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Autore: sara criso    26/05/2018    2 recensioni
Di cosa abbiamo paura?
Qual è quella cosa che ci distrugge dentro alla sola vista?
Cosa può distruggerti con un’unica apparizione?
Lazarus, Tom, Grisha e Wiglaf alunni di Hogwarts, del terzo anno, stanno per scoprirlo.
(Personaggi del film italiano, uscito su YouTube, Voldemort: Origin of the heir. Se non l’avete fatto, vi consiglio di vederlo)
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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“La paura è quell’emozione così oscura che può costringere un mago a trasformarsi, a diventare l’essere più spaventoso del mondo. Può costringere ad uccidere, può indurti a torturare e ferire una persona senza farti sentire in colpa e tutto questo può farlo perché ti distrugge la psiche.
Non sai cos’è giusto e cos’è sbagliato quando hai paura. Ma come può ucciderti, può anche salvarti.
Può farti combattere, può farti sopravvivere, tirando fuori dal tuo corpo, una forza cosi immensa da sembrare quasi irreale.”
Queste erano le parole che il professore di difesa contro le arti oscure, disse ai suoi alunni di grifondoro e serpeverde, mostrando loro un armadio contenente un molliccio.
“Ma oggi, ragazzi, sono qui per mostrarvi la vostra paura. La affronterete e dimostrerete a voi stessi che niente può davvero sconfiggervi”
Alzò la bacchetta e spiegò la formula da dire per affrontare un molliccio e renderlo divertente; riddikulus.
Dopo ciò, gli alunni si misero in fila e fra essi, vi era un giovane Tom Riddle che però non era molto interessato alla lezione; avrebbe preferito non farla.
Davanti a lui, c'era Grisha, erede della casa di grifondoro, che sembrava invece molto agitata al contrario suo, ma non era spaventata anzi, sorrideva.
“Ehi” Disse richiamando la sua attenzione. Quando ella si girò, irritato, chiese “Perché sei cosi emozionata?
Si può sapere?”
La ragazza fece spallucce, semplicemente era curiosa di vedere la sua paura e di affrontarla, tutto qui. “Sono solo emozionata e felice, sai Tom? Queste emozioni esistono”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e già annoiato, decise di concludere lì la conversazione.
Gli alunni continuavano ad affrontare le loro paure e fra le risate generali, Riddle aspettava solamente che la lezione terminasse. Non gli interessava conoscere la sua paura e soprattutto quella degli altri.

Quando arrivò il turno di Grisha, il molliccio, dopo qualche minuto, iniziò a prendere forma e alla fine divenne una ragazza.
La grifondoro immediatamente la riconobbe; era sua sorella e questo la terrorizzò. Ancora ricordava il giorno in cui trovò il suo corpo in un lago di sangue. Fu terribile, spaventoso e nonostante estrasse il coltello, cercando di fermare l’emorragia, era troppo tardi.
Riddle non capiva, ma quando vide la giovane, rimase nuovamente stupito; ella era paralizzata, ferma e fissava, con i suoi occhi color nocciola, il molliccio che non sembrava pericoloso.
“Ellison?” Chiese lei, l’essere a quella domanda iniziò una nuova mutazione ed al centro del petto di Ellison apparve un pugnale. “Sei stata tu, Grisha”
Le persone all’interno della stanza iniziarono a parlare fra loro ed il professore decise di intervenire. “Deve uscire l’incanto, non ascolti il molliccio” Ma la ragazza sembrava paralizzata e l’uomo decise di intervenire, affrontando lui l’essere e rinchiudendolo nuovamente nell’armadio.
Le amiche di Grisha si precipitarono subito da lei ed il professore la accompagnò in infermeria.
Tom osservò la scena e semplicemente prese la propria borsa, uscendo dalla classe, andando all’incontro con Wiglaf e l’imbucato Lazarus, in biblioteca.
Non era né preoccupato, né curioso di sapere cosa le fosse successo, semplicemente era indifferente davanti quello che era successo.

Nella biblioteca, dopo qualche minuto, il giovane tassorosso interruppe la conversazione fra i ragazzi più grandi, chiedendo “Dov’è Grisha?”
“In infermeria” Rispose Tom tranquillamente, spaventando il moro che si alzò all’istante.
“Cosa? Perché non ce l’hai detto prima?”
“Perché non me ne frega niente e non avevo voglia di dirvelo” Subito Wiglaf gli scoccò un’occhiataccia, mentre Lazarus grugnì, andandosene.
