mio coinquilino chiamarmi.
Oh no.
Afferrai lo smacchiatore e il phon, come un’aquila mi precipitai nel salotto, ma troppo tardi. Ormai Matt si era già trasformato in Pearl. Ormai avrete capito, il mio coinquilino è una Drag Queen. E Pearl era li, con la sua enorme parrucca bionda, il suo rossetto rosso, gli occhi perfettamente truccati, il corsetto perfettamente allacciato e dei mini pantaloncini lucidi neri.
Trovai Tom a bocca aperta e gli occhi sgranati, Pearl aveva la bocca mezzo aperta e puntava con l’indice l’attore. In tutto questo io volevo buttarmi giù dal balcone del salone.
Mi spiaccicai una mano sul e scossi il capo, incapace ci articolare qualcosa di sensato afferrai l’indice di Pearl e lo tirai giù.
-Tom Hiddleston è in casa nostra?- borbottò piano Pearl, senza staccargli gli occhi di dosso.
-Okay!- esclamai io, a voce alta in modo da ripristinare la situazione –Pearl, lì c’è la tua cena, devi sbrigarti perché è tardi-  lanciai una lunga occhiata al mio coinquilino, sapevo che il suo cervello stava lavorando a mille, ma era davvero tardi per lui.
-Fanculo- biascicò Pearl, guardando con la coda dell’occhio il nostro orologio alla parete  -Poi mi racconti-
Pearl afferrò il cappotto da sopra una sedia al lato del divano, mi scoccò un bacio a fior di pelle sulla guancia e sparì fuori dal nostro appartamento. Seguirono dei momenti di silenzio molto imbarazzanti, Tom era ancora perplesso e io avevo ancora in mano phon e smacchiatore.
-Il tuo coinquilino è una Drag Queen?- mi chiese, un po’ perplesso in realtà. Probabilmente non si aspettava di vedere una Drag in casa mia, ma obbiettivamente Matt era il fattore meno particolare della mia vita.
-Eh già- ammisi io, abbozzando un sorriso che lui ricambiò. –Penserai che questa è una casa di matti- aggiunsi.
Lui si affrettò a scuotere la testa e a negare agitando una mano –Ma no, assolutamente- ribatté con enfasi. Non so se in quel momento dicesse verità, o se semplicemente non volesse offendermi, ma fu abbastanza convincente.
-Posso dirti, con assoluta sincerità, che invece faresti bene a pensarlo.
Afferrai dal divano una felpa di Matt nella speranza che fosse una di quelle abbastanza sobrie, la porsi all’uomo.
Uomo.
Mi faceva strano pensare di avere un uomo in casa, quando si parla di uomini si intende sempre persone di sesso maschile adulte, penso che in casa mia fino a quel momento fosse entrato un solo uomo ed era mio padre, tutti gli altri erano ragazzi.
-Grazie- disse lui, con il suo accento perfetto e la sua eleganza.
Tom Hiddleston iniziò a sbottonarsi la camicia guardandomi un pochino, non so quali fossero le sue intenzioni, ma io avvampai immediatamente non appena vidi una piccola porzione di pelle del suo petto. Come una matta mi voltai di scatto dandogli le spalle e iniziai a dondolarmi sulle punte.
-Non sono un tipo vergognoso- mi disse lui, nel suo tono c’era una buona dose di divertimento. Me lo immaginai sorridere, senza la camicia, diventai ancora più rossa come una ragazzina alle scuole medie.
-Non vorrei sembrare una maniaca- dissi quasi in un sussurro, sussurro che pensavo avrei sentito solo io.
-In realtà potrei sembrare io il maniaco- rispose lui –A casa di una ragazzina, senza maglietta … -
La cosa mi infastidii abbastanza, che intendeva dire con ragazzina? Io avevo 22 anni, non ero una bambina, vivevo da sola da diverso tempo, avevo un lavoro e tiravo avanti da sola senza lagnarmi. 
-Non sono una ragazzina- sbottai, con la giusta dose di fastidio nella voce che penso colse immediatamente.
