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Autore: Neko    25/05/2018    2 recensioni
Si ritrovò in un posto oscuro. Un buio così pesante da poterlo quasi toccare. Si sentiva accapponare la pelle. Si abbracciò come a cercare conforto e chiamò a gran voce i nomi delle persone che amava. Nessuna voce rispose però al suo richiamo.
Tutto continuava a essere avvolto dall’oscurità. Poi dei lamenti si alzarono nell’aria, interrompendo quel silenzio innaturale che la circondava, ma che rimpiangeva nel sentire quei gemiti di disperazione e di dolore… Si svegliò di soprassalto, con la fronte ricoperta di sudore e una tremenda sensazione di angoscia.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

Lasciate le bimbe a scuola, Regina ed Emma si recarono nell’ufficio di quest’ultima. Emma si sedette di peso sulla sua sedia. Era esausta di prima mattina, non avendo dormito a causa di quello stupido sogno.

“Allora Regina, mi vuoi dire cosa succede? Perché tanti misteri?” Chiese la donna, vedendo il sindaco camminare nervosamente avanti e indietro per l’ufficio.

“Succede che ho passato una buona parte della mattinata a calmare Roni. Era terrorizzata e non smetteva di piangere. Non voleva staccarsi da me o da Robin. Non voleva andare a scuola e voleva che nemmeno Roland ci andasse!”

Emma la guardò confusa, primo perché non capiva cosa centrasse lei in tutto quello e secondo perché la bambina le era sembrata vispa come sempre.

Stava per chiederle ulteriori spiegazioni, ma Regina la precedette “Ha fatto un incubo e sebbene i bambini facciano spesso brutti sogni, questi non creano crisi di panico Emma. Ci deve essere qualcosa  sotto!”

Emma si mosse nervosamente sulla sedia. Non poteva essere una coincidenza che lei, sua figlia e Roni avessero avuto tutte e tre un sogno che le aveva spiazzate.

“Cosa ha sognato, te lo ha detto?” chiese Emma.

“Ha detto di aver visto tante macerie che appartenevano a una città, il cielo rosso sangue, corpi mutilati che cercavano di afferrarla e che questa città era…”

Storybrooke!” disse Emma, sbiancando improvvisamente.

Si alzò e si recò alla finestra dove osservando la cittadina, le sembrava quasi di vedere le immagini del sogno sovrapporsi alla realtà e istintivamente si abbracciò come a volersi proteggere.

A Regina non scappò questo sua atteggiamento e comprese che la donna sapeva qualcosa.

“Emma, cosa sai? Era una visione vero?” Chiese il sindaco, temendo la risposta.

“Io…io non lo so. Speravo fosse un brutto sogno, ci speravo veramente, ma…” sospirò e alzò lo sguardò sul sindaco. “Anche io e mia figlia abbiamo avuto un incubo sta notte. Alice non ricorda cosa ha visto, ma le emozioni provate l’hanno spaventata parecchio e io…ho visto le stesse cose che ha sognato Roni. È tutto il giorno che cerco di convincermi che non significhi niente!”

“Due salvatori che hanno lo stesso incubo nella stessa notte? Quante probabilità ci possono essere? Inoltre tua figlia non sarà una salvatrice, ma ha poteri simili hai tuoi, quindi possiede una particolare dote a percepire cose che solo tu e Roni siete in grado!” disse Regina preoccupata.

Emma scosse la testa e disse “Cerchiamo di non allarmarci prima del previsto!  Stiamo a vedere se questi sogni continuano o…” cominciò, ma il sindaco della cittadina la interruppe “O cosa Emma? Non voglio che mia figlia faccia altri di questi incubi. È una bambina non dovrebbe pensare a città distrutte, cadaveri o temere che qualcuno le faccia del male. Non voglio che Roni sia coinvolta in tutto questo!”.

“Se sta per succedere qualcosa della portata di quel sogno Regina…allora tutti quanti saremo coinvolti, non solo Roni!” disse Emma con uno sguardo serio.

“Ma lei più di altri. Se è qualcosa che ha a che fare con la magia di un salvatore, poco importa che abbia solo sei anni Emma!” disse Regina.