“Possiamo riprendere?”
Chiese Riddle, Sigurdsson scosse il capo.
“Cosa le è successo?”
“Perché ti interessa?” Domandò il serpeverde, scoccando la lingua contro il palato. Non voleva che Wiglaf si interessasse della ragazza, non voleva che perdesse tempo in quel modo e soprattutto, non voleva che si precipitasse da lei lasciandolo solo.
“Tu ne sei la causa? Per cui è finita in infermiera” Il corvino scosse il capo e il corvonero si rilassò riprendendo a scrivere sul proprio quaderno.
“Non andrò da lei, ma vorrei comunque sapere che cos’è successo” Tom sbuffò, non voleva parlare di Grisha, ma si fidava delle sue parole quindi decise di dirglielo.
“È stata male a lezione, per il suo molliccio”
Sigurdsson ne rimase stupito, ma non era la cosa che più gli interessava. “Tu cos’hai visto?”
Anche conoscendolo da due anni, non riusciva proprio ad immaginare di cosa, uno come lui, potesse avere paura.
Certo, i serpeverde non erano conosciuti come signori del coraggio e tutti avevano paura di qualcosa, ma Tom era sempre stato un mistero sui suoi sentimenti.
Raramente parlava di sé, non sapeva nemmeno i nomi dei suoi genitori, sapeva solo quello che Tom voleva che sapesse e ciò era molto criptico.
“Non è arrivato il mio turno, non l’ho visto” Anche se fosse arrivato il suo turno, non avrebbe visto nulla perché non avrebbe mai mostrato a nessuno la sua paura.
Non si sarebbe dimostrato debole o intimorito, di fronte a qualcuno.
Però quando osservò gli occhi azzurri del compagno, nacque la sua stessa curiosità di sapere di cosa avesse paura l’altro. Wiglaf era un ragazzo molto riservato e raramente si faceva prendere delle emozioni infatti non l’aveva mai visto piangere e nemmeno esageratamente arrabbiato. Perdeva la pazienza, ma, anche nel farlo, rimaneva calmo.
“Tu cosa avresti visto?”
“Non lo so” Mentì, sapeva perfettamente cosa avrebbe visto, ma non se la sentiva, dopo averlo detto avrebbe dovuto affrontare troppe domande sul suo passato e non se la sentiva.
I due chiusero lì la conversazione e stettero insieme in biblioteca fino a sera. Dentro di sé Tom era veramente felice che la ragazza era stata male, cosi Lazarus se n’era andato e Wiglaf era stato con lui per molte ore.
Uscirono dalla biblioteca all’ora di cena e si diressero in sala grande per mangiare, incontrando Lazarus nel corridoio.
“Ehi ragazzi” Si mise al loro fianco e Tom si morse le labbra irritato. Era peggio di un stalker quel ragazzo, stava sempre appiccicato al corvonero.
“Come sta’?”
“Grisha sta bene” Si avvicinò al ragazzo e gli sussurrò all’orecchio “Mi ha chiesto di accompagnarla nella nostra classe, vuole affrontare di nuovo il molliccio.
Mi accompagni?”
Il giovane annuì, seppur fosse contro il regolamento, era per aiutare un’amica e poteva anche perdere cinque minuti per accompagnarla e controllare che non stesse nuovamente male. “Vieni con noi?” Chiese a Tom che, improvvisamente, si era avvicinato minacciosamente a Lazarus appena si era avvicinato troppo a Wiglaf e che quindi, aveva sentito tutto.
“Si, vengo con voi” Sussurrò continuando a tenere un contatto diretto con il giovane tassorosso che, spaventato e confuso dal suo sguardo, si allontanò all’istante dal corvonero.
Appena lo fece, il serpeverde sembrò tornare normale ed i tre andarono dalla grifondoro, accompagnandola nella classe.
In essa Grisha affrontò nuovamente il suo molliccio.

“Non sei morta per colpa mia, Ellison. Ti sei suicidata” Lanciò l’incanto e la sorella divenne blu di pelle, facendola scoppiare a ridere.
I tre rimasero stupiti e Lazarus, emozionato, da come la giovane avesse sconfitto la sua paura, quindi decise di fare lo stesso nonostante fosse più piccolo di loro. Si avvicinò all’armadio e si morse le labbra, nervoso.
“Cosa c’è, hai paura? Ti vedo agitato”
Rise Tom, il tassorosso lo incenerì con lo sguardo, girandosi ed ignorandolo.
