Tramonto
Era
sera, e il sole stava lentamente tramontando. Il cielo si stava tingendo di una
colorazione che variava dall’azzurro all’arancione. Il sole stava scomparendo
dietro le montagne. Tutto intorno c’era assoluto silenzio. Ogni tanto qualche
uccellino cinguettava, e si sentiva rumore di passi, ma non una parola, non una
macchina vi era da quelle parti per potere turbare quell’assoluta tranquillità.
Gli alberi crescevano rigogliosi, e nonostante il prato fosse ormai asciutto,
si sentiva ancora quel buon odore tipico
dell’erba bagnata. Sola, seduta
sul prato, in discesa, il peso
appoggiato all’indietro sulle braccia piegate, c’era una figura umana. Era una
ragazza, piuttosto giovane. Doveva avere circa quindici anni, ad occhio e
croce. Non vi era nulla in lei che potesse attirare. Non era bella, ma neppure
particolarmente brutta. Nulla dai suoi occhi poteva far pensare che potesse essere
particolarmente intelligente o stolta. Sembrava una ragazza assolutamente
normale. Ma allora, che cosa ci faceva, una ragazza normale, sola, in silenzio,
su un prato, intenta solamente a fissare il tramonto?
La
ragazza era bionda, ma non di quel biondo che in genere tutte le ragazze
sperano di avere; un biondo più spento, quasi color paglia, seppure nella luce
del tramonto rilucesse e diventasse più bello. Non indossava niente che la
potesse far sembrare fuori dal comune; aveva dei jeans, delle scarpe da
ginnastica e una camicetta nera. Solo l’espressione sul suo volto era strana.
Non stava contemplando il tramonto… in effetti sembrava non avesse espressione.
Il suo volto era una maschera piatta. I suoi occhi verdi erano aperti, fissando
quel poco che ormai rimaneva del sole.
Se
qualcuno l’avesse vista probabilmentebe avrebbe pensato che fosse una delle
tante ragazze senza pensieri, che non hanno altro da fare che passare il tempo
facendo, appunto, niente.
Mai
come allora si sarebbe trovato distante dalla realtà.
Sill
stava pensando. Chiuse gli occhi, lentamente. Non voleva più vedere. La
tranquillità della natura la stava facendo impazzire. Possibile che fosse
l’unica a sentirsi sul punto di cadere a pezzi? Un tempo quando pensava a
questo scoppiava in lacrime. Ora non più. Si era chiusa così tanto in se stessa
che dubitava che sarebbe più riuscita a piangere. Semplicemente sentiva un
vuoto opprimente nel petto. Non era un peso, no. Era semplicemente vuoto. Che
ogni tanto si faceva così grande da impedirle di respirare.
Ma
ancora, non riusciva ad isolare il dolore che provava. Tutto era continuato normalmente
da quell’infernale giorno, e questo era ciò che più la distruggeva. Sembrava
che nessuno si accorgesse che qualcosa era cambiato, che il mondo intero era
cambiato…
Da
quel giorno, quando aveva scoperto che una delle sue insegnanti preferite era
morta. Era solo un’insegnante, avevano detto i suoi compagni. Oh, non erano
stati indifferenti. Erano stati dispiaciuti, per un po’ di tempo, ma nulla di
più. Non capivano come mai questo episodio avesse cambiato così tanto Sill.
Dopotutto non avevano alcun rapporto oltre che quello di un normale insegnante
con una normale alunna. Ma loro non capivano. Non era una normale insegnante. Era stata una loro insegnante, e aveva dato loro così tanto, senza che neppure si
accorgessero. Come potevano rinnegare così la sua memoria? Lei, che aveva fatto
così tanto per loro… ma no, non si rendevano conto. Come avrebbero potuto? Così
concentrati sulle proprie vite, come qualunque adolescente… perché non poteva
essere anche lei una di quei superficiali, frivoli adolescenti come le sue
compagne, pensare solo a trucchi e ragazzi, alla propria indipendenza dai
genitori? Ma no, lei doveva nascere come ragazza responsabile, l’unica stupida
ad affezionarsi ai propri insegnanti… e così era successo. Si era distrutta da
sola. Sì, era interamente, ingiustificabilmente colpa sua. Quante volte si era
detta di non affezionarsi… era ovvio che i sentimenti irrazionali non
portassero a nulla, lo sapeva da secoli! E ancora… non si era arresa. Sapeva
che prima o poi se ne sarebbe andata – be’, non morta, pensava che avrebbe
cambiato scuola, ma nonostante questo non era riuscita a privarsi della gioia
che le provocava vederla ogni volta, della felicità derivata dai suoi sorrisi,
di essere contenta ogni volta che lo era lei.
Aspettava…
ancora un po’, si diceva. Che male avrebbe fatto? Mancava ancora del tempo alla
fine delle scuole, poteva prendersi ancora un po’ di tempo. Raramente si era
sentita così felice come con lei. Perché fermare tutto questo, si era detta?
Ecco
perché. Perché niente avrebbe mai potuto comparare le sensazioni che ora stava
provando. Avevano provato a consolarla, a dirle che la comprendevano. Ma come
avrebbero potuto riuscirci, quando era palese dai loro sguardi perplessi che
non capivano? Il tramonto era finito. Ora il cielo era buio, come la sua anima.
Una leggera brezza le scompigliò i capelli. Una veloce immagine attraversò la
sua mente come un lampo. La vedeva sorridente, durante la gita, con i capelli
scompigliati dal vento… era straordinaria.
Se
avesse avuto ancora lacrime, avrebbe pianto.
Ma
ormai era andata oltre il semplice dolore.
Così,
come ogni giorno, si diresse a casa, pronta per andare a dormire, pronta per
alzarsi il giorno dopo e ripetere tutte le azioni che aveva compiuto fino ad
allora, come un automa, senza che alcun segno di emozione comparisse sul suo
volto.
Mi mancano ancora
terribilmente i miei insegnanti delle medie. Questa storia è dedicata a loro,
perché l’affetto che provo tuttora nei loro confronti possa giungere nei loro
cuori. So che è stupido, ma… avevo
davvero bisogno di sfogarmi.
Ditemi cosa ne pensate. Un completo disastro? Passabile? Recensite, per favore