“Regina, sono io la salvatrice in carica, quindi se succederà qualcosa me ne occuperò io. Lei non dovrà fare, né affrontare niente, te lo prometto!”

Sebbene Regina si fidasse di Emma, non si tranquillizzò. Non avrebbe mai cessato di preoccuparsi dei suoi figli, soprattutto dato che Roni era destinata, sì a qualcosa di grandioso, ma anche di estremamente pericoloso.

 

Quella sera quando Emma tornò a casa, si sorprese di trovarla vuota e con la luce spenta.

Killian e sua figlia sarebbero dovuti rincasare un’ora prima rispetto a lei. Non si preoccupò però di quel ritardo. Era già successo in passato e sapeva esattamente quale era la motivazione della loro assenza. A volte Killian, dopo la scuola, portava Alice alla sua nave per passare un po’ di tempo insieme e soprattutto per insegnarle le basi della navigazione. Era sempre tutto un gioco soprattutto per la bambina, ma da quando aveva compiuto sei anni, l’uomo aveva iniziato a fare sul serio, sebbene cercava in tutti i modi di far divertire la piccola, in quanto aveva notato come spiegando le cose tramite il gioco, era più reattiva nell’apprendimento. A causa di tutto ciò, spesso Killian perdeva la nozione del tempo.

Emma decise allora di rilassarsi un attimo davanti alla televisione. Non voleva guardare niente di specifico, ma solo fare un po’ di zapping. Notò che non c’era molto da vedere, solo programmi stupidi e film che aveva già visto. Decise ad un certo punto di soffermarsi sul tg e come poteva immaginare, questo aveva solo notizie negative da raccontare. Rimase sorpresa nel sentire la brutalità di certi crimini. Aveva a che fare con criminali tutti i giorni, ladri e assassini, addirittura lei aveva ucciso Crudelia, o aveva assistito a omicidi, ma una volta ucciso un nemico finiva la storia, non ci si accaniva ulteriormente sulla vittima, che ormai non poteva più fare niente, cosa che spesso invece sentiva fare da criminali che fino al giorno prima si erano dimostrate persone per bene o tranquille. Aveva notato come nell’ultimo periodo il mondo sembrava impazzito. Anche a Storybrooke, vi erano più problemi e come se non bastasse tutto questo, a perseguitare un pianeta già abbastanza governato dalla cattiveria e dall’egoismo, ci si metteva anche madre natura con la sua ira a infierire, con terremoti, uragani, tempeste o eruzioni vulcaniche. Sembrava che tutto stesse cadendo a rotoli.

Decise che ne aveva abbastanza di sentire cose brutte per quella giornata. Spense la tv, ma nello stesso istante saltò la luce in tutta la casa.

Sbuffò e afferrando una torcia nel mobiletto vicino alla finestra, fece luce per recarsi al contatore della luce per riallacciare la corrente elettrica.

Qualcosa però non andava, la casa era buia più del solito. Avrebbe dovuto esserci almeno la luce che entrava dalla finestra, grazie ai lampioni stradali, invece sembrava che quella oscurità avvolgesse tutto sempre di più.

La luce della torcia sembrava fare fatica a penetrare quella oscurità e Emma cominciò a sentirsi invadere da dei brividi. Sentì una presenza accanto a lei e il fiato freddo di qualcuno sul collo che con un gemito sembrava dirle qualcosa. Si sentì paralizzata e quando si sentì afferrare un polso, reagì e colpì chiunque ci fosse con lei con un forte colpo dato col dorso della mano.

“Accidenti Swan!” disse una voce che conosceva benissimo.

Si guardò intorno e si ritrovò in mezzo al salotto col telecomando in mano. La luce era accesa. Guardò Killian che aveva una mano a coprirsi il volto dove era appena stato colpito.

“Cosa...cosa è successo?” chiese Emma confusa. Per quanto fosse buio era sicura di essersi allontanata dal salottino e di essersi recata nella cantina.

