Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: xingchan    22/05/2018    1 recensioni
"[...] prima che potesse scivolare nel mondo dei sogni una luce improvvisa rossa come il sangue le avvampò davanti alle palpebre abbassate provocandole se non dolore, qualcosa che rassomigliava ad un fastidioso e potente fuoco che la investì in pieno."
[Post Manga; Lieve OOC]
Genere: Angst, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Jaken, Kohaku, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Pianto



C'erano dei fiori gialli, appena dietro la folta siepe che dava sull'albero dei passeri. Lo aveva chiamato così Rin, nel segreto della sua mente, perché un pomeriggio arrampicandosi sui suoi rami aveva scorto un nido pieno di piccolissime uova. E pensando fossero passeri - i passeri, anche da adulti, sono piccoli - l'aveva chiamato così.
Le gambe le dolevano per lo sforzo - aveva camminato per tutta la mattina precedente per aiutare la mamma a raccogliere l'acqua al pozzo, e il pozzo distava un bel po' di strada dalla baracca cadente in cui vivevano - ma era determinata a raccoglierli, quei fiori.
Il giallo le piaceva, perché era il colore del sole del mattino; così come l'arancione, il colore del sole della sera.
Così cominciò a correre in direzione del folto della foresta.
Molti al villaggio dicevano che in quella foresta così intricata - dove il sole non batteva quasi mai - non ci si doveva nemmeno avvicinare, perché era frequentata da demoni di ogni sorta. Ma anche Rin frequentava spesso quella foresta, e non aveva mai pensato che fosse un luogo pericoloso. Ci era stata innumerevoli volte, anche contro il volere dei suoi genitori e dei suoi fratelli, e non aveva mai visto demoni là in mezzo.
Ignorò l'assenza di luce che la foresta conservava al suo interno, scavalcò le braccia ritorte dei rami caduti e calpestòl'immenso tappeto verde scuro della vegetazione, finché arrivò con il fiatone ai piedi dell'albero dei passeri e li trovò, i fiorellini, teneri e vivaci, che contrastavano la penombra del crepuscolo con la loro sola debole forza.
Entusiasta, ne raccolse quanti ne potevano contenere le sue piccole mani. Li avrebbe regalati alla mamma, e lei li avrebbe esposti sul davanzale della piccola finestrella della casa. Forse non sarebbe stata felice del fatto che si fosse avventurata l'ennesima volta in quel luogo proibito, ma questo importava davvero poco: quei fiorellini le avrebbero fatto dimenticare la disobbedienza nei suoi confronti.
D'altronde, succedeva sempre. Forse si sarebbe beccata una sculacciata da uno dei suoi fratelli o da suo padre, ma niente di più. Niente che potesse tenersi in mente per tutta la vita.
Si affrettò a ritornare indietro, ma più si avvicinava al villaggio, più si accorse di udire distintamente delle grida di terrore degli abitanti e dello stridio di zoccoli di cavalli.
Una morsa al cuore la trattenne sul posto, impedendole di avanzare oltre, e colta dalla paura si rintanò nella visuale dei fiorellini per poter evitare che la stessa paura continuasse a tormentarla.
Ma i fiori nelle sue mani tremanti appassirono a vista d'occhio, marcirono e diventarono cenere, mentre il suono sordo del terrore puro del suo cuore si impossessò della sua testa.
Avrebbe voluto rimanere nella foresta, ma le voci delle anziane del villaggio che dicevano che era abitata dai demoni suonarono con prepotenza nelle sue orecchie. Così si mise a correre di nuovo, sempre più velocemente, per ritornare a casa, nascondersi sotto le coperte della sua stuoia ed aspettare che tutto finisse.
Ma ora che era arrivata alla periferia del villaggio, come poteva riuscire ad arrivare a casa indenne?
Il villaggio era sotto tiro da uomini in groppa a cavalli bruni, che stavano sterminando gli abitanti del villaggio con le loro spade macchiate di sangue.
Briganti.
Vide finalmente la baracca, dove poco distante c'erano i suoi genitori e i suoi fratelli. Questi ultimi erano riversi a terra, ciascuno nella propria pozza di sangue.