Sentii il tessuto della sua camicia in una mano, mi stava passando il suo capo, lo afferrai e lo posai immediatamente sul tavolo brandendo con l’altra mano lo smacchiatore. Ci furono secondi di silenzio in cui pensai che la conversazione fosse finita li, ma in pochi attimi lo ritrovai al mio fianco. Bello da star male con quella barba rossa, gli occhi limpidi e gli occhiali; la felpa di Matt non gli stava male, era dei Nirvana, gli dava un’aria meno irraggiungibile.
-Hai 22 anni, io ne ho 37, ti vedo come una bambina- lo disse in maniera molto calma, quasi con dolcezza.
Spruzzai lo smacchiatore  sulla camicia, afferrai la spugnetta e inizia a sfregare. –Ne devo compiere 23, esattamente il giorno dell’uscita di Avengers- lo dissi scocciata, un po’ velenosa.
L’attore ridacchiò -23 anni… - lo disse con un tono di scherno che non mi piacque affatto. Sollevai gli occhi dalla sua camicia abbastanza inviperita, non aveva minimamente idea di quanto fossi dovuta crescere in fretta.
Quando compii 9 anni mia madre scoprì di avere il cancro, la mamma era sempre stata una grande lavoratrice ed era una forza della natura. Cinque figli vogliono tirati su, ma lei ci riusciva senza problema, nonostante una di questi cinque fossi io ed ero una bambina come dire … vivace, scapestrata, iperattiva e tante altre cose. Dalla scoperta della malattia, mamma, non fece altro che entrare e uscire dagli ospedali e io mi sentii persa. Papà lavorava fino a tardi e non poteva stare dietro a noi figli come faceva lei, ne risentii parecchio, avevo bisogno della mia mamma. Ma sapevo che non potevo mettermi a piagnucolare per ricevere attenzioni in quella situazione, così Ade e Calliope cercarono di prendere un po’il posto della mamma, ma tutti dovevano impegnarsi a casa. Così mentre la mamma perdeva i capelli per la chemio e passava giornate a vomitare, io imparai a stirarmi il grembiule per la scuola, iniziai a cucinare qualcosa e a fare la lavatrice. Dovemmo tirare avanti in questa maniera per quasi tre anni, al compimento dei miei 11 anni l’unica cosa che non sapevo fare era guidare. Quando mamma iniziò a stare meglio lo ammetto mi rilassai un po’ anche io, smisi di fare la maggior parte delle cose che facevo quando la mamma stava molto male. Ero così arrabbiata per quello che avevo dovuto passare, non era giusto che mia madre si fosse ammalata e che io mi fossi trovata a lasciare la mia infanzia spensierata per quell’inferno che avevamo vissuto.
Con questi pensieri in testa finii di smacchiare la camicia, l’asciugai in fretta, l’attore rimase zitto forse si era reso conto di quanto le sue parole mi avessero irritata. Quando reputai la stoffa asciutta spensi il phon, staccai la spina con uno strattone nervoso e passai il capo all’uomo.
-Ecco fatto- commentai, abbastanza glaciale.
Tom Hiddleston si sfilò la felpa di Matt e questa volta non mi scomodai a girarmi fingendo indifferenza, ma il mio cervello si era messo a ballare la samba e il mio stomaco stava vincendo la medaglia d’oro olimpica per il maggior numero di capriole consecutive. Mordendomi appena il labbro superiore osservai i suoi pettorali asciutti, gli addominali, la striscia di peli chiari che finiva sotto i suoi pantaloni, ma quanto cazzo di caldo faceva in casa quel giorno? Osservai per bene il modo in cui le sue mani esperte abbottonavano la camicia, quelle mani grandi con quelle dita lunghe e perfette … ma a che diavolo stavo pensando? Scossi la testa per riportarmi alla realtà, d’altronde ero ancora infastidita dalle sue insinuazioni sul mio essere troppo giovane.
Ma poi troppo giovane per cosa? A lui cosa gliene importava della mia età? Perché aveva deciso di puntualizzare il fatto che lui fosse molto più grande di me?
Le mie domande sarebbero rimaste senza risposta perché mi ritrovai ad accompagnarlo alla porta senza dire una parola e, quando arrivammo all’ingresso, lui mi sorrise appena.