“Dovresti dirlo tu a me?” disse Killian. Era appena rientrato con la figlia e aveva visto Emma in piedi davanti al divano ferma immobile. Non sembrava ascoltare i richiami di Alice e temendo che ci fosse qualcosa che non andava, aveva mandato la bambina al piano di sopra con una scusa.

“Io…io…ho…” cominciò, per poi  portarsi una mano alla testa. Non voleva dirgli ancora del sogno o della visione appena avuta. Per quanto ne sapeva avrebbe potuto anche essersi addormentata davanti alla tv e tutto quello che le sembrava di aver appena vissuto, poteva essere un brutto scherzo del suo subconscio e lei non voleva preoccupare Killian, per quella che sperava vivamente, si sarebbe rivelata una sciocchezza.

“Sto bene, sono solo un po’ stanca. Credo di essermi addormentata improvvisamente e credo che non fossi del tutto lucida quando mi hai toccato e ho reagito di conseguenza. Scusami Killian!” disse la salvatrice accarezzandogli il punto colpito.

L’uomo l’osservò per qualche secondo, non sapendo se crederle o meno, decise per il momento di lasciar cadere l’argomento.

“Va tutto bene love!” disse stringendogli la mano ferma sulla sua guancia per poi continuare “Spero che tu non sia troppo stanca. Alice ha un sacco di cose da raccontarti!”

Emma sorrise a quelle parole. Sperava che sua figlia riuscisse a distrarla con la sua parlantina veloce e piena di allegria che si manifestava quando aveva trascorso una giornata piacevole, ma sebbene l’ora di cena si svolse piacevolmente, l’ora di andare a dormire presto si presentò.

 

Macerie e detriti erano tutti intorno a lei. I lamenti e gemiti di dolore erano sempre più forti e disperati man mano che si addentrava in quel luogo irriconoscibile. Il cielo sempre più rosso sangue e il tormento di coloro che si trovavano in quel luogo era sempre più palese.  Camminava in cerca di spiegazioni, in cerca di qualche segnale che le facesse capire dove si trovava. Sembrava un luogo appena raso al suolo da bombe, che oltre ad aver disintegrato tutto, avevano incendiato ogni cosa che aveva la possibilità di ardere. Si tappò il naso per cercare di tamponare quel fetido odore di carne bruciata e di carne in putrefazione che aleggiava intorno a lei, ma purtroppo, anche la fonte da cui proveniva quell’odore fu presto visibile. Si paralizzò di colpo quando vide corpi carbonizzati o dilaniati disseminati ovunque voltava lo sguardo e quello che riconobbe in quei corpi le tolse il fiato. Riusciva a riconoscere i proprietari di quei cadaveri. Conosceva ognuno di loro.

Granny, Archie!” disse in un sussurrò.

“Leroy, Whale!” disse voltando il capo alla sua destra.

“Belle, Tremotino, Gideon!” disse girandosi alla sua sinistra.

Fece diversi passi indietro, volendo scappare da quell’orrore, ma come se già tutto quello non fosse sufficiente, ogni corpo, al suo nome, sembrava riprendere vita e con il loro aspetto sfigurato, cominciarono ad avvicinarsi a lei, arrancando.

Si voltò per scappare, ma si bloccò di colpo, quando vide i corpi dei suoi genitori e del suo fratellino.

Non li chiamò. A quella vista le parole le morirono in gola, ma anche loro si alzarono e presero ad avvicinarsi con fare minaccioso verso di lei.

Neal con praticamente metà volto la guardò con rabbia e disse “è colpa tua!”

A quelle parole, corse e corse più veloce che poteva. Non sapeva nemmeno più dire se era un incubo o realtà.

Non seppe dire dove stesse andando. Lo scenario era pressochè lo stesso ovunque andasse, ma si bloccò quando a causa di una cassetta postale rimasta in piedi, comprese dove si trovasse.

Era una cassetta delle lettere normale, ma con tre impronte colorate. Una verde, una rosa e una gialla. Erano le impronte delle mani sue, di Killian e di Alice.

Si sentì mancare l’aria. Casa sua era distrutta.

Cominciò a chiamare sua figlia e suo marito nella speranza di trovare almeno loro sani e salvi, ma nessuna risposta giunse alle sue orecchie.