Non aveva alcuna voglia di parlare con lui, non aveva alcuna voglia di essere preso in giro in quel modo.
Il molliccio, dopo qualche minuto, si alzò e si ingigantì sorprendendo i presenti. Il corvonero prese subito la bacchetta, mentre Tom osservò stupito l’essere che non sembrava voler tornare ad una forma più piccola.
La stanza venne investita dal buio, quando il molliccio coprì le finestre e le candele si spensero all’istante.
Il serpeverde ci mise poco a capire di cosa avesse paura Lazarus e lo trovò davvero ridicolo.
Come poteva, un ragazzo della sua età, avere ancora paura del buio?
Ma non aveva paura di questo in verità il ragazzo; era l’ignoto che si nascondeva in esso a spaventarlo.
“Forza Lazarus!” Urlò entusiasta la ragazza, fiduciosa che l’amico potesse farcela.
Il giovane era inizialmente spaventato, ma quando sentì le parole di lei, sorrise imbarazzato e affrontò coraggiosamente il proprio molliccio che si trasformò in tantissimi palloncini colorati, con facce buffe disegnate sopra.
Peccato che quel breve momento di felicità, dove Wiglaf stava per chiudere l’armadio, venne interrotto da Tom che disse “Come puoi avere ancora paura del buio? Sei ridicolo” Il minore si rabbuiò e la grifondoro intervenne.
“Tom smettila! È una paura come un'altra” Il corvino alzò gli occhi al cielo e Wiglaf sospirò vedendo il viso abbattuto del più piccolo.
Avrebbe dovuto fare qualcosa?
La mora si avvicinò e gli sussurrò “Mostragli la tua paura, sono sicura che si sentirà meglio”
Subito scosse il capo, ma dopo le mille insistenze di lei, dovette accettare. Più per sensi di colpa che perché lo voleva.

I tre si misero in un angolo e attesero mentre il ragazzo si metteva davanti all’armadio.
Sapeva cosa avrebbe visto, ma sperava che, per qualche ragione, non apparisse. Peccato che non fu così.
Il molliccio prese la forma di un uomo che lentamente uscì dall’armadio con in mano una bottiglia di vino rosso.
Il silenzio nella stanza, come l’atmosfera, si fece teso e Riddle continuava a fissare quell’uomo; gli sembrava familiare.
“Dov’è tua madre?” Sigurdsson strinse il pugno con cui teneva la bacchetta.
“Devo spaccarle la faccia, non mi ha comprato la birra.” Alzò il viso ed i suoi capelli lunghi e neri, si spostarono dal suo viso dando modo ai tre di vedere gli occhi dell’uomo; azzurri, come quelli di Wiglaf.
“Beh, mi divertirò con te, allora” Il corvonero fece inizialmente un passo avanti per affrontarlo, ma quando il padre iniziò a macchinare con la cintura, per poi togliersela, si immobilizzò.
Tutto attorno a lui sparì e presto si dimenticò dove fosse, trasportato da un suo ricordo.
Il ricordo di tutti quei giorni dove si nascondeva terrorizzato sotto il tavolo, mentre sua mamma veniva brutalmente picchiata e il ricordo di quando lei lo lasciò a casa perché si sentì male, lasciandolo solo.
Solo con un padre ubriaco e violento che per la prima volta sfogò tutta la rabbia contro di lui. Ancora ricordava perfettamente il dolore dei colpi e la paura di morire su quel pavimento sporco del suo sangue.
Ansimò ed iniziò a tremare con gli occhi che, presto, diventarono lucidi.
I suoi amici non potevano permettere che la situazione degenerasse, quindi vollero intervenire, ma Tom li anticipò; sapeva come risvegliare Wiglaf.

Lentamente si avvicinò e poggiò la mano sulla spalla, per poi sussurrargli all’orecchio “Non sei da solo” La mano del ragazzo lentamente sfiorò la sua e finalmente il corvonero sembrò tornare se stesso.
Velocemente pronunciò l’incanto e gli abiti dell’uomo si trasformarono in un costume da coniglio facendo scoppiare a ridere i ragazzi.
“Sei solo un codardo” Sussurrò piano prima che la ragazza chiudesse l’armadio.
Sospirò, era ancora spaventato, teso e non voleva che i tre gli facessero domande quindi, senza dar tempo loro di dire qualcosa, andò velocemente nel proprio dormitorio senza nemmeno mangiare.