-Sei stata molto gentile, ma ti sarei molto grato se non facessi parola con nessuno di avermi avuto a casa tua- commentò lui, gentile, ma con una nota di agitazione nella voce.
-Non si preoccupi, non mi permetterei mai. Mi scusi ancora per l’inconveniente- feci un breve cenno del capo per rinforzare le scuse.
L’attore fece una piccola smorfia, io aprii la porta e lui uscii fermandosi sul mio zerbino –Avevo detto di eliminare il lei-.
Schiarii la voce, mi portai i capelli indietro con un gesto secco e poi feci schioccare la lingua contro il palato –Come ha detto lei io  sono solo una ragazzina e lei un uomo adulto, non mi permetterei mai di dare del tu ad un uomo del suo calibro-.
-Elettra- cominciò lui –Se ti sei offesa …- cercò di continuare, ma io non lo lasciai finire, troppo infastidita per sentire le sue scuse.
-Nessuna offesa, semplicemente non amo chi sputa sentenze senza conoscermi, anche se a farlo è un attore famoso più adulto di me. Buona serata Signor Hiddleston, è stato un piacere avere la possibilità di intervistarla questa mattina e mi dispiace molto per i diversi inconvenienti che io stessa ho provocato, ma ora vorrei riposare.- detto questo chiusi la porta, vidi l’espressione stupita sul viso dell’uomo.
Ero stata scortese? Si
Mia madre mi avrebbe sgridata per una scenata del genere? Si
Avrei dovuto chiedere scusa? Si
Ero stata inappropriata? Si
Riaprii la porta per scusarmi per il mio pessimo comportamento? No, non lo feci.
La mattina dopo quando squillò la sveglia mi ritrovai nel letto con Matt, ebbi un momento di confusione generale, per un secondo non mi ricordavo come ero finita in camera del mio amico.
Ma poi tutto prese forma, Matt aveva la playstation in camera e ogni tanto andavo nel suo letto a giocare, quella notte mi ero addormentata come un sasso e probabilmente lui non aveva avuto il coraggio di cacciarmi.
Matt aveva ancora un po’ di trucco in faccia, era dannatamente carino l’avevo pensato immediatamente quando era venuto a visitare la casa per decidere se sarei stata la sua coinquilina.
Lo ammetto, nei primi mesi di convivenza avevo avuto una cotta spaventosa per quel ragazzo, ma cercate di capire. Matt arrivò in uno dei periodi più bui della mia vita, avevo il cuore spezzato perché qualcuno si era divertito a saltarci sopra per quasi 4 anni, e lui era bello come il sole in una giornata di primavera dopo tanta oscurità invernale. Era arrivato con il suo sorriso da bambino, i suoi occhi color miele e i suoi capelli cioccolato fondente; aveva dei modi estremamente gentili e non gli servì molto per imparare a conoscermi e a capire quanto ero spezzata. Matt mi aveva insegnato a rimettermi in piedi a capire che la fine di una relazione a vent’anni non era la fine del mondo, che non ero stata tradita perché ero io la persona sbagliata, ma perché avevo lasciato che la persona sbagliata si permettesse di farmi credere di avere io qualcosa che non andava.