Si arrampicò sui detriti della casa e cominciò a scavare e a scavare, finchè un dolore acuto non la costrinse a togliere di scatto la mano.

Un profondo squarcio le si era aperto sul palmo della mano.

Abbassò lo sguardo per vedere cosa le avesse procurato quella ferita e urlò il nome di Killian quando vide il suo uncino insanguinato.

Prese nuovamente a scavare per togliere l’amore della sua vita da sotto le macerie, ma un rumore dietro le sue spalle la costrinse a girarsi e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere.

Sua figlia era lì davanti a lei, ma il suo aspetto, tale e quale a quello degli altri, le fece perdere la speranza di trovarla ancora viva.

“No!” disse in un sussurro disperato.

“è colpa tua! È tutta colpa tua!” gridò la bambina con rabbia e odio, prima che un essere alato mostruoso si avventasse su di lei e, afferrandole per le spalle, la portasse via.

L’ultima cosa che sentì fu l’urlò disperato di sua figlia, prima di sentirsi scuotere da due forti mani.

“Emma, Emma! Swan!”

Alla terza chiamata Emma si mise di scatto a sedere. Era visibilmente agitata e ricoperta di sudore.

Il suo respiro era accelerato e non ancora del tutto lucida, cercò di allontanarsi dalla presa di Killian che cercava di tranquillizzarla.

L’uomo si era svegliato quando sentì Emma agitarsi durante il sonno. Aveva provato a svegliarla vedendo la sua inquietudine, ma dopo vari tentativi con la voce, vedendo che non riusciva a strapparla dai suoi incubi, Killian comprese che qualcosa non andava. Aveva notato già dalla mattina  precedente un certo senso di inquietudine in lei e si domandava se quanto stesse sognando potesse esserne la causa, perché era chiaro che qualsiasi cosa stesse vedendo, non era solo un normale incubo.

Prese a scuoterla gentilmente, poi più forte fin quando finalmente la donna si svegliò. Gli fu subito chiaro che nonostante si fosse destata, era comunque ancora mentalmente nel suo sogno, perché cercava di respingerlo con tutte le sue forze, spaventata, cosa che mai era accaduta. Al contrario, il suo tocco era sempre riuscita a calmarla.

Cercò di tenere una presa salda e le parlò, cercando di farle comprendere che si trovava al sicuro, che qualsiasi cosa stesse sognando era finita.

L’accarezzò il volto e le spostò i capelli e lentamente vide che la donna cominciava a comprendere dove si trovasse. Il suo sguardo si guardava frenetico intorno e quando finalmente si posarono su di lui, riuscì a sussurrare un “Killian!”

A sentir pronunciare il suo nome, l’uomo tirò un sospiro di sollievo, ma la preoccupazione tornò a rifarsi viva, quando vide la donna uscire con velocità dal letto e recarsi in bagno.

I conati di vomito seguirono subito dopo.

Killian tentò di raggiungerla, ma la porta della sua stanza si aprì e Alice comparve con due con occhi impauriti.

“Papà, ho fatto un brutto sogno, posso dormire con…” la bimba non fece in tempo a terminare la frase che Killian, non potendo in quel momento dare la sua attenzione alla piccola, rispose “Non ora Alice, torna a dormire nella tua stanza!”

“Ma…” provò la bambina non capendo cose stesse succedendo, ma Killian nuovamente con tono e sguardo severo le disse di andare.

Non obbiettò più e Killian potè vedere la figlia andare via.

Raggiunse la moglie nel bagno ancora piegata sul gabinetto, che ansimava e aspettava che il suo stomaco la smettesse di fare i capricci.

L’uomo stava quasi per inginocchiarsi accanto a lei e tirarle su i capelli, quando notò qualcosa che fino a quel momento non aveva visto a causa dell’assenza di una luce che non fosse quella data dall’esterno. Del sangue a terra e sulla tavoletta del water.

Cercò immediatamente la ferita dalla quale quel sangue proveniva e si spaventò quando afferrando la mano destra di Emma, vide uno squarcio su di essa.

“Come ti sei procurata questa ferita?” chiese Killian.