No!
Facendo un violento sforzo di volontà Rin riprese la sua corsa verso di loro, aumentando progressivamente la velocità, mentre il fianco di un cavallo le interruppe la visuale e la respinse, mandandola rovinosamente a terra. Ma Rin, caparbia, si rimise immediatamente in piedi, continuando la sua corsa imperterrita.
Ma si bloccò di nuovo, di colpo.
Proprio nel momento in cui aveva raggiunto la sua casa, il coraggio le venne improvvisamente meno, spingendola a nascondersi dietro una parete esterna.
Spiando oltre il legno, assisté impotente alla scena.
Sua madre urlava, il viso contratto dalla paura.
Non poteva vederlo, Rin, quel viso. Sembrava che la donna non avesse un volto suo. Ma la bambina sapeva che era sua madre, e sapeva anche quale orribile espressione avesse assunto. Un coltello era puntato contro la sua spalla così forte che ne fuoriuscì un rivolo di sangue che macchiò lo yukata grigio chiaro, mentre suo padre era in ginocchio, piangente - anche lui senza volto, ma le lacrime c'erano, ed erano numerose - tenuto per entrambe le braccia da due uomini enormi che aspettavano un solo, misero segnale da quello che teneva in ostaggio sua madre: probabilmente il loro capo.
All'improvviso, Rin avvertì con orrore quelle stesse braccia tenere saldamente le sue esili spalle, facendo così tanta pressione che Rin quasi si sentì schiacciare a terra.
Cosa?
Ma non ci fu il tempo di darsi una risposta. Nel momento stesso in cui sua madre veniva pugnalata alla base della gola, inavvertitamente la bambina sentì qualcosa di freddo e pungente affondare con crudele lentezza esattamente nella stessa, identica zona, squarciando la sua pelle, lacerandole la carne.
Rin percepì il dolore devastarla e farsi sempre più intenso, finché l'ultimo centimetro del metallo non si conficcò nel cuore. E fu in quel momento che la bambina sbarrò gli occhi. Credeva di dover sentire la vita scorrerle via dal corpo. Invece si scoprì più viva che mai.
Il sangue le macchiò la manica dello yukata che indossava, ma non era morta.
Avrebbe dovuto accasciarsi a terra e dissanguarsi, ma non era successo.
I briganti scomparvero, così come i loro cavalli.
Si portò lo sguardo sulle palme delle piccole mani, sentendole umide di liquido denso e provando un indicibile ribrezzo, poi spostò la sua attenzione ai cadaveri dei familiari e degli altri abitanti del villaggio.
Morti.
Erano tutti morti.
Una saetta, più fulminea di un volo d'aquila, gli fulminò la mente. Un enorme groppo le si serrò nella gola, impedendole di urlare.
Ritornò al volto della mamma, e successivamente a quello del padre e dei fratelli. Rin avrebbe voluto toccarli, baciarli, piangere su di loro, ma aveva troppa paura.
Quelli non erano più mamma e papà. Quelli non erano più i suoi fratelli.
Erano cadaveri.
L'orrore crebbe dentro di lei come una pianta corrosiva, e Rin indietreggiò di molti passi incerti prima di voltarsi e correre in direzione della foresta.
Ma qualcuno la fermò, sbattendola con violenza prona a terra.
"Ehi, Rin! Hai rubato ancora, eh?!"
La voce dell'uomo che l'aveva fermata le parve più dura e minacciosa di quel che ricordava.
Ricordava? Ricordava cosa?
"Sappi che ci prendiamo cura di te solo perché non hai più una famiglia!"
Un calcio al fianco le mozzò il fiato; e poi un altro, più forte, più dilaniante. Ma la voce per urlare non usciva.
Dove sei?
Un altro calcio, e poi un altro ancora. Sul petto, sul visino, sull'addome, ovunque. Non sapeva contare, ma Rin era certa che ne fossero davvero molti. Il terreno duro le graffiò la faccia, aggiungendo altro dolore su quello che stava già provando su di sé.