Tom rimase l’unico nella stanza quando anche Grisha e Lazarus se ne andarono. Era ancora sconvolto per quello che aveva visto, sia per il padre di Wiglaf, sia per la reazione del ragazzo stesso.
Quando aveva preso la cintura, aveva davvero temuto che lo avrebbe colpito a momenti. E se era una sua paura, voleva dire che probabilmente era successo, quindi aveva delle cicatrici; doveva vederle.
Ma prima volle fare una cosa che solo ora, che era da solo, poteva fare. Si avvicinò e affrontò il suo molliccio che velocemente si trasformò in una sua copia che lentamente iniziò ad invecchiare e a morire sotto i suoi occhi.
Non era stupito, sapeva di temere la morte, come anche sapeva che l’avrebbe sconfitta.
Dopo aver visto quello che era successo a Sigurdsson però non era più interessato a se stesso, quindi fatto svanire il molliccio e chiuso nell’armadio, se ne andò nel dormitorio di corvonero con l’aiuto di una ragazza di quella casa, che aveva una cotta per lui, che lo fece entrare.
Avrebbe fruttato chiunque per raggiungere Wiglaf, doveva sapere la verità, voleva vederle.
Una volta arrivato davanti alla sua stanza, non si preoccupò se ci fosse qualcun altro ed entrò facendo spaventare il ragazzo.
“Tom! Mi hai spaventato, è successo qualcosa?”
Chiese mentre si chiudeva la camicia del pigiama per copersi il petto nudo.
“Devo vederle” Sussurrò Tom, facendo unire i loro sguardi. “Cosa devi vedere?”
“Le tue cicatrici”
Wiglaf si morse le labbra e distolse lo sguardo. Non voleva mostrargliele, non l’aveva mai fatto con nessuno, nemmeno con le sue ex ragazze.
“Non voglio” Disse, ma quando alzò il viso e vide lo sguardo di lui, capì che, in un modo o nell’altro, le avrebbe viste. Sospirò e abbassò il viso, non aveva voglia di combattere, non aveva voglia nemmeno di discutere e forse, mostrargliele, gli avrebbe fatto bene.
Si girò, dandogli le spalle e si slacciò la camicia, togliendosela e mostrando a Riddle le cicatrici, più gravi, che aveva sulla schiena.
Lunghe linee bianche percorrevano la sua delicata pelle pallida e quando Tom ne toccò una, Wiglaf rabbrividì e tremò spaventato.
Solitamente al serpeverde piaceva vedere qualcuno spaventato, soprattutto se era per colpa sua, ma quando lo era Sigurdsson no, non gli piaceva. Lentamente accarezzò le sue ferite e si avvicinò per baciarle piano, mentre percorreva le altre con le dita.
“Cosa stai facendo?” Provò a chiedere il corvonero, rosso in viso.
“Sta’ zitto e lasciami fare” Rispose il serpeverde stringendo il ragazzo da dietro, iniziando a baciare dolcemente la sua schiena e le sue spalle.
Wiglaf era veramente confuso da tutto quello che stava succedendo. Tom non si era mai comportato cosi, con nessuno, ma in un certo senso gli piaceva la sua attenzione.
Era la prima volta che qualcuno gli toccava le ferite e che lo curasse come stava facendo il giovane.
Ansimò; i baci di lui erano caldi, bagnati, delicati e morbidi. Bellissimi.
Chiuse gli occhi e poggiò le mani sulle sue in cerca di un maggiore contatto. Sapeva che era a guidarlo la sua bisessualità, in fondo lui era un bel ragazzo seppur molto criptico e con un’aura oscura a volte.
Tom sorrise e accarezzò il suo petto, lentamente, per poi scendere dove strinse il cavallo dei pantaloni di Wiglaf, facendolo mugolare.
“Rilassati” Mormorò con voce suadente mentre accarezzava lentamente il sesso di lui che velocemente si irrigidì.
Sentendolo eretto, gli fece scivolare a terra i pantaloni ed i boxer. “Mettiti sul letto” Wiglaf non si fece attendere e si tolse definitivamente gli indumenti, sdraiandosi.
Erano giovani, eccitati e quella era la loro prima volta. Non sapevano com’era nata quella passione, non sapevano perché desiderassero un contatto fra i loro corpi, ma lo volevano.
Tom si spogliò e si mise nudo fra le gambe del corvonero iniziando a sfregare i loro sessi.