Emma che fino a quel momento non aveva fatto caso alla ferita, vedendola entrò nel panico.

Si ricordò ogni singolo dettaglio del sogno e anche degli odori e quest’ultimi le fecero nuovamente svuotare lo stomaco.

Killian era visibilmente preoccupato e non sapeva cosa fare per aiutare la moglie, ma non ebbe nemmeno il tempo di rifletterci che sentì, qualcuno chiamare Emma e un pianto di una bambina che non era sua figlia.

Uscì dal bagno e accese la luce della camera da letto e si sorprese nel vedere Regina, in vestaglia da notte con Roni in braccio che, aggrappata al suo collo, piangeva disperatamente.

“Regina? Che diavolo sta succedendo?” chiese Killian.

“Devo immediatamente parlare con Emma!” disse Regina agitata e Killian vide in lei la stessa preoccupazione che aveva intravisto in lui, nello specchio del bagno.

“Non è il momento adatto!” disse Killian frettolosamente. Non poteva mandarla via, perché dalle condizioni in cui era arrivata insieme alla figlia, comprese immediatamente che ci fosse un collegamento con tutto quel delirio che si stava verificando.

“Regina, Roni!” disse Alice, entrando nella stanza e Killian non potè fare a meno di passarsi una mano sulla fronte.

“Ti avevo detto di tornare a dormire!” disse l’uomo rivolgendosi alla figlia.

La piccola scosse la testa e disse “Ho paura!”

Regina guardò Alice e vide, sebbene non ai stessi livelli di Roni, il terrore nei suoi occhi. La donna allora decise di prendere in mano la situazione, fece sedere Roni sul letto e accarezzandole il volto, le disse di calmarsi e di stare tranquilla, che lei non si sarebbe allontanata e che Alice le avrebbe tenuto compagnia.

Ad Alice però non sfuggirono le macchie di sangue che c’erano sul letto “perché c’è del sangue, papà?”

Regina, che  non l’aveva notato, con una magia lo fece subito sparire e dopo guardò Killian in cerca di una spiegazione.

“Non è niente. La mamma si è fatta un piccolo taglietto, ma passerà in fretta!” disse l’uomo per calmare la figlia, la quale si sedette accanto a Roni, spaesata da tutto quel trambusto.

Regina, una volta riuscita a calmare almeno in parte la figlia, si affacciò alla porta del bagno, dove vide Emma appoggiata alle mattonelle del bagno, cercando di immettere più ossigeno possibile all’interno dei polmoni.

Tremava e ansimava e sembrava non fare nemmeno caso alla sua presenza e quella del marito che le si era inginocchiato accanto chiamandola ripetutamente.

“Cosa le sta succedendo?” chiese Regina preoccupata.

“Non ne ho la più pallida idea. È andata in crisi subito dopo essersi svegliata, con una ferita alla mano che non riesco a spiegarmi quando se la sia fatta!”

Regina guardò l’entità della ferita. Era piuttosto profonda, ma con la sua magia, riuscì a risanarla come se non se la fosse mai fatta.

Questo però non sembrò smuovere Emma. Aveva la testa appoggiata sul petto di Killian, che nel frattempo l’aveva abbracciata, e continuava a guardare davanti a sé con uno sguardo perso. Tremava visibilmente.

“Emma, Emma mi senti?” chiese Regina.  Poggiandole una mano sulla spalla.

La donna annuì leggermente, ma continuava a non guardarla.

“Emma, qualsiasi cosa ti stia facendo questo, devi combatterla!” disse Regina, non nascondendo però la sua preoccupazione.

“Mamma!” disse una vocina dietro di loro, che fece voltare Emma verso di lei.

“Alice, torna di là!” disse Killian. L’uomo non voleva che sua figlia vedesse sua madre in quelle condizioni.

Regina si alzò e accompagnò la bimba nella stanza accanto dove c’era Roni che ancora singhiozzava. Non sapeva più cosa fare per consolarla e sperava di rivolgersi ad Emma per capire cosa le stesse capitando e invece ora non sapeva come aiutare né l’una, né l’altra.

 

  
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