Venne sollevata da terra e schiaffeggiata. Sentì il sapore ferroso del sangue nella bocca, e la faccia doveva essere terribilmente tumefatta a giudicare dal dolore, ma non si lamentò. D'altronde, era impossibilitata a farlo.
"Se lo rifai, ti uccideremo!"
La gettarono ai loro piedi, come si getta uno straccio consunto, ma Rin non fece in tempo a sentire l'impatto con il suolo che udì un ringhio sommesso. Alzò gli occhi, spinta da una folle e malsana curiosità, e vide un ragazzo alto, con i capelli lunghi e neri legati ad una coda, circondato da un branco di lupi affamati. Stava chiedendo qualcosa all'uomo - dove lo aveva visto, quello strano uomo? - che si era intrufolato nella sua baracca, forse per rubacchiare qualcosa, appena qualche minuto prima.
Quando è successo, tutto questo?
Il ragazzo alto con la coda lo uccise; e il sangue dell'uomo si sparse sull'argine del fiume, insozzando l'acqua limpida.
Il ragazzo - il capo, il demone - concesse ai lupi di banchettare con gli abitanti del villaggio, ed alcuni di loro la puntarono suo malgrado, scoprendo i denti aguzzi.
Ma Rin non si lasciò sopraffare dalla paura. Non stavolta. Lesta, cominciò a correre a perdifiato verso l'albero dei passeri, pensando di potercisi arrampicare sopra ed evitare così di essere divorata.
Non era all'interno della foresta che c'erano i demoni, ma fuori.
La paura l'assalì prima che potessero farlo quelle belve fameliche. La raggiunsero e la atterrarono - di nuovo - trascinandola in un vortice di sgomento assoluto.
Sentì i loro denti affilati che si facevano strada nella sua pelle sottile - come la spada del brigante - e contendersi il suo corpicino con ferocia inaudita, azzannandola ora al braccio, ora alla gamba, ora al petto, ora alla gola.
Avrebbe preferito morire subito piuttosto che trascorrere quegli orribili istanti.
Dove sei?
Non c'era nessuno lì che potesse aiutarla; perché continuava a cercare qualcosa che non esisteva?
Si parò il volto con la manica dello yukata per arginare quella brutalità. Ma i lupi erano troppi, troppo grandi e troppo forti.
E lei era troppo piccola e debole per potersi opporre a quel massacro.
La ferivano, la azzannavano e non la uccidevano.
Avrebbe preferito perdere i sensi e morire, piuttosto che sentire tutto quel dolore, quella paura, quell'impotenza.
Sentì qualcosa spegnersi dentro di lei, come si spegne la fiammella di una lampada nel buio della notte.
Ma la sua voce riapparve. Finalmente poteva gridare. E gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.
"Aiuto!"
Vide esplodere davanti ai suoi occhi il rosso scarlatto del sangue, e si ritrasse di colpo spaventata a morte, mentre il battito furioso del suo cuore le martellava incessantemente nelle orecchie e una goccia di sudore freddo si unì ad altre che imperlavano la sua fronte, rigandole le tempie.
Focalizzò una figura che troneggiava sulla sua visuale, ancora schermata dal suo braccio, scoprendo che il rosso non era di sangue.
Un fiore.
Era uno dei tanti, piccoli ed elaborati fiori del kimono di seta che indossava, cucito a regola d'arte con fili di ogni tonalità conosciuta di rosso, e con brillante filigrana tessuta a delimitarne i contorni. I ricami ebbero un effetto familiare così immediato che Rin sentì di potersi concedere di chiudere gli occhi esausti, così come i mormorii di gioia delle persone attorno a lei.
Ma il sentore pungente delle lacrime cominciò a farsi percepire e Rin scoppiò in un pianto liberatorio, per sfogare tutte le emozioni che le erano turbinate nella testa fino a pochi istanti prima.
Si nascose fra le braccia protettive di Kaede che lamentava di essersi presa un colpo - non aveva più l'età per reggere simili spaventi - mentre sentiva il tocco dolce di Kagome e quello più grezzo eppure così rassicurante di Kohaku sulla schiena stranamente dolorante - come se avesse vissuto nuovamente quei giorni lontani - finché non ricordò il momento in cui era in compagnia di Sesshomaru, alla radura.