Era veramente piacevole anzi, era stupendo.
Amava la sensazione dei loro corpi che si toccavano delicatamente, come se si stessero conoscendo.
“Tom” Iniziò a gemere il ragazzo alzando il bacino, muovendosi al suo ritmo.
Lo guardò e seppur fosse una situazione eccitante, si ritrovò con gli occhi lucidi. Wiglaf non solo aveva le cicatrici sulla schiena, ma anche sul petto; lunghe e odiose, strisce bianche che creavano un leggero vuoto fra un pezzo di pelle e l’altro.
Strinse i pugni, era incazzato, davvero incazzato.
Qualcuno aveva osato rovinare il giovane corpo di una persona importante per lui.
Si chinò e iniziò a baciare le cicatrici del ragazzo che lo strinse delicatamente, allacciando le gambe alla sua vita, per far sfregare meglio i loro sessi eretti.
“Tom perché lo fai?” Gli chiese ansimante Sigurdsson. Proprio non capiva perché Riddle si fosse improvvisamente fissato sulle sue cicatrici. Inarcò la schiena ed arrossì; nonostante lo trovasse imbarazzante, amava i baci che gli dedicava.
Ben presto le loro mani iniziarono a toccare i loro corpi uniti, a esplorarli e a sfiorarli come se temessero di rompersi da un momento all’altro.
Seppur non conoscevano i dettagli del loro passato, entrambi sapevano quanto dolore ci fosse nei loro cuori.
I movimenti dei bacini si fecero sempre più veloci e quando il serpeverde prese in mano i sessi, masturbandoli, vennero poco dopo fra i loro petti.
Stanco Wiglaf era pronto ad addormentarsi e poco prima di farlo, i suoi occhi azzurri videro la dolcezza e la delicatezza con cui il compagno ancora lo baciava. Si sentiva bene e si sentiva amato.
Quando Riddle si accorse che il ragazzo si era addormentato, inizialmente pensò di andarsene, di tornare nel proprio dormitorio, ma non voleva.
Decise di rimanere e si sdraiò accanto al ragazzo che strinse fra le braccia. Non sapeva precisamente la ragione del suo gesto, del perché l’avesse baciato.
Poteva immaginare la ragione del rapporto, semplicemente si era eccitato, ma non si dava motivo del bacio. Voleva curarlo, voleva farlo perché l’avevano ferito e la cosa l’aveva fatto arrabbiare.
Ma perché?
Accarezzò il viso di Wiglaf e sorrise nel notare come dormisse beatamente fra le sue braccia.
Gli accarezzò i capelli e li annusò piano mentre con la mano volle esplorare ancora il corpo di lui, accarezzandogli la schiena ferita fino al sedere che strinse con forza facendo un profondo respiro.
Come poteva, un semplice mago come lui anzi, uno inferiore a lui, ma speciale in mezzo agli altri, avere un corpo cosi perfetto?
Sospirò e decise di darsi una calmata, restando con lui e vegliando il suo sonno fino a che non fu costretto ad andarsene, per non essere scoperto dai compagni di stanza del corvonero.
Non gli interessava la loro opinione, sapeva solo che, chiunque era speciale per lui, soffriva se gli altri sapevano che lo era.
Prima di tornare nel proprio dormitorio però decise di fare una prova; sentiva che era cambiato qualcosa dopo quello che aveva fatto con il ragazzo.
Andò nuovamente nella stanza con il molliccio e al posto di un suo sosia che invecchiava perdendo tutto, fino a morire, vi era Wiglaf.
Inizialmente lo guardava confuso, visto che sembrava normale, ma dopo poco la copia venne abbracciata da dietro dal suo sosia che, con fare minaccioso e maligno, gli sussurrava “Sarai l’ultimo a morire e lo farai in modo lento e doloroso, Sigurdsson”
Tom sbarrò gli occhi sconvolto, affrontando immediatamente il mostro unicamente per non sentirlo e non vederlo ancora.
Richiuso l’armadio tirò un sospiro di sollievo ansimando con il cuore che batteva a mille.
Lui non voleva farlo, non voleva ucciderlo.
Non ora.
Si morse le labbra e abbassò il viso.
Non credeva che, da un semplice bacio, tutto sarebbe cambiato cosi velocemente nel suo cuore.
E mai avrebbe creduto che un suo cambiamento così drastico sarebbe dovuto ad un unico mago; a Wiglaf.
   
 
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