Riccardo. Ecco il nome della persona sbagliata. L’avevo conosciuta a 16 anni al liceo, era stato un colpo di fulmine di quelli adolescenziali. Riccardo era il belloccio della scuola, capelli scuri e occhi color ghiaccio, io non ero certo la belloccia, ma mi sapevo far notare. Ero famosa per essere una delle più grandi festaiole della scuola, se c’era una festa io ero  fra le prime persone ad essere invitate e alla festa ero quella che riusciva a divertirsi più di tutti e riusciva a far divertire anche gli altri. Io e Riccardo parlammo per la prima volta ad  una di quelle feste sotto le note di Watcha’ Say di Jason Derulo, disse che ero carina e che adorava il mio modo di muovermi su quel tavolino sui tacchi alti. Si, ero su un tavolino che facevo la cubista, ricordo che Tristano aveva tentato di tirarmi giù più volte ma quando io entravo in modalità esibizionista non c’era nessuno in grado di fermarmi. Sta di fatto che la finimmo a ballare insieme, il mio bacino attaccato al cavallo dei suoi pantaloni, sentivo le sue mani bollenti sui miei fianchi lasciati mezzo nudi dal top striminzito che indossavo, il suo respiro contro il mio orecchio mi mandava fuori di testa, odorava mi buono e quando le sue labbra si avventarono sulle mie mi sentivo rimbalzata sulle nuvole. Storia romantica, vero? Ma il romanticismo non può durare in eterno, soprattutto se si tratta di una storia iniziata a sedici anni durante una festa.  I primi anni furono fantastici, ma dopo la maturità andò tutto male. Riccardo era insofferente, io davo la colpa allo studio per il test di medicina che doveva affrontare, ma la verità era che non sopportava me. Il suo test andò male, era distrutto, aveva tentato solo per la facoltà di medicina, così decise di partire con me per Londra. Nessuno poteva essere più felice di me, non mi era mai andata a genio l’idea di portare avanti una relazione a distanza soprattutto dopo anni passati a vederci ogni giorno. Così arrivammo a Londra nell’appartamento che poi presi a dividere con Matt, il primo mese fu bellissimo, eravamo due giovani con un appartamento vuoto e senza genitori in mezzo ai piedi. Inutile dire che il tempo lo passammo a fare sesso in ogni angolo della casa. Poi tutto cambiò, Riccardo non aveva nessuna intenzione di cercare un lavoro perché si professava troppo depresso per via del test andato male, io lavoravo alla caffetteria e i soldi non bastavano a pagare tutte le bollette, l’università e il cibo. Cercai più volte di fargli capire quanto io fossi in difficoltà nel gestire tutto quello con il mio misero stipendio, ma sembrava che ogni volta che mi permettevo di tirare fuori l’argomento lui si imbufaliva, così smisi di stargli addosso, ma smettemmo anche di coccolarci a letto, il sesso perse significato fino a quando non ci fu proprio il sesso. Una sera dopo aver smontato dall’ennesimo straordinario che mi impediva di andare a seguire le lezioni all’università, trovai nella nostra camera da letto Riccardo con una delle mie colleghe dell’università. I due stronzi erano sul mio letto che scopavano senza ritegno e i gemiti erano così alti da non sentire la porta di casa aprirsi e chiudersi. Che altro dire, cacciai Riccardo a pedate che ci tenne a dirmi che il problema ero io che non stavo mai a casa e non gli davo attenzioni. Ancora mi chiedo come feci a non staccargli la testa a morsi, no, forse lo so … ero una ragazza di 20 anni lontana dalla famiglia in una città straniera ed ero innamorata.
Matt rispose al mio annuncio sul giornale due settimane dopo che Riccardo tornò a Roma dai suoi genitori, non prima di essere gonfiato di botte da Ares e Tristano. Lo vidi arrivare dalla finestra, pensai immediatamente che era veramente alto e bello, si presentò con educazione, fece il giro della casa ascoltando i miei sproloqui e poi con aria insicura mi disse –Io faccio la Drag Queen la sera e sono gay, per te è un problema?-. Ed è così che iniziò la nostra favolosa amicizia.
Ma torniamo al mio risveglio, dovevo muovere le chiappe e andare a lavoro prima che iniziasse a farsi veramente tardi. Mi stiracchiai come un gatto e sbadigliai sonoramente prima di voltarmi per scendere dal letto, ma Matt mi afferrò per un braccio trattenendomi, -Dove credi di andare?- mi chiese, con la voce impastata dal sonno e gli occhi ancora chiusi.
-A lavoro, presente la caffetteria in cui servo ai tavoli?!- commentai, sarcastica e leggermente ridacchiante.
-Tu devi raccontarmi cosa diavolo ci faceva Tom Hiddleston a casa nostra ieri sera- esclamò emozionato.
-Dai Matt, devo farmi la doccia, ti racconto stasera dopo le lezioni in facoltà- approfittai dei suoi riflessi poco rapidi per via del sonno e sgusciai via dal letto in maniera veloce.