"Ti voglio con me."
Il suo cuore di ragazza innamorata sussultò con violenza, portandola inevitabilmente a cercare il demone cane con lo sguardo appannato dalle lacrime. Lo trovò finalmente - era lui che cercava, nel suo incubo, era chiaro - con i suoi occhi d'oro a fissarla, colmi di apprensione e sollievo allo stesso tempo. Seduto accanto a lui, Jaken era nelle stesse condizioni del padrone, ma si lasciò andare ad una esclamazione esultante.
"Rin, ti sei svegliata finalmente!"
Ma non erano i soli che si erano riuniti a casa di Kaede: Inuyasha e Miroku erano a poca distanza dalle donne che si stavano prendendo cura di lei, con le facce contratte tanto quanto lo erano quelle delle due sacerdotesse.
"Ma cosa è successo?"
Udì la sua voce impastata che faticava a parlare, avvertendo un leggero pizzicore alla gola. Con tutta probabilmente aveva urlato a squarciagola senza che nessuno potesse fare qualcosa per lei.
"Non lo so, Rin" le rispose Kaede, il tono di voce ancora scosso per l'accaduto. "Sesshomaru ti ha portata a casa mentre eri priva di sensi."
"Priva di sensi pur avendo gli occhi aperti, e vacui" intervenne Miroku. "Come se ci fosse un abisso al suo interno."
Gli occhi aperti?
"Kaede e Kagome ci hanno messo un po' prima di riuscire a purificarti."
"Tieni." Kagome le porse una tazza di legno piena di tisana, ma Rin non era dell'umore adatto per bere qualcosa.
"Non ne ho voglia" mugugnò.
"E' malva, ti farà bene."
La sacerdotessa attese con pazienza che lei prendesse fra le mani la tazza tiepida, accompagnandola alle labbra della ragazza. Rin sentì il calore ristoratore della bevanda spargersi per il corpo, e il suo profumo insinuarsi nelle narici, mentre Kagome continuò, cercando di essere il più discreta possibile.
"Ci hai spaventati a morte, lo sai? Gridavi qualcosa a proposito di briganti... E di lupi." Sì fermò, cauta, sapendo che quello era un argomento che Rin tentava sempre di evitare.
"Probabilmente si riferiva a ciò che le è successo da bambina..." suggerì Inuyasha.
"E' così?" chiese Kagome.
Rin deglutì a fatica ripensando a quegli atroci momenti, poi annuì con riluttanza. Kagome sapeva cosa le era successo quando era ancora piccola, così come tutti gli altri: dall'assassinio della sua famiglia d'origine alla terribile notte in cui lei stessa venne uccisa a morsi dai lupi. Ma c'erano cose che non aveva mai raccontato a nessuno, come l'emarginazione nei suoi confronti al villaggio in cui aveva vissuto prima della sua morte, ad esempio.
La sua morte.
Immediatamente ricordò la macanza di sensazioni di tempo e spazio nel nulla della morte, e della piccola che doveva aver provato quel buio e che lei aveva riportato in vita. Quella bambina aveva uno dei volti più dolci che avesse mai visto.
E poi, ricordò Tenseiga. La spada giaceva appoggiata accanto all'ingresso della casetta, con il suo arco e la sua faretra. Rin lo percepì appena, ma le sembrò che la spada piangesse.
Non aveva mai sentito nulla di simile prima.
Avrebbe voluto chiedere a Sesshomaru delle spiegazioni, ma non poté dire nulla, perché la calma fu spezzata dall'arrivo trafelato di Sango.
"Rin! Che cosa è successo, stai bene?" chiese la donna, inginocchiandosi per poterle dare un'occhiata.
"Sì" rispose Kohaku pensieroso "anche se è accaduto qualcosa di strano."
"Lo senti anche tu, non è vero?" chiese Inuyasha rivolgendosi al fratello. "C'è odore di sangue, ed è di Rin."
Senza attendere una risposta da parte di Sesshomaru, Inuyasha si avvicinò alla ragazza, accovacciandosi accanto per poterla annusare.
"Hai perso del sangue" constatò con una cadenza contenuta nella voce. "Da molte zone del tuo corpo. Ma è molto poco, fortunatamente."
Kaede si lasciò sfuggire una esclamazione strozzata pregna di angoscia, così come Kohaku, mentre Kagome le chiedeva dove le facesse male.
"Dappertutto" disse lei con un filo di voce. Ma il dolore era decisamente più intenso all'altezza della spalla, dove la lama del brigante dell'incubo aveva perforato la carne di sua madre - e la sua - fino al cuore; e alla gola, dove un lupo l'aveva assalita con più aggressività rispetto agli altri membri del branco.
"Aspetta, ho visto qualcosa." Kagome la fece girare con delicatezza verso di sé, e le fece scivolare via il kimono dalla spalla quel po' che bastava per poterla esaminare. "La ferita sembra rimarginata da tempo" disse dopo essersi concessa qualche secondo per controllare, "ma è come se le fosse stata inferta poco fa: la sua pelle è un po' macchiata di sangue e il taglio è ancora un po' rosso e gonfio."
"Ti preparo un impacco, Rin" si offrì Sango.
Ma Rin non la ascoltò neppure, perché Tenseiga prese a tremare vistosamente catturando la sua completa attenzione. Avrebbe voluto dire che sentiva distintamente quel richiamo, avvertire qualcuno al riguardo - chiunque - ma Sesshomaru si alzò all'improvviso con movimenti fluidi dal suo posto, attirando su di sé lo sguardo di tutti i presenti. Afferrò con rabbia malcelata Tenseiga per il fodero, e nel momento in cui impugnò l'elsa della spada, questa sembrò respingerlo sprigionando una lingua di fuoco contro la sua mano.
Ma cosa è stato?
"Sesshomaru!"
L'esclamazione incredula di Inuyasha indusse Rin a darsi pensiero per lui.
"Tenseiga ti ha ustionato?!"
La ragazza vide distintamente alcuni filamenti di fumo salire sinuosamente dalla mano del demone cane, mentre lui si guardava la mano bruciata con le sopracciglia aggrottate. Sembrava non capire cosa stesse succedendo. Ma fece come se non volesse lasciarsi turbare ulteriormente dall'accaduto: si ricompose perfettamente, esprimendo soltanto una sua personale e allo stesso tempo amara constatazione, decisamente simile a quelle che Rin nella sua infanzia aveva sentito tantissime altre volte da Sesshomaru.
"Questa spada crea soltanto problemi."
Rin si rabbuiò, ma qualcosa le fece dimenticare le sue parole.
Un volto conosciuto apparve dall'ingresso della capanna, fermando di colpo il passo di Sesshomaru, vestito del solito e povero yukata, e il suo immancabile martello di fabbro demoniaco.
"Mi dispiace, ma non credo che sia la tua spada a darti problemi."
"Totosai."




NDA
Aloha, gente.
Ho voluto staccare perché se avessi continuato con tutto il marasma che dovrei spiegare - o meglio, che Totosai dovrebbe spiegare - il capitolo sarebbe stato troppo lungo e chissà, sarebbe uscito il doppio rispetto a quello che mi sono prefissata come standard. Nella mia paginetta fb ho accennato ad un cambio di rotta: per chi ha avuto modo di leggere il secondo capitolo pressappoco nell'ultima settimana si è reso conto che ho messo la dicitura "horror", perché mentre stavo scrivendo effettivamente stava uscendo una cosa che horror horror non era, ma che si avvicinava molto (vedi sopra), almeno spero. Certo, non sarei mai riuscita a fare qualcosa alla Shining ovviamente, però spero di aver reso l'idea.
Chi credeva che Rin fosse svenuta per l'emozione (ahahahah ve l'ho fatta, seppure inconsapevolmente) ora ha trovato ben altro - il fluff abbestia per ora è accantonato. E niente, mi dispiace xD
Credevo di poter aggiornare domani, ed invece sembra che ci sia riuscita oggi. Benebenebene.
Se ci sono (o)rrori, segnalate pure.
Bye!

   
 
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