Matt mi guardò con un finto sguardo ferito per aver lasciato il letto così presto, ma il mio coinquilino non era tipo da perdersi d’animo e si alzò anche lui dal letto seguendomi come un ombra mentre filavo nella mia stanza a prendere dei vestiti puliti. Mi seguì anche in bagno, abbassò il coperchio della tazza e si sedette portandosi le ginocchia al petto.
-Fai sul serio?- chiesi, sollevando un sopracciglio nella sua direzione.
-Come se questa fosse la prima volta che ti vedo nuda- ribatté lui, con molta calma e senza perdersi d’animo nemmeno per un secondo. –Dai raccontami mentre sei in doccia, sono troppo curioso.-
Dovetti arrendermi, buttai a terra i miei vestiti e mi infilai sotto la doccia lasciando che il getto caldo dell’acqua  scivolasse lento lungo il mio corpo. Così gli raccontai dell’intervista e delle figure imbarazzanti a cui mi ero sottoposta da sola per poi finire con l’incontro serale in mezzo alla strada in cui avevo deciso di ustionare l’attore con la bevanda allo zenzero  e limone.
-Oh mio Dio! Hai toccato Loki!!!- esclamò lui battendo le mani, lo ammetto mi strappò un sorriso divertito.
Io e Matt eravamo due fissati con la Marvel, in salotto avevamo la collezione intera dei dvd dedicati ai supereroi, sicuramente i dvd in cui compariva Loki erano stati quelli più visti in assoluto, sapevamo tutte le battute a memoria.
-Si, e poi mi ha dato della ragazzina per via della mia età- conclusi, cambiando completamente tono rispetto all’inizio del racconto.
-Ahi- commentò lui.
-Esatto, proprio ahi. È stato un villano- sbottai, spalancando la porta della doccia e afferrando l’accappatoio dal lavello.
-Magari non intendeva dirlo in maniera offensiva, magari per lui è un modo carino di considerare una ragazza- cercò di giustificarlo Matt.
Non ero d’accordo, a me era apparso come un uomo adulto famoso che pensava di potersi permettere di elargire giudizi affrettati su persone appena conosciute di cui non sapeva praticamente nulla se non, a quanto pare, l’età.
Quel giorno a lavoro ero distratta,stavo con la testa per aria e continuavo a rimuginare su Tom Hiddleston, si proprio non riuscivo a togliermi dalla mente il suo comportamento fastidioso. Ero così tanto sulle nuvole che più di una volta scambiai le ordinazioni dei clienti, dovetti sorbirmi una bella strigliata da parte del mio capo.
La sera in facoltà ancora stavo con la testa per aria, incontrai Michelle mi sgridò ancora per il giorno prima, ma io ero così estraniata dal mondo che non riuscii nemmeno a farle una delle mie battute per zittirla.
Durante la lezione di letteratura tedesca continuai a tamburellare la penna sul mio block notes, avrei dovuto prendere appunti, io prendevo sempre appunti, ma non li presi quel giorno.
Ero infuriata.
Infastidita.
E offesa.
Tutto perché un attore da strapazzo si era permesso di dire la sua opinione su di me, sulla mia maturità, quando non sapeva assolutamente nulla di me. Ero furibonda, come aveva osato? Io non mi sarei mai permessa di emettere giudizi sulla sua persona, d’altronde non sapevo nulla di lui.
Eppure, più mi infuriavo per questa storia, più mi rendevo conto di quanto fosse infantile la mia reazione. E quindi, anche se si era permesso di emettere un giudizio su di me? Me ne sarei dovuta fregare, d’altronde sostenevo di essere molto matura e una persona matura non avrebbe dato peso ad una cosa insignificante detta da una persona sconosciuta. Mi resi conto che il problema non era tanto l’accusa che mi era stata rivolta, quanto la persona che l’aveva lanciata. Era stupido, lo so, ma avevo 22 anni ed ero cotta di Tom Hiddleston e del suo accento super sexy da anni. Probabilmente non l’avrei mai ammesso ad alta voce, ma il pensiero che uno dei miei attori preferiti mi avesse dato della bambina mi faceva ribollire il sangue nelle vene.
Sospirai infastidita, anche se una piccola parte di me cercava di rassicurarsi dicendosi che ammettere tutte queste cose era da persona matura. Si, mi dissi per l’ennesima volta, io sono assolutamente molto matura e anche … il mio flusso di coscienza venne bruscamente interrotto.
-El, El!- una voce mi fece riscuotere, era lo voce Kimmy una mia collega –Ti squilla il cellulare- il suo tono era basso e un po’ imbarazzato. In aula era calato il silenzio, il professore mi fulminava con lo sguardo, deglutii imbarazzata e chiesi scusa afferrando il cellulare e scappando dall’aula.
Una volta fuori, sul display, vidi lampeggiare il nome Calliope, era molto strano che mia sorella mi chiamasse, ebbi un momento di panico e iniziarono a prudermi le estremità del corpo mentre trascinavo il dito sullo schermo.
-Cal, tutto bene?- probabilmente mi tremò la voce, ma non appena iniziò ad urlarmi nelle orecchie eccitata, capii che non si trattava di  brutte notizie.
-MI HA FATTO LA PROPOSTAAAAA- strillò al telefono.
Sbattei le palpebre e mi allontanai immediatamente il telefono dall’orecchio, ma quanto cavolo urlava mia sorella? Probabilmente mi aveva lesionato un timpano, ma non importava perché era una bellissima notizia quella che mi stava dando e non come quella di qualche mese prima in cui mi avvertiva che Ares si era messo a fare combattimenti clandestini per racimolare soldi.
-Cal sono così felice!!- esclamai, ero veramente al settimo cielo per mia sorella.
Io e Calliope avevamo sempre avuto un rapporto di amore odio, lei diceva che io ero super viziata, mentre io ribattevo che lei era quella che riceveva più elogi. Dividere la camera da letto con lei era un vero delirio, litigavamo per ogni singola cosa, in alcuni momenti diventava spossante. Ma da quando mi ero trasferita Londra per studiare eravamo riuscite ad instaurare un rapporto normale tra sorelle e il suo matrimonio mi rendeva veramente felice.
Calliope e Filippo si erano conosciuti il primo anno di università, lei era la classica miss perfettina mentre lui era un romanaccio che si era messo a studiare giurisprudenza tanto per non rimanere con le mani in mano. Per quasi un anno lui l’aveva corteggiata in tutti modi mentre lei, beh lei l’aveva snobbato per quasi un anno fino a quando lui non si era arreso ed aveva iniziato ad uscire con un’altra ragazza. Dovevate vedere la furia di mia sorella, sprizzava gelosia da tutti i pori, era una cosa ridicola. Così alla fine dovette ammettere di essere cotta di lui, fu una storia d’amore perfetta.
-Tu sarai la mia testimone- disse senza lasciarmi spazio per parlare, con lei era così, se decideva una cosa era così e basta.
-D’accordo- dissi ridacchiando.
Poi sentii la voce di Ares e subito dopo quella di Tristano –È Elettra?- chiesero quasi in coro. Calliope si limitò a dire un veloce si e cercò di riprendere il discorso del matrimonio, ma i gemelli erano terribili –Chiedile dell’intervista con Tom Hiddleston- esclamò Ares. Cal sbuffò –Che palle, voi e questi fumetti- sbottò. –Tom Hiddleston non è un fumetto- disse piccato Tristano –E’ l’attore che interpreta …- cominciò a dire lui, ma mia sorella lo interruppe concludendo con un –Un fumetto-. Mi venne da ridere, un pochino mi mancavano i battibecchi tra fratelli, sentirli al telefono era una piccola consolazione. –Oh Zeus, quanto sei ignorante Calliope, Loki è un personaggio di un fumetto … ascolta, passami il telefono- disse Ares risoluto, sentii casino dall’altra parte della cornetta.
-Elettra, sono Ares. Come è andata l’intervista con l’attore dei tuoi sogni- lo disse per prendermi in giro, se l’avessi avuto davanti gli avrei mollato un pugno sulla spalla.
-Ciao anche a te, Ares. È andata bene … - ignorai il suo commento e gli raccontai brevemente l’intervista senza omettere le scene imbarazzanti, ma evitai di raccontare di averlo avuto a casa.
Parlare con i miei familiari mi fece tornare il buonumore, ma mi fece venire la malinconia. Mi mancavano e non potevo negarlo.
Mi mancava la mamma con i suoi proverbi in greco e i biscotti caldi la domenica mattina.
Mi mancava papà che ogni settimana andava ad un mercatino dell’usato e tornava con un film nuovo da guardare tutti insieme in salotto.
Mi mancava Ade che sembrava l’unico in grado di mettermi al mio posto con una sola occhiata, mi mancava il modo in cui mi faceva il solletico ogni volta che andavo in camera sua ad infastidirlo.
Mi mancava Calliope e il suo modo di voler sempre avere tutto sotto controllo e la sua mania di mettere sempre tutto in ordine, anche i miei vestiti.
E poi mi mancavano i gemelli, era quasi impossibili dividerli, ogni tanto mamma li prendeva in giro dicendo che erano un’unica entità. Mi mancava fare le ore piccole con loro, incollati davanti al televisore trangugiando schifezze e guardando Suits*.
Mentre scendevo dalla metro e mi dirigevo verso casa sentii una fitta allo stomaco, la malinconia era brutta.
Sospirai chiudendomi il portone alle spalle, sentivo le lacrime pizzicarmi agli angoli degli occhi, cercai di ricacciarle indietro proprio mentre vidi una letta nella cassetta della posta.
Ero un po’ sorpresa, non capitava spesso che ricevessimo delle lettere, certo giornali e qualche depliant pubblicitario, ma mai lettere.
Nel mazzo di chiavi afferrai la chiavetta piccola per aprire la cassetta postale, la lettera non aveva mittente e non aveva francobolli, ma c’era il mio nome scritto sopra. Incuriosita mi sedetti su un gradino della rampa di scale e aprii la busta con una chiave. Dentro c’era un foglio e due biglietti … due biglietti?
Sgranai gli occhi quando capii cosa fossero, non potevo crederci, stavo tenendo tra le mani due biglietti per la prima di Avengers IW a Londra, cazzo quella prima in cui ci sarebbero stati gli attori.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata, aprii la bocca per urlare, ma poi la richiusi subito, non potevo mettermi ad urlare nella scala avrei fatto venire un infarto a tutto il condominio. Così mi limitai a battere i piedi nella maniera più discreta possibile e ad agitare le braccia.
Quando mi fui più o meno calmata mi ricordai dalla lettera e del fatto che non avessi la benché minima idea di chi mi avesse fatto un regalo del genere.
Aprii la lettera con le mani che mi tremavano.
Elettra,
spero che i biglietti siano di tuo gradimento, ho preso i posti migliori che potessi trovare, porta pure chi preferisci, se la tua collega Michelle oppure il tuo eccentrico coinquilino … decidi tu.
Ne approfitto per scusarmi per il mio comportamento dell’altra sera, è stato del tutto inappropriato e sono davvero mortificato. Spero che tu non ti sia offesa, il mio commento non voleva mirare a quello, in realtà non so nemmeno io a cosa mirassi con quella frase. Quindi scusami davvero, spero di poterti vedere alla prima del film.
Tom Hiddleston”
OH MIO ZEUS!
Era uno scherzo? Stava davvero succedendo a me oppure stavo sognando?
 
 
Eccomi qui popolo di efp. Cercherò di aggiornare il più spesso possibile, ma è un casino con la sessione estiva e quando smetto di studiare sono troppo stanca per mettermi a scrivere.
In questo capitolo si scoprono nuove cose su Elettra, la sua famiglia e la sua vita, spero che la fic vi stia interessando e piacendo.
NB: Non mi pare che per IW abbiano fatto una prima a Londra, ma non importa, tanto è tutto frutto della mia fantasia.
*Tanto per fare la pignola, Suits è una serie tv statunitense che ruota attorno a storie di avvocati.
Non mi resta che salutarvi e ricordarvi che le recensioni sono sempre ben accettate!
PS: okay, giuro che questo è l’ultimo appunto. Se vi va, nella sezione Thor, sto pubblicando una ff sul nostro Loki, la fic è quasi conclusa e si intitola “Coinquilini”
_cherryred_
   
 
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